Koryu Uchinadi Italia - Newsletter
NEWSLETTER N. 43 - SETTEMBRE 2015
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Benvenuti al quarantatreesimo numero della Newsletter Koryu Uchinadi Italia.

In apertura riporto le informazioni relative al primo modulo del percorso formativo per insegnanti e praticanti di altri stili di Karate, per il quale sono ancora disponibili alcuni posti.

A seguire troverete un primo calendario dei seminari attualmente in programma in Italia, già approvati dall'IRKRS e confermati. Potrete inoltre consultare tutte le informazioni sullo stage autunnale in programma a Montichiari (BS) il prossimo 21 e 22 novembre 2015.
Vi invito comunque a tenere sotto controllo la 
pagina dedicata sul sito, che riporta le informazioni aggiornate relative ai singoli eventi.

In chiusura potrete leggere la seconda parte dell'articolo sulla politica di assimilazione giapponese ad Okinawa, di cui la prima parte è stata pubblicata sul precedente numero di agosto.

Buona lettura!!

Marco Forti
 
 

Percorso formativo

ULTIMI POSTI DISPONIBILI

Il percorso formativo per insegnanti e praticanti di altri stili di Karate, predisposto con l’esplicita autorizzazione di Hanshi Patrick McCarthy, è finalizzato all’insegnamento graduale del Nyumon Mokuroku (il curriculum di base la cui conoscenza è richiesta per l’ottenimento del grado di Yudansha).

Il percorso, destinato sia a chi è interessato ad una transizione completa al Koryu Uchinadi e al riconoscimento ufficiale IRKRS, sia a chi desidera semplicemente ampliare ed integrare le proprie conoscenze marziali, viene attuato attraverso incontri formativi intensivi riservati a praticanti adulti (età minima 18 anni) con grado minimo di cintura blu in qualsiasi stile di Karate. Ai partecipanti vengono forniti supporti didattici volti a facilitare l’apprendimento del curriculum di studio.

NOTA BENE: La partecipazione al programma formativo NON comporta automaticamente il conferimento del grado di Yudansha ma garantisce l’acquisizione delle competenze necessarie per poter, in seguito, sostenere l’esame per il relativo conseguimento.

Il progetto si articola in un percorso formativo biennale, composto da 12 incontri (della durata di 6 ore l’uno) suddivisi in due moduli.

Il corso è a numero chiuso (massimo 30 partecipanti) e le modalità di iscrizione, insieme a tutte le informazioni dettagliate sul percorso formativo, sono disponibili per la consultazione alla pagina informativa dedicata, raggiungibile cliccando qui!

Dalla stessa pagina è possibile scaricare anche la brochure informativa in formato pdf.
 


 

Calendario seminari

data luogo docente organizzato da contatti
21-22 nov. 2015 Montichiari (BS) Marco Forti Koryu Uchinadi Italia info@koryu-uchinadi.it
13 mar. 2016 Zevio (VR) G. Frisan / M. Forti Azato Mushin Kai Zevio l.gorrieri@libero.it
16 apr. 2016 Ivrea (TO) Marco Forti Canavese Arti Marziali info@canaveseartimarziali.it
     
Ulteriori informazioni sono disponibili alla pagina Seminari del nostro sito, raggiungibile cliccando qui! Inoltre gli eventuali interessati sono invitati a prendere contatti con gli organizzatori scrivendo agli indirizzi email indicati sopra.
   
MONTICHIARI  (BS) - 21/22 novembre 2015    

Stage autunnale Koryu Uchinadi ItaliaSTAGE AUTUNNALE KORYU UCHINADI ITALIA
Il seminario – che si si terrà a Montichiari (BS) presso la palestra «Falcone» in via AVIS (traversa via Ciotti) – è diretto dal M° Marco Forti e riservato ai praticanti di Koryu Uchinadi (dojo riconosciuti, gruppi di studio già costituiti o in costituzione e partecipanti al percorso formativo).
Sono previste tre sessioni di allenamento: sabato mattina (9,30-12,30), sabato pomeriggio (15,00-18,00) e domenica mattina (9,30-12,30).
Lo stage verterà principalmente sull’approfondimento e sul consolidamento del programma di studio del Nyumon Mokuroku, con particolare attenzione ai principi applicativi e all’instaurazione delle corrette dinamiche corporee (koshi wo hinerustep & slide). Saranno inoltre presentate parti tematiche tratte dai seguenti settori di studio: kansetsu waza (tecniche di controllo articolare e manipolazione / sensibilizzazione dei punti vulnerabili) e shime waza (tecniche di strangolamento e soffocamento).
Le iscrizioni chiudono inderogabilmente mercoledì 18 novembre.
Per motivi organizzativi non saranno accettate iscrizioni sul posto.
Tutte le informazioni sullo stage e sulle modalità di iscrizione, sono riportate nella brochure informativa, scaricabile cliccando qui!
 

