Koryu Uchinadi Italia - Newsletter
NEWSLETTER N. 3- MARZO 2012
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Eccoci giunti al terzo numero della Newsletter di Koryu Uchinadi Italia!
Ricordiamo a tutti il seminario internazionale che Hanshi Patrick McCarthy condurrà a Cesena il 2 e 3 giugno 2012 [approfittatene, i posti sono limitati e la quota agevolata è riservata solo a chi si iscrive entro il 15 aprile!!!] e la seconda parte di un'interessante intervista al Maestro (la prima è stata pubblicata nella seconda newsletter e disponbibile in archivio.
Buona lettura!

Masterclass Seminar

diretto da Hanshi Patrick McCarthy
9° Dan - Direttore IRKRS


Hanshi Patrick McCarthy - cintura nera 9° Dan e Direttore dell'International Ryukyu Karate Research Society - condurrà un seminario internazionale a Cesena (FC) il 2 e 3 giugno 2012.
Il seminario è aperto a tutti i praticanti di Koryu Uchinadi e alle cinture marroni e nere di altri stili di Karate, con età minima di 16 anni.
Tutte le informazioni sullo stage, sui costi e sulle modalità di iscrizione sono riportate nel sito dedicato, consultabile cliccando qui!
Il seminario di Cesena - il secondo diretto in Italia da Hanshi McCarthy - sarà un'occasione unica per praticare con uno dei più grandi Maestri di Karate viventi, insignito tra l'altro, proprio lo scorso anno, del titolo di «Tesoro Vivente delle Arti Marziali».

Intervista a Patrick McCarthy

Karate-Do Hanshi, 9° Dan


SECONDA PARTE
(continua da Newsletter n. 2)

D: Visto che sono state pubblicate versioni simili o in certi casi veri e propri plagi della Sua teoria degli atti abituali di violenza fisica , può riassumerla e spiegare come questa sia direttamente collegata alla creazione dei kata e alla trasmissione delle informazioni attraverso le forme classiche?
R: 1. Gli atti abituali di violenza fisica rappresentano il tipo fondamentale di attacco (uno contro uno / senz'armi) che l'uomo si è trovato a dover fronteggiare nel corso di episodi di violenza civile nella Cina del diciannovesimo secolo. 2. Essi formano la base sulla quale i pionieri dell'arte svilupparono risposte preordinate attraverso la pratica di esercizi a due persone. 3. Quando le pratiche preordinate sono collegate ed eseguite in sequenze a solo emerge qualcosa di più grande della somma delle singole parti che le compongono, i Kata. 4. Chi studia le arti da combattimento studia prima la funzione, poi si basa sulla riproduzione di sequenze per esprimere la propria prestanza fisica e per rafforzare il proprio condizionamento mentale, fisico ed olistico.

D: Il risultato delle Sue ricerche è condensato in un sistema che ha chiamato Koryu Uchinadi. È stato difficile sistematizzare il materiale che intendeva trasmettere?
Può descrivere il curriculum di studio che ne è derivato?

R: Non è mai stata mia intenzione sistematizzare nulla, figuriamoci "sviluppare un nuovo stile". In realtà sono del tutto convinto di non aver scoperto nulla di nuovo, piuttosto ritengo di aver riportato un soffio di vita ad un aspetto altamente frainteso della nostra arte, il Kata.
La sistematizzazione didattica deriva in larga parte dalla mia formazione accademica.
Sono stato assunto per scrivere il primo programma a livello universitario per la formazione di insegnanti di arti marziali in Australia e, in seguito, sono stato incaricato di dirigere quel corso con un metodo completamente sistematizzato.
Visto che il mio approccio è focalizzato sulla conoscenza fondamentale e sulle abilità formative quali basi dell'insegnamento delle arti di combattimento, ho mantenuto questi requisiti come competenze minime richiesta ad ogni buon insegnante, indipendentemente dallo "stile" di provenienza.

Cercando di proteggersi contro gli atti abituali di violenza fisica, che per la maggior parte affliggevano la loro comunità, i pionieri dell'arte furono in grado di far leva sull'esperienza empirica. Basandosi sulla conoscenza del corpo umano, delle sue funzioni distintive e delle relative vulnerabilità anatomiche, crearono un sistema di autodifesa unico.
Poiché il Buddhismo vietava l'uccisione in qualsiasi circostanza, i monaci cinesi svilupparono un'arte non letale, basata sull'afferrare e colpire.
Le principali tattiche di combattimento a mano vuota, che essi svilupparono e rifinirono, consentivano loro di contrastare i metodi abituali di aggressione quali il colpire, mordere, premere ed afferrare, di uscire da un'ampia varietà di prese ai vestiti, da blocchi corpo a corpo e da tecniche di lotta comune. Queste abilità furono poi ulteriormente rafforzate dallo studio di metodi per controllare e sottomettere un avversario causando dolore o perdita di conoscenza attraverso la pressione sui nervi e sui punti vulnerabili, la manipolazione delle articolazioni e l'intrappolamento degli arti, oltre a tecniche per sbilanciare l'avversario, combattere a terra e impedire temporaneamente l'afflusso di aria e/o sangue attraverso tecniche di soffocamento e strangolamento.

