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NEWSLETTER N. 50 - APRILE 2016
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Benvenuti al cinquantesimo numero della Newsletter Koryu Uchinadi Italia!

In apertura riportiamo le informazioni sul Masterclass Seminar che Hanshi Patrick McCarthy dirigerà a Cesena nel prossimo mese di giugno (a tal proposito ricordiamo che è prevista una quota agevolata per chi si iscrive entro il 15 maggio).
A seguire il calendario completo dei seminari attualmente in programma in Italia, già approvati dall'IRKRS e confermati. Vi invito comunque a tenere sempre sotto controllo la pagina dedicata sul sito, che riporta le informazioni aggiornate relative ai singoli appuntamenti.

In chiusura potrete leggere la terza parte di un articolo che illustra i valori non utilitaristici correlati alla pratica del Karate-do.

Buona lettura!!

Marco Forti

Masterclass Seminar 2016

diretto da Hanshi Patrick McCarthy

Masterclass Seminar 2016Hanshi Patrick McCarthy – cintura nera 9° Dan e Direttore dell’International Ryukyu Karate Research Society – condurrà un seminario internazionale a Cesena il 25 e 26 giugno 2016, organizzato dall’ACSD Seishinkai.

Il Seminario, già inserito nell’elenco ufficiale dei Seminari internazionali IRKRS per l’anno 2016, sarà aperto a tutti i praticanti di Koryu Uchinadi e alle cinture marroni e nere di altri stili di Karate, con età minima di 16 anni.

Sono previste quattro sessioni di allenamento per un totale di dodici ore di pratica.
Non mancherà l’approfondimento teorico che rende ogni appuntamento con Hanshi Patrick McCarthy, profondo conoscitore della storia del Karate, un’esperienza formativa entusiasmante ed indimenticabile.

Tutte le informazioni sul seminario e le modalità di iscrizione sono riportate sul sito dedicato, raggiungibile cliccando qui.


Calendario seminari

data luogo docente organizzato da contatti
16 apr. 2016 Ivrea (TO) Marco Forti Canavese Arti Marziali info@canaveseartimarziali.it
8 mag. 2016 Sesto S.Giovanni (MI) Marco Forti Koryukan Milano milano.koryukan@virgilio.it
25-26 giu. 2016 Cesena (FC) Hanshi Patrick McCarthy Koryu Uchinadi Italia info@koryu-uchinadi.it

Ulteriori informazioni sono disponibili alla pagina Seminari del nostro sito, raggiungibile cliccando qui! Inoltre gli eventuali interessati sono invitati a prendere contatti con gli organizzatori scrivendo agli indirizzi email indicati sopra.


I PROSSIMI STAGE:
Koryu Uchinadi Nyumon
Ivrea (TO), sabato 16 aprile 2016

Seminario congiunto di Kyusho e Koryu Uchinadi

Si terrà sabato 16 aprile 2016 ad Ivrea (TO), presso la palestra Antonicelli di viale Kennedy 45, un seminario diretto dal M° Marco Forti ed organizzato dall’ASD Canavese Arti Marziali.
Lo stage, a numero chiuso (massimo 30 partecipanti), avrà come oggetto il curriculum di base del Koryu Uchinadi (KU Nyumon) e si articolerà in due sessioni, la prima al mattino dalle 9.00 alle 12.00, la seconda al pomeriggio, dalle 14.00 alle 17.00.
È consigliato organizzarsi con pranzo al sacco, vista la durata ridotta della pausa pranzo.

Le iscrizioni dovranno pervenire entro e non oltre mercoledì 13 aprile ai riferimenti sottoindicati mentre la quota stage – pari a 25,00 euro – dovrà essere versata sul posto.

Per info e iscrizioni:
M° Sergio Chiarotto
tel. 349 465 1795
email: info@canaveseartimarziali.it


Primo Seminario di Karate
"Oltre lo stile"

Sesto San Giovanni (MI), 8 maggio 2016

Seminario congiunto di Kyusho e Koryu Uchinadi

Domenica 8 maggio 2016 presso la palestra dell'Oratorio San Domenico Savio situato in via Molino Tuono 19 a Sesto San Giovanni (MI), Koryukan Milano organizza un seminario introduttivo al Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu, diretto dal M° Marco Forti responsabile tecnico di Koryu Uchinadi Italia.

Lo stage è aperto a tutti i praticanti di qualsiasi arte marziale (purché regolarmente iscritti ad un Ente di Promozione o altra Organizzazione sportiva) e si articolerà in due sessioni, la prima al mattino dalle 9.00 alle 12.00, la seconda al pomeriggio, dalle 14.00 alle 17.00. 
Il costo è di Euro 15,00 per l’intera giornata.