 

Politica di assimilazione ad Okinawa: promozione, resistenza e ricostruzione

tratta da JPRI Occasional Paper N. 8 (Ottobre 1996)

di Steve Rabson
 

traduzione di Marco Forti

 

SECONDA PARTE
 
Assimilazione: imposizione dall’alto al basso
 
Sebbene il governo Meiji avesse rinviato le riforme economiche e la rappresentanza politica di Okinawa, un campo in cui l’assimilazione venne immediatamente e vigorosamente promossa fu l’istruzione, in particolare per quanto riguarda la lingua. I linguisti Shinzato ed Hokama Shuzen hanno diviso l’implementazione di tale politica in due fasi: un primo periodo in cui venne imposta dall’alto, durato dal 1879 al 1895, ed un secondo periodo di consolidamento dal basso, durato dal 1895 al 1937, terminato cioè a venticinque anni dalla fine del periodo Meiji. L’anno che fa da spartiacque tra i due periodi, vale a dire il 1895, marca l’inaspettata vittoria del Giappone nella guerra sino-giapponese, evento che porta al rapido declino della fazione pro-cinese ad Okinawa. A quel punto la maggior parte degli Okinawensi considera il Giappone come la nazione della crescita e delle maggiori speranze per il futuro.
 
Prima del 1895 la politica di assimilazione venne imposta quasi interamente da amministratori ed educatori  dalla madrepatria, come suggerisce il termine “top-down” (dall’alto in basso). Includeva sforzi per scoraggiare i tatuaggi, sopprimere il ricorso ai guaritori spirituali yuta, ridurre l’influenza delle sacerdotesse locali noro, inserire gli dei locali nel pantheon gerarchico dello Shinto nazionale e censurare le danze kumi-odori che si riteneva contenessero materiale “pericoloso per la politica nazionale” o “ingiurioso per la morale pubblica”. La lingua restava però l’elemento cruciale. I dialetti della madrepatria e delle Ryukyu sono strettamente correlati da un punto di vista strutturale ma divennero mutualmente inintelligibili quando si scissero da un “dialetto madre” intorno circa all’anno 700 d.C.
Il governo Meiji considerava la standardizzazione del linguaggio (gengo doitsu) una politica importante che avrebbe in seguito esteso a tutto il Paese. Ma la situazione era vista come particolarmente urgente ad Okinawa poiché qui la popolazione utilizzava esclusivamente la lingua delle Ryukyu.
Il primo programma di standardizzazione del linguaggio nelle scuole pubbliche di Okinawa non fu un grande successo, in parte perché mandare i figli a scuola costituiva un pesante fardello per i contadini che contavano sul loro lavoro nei campi. In secondo luogo gli Okinawensi consideravano inizialmente il giapponese come la lingua degli stranieri e in particolare della classe di funzionari governativi ostili a loro e alla loro cultura. I bambini avevano paura degli insegnanti che provenivano dalla madrepatria, che a loro apparivano alieni, duri ed altezzosi.  Ancora a quel tempo l’aristocrazia e la piccola nobiltà di Okinawa, cresciuta con i classici cinesi, non vedeva alcun valore nello studio del giapponese.
Il programma di standardizzazione suscitò inoltre proteste studentesche e rabbiosi editoriali sui giornali che lo definivano troppo incentrato sul linguaggio e sull’indottrinamento ideologico e del tutto privo di attenzione per altri argomenti considerati importanti, tra cui l’insegnamento della lingua inglese. I politici in madrepatria rigettarono completamente queste istanze, insistendo sul fatto che il perfetto apprendimento della lingua giapponese standard fosse essenziale per la corretta integrazione e per assicurare la lealtà degli abitanti di Okinawa come sudditi imperiali.
Che la promozione dell’assimilazione educativa, a partire dalla lingua, avesse più ampi obiettivi ideologici e politici venne così confermato da Ichiki Kitokuro, funzionario ministeriale: «Non abbiamo altro mezzo se non l’educazione per infrangere il modo di pensare ostinato degli abitanti di Okinawa ed integrarli alla civiltà delle isole della madrepatria [naichi]».
I ritratti dell’imperatore Meiji e dell’imperatrice (goshin’ei) furono introdotti nelle scuole di Okinawa nel 1887, prima che nelle altre prefetture. I leader militari giapponesi, che vedevano Okinawa come perimetro di difesa vulnerabile, consideravano gli Okinawensi come potenziali traditori a causa dei precedenti legami che il Regno delle Ryukyu aveva intrattenuto con la Cina.
Yamagata Aritomo e altri ufficiali militari di alto rango ispezionarono le scuole di Okinawa per essere certi che attraverso l’educazione si stesse facendo tutto il possibile per allontanare gli Okinawensi dalla Cina e avvicinarli al Giappone. In questo processo si fece spesso confusione tra quel che era cinese e quel che era okinawense, cosa che rafforzò lo zelo governativo nell’opera di sradicamento di quelle che erano considerate “usanze locali pericolose” attraverso una campagna forzata chiamata akushu haishi (eliminazione delle cattive abitudini). Per quel che riguarda poi la dicotomia tra Cina e Giappone nell’epoca Meiji, furono gli stesso Okinawensi che, di loro iniziativa, scelsero il secondo.
 
