Cari tutti,

torno con piacere a scrivervi in questa seconda newsletter che è, a tutti gli effetti, la “numero uno”.

A questo proposito, voglio ringraziare tutte le persone che hanno voluto rispondermi con opinioni, spesso molto dettagliate e pertinenti, sui tanti temi di cui avevo scritto e anche su altri, con suggerimenti e consigli. E’ questa la prima dimostrazione di come sia possibile tornare ad avere un dialogo diretto fra elettori ed eletti, anche quando non ci si può incontrare di persona.

Non è solo uno scambio di notizie, che pure è utile per rendere conto di ciò che, a volte, sfugge ai mass-media. Diventa soprattutto un modo per raccogliere esperienze e saperi - molto più diffusi nella società moderna di quanto chi decide voglia spesso ammettere - e per convogliarli nell’elaborazione delle leggi.

Quel che appare chiaro, però, è che ogni iniziativa individuale non può bastare da sola, ma dovrebbe aggiungersi ad un sistema politico nel suo complesso più capace di ascoltare, condividere i problemi e trovare così le possibili soluzioni. Per alimentare questo scambio nelle due direzioni, e tradurlo in decisioni condivise, lo strumento necessario sono i Partiti. Lo voglio dire con nettezza, proprio perché ho ben chiare le difficoltà (o le incapacità) di quelli attuali nello svolgere questa importantissima funzione. E voglio dirlo tanto più nelle settimane in cui il PD è impegnato nella propria difficile campagna congressuale.

 

Mesi fa sono stata molto colpita dal contributo che Fabrizio Barca aveva dato a questo dibattito, innanzitutto per il metodo scelto: non ha infatti messo sul tavolo un decalogo di idee su altrettante urgenze di cronaca, ma ha voluto proporre un ragionamento complessivo per un Partito che fosse più utile nella società moderna.

 

Penso che l’altra metà di quel ragionamento sul Partito non possa che riguardare l’intera Società: non soltanto quella stretta nelle difficoltà dell’oggi, ma soprattutto la società per come dovrebbe essere e per chi dovrebbero esserne i protagonisti. Già nelle poche righe della scorsa newsletter dicevo: "il nostro posto è al fianco di chi è entrato più debole nella Crisi e che ora deve poter immaginare un futuro migliore per sé e per i propri figli". Ho trovato questa riflessione nelle parole con cui Gianni Cuperlo si candida alla Segreteria del PD e per questa ragione ho deciso di sostenerlo. Anche in controtendenza rispetto ai molti “gattopardi” che, rapidi nell’adattarsi alle convenienze del momento, ora vorrebbero il congresso già chiuso grazie a qualche titolo di giornale.

 

Credo che una parola colga più delle altre il terreno su cui lottare per il vero cambiamento.
Si tratta della “dignità”: la dignità di chi vuole studiare per avere un futuro migliore, ma che spesso non può più permetterselo; la dignità di chi lavora, e nonostante questo fatica ad arrivare a fine mese; di chi fa cultura, di chi ha un handicap; anche la dignità di chi prova ancora a realizzare qualcosa per la propria comunità, in associazioni, cooperative, organizzazioni e anche partiti.

 

Nella società dei conflitti senza regole, è la dignità degli ultimi ad essere più calpestata. Noi dobbiamo essere capaci di una riscossa collettiva. Per questo motivo, si tratta di un compito “che può riempire degnamente una vita”.