Per info e iscrizioni:
M° Vincenzo La Camera
tel. 338 398 7525
email: info@kenshinkan.club


Oltre l'allenamento fisico

di Patrick McCarthy

traduzione in italiano di Marco Forti

 

TERZA PARTE
Elementi da considerare
Un centinaio d’anni prima che un decreto simile venisse preso in considerazione nella madrepatria giapponese, Sho-Shin-O proibì il possesso privato e la conservazione delle armi da guerra. Centocinquant’anni prima che Tokugawa Ieyasu (primo shogun giapponese) imponesse ai propri daimyo (signori feudali) l’obbligo di stabilirsi a Edo (Tokyo), Sho-Shin-O diede ordine ai propri Aji (capi distretto) di ritirarsi dalle proprie fortezze e prendere residenza nel distretto del castello di Shuri, rafforzando in questo modo il controllo su di loro.
 
Appena un secolo prima che gli Edo-Kasatsu (ufficiali delle forze dell’ordine del periodo Tokugawa, 1603-1868) introducessero l’uso del rokushaku-bo (bastone da sei piedi) e del jutte (manganello d’acciaio), gli ufficiali della classe dei pechin delle Ryukyu praticavano un sistema di autodifesa che impiegava strumenti in uso nella vita di tutti i giorni.
 
Lo studio delle tradizioni del combattimento serviva efficacemente a formare un corpo forte e in salute, uno spirito indomito ed un carattere onorevole. Così, le tradizioni combattive di origine cinese vennero praticate principalmente, ma non solo, dai giovani subordinati della zona del distretto di Shuri e dalla comunità cinese originaria del Fujian, stabilita a Kuninda.
 
Soggiogata dai samurai Satsuma all’inizio del diciassettesimo secolo, Okinawa venne radicalmente influenzata da forze antropologiche giapponesi ma riuscì a mantenere i contatti con la Cina. Le tradizioni del combattimento okinawensi/cinesi, evolute secondo un ferreo rituale di segretezza, si riaffacciarono pubblicamente durante il periodo Meiji (1868-1912).
 
Storia moderna
Con l’abolizione del Bakufu Tokugawa (governo militare che guidò il Giappone dal 1603 al 1868) la restaurazione Meiji traghettò il paese dal feudalesimo alla “democrazia”. Di conseguenza la struttura delle classi, il portare le spade, lo stipendio annuale ed il proverbiale chonmage (tipica acconciatura), finirono negli annali della storia, così come accadde agli altri fenomeni sociali che rappresentavano le forze dittatoriali del feudalesimo.
 
A causa dell’incapacità di sfuggire al maschilismo e al timore di perdere la propria identità omogenea a cause dell’influenza straniera, buona parte dei princìpi fondamentali del Giappone ne riflettevano le ideologie feudali. Le forme di bugei (arti marziali), perpetuando antiche tradizioni e allo stesso tempo incoraggiando lo sviluppo di nuovi passatempi e ricreazioni culturali, divennero una forza strumentale alla formazione della storia del Giappone moderno. Basati su usanze antiche, ideologie inflessibili e profonde convinzioni religiose, le interpretazioni moderne del budo giapponese rappresentavano qualcosa di più di una forma di ricreazione culturale. Nella sua nuova impostazione socio culturale, il budo serviva, in molti modi, quale strumento attraverso il quale incanalare il kokutai[1] (sistema di governo nazionale), introdurre i precetti del shushin e perpetuare il nihonjinron, o peculiarità dell’essere Giapponese.
 
Il fenomeno moderno del budo, basato su sport e ricreazione, promuoveva un profondo rispetto per le virtù, i valori ed i principi riveriti nel bushido feudale - “la via del guerriero” - che, tra le altre cose, incoraggiava la volontà di combattere fino alla morte o anche di togliersi la vita se necessario. Entrambi gli ibridi kendo e judo incoraggiavano lo shugyo (austerità) e guadagnarono ampia popolarità in quell’epoca di crescente militarismo.
Il budo moderno, supportato dal Monbusho (Ministero dell’Educazione), prosperò nel sistema scolastico giapponese. Adottato da un’aggressiva campagna militarista, il budo moderno veniva spesso pubblicizzato come la via attraverso la quale “uomini comuni acquisivano un coraggio straordinario”. In questo modo kendo e judo servirono allo scopo di produrre corpi forti e abili e promuovere uno spirito combattivo indomito per la macchina bellica giapponese.
 
Ryukyu Kenpo Karatejutsu
Con la trasformazione di Okinawa in prefettura giapponese, i militari vi promossero una vigorosa campagna di arruolamento volontario. Due dei primi giovani esperti, riconosciuti per le esemplari condizioni fisiche dovute al loro allenamento nel Ryukyu kenpo karatejutsu (nel corso della valutazione medica per la campagna di arruolamento del 1891) furono Hanashiro Chomo (1869-1945) e Yabu Kentsu (1866-1937).
 