Assimilazione: consolidamento dal basso all’alto
La guerra sino-giapponese convinse molti Okinawensi che l’identificazione con la nazione vincente, che stava migliorando ricchezza e status, non sarebbe stata poi un’idea così sbagliata. Un primo effetto della guerra fu il declino, tra gli intellettuali di Okinawa, della fazione pro-cinese. Tra la popolazione era diffuso un ampio, se non profondo, sforzo di identificazione con il Giappone. I ragazzi cambiarono la loro pettinatura passando dal tradizionale ciuffo raccolto al taglio tattico divenuto popolare in madrepatria. Le donne iniziarono ad aggiungere il suffisso -ko al loro nome di battesimo e gli uomini adottarono la pronuncia kun per i loro nomi, che in precedenza venivano pronunciati con lettura più simile alla on [i kanji, o ideogrammi, possono avere una o più pronunce on, vale a dire vicine alla lingua cinese originaria, e una o più pronunce kun o giapponesi, N.d.T.]. Ad Okinawa, al contrario di quel che accadrà in Corea quattro decenni dopo, il cambio del nome fu un processo volontario.
In ambito giornalistico il quotidiano Ryukyu Shimpo, fondato nel 1893 e ancora oggi uno dei due quotidiani maggiormente diffusi ad Okinawa, sosteneva sin dai suoi primi editoriali che Okinawa avrebbe potuto progredire materialmente e socialmente solo se si fosse integrata totalmente con il Giappone. Un giornalista arrivò addirittura a scrivere: «dovremmo anche starnutire come fanno i Giapponesi». Lo Shimpo pubblicò articoli sulla storia e la cultura di Okinawa al fine di informare i lettori giapponesi, in particolare quelli che risiedevano sull’isola, e per dissipare pregiudizi e stereotipi. A quel tempo gli Okinawensi stavano accogliendo con entusiasmo la causa della standardizzazione del linguaggio, tanto che i linguisti parlano di periodo di “consolidamento dal basso all’alto”. Il testo del 1895, “Grammatica e dizionario della lingua delle Luchuan”, di Basil Hall Chamberlain, che evidenziava le relazioni tra le lingue giapponese ed okinawense, venne utilizzato come prova di etnia condivisa. L’anno seguente lo studioso Nakamoto Masaya pubblicò Okinawa goten (dizionario della lingua di Okinawa) con lo scopo preciso di aiutare gli Okinawensi a superare le interferenze che la loro lingua nativa opponeva allo sforzo di imparare il giapponese. Nakamoto scrisse nella sua introduzione che parlare una lingua comprensibile in tutto il Giappone era presupposto essenziale alla costruzione di una nazione potente.
Una risoluzione per promuovere la lingua giapponese venne promossa nell’ambito del Convegno di tutti i docenti di Okinawa del 1916. Tale risoluzione raccomandava che gli insegnanti si impegnassero non solo a parlare correttamente in giapponese ma anche che punissero gli allievi che parlavano la lingua delle Ryukyu a scuola. Nel 1910 furono gli stessi allievi della scuola media di Shuri, anticipando i loro insegnanti, a scegliere volontariamente di bandire la lingua delle Ryukyu nell’ambiente scolastico.  Nello stesso anno, gli allievi della scuola media di Naha accettarono di adottare la punizione del cartello (batsu fuda), chiamata anche cartello del dialetto (hogen fuda), che consisteva nell’appendere un cartello di legno al collo degli studenti sorpresi a parlare la lingua delle Ryukyu all’interno degli edifici scolastici.
