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Archeide Magazine #15/2017:
“La Goldilocks Economy”
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Il 2017 è stato un anno tranquillo per l’economia ed i mercati finanziari globali. Gli americani amano definire la crescita economica attuale come “Goldilocks”, né troppo surriscaldata né troppo raffreddata, ma esattamente perfetta, come le zuppe assaggiate da Riccoli d’Oro (in inglese Goldilocks appunto) nella famosa fiaba per bambini di Robert Southey.

Una crescita moderata ha dato sostegno agli utili aziendali, ma allo stesso tempo non ha creato grosse tensioni inflazionistiche, permettendo alle banche centrali di mantenere i tassi a breve a livelli storicamente molto bassi e limitando i rialzi sulla parte lunga della curva.

A questo scenario economico, si è unito uno scenario politico favorevole sia in America che in Europa. Trump, per quanto controverso, ha risvegliato gli spiriti animali dell’imprenditoria statunitense e la vittoria di Macron in Francia ha dato nuovo slancio al progetto europeo.

Il risultato è stato un azionario in discreto rialzo, un obbligazionario Investment Grade (governativo e non) stabile ed un continuo appiattimento degli spread creditizi sull’obbligazionario ad alto rendimento ed emergente. In sostanza il mercato continua ad essere “narcotizzato” dalle banche centrali e dalla tiepida crescita economica.
Molti osservatori tuttavia dubitano che la Goldilocks economy possa durare anche nel 2018: i mercati finanziari devono scegliere da che parte stanno. Se stanno dalla parte della crescita economica e dell’inflazione in aumento, le obbligazioni dovrebbero soffrire ed iniziare a ritracciare; se stanno dalla parte del rallentamento della crescita e di un nuovo shock deflazionistico, le azioni sono a livelli oggi ingiustificabili e sono esposte a pericolosi riprezzamenti. In entrambi i casi da qualche parte i portafogli subiranno delle perdite.

Da che parte stiamo noi? Senza dubbio pensiamo che i tassi di interesse non possano scendere ulteriormente nell’area Euro. L’economia Europea sta bene nella periferia (Italia in primis) e corre al centro (Germania e Francia), con gli indici di fiducia dei consumatori e di sentiment industriale vicino ai massimi storici e saldamente in territorio espansivo. La BCE ha in questi giorni comunicato che ridurrà il Quantitative Easing da 60 miliardi a 30 miliardi al mese, lasciando quindi nel mercato 30 miliardi di titoli in più che devono trovare compratore. La BCE potrebbe anche stupire i mercati ed alzare congiuntamente i tassi a breve nella prima parte del 2018 per non rimanere troppo distanziata dalla cugina americana, la Federal Reserve, la quale non ha più scuse per non accelerare la sua politica monetaria restrittiva, fatta di tassi in rialzo e Quantitative Tightening.

Inflazione e crescita in rialzo, minor sostegno delle banche centrali e una periferia più solida, dovrebbero mettere una discreta pressione ai tassi di interesse nell’immediato futuro. Riteniamo quindi di vitale importanza evitare le duration troppo elevate nell’obbligazionario europeo. In questo scenario di crescita economica si dovrebbe quindi vendere i bond a lunga e comprare azioni per cavalcare la potenziale crescita degli utili azionari prevista per il 2018 (sia in Europa che in USA), e proteggere il portafoglio da un aumento dell’inflazione.

Tuttavia questa volta la strategia non è così scontata. Negli ultimi anni le azioni sono salite soprattutto per un aumento dei multipli di mercato dovuti ai bassi tassi d’interesse e all’ampia liquidità nel sistema, quindi non è da escludere che le condizioni monetarie restrittive all’orizzonte portino ad un abbassamento dei multipli di mercato.
Shiller P/E (fonte http://www.multpl.com/shiller-pe/)
I multipli di Shiller del mercato USA (che aggiustano gli utili aziendali per inflazione e ciclo economico) sono oggi ai massimi livelli dal 2000 e addirittura superiori rispetto al Black Tuesday del 1929; ciò equivale a dire che gli investitori sono disposti a pagare di più oggi che nel 1929 per avere un paniere di aziende che genera un determinato livello di profitto aggiustato per l’inflazione. Simili conclusioni si ottengono anche utilizzando il rapporto tra Prezzo e vendite o tra capitalizzazione di mercato e GDP.

In Europa i multipli sono più bassi, ma questo è dovuto principalmente alle banche, alle utility e alle assicurazioni, mentre se si prendono le valutazioni delle imprese tecnologiche, del lusso e del settore industriale non ci allontaniamo molto dalla media americana.

Proprio per questo potremmo avere anche il risultato perverso dove pur aumentando gli utili aziendali i mercati azionari potrebbero rimanere fermi o addirittura calare per una diminuzione dei multipli. Per la prima parte del 2018 siamo quindi cautamente ottimisti sull’economia, molto scettici sul mercato obbligazionario Europeo e neutri sull’azionario.

In questo contesto di crescente incertezza e difficoltà nel generare rendimenti, le parole d’ordine rimangono flessibilità, diversificazione ed ottimizzazione dei costi. Se da un lato la diversificazione e la flessibilità di non avere un portafoglio completamente scarico di rischio, ma nemmeno di essere sempre “fully invested”, permette di mediare in caso di cali del mercato anche significativi. Dall’altro la riduzione delle inefficienze degli strumenti d’investimento avrà sempre più un effetto determinate per il total return di un portafoglio: in un mercato dove il rendimento ottenibile da un investitore in un portafoglio bilanciato potrebbe essere tra il 2% ed il 3%, nessuno può permettersi di pagare il 2% di TER su un fondo o una polizza.

Strategicamente infine consigliamo di tener d’occhio il mercato azionario giapponese (a cambio coperto), oggi ai massimi dal 1999 e l’unico dei grandi paesi industrializzati che continuerà ad avere uno scenario alla “Riccioli d’Oro” anche nel 2018, con un’economia in crescita, l’inflazione contenuta e soprattutto una banca centrale con il piede ben premuto sull’acceleratore.
Ufficio Studi Finanziari
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