Nell’estate del 1922, il Ministro dell’Educazione organizzò la prima dimostrazione nazionale di atletica a
Tokyo. Fui invitato a presentare la poco conosciuta arte del
karate e portai con me dei rotoli informativi. Dopo l’esibizione, visitai la residenza privata di
Kano Jigoro sensei e mi offrii di effettuare una dimostrazione per lui. Il
sensei ne fu felice ma disse che la mia visita meritava un pubblico più ampio, non limitato alla sua sola persona, così mi chiese di tornare dopo un paio giorni. Quando tornai, scoprii con sorpresa che aveva invitato molti
judoka di alto rango e circa ottanta studenti del suo
dojo di
Tomizaka shimo.
Kano sensei provò l’arte del
karate e mi pose svariate domande. Chiese inoltre anche agli altri
judoka di alto rango di pormi ogni tipo di domanda. Durante la mia dimostrazione, mentre spiegavo come colpire con il pugno e allo scopo di meglio evidenziare ciò che stavo illustrando, mantenni il mio braccio esteso. Un 9° dan di nome
Yamashita mi chiese perché non lo avessi ritratto. Sebbene la domanda mi sia sembrata alquanto semplice, sapevo che solo un esperto allenato ne avrebbe compreso le implicazioni. Risposi senza esitazione che non appena il pugno viene scagliato, è seguito da un’altra tecnica.
In effetti questo argomento mi ricorda una questione simile. Dopo la visita a
Kano sensei, incontrai
Yagyu shihan ed il defunto generale
Yashiro al
dojo Hekikyo-kan a
Ushigome Wakamatsu-cho, Tokyo. Il dojo apparteneva a
Tajimanokami Yagyu[1]. Mi accompagnava uno studente di
karate[2] di
Okinawa per assistermi nella dimostrazione. Una delle tecniche che eseguii fu una parata su un calcio, seguita da un pugno indirizzato alla faccia del mio avversario. In questa occasione spiegai l’importanza di “riuscire a liberare la mente”.
Yagyu shihan, maestro di spada, sembrò cogliere immediatamente il significato della mia dimostrazione. In seguito fece notare che lo spirito di tutte le arti marziali è il medesimo, come ben espresso dalla massima “
i waza non dovrebbero essere limitati” tramandata all’interno della loro tradizione.
Il maestro
Azato ricordava sempre i principi dello
yin e dello
yang e ci incoraggiava a percepirli ricorrendo ad un’antica espressione: “il
ki/qi rappresenta la battaglia che esiste nell’universo, e se saremo incapaci di utilizzare quest’energia, la vittoria sarà fuori dalla nostra portata”. Allo stesso modo nel karate l’attacco e la difesa sono intercambiabili, così come i principi che regolano lo
yin e lo
yang si influenzano l’un l’altro.
Sebbene il
karate stia diventando popolare nei distretti di
Tokyo e di
Osaka, ci sono ancora molti giovani che non ne hanno mai sentito parlare. Ci sono giovani che studiano a livello individuale e altri che partecipano a lezioni di gruppo al dormitorio di un grande magazzino locale. Io stesso insegno in nove diverse scuole superiori e università, cosa che contribuisce alla diffusione della pratica del
karate.
Quando arrivai a
Tokyo la prima volta
[3], in pochissimi avevano sentito parlare del
karate e di certo nessuno avrebbe immaginato la popolarità che oggi sta raggiungendo. La mia intenzione iniziale era quella di introdurre il
karate, ottenere il maggior numero di contatti, tenere dimostrazioni dell’arte ovunque mi fosse possibile ed infine fare ritorno a
Okinawa. In quel periodo incontrai un noto arista di nome
Kosugi Hoan che mi invitò a tenere un seminario presso il club popolare di Tokyo
[4].
Naturalmente accettai tale offerta con entusiasmo, e ricordo chiaramente l’incontro con il signor
Harishige[5] dell’associazione di tennis, e con un altro artista,
Ishi Tsuruzo, che erano presenti tra i partecipanti. Avevo già sentito parlare dell’artista
Kosugi Hoan in precedenza, perché una volta aveva visitato la mia città natale. Più tardi scoprii che
Kosugi aveva una passione dichiarata per l’esercizio fisico e stava studiando
karate da oltre dieci anni. Adesso, ogni volta che parla pubblicamente di
karate, mi sento lusingato quando afferma con orgoglio di essere stato il mio primo allievo nell’area di
Tokyo.
