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NEWSLETTER N. 52 - GIUGNO 2016
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Benvenuti al cinquantaduesimo numero della Newsletter Koryu Uchinadi Italia!

In apertura riportiamo le informazioni sul Masterclass Seminar che Hanshi Patrick McCarthy dirigerà a Cesena il 25 e 26 giugno (a tal proposito ricordiamo che le iscrizioni si chiuderanno inderogabilmente venerdì 10 giugno).

In chiusura potrete leggere la quinta parte di un articolo che illustra i valori non utilitaristici correlati alla pratica del Karate-do.

Buona lettura!!

Marco Forti

Masterclass Seminar 2016

diretto da Hanshi Patrick McCarthy

Masterclass Seminar 2016Hanshi Patrick McCarthy – cintura nera 9° Dan e Direttore dell’International Ryukyu Karate Research Society – condurrà un seminario internazionale a Cesena il 25 e 26 giugno 2016, organizzato dall’ACSD Seishinkai.

Il Seminario, inserito nell’elenco ufficiale dei Seminari internazionali IRKRS per l’anno 2016, è aperto a tutti i praticanti di Koryu Uchinadi e alle cinture marroni e nere di altri stili di Karate, con età minima di 16 anni.

Sono previste quattro sessioni di allenamento per un totale di dodici ore di pratica. Non mancherà l’approfondimento teorico che rende ogni appuntamento con Hanshi Patrick McCarthy, profondo conoscitore della storia del Karate, un’esperienza formativa entusiasmante ed indimenticabile.

ATTENZIONE: le iscrizioni chiudono inderogabilmente venerdì 10 giugno 2016.

Tutte le informazioni sul seminario e le modalità di iscrizione sono riportate sul sito dedicato, raggiungibile cliccando qui.


Oltre l'allenamento fisico

di Patrick McCarthy

traduzione in italiano di Marco Forti

 
QUINTA PARTE

I precetti degli antichi maestri
Resta evidente che il karate-do, catalizzatore per migliorare il benessere individuale, è non solo una pratica incredibile ma anche un veicolo profondamente appagante. La scoperta interiore, oltre ai  legami del suo valore fisico, fornisce le basi spirituali che esaltano la quotidianità della vita stessa. Se c’è del vero nell’espressione secondo cui l’esercizio fisico aggiunge anni alla propria vita, è sicuramente vero che il karate-do aggiunge vita a quegli anni.
 
Gli insegnamenti spirituali degli antichi maestri continuano a vivere grazie all’eredità del karate-do e vengono coltivati con pazienza e umiltà. L’umiltà costruisce forza dalla debolezza ed è il prodotto dell’austerità, chiamata shugyo in giapponese. È attraverso la pazienza e l’umiltà che si comprendono i valori più profondi del karate. Ed è ancora nella pazienza e nell’umiltà che i frutti del karate-do si possono meglio gustare.
 
Il karate-do insegna che l’origine della delusione è interna, non esterna. Per questo il viaggio verso la libertà deve essere interiore, non esteriore: un viaggio senza distanza verso un obiettivo che è sempre esistito, in un mondo senza inizio né fine. Una decisione che spesso risale dall’abisso ardente delle avversità personali, lo spirito d’introspezione è il punto d’imbarco.
 
La maestria nel karate non si trova in nulla di così superficiale come la prestanza fisica, la razza, lo stile ortodosso o il lignaggio di un insegnante, per quel che vale. La maestria priva di delusione emerge piuttosto dall’accettazione sincera e dall’applicazione genuina delle  virtù, dei valori e dei principi sui quali si basano karate e kobudo. Questo messaggio ha avuto un impatto significativo sui fondatori di questa antica fratellanza ed è grazie a questo messaggio che essa si è perpetuata.
 
Nello sforzo di comprendere meglio la grandezza del karate-do, indipendentemente dalle sue diversità, portiamo ora l’attenzione alle testimonianze delle più importanti figure storiche del karate. Facendo questo possiamo meglio osservarne i precetti filosofici così come quella che è descritta come mentalità del bushido. Ho collezionato miriadi di precetti lasciati dalle prime autorità maggiormente responsabili delle trasmissione delle fondamenta morali e spirituali sulle quali si basa di karate-do.
 
Poiché il karate-do è stato spiritualmente influenzato dallo zen mi sembra opportuno iniziare citando l’uomo maggiormente responsabile dell’introduzione del buddhismo zen nel mondo occidentale. Nel 1953 l’eminente studioso zen Suzuku Daisetsu, descrivendo la correlazione tra lo zen e le tradizioni del combattimento, scrisse che il budo, come viene studiato in Giappone, non è praticato per fini utilitaristici né per la sua esteriorità ma per allenare la mente, per portarla in contatto con la realtà più profonda.
 
Funakoshi Gichin (1868-1957), considerato il “padre del karate-do moderno”, scrisse inequivocabilmente che lo scopo ultimo del karate-do non risiede nella vittoria o nella sconfitta ma piuttosto nella ricerca del perfezionamento del carattere morale.
 
Motobu Choki (1871-1944), autorità primaria del toudijutsu, senza dubbio uno dei personaggi più controversi della tradizione e forse il più celebrato combattente, scrisse nel 1927 che, per cercare di comprendere l’essenza del karate, è necessario cercare oltre gli immediati risultati dell’allenamento fisico, senza mettere troppa enfasi sulla competizione o sui record di rottura ma piuttosto perseguendo la saggezza attraverso l’autoconoscenza e l’umiltà.
 
