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Archeide Magazine #08/2017:
Italia Si, Italia NO...”
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Magazine n.8
del 19 giugno 2017

“Italia SI, Italia NO.....
“Italia SI Italia NO, Italia gnamme, se famo du spaghi.” Così cantavano Elio e le Storie Tese nel 1996 a San Remo riferendosi all’Italia come ad una “Terra dei Cachi” piena di problemi e profondamente segnata dagli scandali. A dire il vero, dopo più di 20 anni, il testo di questa canzone è purtroppo ancora sufficientemente rappresentativo di un paese che fatica a rialzare la testa. Un vero peccato però, perché alcune cose dal punto di vista economico e finanziario non stanno poi andando così male, tuttavia, leggendo il report annuale dell’OECD sulla competitività mondiale (Link), l’Italia è al 100° posto su 136 per la qualità delle Istituzioni, 136° su 136 per il peso della regolamentazione e l’efficienza nel risolvere le dispute legali, 130° su 136 per gli sprechi del governo e 128° su 136 per la trasparenza delle politiche governative. In sostanza è oggettivamente dimostrato che da anni l’Italia è uno dei posti più difficili al mondo dove fare business per burocrazia, legalità e sprechi. A noi però piace andare a vedere cosa sta funzionando e a tal proposito, vogliamo condividere qualche dato che, anche se temporaneamente, ci fa sperare di riuscire ad emergere.
Disoccupazione, trend positivo. Oggi l’Italia ha un tasso di disoccupazione pari al 11,10% della forza lavoro, più alto della media Europea del 9,30% e più del doppio rispetto ai paesi più virtuosi come gli USA (4,30%), la Germania (3,9%), il Giappone (2,8%) e la UK (4,6%). Se si vanno poi a vedere i dati regionali ci si accorge che le cose vanno ancora peggio e che al Sud il tasso di disoccupazione si avvicina al 20% e tra i giovani supera addirittura il 30%. L’opinione pubblica molto spesso cita questi dati per giustificare le visioni disfattiste sul futuro dell’Italia, tuttavia il tasso di disoccupazione è oggi in netto calo rispetto al massimo del 13% del 2014 e se si considera il tasso di occupazione, che depura gli effetti di coloro che entrano ed escono dal mercato del lavoro, notiamo che le cose stanno migliorando ben più velocemente rispetto ad altri paesi come per esempio gli USA.

Tasso di Occupazione (Italia in Blu scala a sinistra vs USA a destra)
Il tasso di occupazione è il rapporto tra persone che lavorano rispetto al totale della popolazione in età per farlo. Tale tasso rappresenta, a nostro avviso, una migliore misura della salute del mercato del lavoro rispetto al tasso di disoccupazione e ci dimostra come oggi in Italia il trend di miglioramento sia decisamente positivo. L’Italia, seppur parta da livelli nettamente peggiori rispetto agli USA, sta pian paino chiudendo il gap causato dalla crisi economica del 2008 e dalla crisi del debito del 2011, mentre gli USA non sono riusciti a colmarne nemmeno metà.
 
Industria e servizi, in crescita. Affinché il mercato del lavoro continui a migliorare è di fondamentale importanza che le aziende abbiano ordinativi e fatturati in crescita. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT, la produzione industriale sta crescendo dell’1% anno su anno e si stanno vedendo simili se non migliori segnali sul fronte dei nuovi ordinativi. Anche le indagini fatte da Markit ai manager delle principali aziende Italiane, confermano che il trend rimane positivo sia per la manifattura che per i servizi: gli indici PMI di Markit rimangono infatti ben sopra i 50 punti base (sotto 50 segnalano recessione, sopra espansione) e sono in linea con una produzione industriale in crescita del 5% ed un tasso di crescita del PIL attorno al 2%.

Markit PMI Servizi (indice su base 50 a sx) e PIL (tasso YoY% a dx) – Fonte Markit
Da questi dati, sembrerebbe proseguire la congiuntura positiva dell’industria italiana (sia manifatturiera che servizi) e la fiducia degli imprenditori, ci attendiamo quindi che i miglioramenti nel mercato del lavoro proseguano anche nei prossimi mesi.
 
Consumi, trend positivo. Un mercato del lavoro in salute ha senza dubbio l’effetto di incentivare i consumatori a spendere per acquistare beni e servizi. Non ci sorprende quindi che la fiducia dei consumatori rimanga a livelli pre 2008, seppur in leggero calo da fine 2016. Non ci sorprende altresì scoprire che le vendite al dettaglio in aprile (ultimo dato disponibile pubblicato dall’ISTAT) sono cresciute del 1,20% rispetto all’anno scorso, il tasso più alto da inizio 2016. Anche qui quindi il Trend sembra in miglioramento.
 