In seguito, la mera possibilità che questo fenomeno combattivo okinawense/cinese poco conosciuto potesse contribuire a migliorare l’efficacia militare giapponese, come nel caso di kendo e judo, fece sì che venisse predisposto uno studio per valutarne il potenziale.
 
All’inizio del ventesimo secolo venne promossa una campagna per introdurre il Ryukyu kenpo karatejutsu, quale forma di esercizio fisico, nel sistema scolastico di Okinawa e questo obbligò gli amministratori a rivederne sostanzialmente gli scopi. Rimuovendo molto di quel che era considerato troppo pericoloso per i bambini in età scolare, l’enfasi venne spostata dall’autodifesa al benessere fisico, promuovendo la pratica dei kata ma evitando di trasmetterne le applicazioni. Così facendo, senza trasmettere i segreti nascosti dell’autodifesa, il reale significato dei kata venne oscurato mentre si originava una nuova tradizione.
 
Gli storici impegnati nella ricerca sul karate ora concludono che questo periodo di transizione rappresenti la fine dell’arte segreta di autodifesa e la nascita di un fenomeno unicamente ricreativo. Tale fenomeno venne introdotto nella madrepatria adeguandosi alle forze del conformismo giapponese e trasformandosi in una nota disciplina competitiva.
 
Il Karate-do: un microcosmo della cultura giapponese
Konishi Yasuhiro (1893-1983), esperto di jujutsu e noto insegnante di kendo, aveva studiato Ryukyu kenpo karatejutsu prima della sua introduzione formale in madrepatria. Insieme ad Otsuka Hironori (fondatore del Wadoryu jujutsu kenpo), Konishi fu largamente responsabile del movimento di modernizzazione che rivoluzionò il Ryukyu kenpo karatejutsu. Konishi sensei, che aveva studiato direttamente con Funakoshi Gichin, Motobu Choki, Mabuni Kenwa e Miyagi Chojun, definì il karatejutsu, se confrontato con judo e kendo, come una disciplina incompleta.
Konishi affermò francamente che il karate moderno venne forgiato esattamente nello stesso modo di kendo e judo. Lo spirito combattivo degli antichi guerrieri samurai, fondamentalmente le varie scuole di kenjutsu e jujutsu, fornirono l’infrastruttura sulla quale si sviluppò il fenomeno del budo moderno.
Il kendo venne creato utilizzando i concetti fondamentali delle più eminenti scuole di kenjutsu, così come i principi più profondi del jujutsu servirono da basi per la creazione del judo.
 
Un vecchio kotowaza (proverbio) giapponese descrive perfettamente come le cose o persone “differenti” (inteso come non in armonia con il principio wa) vengano forzatamente riportate al conformismo o bloccate dalle onnipotenti forze culturali giapponesi: deru kugi wa utareru, vale a dire il chiodo che sporge viene immediatamente ribattuto.
 
Forze culturali
Se comparato a kendo e judo, l’umile disciplina del Ryukyu kenpo karatejutsu, unica quale era, rimase, secondo gli standard giapponesi, incolta e priva di un’adeguata organizzazione o “unicità”. In breve, non abbracciava il principio del wa e pertanto non era giapponese.
 
Contrariamente a kendo e judo, il movimento del karatejutsu non aveva un’uniforme formale per la pratica e non prevedeva una struttura competitiva. Il curriculum di insegnamento variava da persona a persona e non c’erano standard organizzati per valutare accuratamente i diversi gradi di competenza. Il Ryukyu kenpo karatejutsu era, come si può immaginare, soggetto a critiche, rivalità e opposizioni xenofobe durante i primi tempi della sua introduzione da Okinawa alla madrepatria.
 
I criteri
Il periodo di transizione non fu immediato né privo di opposizioni. Incluse una fase di giustificazione, un periodo in cui le animosità erano ventilate ed il vento del dissenso portò con se i semi della riorganizzazione.  Era un tempo in cui gli usi stranieri (gli Okinawensi venivano apertamente discriminati ed il sentimento anti-cinese era dilagante) venivano metodicamente respinti e sostituiti dall’introduzione di convinzioni omogenee.
Il Butokukai (organo nazionale giapponese per le tradizioni combattive) propose l’adozione di un’uniforme standard per la pratica e chiese di sviluppare ed implementare un curriculum di insegnamento univoco. Chiese inoltre di definire standard consistenti per la valutazione dei vari gradi di abilità, come nel kendo e nel judo, nonché l’adozione del sistema dan/kyu (introdotto da Kano Jigoro).
 
Doveva inoltre essere sviluppata una struttura competitiva sicura, attraverso la quale i praticanti potevano testare la propria abilità ed il proprio spirito combattivo, come nel kendo e nel judo. In effetti il Ryukyu kenpo karatejutsu era, come affermato da Konishi Yasuhiro, strutturato ad immagine di kendo e judo. Così come dodici pollici formano un piede, il piano consisteva nel creare un set di standard universalmente accettati come nel judo e nel kendo.
 