Portare il cartello di legno era considerata una vergogna e determinava l’abbassamento dei voti. Inoltre l’unico modo di liberarsi del cartello era quello di trovare un altro studente che stesse parlando nella lingua delle Ryukyu per passarglielo. Questa sorta di versione okinawense della “patata bollente” venne successivamente criticata in quanto favoriva il fare la spia, danneggiando lo sviluppo sociale dei bambini e minando la loro autostima.
Nonostante questi sforzi, iniziati in massima parte dopo il 1895 nella stessa Okinawa, gli Okinawensi continuarono a subire pregiudizi e discriminazioni in Giappone. La situazione si esacerbò poiché gli Okinawensi che cercavano istruzione e lavoro immigravano in massa in madrepatria dove il loro lavoro era ricercato ma dove le loro usanze, in qualche modo differenti, e la tendenza ad utilizzare la lingua nativa quando parlavano tra loro ne rendevano più difficile il controllo da parte dei supervisori.
Inoltre, quando le condizioni economiche nelle altre prefetture peggiorarono, intorno all’inizio del secolo, gli Okinawensi vennero spinti a cercare lavoro ovunque in Giappone. Fu durante questo periodo che iniziarono ad emigrare anche all’estero, in gran numero nelle Hawaii e nel Sud e Nord America. Ciononostante un buon numero di Okinawensi vennero accolti dai circoli artistici e letterari della madrepatria dove le loro opere vennero apprezzate per il carattere distintivo e, nel campo specifico della letteratura, per la loro prospettiva illuminante sul Giappone del tardo periodo Meiji.
Un’altra fonte di tensione derivò dalla coscrizione dei giovani Okinawensi nell’esercito giapponese. Essi vennero esentati per due decenni dalla Legge sulla Coscrizione del 1873 a causa dei dubbi persistenti sulla loro lealtà allo stato Meiji. Come risultato della vittoria del Giappone nella guerra sino-giapponese, alcuni Okinawensi iniziarono ad intraprendere carriere militari illustri, raggiungendo gradi elevati. Fu motivo di orgoglio quando una nave da guerra, comandata dal Capitano della Marina Imperiale Kanna Kenwa, nativo di Okinawa, portò l’allora principe Hirohito a Naha per una visita celebrativa di una giornata nel 1921, prima tappa di un viaggio che lo avrebbe portato in Europa. Sfortunatamente persisteva un diffuso pregiudizio tra le forze imperiali tanto che, durante la guerra sino-giapponese, alcuni Okinawensi che parlavano tra loro nella loro lingua nativa, vennero scambiati per nemici. Il fatto che i soldati imperiali accusassero gli Okinawensi di essere spie, in parte a causa della loro lingua, ebbe tragiche conseguenze anche cinquant’anni dopo, durante la battaglia devastante del 1945.
 
*          *          *

FINE SECONDA PARTE
 
 

SCELTI PER TE

 
Bubishi. La bibbia del Karate Karate di Okinawa Storia del Karate
Hojo Undo Karate di Okinawa Storia del Karate
 
 

PILLOLE DI SAGGEZZA

失敗は成功のもと
(shippai wa seikō no moto)
Il fallimento è l’origine del successo.

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