Dopo un’intera piacevole settimana di seminario al club popolare, l’ultimo giorno venne organizzata una cena d’addio in mio onore. Nel corso della cena,
Kosugi mi suggerì di scrivere qualcosa sul
karate, poiché dopo il mio rientro ad
Okinawa non avrebbe più avuto nessuno a cui fare domande. Dopo cena rientrai al mio alloggio nel dormitorio studentesco della prefettura, dove, sebbene avessi bevuto più del dovuto, iniziai a riflettere su quanto scrivere. Il mattino seguente avevo abbozzato un libro intero e nel giro di pochi giorni il libro fu completato. Non appena terminai di scrivere il libro andai a far visita a
Kosugi per mostrarglielo. Era sorpreso e impressionato di come fossi stato veloce a completare il mio compito. Scoprii anche di avere frainteso quello che
Kosugi mi aveva detto. Mi aveva semplicemente chiesto di scrivere un articolo per una rivista, ma io mi ero convinto che si aspettasse un libro da me. Di tanto in tanto scherza ancora su questa storia e ricorda che la velocità del mio
karate era equiparata solamente alla rapidità con cui scrivevo.
Il destino è sicuramente una cosa strana dato che fu solo un piccolo incoraggiamento da parte di una persona come il signor
Kosugi insieme alla mia confusione, che mi fece decidere di rimanere a
Tokyo per oltre dieci anni anziché per pochi giorni come avevo pianificato inizialmente. Senza dubbio se non avessi frainteso la richiesta del signor
Kosugi sarei rientrato nella mia città natale dopo aver scritto un breve articolo, aspettando una nuova occasione per tornare a
Tokyo. Ero praticamente pronto a ritornare quando il club popolare mi offrì quell’opportunità. Questo è un esempio di come le cose possano trovare una svolta positiva da un semplice fraintendimento. Naturalmente intendo rimanere a
Tokyo a tempo indeterminato.
Ora ho sessantasei anni ed ho iniziato la pratica quando avevo dodici o tredici anni. Da allora non ho mai smesso di allenarmi. Anche se pratico da ben cinquantaquattro o cinquantacinque anni non sono sicuramente un’eccezione, infatti ci sono molti appassionati di karate come me.
Azato sensei morì all’età di ottant’anni.
Itosu sensei cavalcò il suo cavallo fin alla
Shihan-Gakko[6] ogni giorno finché ci lasciò all’età di ottantacinque anni.
Matsumura okina, insegnante di
Itosu e
Azato, morì alla veneranda età di novantatré anni. Credo che questi maestri avessero una salute cagionevole da bambini e proprio per rafforzare il loro fisico vennero introdotti alla pratica marziale. Per esempio,
Azato sensei era un bambino fragile e iniziò a studiare
karate proprio a causa della sua costituzione debole. Io stesso soffrivo di digestione difficile prima di iniziare la pratica del
karate. Infatti andavo dal medico per avere la mia medicina quotidiana. I membri della sua famiglia avevano prestato servizio come medici della famiglia reale per sette generazioni. Dopo avere iniziato ad allenarmi nell’arte del
karate non ebbi più bisogno di tornare dal medico e non mi ammalai più. Sebbene suoni un po’ bizzarro, forse ancora più in linea con quello che potrebbe scrivere il fondatore di una setta religiosa, sembra che la malattia sia nemica del
karate.
Comunque sia, non ho perso un solo giorno di lavoro in ventitré anni di impiego come insegnante in una scuola elementare.
Recentemente mi trovavo in treno, al rientro da una lezione di karate tenuta all’università. Era pieno pomeriggio, un orario in cui il treno non è così affollato. Sul treno c’era un uomo ubriaco e un po’ troppo allegro. Si guardava attorno in modo irrequieto, finché non mi vide e avanzò barcollando fino a me. Avvicinò il naso alla mia bocca e, dopo aver inspirato rumorosamente con il naso come un cane quando annusa, chiese conferma del fatto che non avessi bevuto. Glielo confermai. In quel momento lui indietreggiò, mi fissò e con modi molto formali farfugliò un complimento affermando che il mio colorito era brillante e alquanto ammirevole. Il resto dei passeggeri mi guardò e iniziò a ridere allegramente.