Mabuni Kenwa (1889-1952), fondatore dello shito-ryu e strenuo sostenitore dei valori morali, concluse che la comprensione del significato più profondo del karate-do consiste nel trascendere le distrazioni dell’ego e nel trovare la pace interiore. Mabuni sensei spiegò questo concetto utilizzando un poema astratto in cui scrisse che quando lo spirito del karate-do (bu) viene fortemente interiorizzato esso diventa il veicolo (descritto come una nave) grazie al quale si viene trasportati nel grande vuoto del mondo interiore (descritto come l’isola bu).
 
Tuttavia, Chibana Choshin (1887-1969), sosteneva che trascendere le distrazioni legate all’ego fosse molto difficile, specialmente per una generazione così presa dall’avidità e dominata dal materialismo. Chibana sensei descriveva spesso la profondità dell’umiltà genuina e di come lo shugyo (austerità) ne promuovesse l’acquisizione.
 
Confidare nel karate-do per procurarsi una rendita per vivere può influenzare la propria motivazione, scrisse Konishi Yasuhiro (1893-1983), uno dei principali architetti del karate-do moderno. Anche il più nobile degli scopi può spesso portare gli uomini a distorcere i fatti nel tentativo di sostenere le proprie teorie.
 
Itosu Anko (1831-1915), uno tra i più influenti pionieri del karate-do moderno affermò: «il karate lotta per costruire il carattere, migliorare il comportamento umano ed incoraggiare la modestia. Tuttavia non può garantire che questi obiettivi vengano raggiunti».
 
‘Bushi’ Matsumura Chikudun pechin Sokon (ca.1809-1901), il Miyamoto Musashi del Regno delle Ryukyu, fu responsabile dell’introduzione dei principi didattici del jigenryu kenjutsu e della relativa applicazione alla disciplina del gongfu cinese di cui era un esperto. Considerato nella storia del karate come la principale autorità delle tradizioni di autodifesa del distretto di Shuri, egli scrisse: «a tutti coloro il cui progresso viene ostacolato dal proprio ego, possa l’umiltà, pietra angolare spirituale su cui poggia l’Arte del Karate, servire da monito per anteporre sempre le virtù ai vizi, i valori alla vanità ed i principi alle personalità».
 
Matsumora Chikudun pechin Kosaku, illustre autorità di quella tradizione del combattimento che si sviluppò nel distretto di Tomari, affermò: «la maestria nel karatejutsu non è possibile se non si raggiunge l’illuminazione del mondo interiore».
 
‘Toudi' Sakugawa Chikudun pechin Kanga, insegnante di Bushi Matsumura e forza principale nel primo sviluppo delle tradizioni del combattimento civile di Okinawa, sostnenva che «non è necessario lasciare il dojo per trovare quello che si cerca».
 
Non c’è fine all’apprendimento – affermava Hanshiro Chomo (1869-1945), primo ad aver usato il prefisso moderno ‘kara’ nel titolo della sua pubblicazione del 1905, intitolata ‘karate kumite’. Descrivendo l’arte di autodifesa che fa uso delle sole mani vuote per sottomettere un aggressore, la sua innovazione letterale richiamava l’antica dottrina buddista caratterizzata dall’emancipazione spirituale e dal mondo interiore, così come il suffisso ‘do’, introdotto in seguito sulla scia di quanto fatto dalle altre discipline combattive giapponesi moderne.
 
Akamine Eisuke (n. 1925), presidente del Ryukyu Kobudo Hozon Shinko Kai, affermo: «c'è un limite al miglioramento attraverso il fenomeno sportivo del karate ma non ci sono limiti alla crescita personale per coloro che perseguono il karate-do, la via del karate.
 
Nagamine Shoshin (n. 1907) scrisse, riguardo al declino spirituale delle tradizioni combattive, quanto segue: «è negativo che molti allievi del ‘Bu’ rifiutino di vederlo, sentirlo e conoscerlo». Prendendo Bushi Matsumura e  Itosu sensei come modelli, egli credeva ardentemente che quelli fossero uomini che, nella loro lunga vita, non dimenticarono mai di essere esempi personali di quello che il Bu e il karate rappresentavano. Infatti le loro convinzioni trascritte – ‘I sette princìpi del Bu’ di Matsumura e ‘Le dieci lezioni’ di Itosu – hanno fornito l’infrastruttura su cui si è sviluppata la tradizione moderna del karate-do.
 
Shimabukuro Eizo, maestro della scuola Shobayashi dello Shorinryu, sosteneva che chi è realmente esperto nel karate non è mai rude e pone pace ed armonia in cima alle proprie priorità personali.
 
Gichin Funakoshi spesso descriveva il karate-do come veicolo intengibile attraverso il quale si giunge ad una scoperta interiore che porta ad una più profonda comprensione della vita e del mondo in cui viviamo.
 
«Quando si perde lo spirito, l’allenamento ripetitivo diventa difficile e anche noioso». Miyamoto Musashi, uno tra i più celebrati guerrieri samurai del Giappone feudale, riferendosi all’allenamento, era solito affermare: «mille giorni per forgiare lo spirito, diecimila per lucidarlo».
 
 
FINE QUINTA PARTE
 

SCELTI PER TE

Bubishi. La bibbia del Karate Karate - La mia arte Karate di Okinawa
Hojo Undo Karate di Okinawa Storia del Karate

PILLOLE DI SAGGEZZA

鉄は熱いうちに打て
(tetsu wa atsui uchi ni ute)
battere il ferro finché è caldo
(non perdere una buona occasione)

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