Il curriculum di studio che ho creato con lo scopo di comprendere il significato dei kata è basato sui miei studi storici, sulla traduzione di vecchi testi, sull'incontro e l'allenamento con molte tra la maggiori autorità marziali in Cina, Okinawa e nel Sud Est Asiatico.
Comprende tecniche di:
1. attacco e ricezione di colpi ad impatto percussivo: Uchi/Uke-waza [29 tecniche]
2. negoziazione del corpo a corpo e condizionamento: Kotekitai, Kakie, Ude Tanren, Muchimi-di: Tegumi [36 tecniche]
3. manipolazione delle articolazioni, pressione sulle cavità anatomiche e sui punti vulnerabili e intrappolamento degli arti Kansetsu/Tuite-waza [72 tecniche]
4. soffocamento/strangolamento – privazione dell'aria e del sangue: Shime-waza [36 tecniche]
5. rottura dell'equilibrio e proiezioni: Nage-waza [55 tecniche]
6. lotta a terra e sottomissione: Ne-waza [72 tecniche]
7. uscite e contrattacchi: Gyaku-waza [36 tecniche]

D: I principi su cui è basato il Koryu Uchinadi superano le divisioni esistenti tra gli stili?
R: Assolutamente sì. Poiché tutte le arti del combattimento hanno caratteristiche comuni, a partire dall'orientamento all'autodifesa e alla natura olistica condivisa, credo che, in linea di principio, le varianti stilistiche rappresentino solo diversi mezzi per offrire lo stesso messaggio: sviluppare abilità di autoprotezione, condizionare il corpo, coltivare la mente e nutrire lo spirito; in fondo come recita un proverbio giapponese, "sono molti i sentieri che attraversano la montagna ma esiste una sola luna che può essere ammirata da coloro che ne raggiungono la cima".
I principi di difesa personale restano costanti come dovrebbe essere sempre viva la consapevolezza dell'importanza di comprenderli a fondo.

D: Qual è lo scopo del metodo basato sugli esercizi a due persone che promuove attraverso questo sistema e da dove deriva l'idea che l'ha portata alla creazione di questi esercizi?
D: Credo di aver già risposto a questa domanda altre volte ma consentitemi di aggiungere quel che segue.
Come si può pensare di imparare e sviluppare abilità legate all'autodifesa se non attraverso esercizi a due persone?
Il mio allenatore di boxe usava un approccio simile e lo stesso accadeva quando lottavo alle scuole superiori.
Il professor Wally Jay mi ha insegnato il Jujutsu con lo stesso metodo e quando sono diventato allievo di Sugino Yoshio non mi sono sorpreso nello scoprire che usava gli stessi mezzi. Quello che mi affascinava era il fatto che gli esercizi a due del Katori Shinto Ryu risalivano ad oltre 600 anni prima. Ricordo ancora il forte impatto che ebbero su di me.
Stranamente la ragione per la quale mi hanno colpito così tanto è legata al fatto che in quel periodo mi allenavo tre volte alla settimana con Takada Nobuhiko, lottatore e noto combattente nei match in gabbia della UWFI. Egli insegnava il combattimento da sottomissione UWFI nello stesso identico modo in cui erano strutturati gli esercizi del Katori Shinto Ryu!
Prima dell'incontro con Sugino Sensei, per quanto mi piacessero i combattimenti delle arti marziali tradizionali non avevo mai pensato che potessero essere altamente funzionali negli scontri reali in strada. Quell'incontro ha cambiato tutto.
Storicamente lo studio delle arti da combattimento partiva con l'apprendimento della funzione prima di passare ad affinare la forma e lo stile. L'aver conosciuto molte persone dell'ambiente, ha fatto sì che non mi sorprendesse capire come e quando, nel corso della storia, diverse personalità fossero state attratte da o avessero favorito differenti aspetti dell'arte.
Ancora oggi ci sono persone che preferiscono la "funzione", altre che sono più attratte dalla "forma" e altri ancora a cui piacciono entrambe.
Questa considerazione spiega in modo soddisfacente perché esistano una miriade di variazioni su un "tema comune".