Vorrei raccontarvi un altro episodio in merito al mio aspetto che risale a quando ancora abitavo nella mia città, ad
Okinawa. Un giorno una persona benestante e abituata a mangiare come un re, notò il mio bell’aspetto e mi chiese di condividere con lui il segreto della mia dieta. Gli dissi che seguivo una dieta semplice e che non mi ero mai preoccupato della mia alimentazione. Non riusciva a capire come fosse possibile.
Ho un’opinione da molti condivisa sull’aspetto di una persona: sottoporsi a un esercizio appropriato ci rende naturalmente sani e aumenta la circolazione sanguigna, migliorando, di conseguenza, il proprio aspetto. Questo è semplicemente logico e ordinario. Un medico mi disse che un terzo del nostro sangue è congestionato nelle persone con una digestione debole, questo è la causa di una carnagione pallida. Sarebbe un miracolo per chiunque avere un bel colorito con una circolazione povera. Oltre all’aspetto, vorrei parlarvi anche del fisico. Alcuni anni fa, quando compii sessant’anni ricevetti un complimento degno di essere menzionato. Io e il mio terzogenito insegniamo karate all’Università Imperiale di Tokio. Un giorno un professore, dopo avermi guardato insegnare, disse a mio figlio che ero giovane e si chiedeva se avessi ancora quarant’anni. Persino gli abitanti del villaggio, che conosco da molto tempo, ammirano il mio aspetto giovanile e sostengono che ci sia uno squilibrio tra la mia età reale e quella dimostrata dal mio corpo. Anche se questo commento è adulatorio, è vero, sembro più giovane. Personalmente, non sarei disturbato da un aspetto più giovane e desidererei averne uno. Anche quando si invecchia, il corpo non deve avere fretta di seguire la senilità fino alla tomba.
Ritengo che la questione dell’età e del corpo sia importante e ho un altro episodio interessante da condividere con voi. In questi anni ho vissuto nella mia città natale, quasi ogni anno venivo selezionato come giudice agli incontri di
sumo (
tegumi) al tempio di
Naminouegu. Avevo studiato l’età degli atleti provenienti dai diversi distretti della prefettura di
Okinawa ed ho potuto constatare che gli atleti tendono a raggiungere la forza massima intorno ai ventisei anni, sebbene altri siano convinti che sia a venticinque anni. C’era un’unica eccezione nei miei studi, un famoso lottatore di sumo che viveva a circa quindici chilometri dalla capitale prefettizia della città di
Naha. Sebbene avesse quarant’anni, continuava a gareggiare per il suo distretto. Alla sua età se avesse perduto avrebbe avuto una buona scusa per ritirarsi. In caso di vittoria avrebbe invece acquistato grande credito. A dispetto della sua età, l’avevo classificato nelle più alte posizioni dei
san-yaku[7]. Il suo avversario, naturalmente, sapeva di essere il più forte della prefettura. Il
sumo okinawense è un po’ diverso da quello praticato in madrepatria, infatti i contendenti afferrano uno la cintura dell’altro con entrambi le mani nel corso dell’attacco ed è consentito poggiare a terra mani e ginocchia se lanciati. Atterrare sulla propria schiena significa sconfitta e la vittoria finale è sancita dal risultato di tre incontri. Ferite causate da spinte sono naturalmente rare. In ogni caso, in questa particolare gara il quarantenne scagliò a terra con violenza l’avversario più giovane e più grosso più volte di seguito, finché la vittoria non fu sua.