Non si dimostrarono meno esigenti le potenti forze del nazionalismo, combinate con il diffuso sentimento anti-cinese. Insieme spinsero il movimento del karatejutsu a riconsiderare un prefisso più appropriato per rappresentare la disciplina, sostituendo l’ideogramma che lo identificava con la Cina. Nel perseguire la transizione il movimento del Ryukyu kenpo karatejutsu avrebbe inoltre abbandonato il suffisso jutsu rimpiazzandolo con il termine moderno do, come nel judo e nel kendo.
 
Il kara di karate-do
L’ideogramma originario poteva essere pronunciato sia “tou” che “kara”.
Kinjo Hiroshi afferma che fino al periodo precedente la Seconda Guerra Mondiale i maestri di karate Uchinanchu (Okinawensi) si riferivano generalmente al karate con il termine toudi.
Utilizzato per la prima volta dall’insegnante di Kinjo sensei, Hanashiro Chomo(1869-1945) nel suo libro del 1905 intitolato karate kumite, il nuovo ideogramma identificava l’arte come un sistema di autodifesa con cui era possibile soggiogare un avversario utilizzando le sole mani “vuote”.
 
Il nuovo prefisso kara rappresenta il vuoto (come in mani vuote), e su un piano più profondo richiama la dottrina buddista relativa all’emancipazione spirituale del mondo interiore, così come l’uso del suffisso do.
Così la disciplina plebea del karatejutsu di Okinawa trascendeva il legame fisico di brutalità comune per diventare una forma del budo moderno, abbracciando quel che era giapponese. Come altre discipline culturali giapponesi, il karate-do divenne un altro veicolo attraverso il quale veniva canalizzato il principio tutto giapponese del wa. Da qui il termine innovativo karate-do (via del karate) sostituiva definitivamente il termine toudijutsu (arte del toudi).
 
Funakoshi Gichin, in merito all’ideogramma kara di karate-do, scrisse “così come una valle silenziosa riporta ogni minimo suono, così chi segue il karatedo deve essere in grado di rendersi vuoto trascendendo egocentrismo e avidità. Rendersi vuoti all’interno ma retti all’esterno. Questo è il vero significato del termine kara”.
 
Per quanto il nuovo termine karate-do, ottenuto utilizzando i due nuovi ideogrammi (kara e do), non sia stato riconosciuto ad Okinawa fino al 1936, il Dai Nippon Butokukai lo ratificò nel dicembre del 1933 quando il karate-do venne infine riconosciuto come budo giapponese moderno. Oggi molti storici ritengono che il Ryukyu kenpo karatejutsu, come introdotto in madrepatria in quei primi giorni, fosse al meglio un efficace, ma disorganizzato, metodo di autodifesa.
 
Il Butokukai ritenne che i miglioramenti avrebbero portato ad una singola coalizione sotto la sua egida, come accaduto al judo e al kendo. Tuttavia lo sviluppo del karate-do venne messo in secondo piano dalle avversità legate all’avvento della Seconda Guerra Mondiale. Fu così che l’introduzione di un insieme universale di standard, già presente in kendo e judo, non si attuò.
 
Molti credono che quando il Butokukai ed altre organizzazioni considerate fomentatrici del militarismo vennero chiuse nel 1945, quando il Giappone si arrese incondizionatamente alle Forze Alleate, anche l’idea di sviluppare il karate-do come disciplina unitaria, come judo e kendo, sia stata abbandonata. Tuttavia il karate-do, come il judo ed il kendo, godette di una inaspettata popolarità grazie alla sua versione sportiva, nata nel sistema scolastico.
 
Nonostante la crescente popolarità il karate-do era destinato a mantenere la sua individualità viste le differenze di opinioni, le animosità personali e le forti rivalità. Il karate-do non riuscì mai a trasformarsi in tradizione univoca, come judo e kendo, al contrario si svilupparono miriadi di interpretazioni eclettiche. Fenomeno questo che, nel bene e nel male, continua ancora oggi.
 
FINE TERZA PARTE
 
NOTE:
[1] Fondamentalmente kokutai e shushin rappresentano la diligenza, il conformismo, la dedizione alla produttività di massa, la stretta aderenza all’anzianità, l’idolatria verso l’imperatore e l’imperitura lealtà verso la propria organizzazione o azienda.
 
 

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Hojo Undo Karate di Okinawa Storia del Karate

PILLOLE DI SAGGEZZA

豚に真珠
(buta ni shinju)
Dare qualcosa di prezioso a chi non ne comprende il valore
[alternativa al detto pubblicato sul numero 49, con il medesimo significato]
(letteralmente: perle ai porci).

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