D: Che evidenze ci sono di questi esercizi nel Karate classico e nei Kata prima della sua popolarizzazione in Giappone.
R: Molto poche purtroppo! Anche il Karate di Okinawa, come lo conosciamo oggi è stato largamente influenzato dal Karate giapponese moderno ritornato nell'isola dopo la sua nipponizzazione. I pochi esercizi a due che restano sono di derivazione moderna (vale a dire mutuati da altri sistemi), eccessivamente ritualizzati, incongruenti e /o regolamentati, cioè vuoti di qualsiasi premessa contestuale realistica.

D: Quando un principio o un gruppo di principi sono stati allenati attraverso gli esercizi a due persone, ci sono altri metodi che dovrebbero essere applicati per raggiungere la spontaneità funzionale?
R: Unire lo sparring basato sul contesto a molta lotta con prese, oltre ad una serie di sani esercizi di condizionamento costituisce il metodo migliore che conosco.

D: In trentacinque anni di insegnamento ha notato un cambiamento nell'atteggiamento dei praticanti e delle organizzazioni rispetto alle applicazioni funzionali dei kata?
R: Certo. Quando iniziai a studiare arti marziali ero molto giovane e mi concentravo solo su quello che il mio insegnante mi chiedeva. Non eravamo incoraggiati a fare domande sul come e sul perché. Nel corso degli anni sessanta e settanta credo che nessuno fosse preoccupato del significato veicolato dai kata poiché gli stessi venivano studiati come una parte aggiuntiva.
Al contrario, ricordo che quando studiavo Kung-fu cinese c'era molto rispetto per le forme antiche, considerate lasciti dei maestri più importanti ed era posta molta enfasi sull'osservanza della gerarchia con cui dovevano essere apprese.
Ogni maestro di Karate sembrava avere diversi modi di dimostrarne le applicazioni e comunque, come tutti coloro che avevano lottato in strada e lavorato nella sicurezza nei pub, non prendevo troppo seriamente quelle applicazioni. È stato solamente verso la seconda metà degli anni ottanta che la ricerca del significato dei kata è diventata un'esigenza diffusa.

D: Chi studia Koryu Uchinadi si allena anche nel Kobudo Yamane-ryu.
Si dice che Funakoshi apprezzasse la relazione tra Karate e Kobudo considerando le due arti come due ruote dello stesso asse; quanta verità c'è in questa affermazione?

R: In linea di principio si completano a vicenda. Io insegno Yamane-ryu usando la stessa teoria degli atti abituali di violenza fisica e gli esercizi a due. Anche in questo caso si apprende prima la funzione ed inseguito si perfeziona la forma.

D: Lo stile di Kobudo più diffuso in Inghilterra proviene dal lignaggio di Matayoshi. In cosa differisce lo Yamane-ryu?
R: Le differenze maggiori si notano nella pratica del bojutsu e si esplicitano nelle rotazioni/torsioni vibranti delle anche e nei movimenti funzionali (meccaniche/dinamiche corporee) quali strumenti fondamentali per la generazione della potenza, caratteristiche queste presenti in tutte le tecniche dello Yamane-ryu.
Nel bojutsu usiamo prevalentemente un colpo frustato (simile ad un colpo di spada) anziché spinto. La frustata è eseguita con una presa molto più stretta rispetto a quella diffusa in altri stili. In seguito ad ogni frustata o colpo ritraiamo immediatamente l'arma con un movimento che richiama la posizione assunta dal braccio quando si esegue la parata media interna.
Altre caratteristiche sono l'ampia torsione che accompagna i colpi diretti, la rotazione vibrante dei fianchi e la mobilità ottenuta con il caratteristico passo ad avanzamento/scorrimento che rende estremamente fluida ogni sequenza.
Altra differenza è nella posizione della mano posteriore che resta piuttosto alta e libera rispetto, ad esempio, al blocco dell'arma sulla parte esterna dell'avambraccio (come nello stile Matayoshi) o al blocco sul fianco (come nello stile Yabiku/Taira).

D: Ha documentato le pressioni esercitate sulla prima generazione di insegnanti di Karate di Okinawa per conformare l'arte agli standard e agli ideali delle arti marziali giapponesi. Vi furono simili pressioni anche sul Kobudo? I maestri dell'arte del combattimento con armi di Okinawa dovettero apportare dei cambiamenti?
R: Sì, proprio così. Mentre parlavo delle caratteristiche dello Yamane-ryu pensavo al fatto che quello che caratterizza oggi molti "stili" di Kobudo non deriva dal collegamento che Yabiku Moden e Taira Shinken avevano con il Karate essendone praticanti, quanto piuttosto dall'influenza esercitata dalla cultura del budo giapponese sull'arte originaria.
 

FINE SECONDA PARTE



Pillole di saggezza

«Tradizione non significa conservare le ceneri ma mantenere accesa la fiamma» - Jean Jaurès (1859-1914)

 

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