Studiosi e medici affermano che gli atleti raggiungono il loro massimo tra i quindici e i quarant’anni, sebbene la maggior parte delle persone sia incline a interrompere la pratica atletica all’età di trent’anni. In realtà, la condizione fisica non inizia a declinare a trent’anni, bensì migliora, attraverso l’esercizio. Quattro o cinque anni fa un uomo di quarant’anni originario di
Hokkaido vinse la corsa di lunga distanza tra
Tokyo e
Osaka. Il primo campione di sumo sponsorizzato dal giornale
Nichi era un ex
tochigiyam quarantenne che ora si è ritirato. Ci sono persone ultrasessantenni che continuano ad allenarsi ogni giorno per competizioni a lunga distanza e non sono meno forti dei giovani. Secondo me le persone non perdono la loro forma neppure a sessanta o settant’anni. Infatti, finché siamo in grado di mantenere un’attitudine mentale positiva, un allenamento costante e fiducia nella nostra condizione fisica, restiamo giovani. Inutile dire, comunque, che tutto dipende dall’esercizio fisico.
A Okinawa, gli uomini anziani vengono chiamati
tanmei (anziani), ma l’uso del termine è considerato scortese. Un
karateka anziano è chiamato
bushi tanmei (praticante di arti marziali anziano), perché avendo dimostrato la sua forza, più anziano diventa, più è rispettato.
Al contrario di quel che accade in madrepatria, ad
Okinawa il termine
bushi non indica un membro della classe
samurai, ma piuttosto un praticante di arti marziali. Non si tratta solamente di un preconcetto, i maestri di
karate moderno delle
Ryukyu possiedono un immenso
buchikara (potenza marziale). Tali persone non sono mai state sconfitte neppure da studenti molto esperti che potevano essersi allenati quaranta o cinquant’anni sotto la guida di un maestro. Anche se il maestro fosse stato attaccato da studenti più giovani e più forti, e lui fosse stato molto malato, dubito che ne uscirebbe sconfitto. Non è un miracolo che praticanti di arti marziali appartenenti a varie tradizioni diventassero sempre più forti di anno in anno.
A
Okinawa i
bushi tanmei sono considerati
kohijin. In breve, il termine
kohijin indica qualcuno che non è solo forte, ma anche sessualmente attivo. Mantenere una mente giovane, insieme a un continuo allenamento fisico, incentiva una mentalità sana e migliora la propria forza nel corso dell’intera vita. È fuor di dubbio che il
bushi tanmei sia tutt’altro che un anziano vacillante. Molti uomini d’affari e politici sono in buona salute e ancora vigorosi in età avanzata. Sebbene non si siano allenati fisicamente, mantengono il loro spirito vivo e giovane.
L’altro giorno alcuni ragazzi mi hanno portato in gita a
Shiobara, nella prefettura di
Tochigi. Indossavo un paio di bassi
geta (zoccoli) comodi e semplici che usavo ogni giorno quando le condizioni climatiche erano buone per camminare in montagna. Uno dei miei compagni s’informò su come riuscissi a camminare con quelle calzature senza cadere. Sebbene mi fossi trasferito in periferia, raggiungevo ancora
Tokyo ogni giorno con quei
geta di semplice fattura per insegnare
karate in un paio di università e non sono mai né caduto né giunto a destinazione con il respiro corto. Sono fiducioso che in questo modo manterrò il mio fisico in forma per tutta la vita.
Le origini del
karate sono legate alla prevenzione del declino fisico e dell’atrofia spirituale. Che valore avrebbe il mio sforzo, se dopo cinquant’anni dedicati all’allenamento dovessi crollare? Nel corso della nostra giovinezza siamo spesso confusi dalla delusione, tuttavia più invecchiamo meno siamo disorientati. È proprio nel momento in cui miglioriamo il peso e la flessibilità del nostro corpo che possiamo vedere in modo chiaro il movimento di un avversario e questo è il mezzo per perfezionare le nostre capacità.
Come conclusione di questa presentazione, vorrei citare brevemente le caratteristiche del
karate, tuttavia deve essere chiaro che esso inizia e termina con il
kata. Se ci si muove verso sinistra, si deve essere in grado di muoversi anche verso destra. Se si fa un passo avanti, si dovrà fare anche un passo indietro. Se si usa la mano sinistra, si farà uso anche della destra. Se si calcia con il piede sinistro si dovrà saper calciare anche con quello destro. In conclusione, l’intero corpo viene utilizzato in ogni sua parte in armonia ed equilibrio. Ogni movimento ha anche un significato (difensivo) contro un avversario immaginario, il che naturalmente rende la pratica più interessante. Inoltre, non si dipende dagli altri, infatti l’arte del
karate può essere praticata da soli, sempre e ovunque, anche solo per alcuni minuti. La durata dell’allenamento e l’intensità della pratica possono essere autodeterminati. Chiunque può praticare
karate indipendentemente dall’età, dal sesso e dalle condizioni fisiche. È anche un eccellente complemento all’educazione fisica ed è stato riconosciuto dal
Monbusho, il Ministero dell’Educazione, come programma formale nelle scuole medie della prefettura di
Okinawa.
È difficile spiegare cosa sia il
karate senza darne una dimostrazione pratica, e anche in quel caso, tuttavia, non è facile trasmetterlo. Le reali caratteristiche del
karate non si possono trovare neppure nel divertimento commercializzato o nelle competizioni. Il fatto che l’equipaggiamento protettivo e le gare agonistiche non possono essere formulate per il karate, è indicativo della vera essenza di quest’arte.
Nel marzo del 1921 il principe ereditario
Higashinomiya-Denka (
Hirohito, che divenne imperatore nel 1926), in transito verso l’Europa, visitò Okinawa, e seicentomila cittadini gli diedero il benvenuto. Furono sottoposte per la valutazione sei diverse dimostrazioni ai suoi attendenti, e quella di
karate fu la sola ufficialmente approvata. Ebbi il privilegio e l’onore di essere nominato leader tra i dimostratori. Pensai che il motivo fosse legato al fatto che il principe ereditario, noto per essere uomo saggio, apprezzasse il
bunburyodo (letteralmente: via della penna e della spada), ma poi umilmente e in privato gli chiesi perché scelse il
karate.
Il
karate fu sviluppato per condizionare il corpo, coltivare la mente e nutrire lo spirito. Da ciò nasce il
ki-ryoku[8], che forma uomini capaci per sostenere il paese, e che fungeranno da
katsujinken (uomo equiparabile ad una spada vivente, una guardia d’élite di prim’ordine) contro fuorilegge, ribelli o sconsiderati. Come un fiore, il
karate delle
Ryukyu è germogliato nella nostra terra, dando frutti che contribuiscono alla razza di
Yamato (i Giapponesi) e, in ultima analisi, al mondo.
FINE
[1] Caposcuola di undicesima generazione dello Yagyu Shinkage Ryu.
[4] La zona di Tabata veniva chiamata anche villaggio degli scrittori e degli artisti, perché un tempo, durante l’epoca Meiji, gli scrittori e gli artisti vivevano in quest’area. A quei tempi Tabata era un borgo di campagna con campi intervallati da macchie d’alberi. Quando la Scuola di Belle Arti di Tokyo (oggi Università Nazionale di Belle Arti e Musica) fu aperta a Ueno nel 1889, un certo numero di giovani artisti si trasferì a Tabata. Kosugi Hoan fu il primo a trasferirsi qui nel 1900, seguito da Itaya Hazan nel 1903, poi da Yoshida Saburo (scultore), Katori Hotsuma (scultore di metalli) e Yamamoto Kanae (pittore in stile occidentale). Questi artisti formarono il club popolare di Tabata e trasformarono Tabata in un villaggio di artisti. Più tardi, nel 1928, il famoso scrittore Akutagawa Ryunosuke si trasferì a Tabata. Si unì a lui nel 1930 Murou Saisei. Quando i suoi scritti divennero famosi, attrassero altri aspiranti scrittori: Hagiwara Sakutaro, Hori Tatsuo, Kikuchi Hiroshi e Nakano Shigeharu. Negli anni tra le epoche Taisho e Showa si assistette alla formazione del villaggio di scrittori di Tabata. Il Tabata bunshimura shiryokan (museo storico degli scrittori e degli artisti di Tabata) fu costruito per celebrare le opere di questi scrittori e artisti. Le esibizioni comprendono le opere di Akutagawa Ryunosuke e di altri scrittori e artisti. Il museo organizza anche varie conferenze e mostre speciali.
[5] Non sono certo al 100% sulla pronuncia del suo nome.
[6] Il college del vecchio maestro.
[7] Uno dei tre gradi più alti nel sumo.
[8] Forza di volontà e vigore.