Vendite al Dettaglio (tasso di crescita anno su anno)
Immobiliare, in ripresa. Se per comprarsi un vestito, un paio di scarpe o anche una buona bottiglia di vino, ad un consumatore basta essere mediamente fiducioso sul suo futuro, per comprarsi una casa esso deve essere estremamente ottimista sulle sue capacità di coprire le proprie spese prospettiche. In questo senso più il mercato del lavoro migliora e più i lavoratori sono fiduciosi sul futuro, più saranno disposti a rischiare e ad accollarsi un mutuo per comprarsi una nuova casa. I cambiamenti di trend del mercato immobiliare sono caratterizzati da delle lunghe fasi di aggiustamento: in un primo momento riprendono il numero di transazioni, ma i prezzi continuano a calare e permane una diffusa negatività nel settore. Successivamente, i prezzi si stabilizzano e le transazioni continuano ad aumentare ma ad un tasso più basso. Infine torna la fiducia sul settore ed i prezzi cominciano a salire.
In base ai dati resi disponibili dall’ISTAT e dai vari osservatori immobiliari dovremmo essere oggi alla fine della seconda fase ed all’inizio della terza. Molto probabilmente, se il mercato del lavoro continua a migliorare e la fiducia rimane alta, i prezzi delle case potranno finalmente salire a partire dal terzo trimestre 2017.
 
Housing Index (indice Eurostat)
Sia secondo i dati riportati nell’indice Eurostat che da altre fonti di settore, attualmente le transazioni stanno crescendo ad un tasso annuo che va dal 10% ed il 20%, i prezzi quindi dovrebbero iniziare marginali rialzi nei prossimi trimestri.
Sarà inoltre molto interessante vedere l’effetto sui prezzi in caso di una domanda di nuove abitazioni maggiore del previsto. 7 anni di profonda crisi hanno fatto uscire dal mercato i costruttori marginalmente meno efficienti ed hanno portato ad un ridottissimo numero di nuove case disponibili nel mercato; ecco quindi che potremmo trovarci nei prossimi anni con una richiesta ben più elevata dell’offerta su alcuni settori del mercato immobiliare, come per esempio le nuove abitazioni.
 
Tassi, bassi. Sia il consumo di beni durevoli (auto) che l’acquisto di nuovi immobili dipendono molto dalla salute del sistema bancario e dalla politica monetaria di un’area valutaria. Oggi senza dubbio i tassi di interessi fissati dalla BCE sono molto bassi (Euribor al -0,33%) ed anche i tassi a medio lungo termine sui BTP (un importante indicatore sul livello di tasso fisso che le banche possono offrire) sono oggi attorno al 2% e sono tenuti bassi dagli acquisti di titoli che la Banca Centrale Europea proseguirà almeno fino a fine anno. Tassi di interesse bassi dovrebbero favorire l’erogazione di nuovi prestiti alle famiglie e dare sostegno alla ripresa che stiamo vedendo nel mercato immobiliare. Già da qualche mese stiamo vedendo un’inversione di trend nel mercato del credito e nei prossimi mesi il livello di finanziamenti concessi dal settore bancario all’economia reale potrebbe iniziare a salire.
 
Prestiti al settore Privato (milioni di Euro)
Una nota di cautela è tuttavia d’obbligo. Infatti se da un lato i prestiti alle imprese e alle famiglie solvibili possono essere espansi dalle banche molto facilmente, grazie al sostegno delle operazioni di finanziamento della BCE ed ai tassi centrali di raccolta molto bassi, le banche non possono e non vogliono rischiare ulteriore capitale per erogare prestiti a soggetti con un rating creditizio basso. Questa caratteristica, tra l’altro esasperata dai requisiti sempre più stringenti sul capitale di rischio che le banche devono accantonare secondo le nuove norme di Basilea, sta creando un eccesso di liquidità disponibile tra i soggetti virtuosi e lascia invece in pieno credit crunch i soggetti “in crisi”.
Tuttavia se il trend economico positivo prosegue, le famiglie e le imprese diventeranno via via sempre più solvibili, aumentando marginalmente l’universo di individui finanziabili e creando le basi per un duraturo e costante aumento dello stock di credito, condizione necessaria per una crescita economica più elevata e duratura.
 
Sistema bancario, rischio parziale. Le popolari Venete, MPS, Banca Marche, sono molte delle notizie che hanno fatto preoccupare gli osservatori dei mercati finanziari negli ultimi anni. Molti temono che l’Europa costringa l’Italia ad applicare il Bail-in degli obbligazionisti di queste banche per coprire le perdite accumulate, alcuni temono addirittura che le perdite siano così grandi da mettere a rischio tramite il Bail-in anche i correntisti. Noi riteniamo che le banche in crisi (ce ne sarà sempre qualcuna in un sistema finanziario fatto da istituti medio piccoli) siano un problema grosso per il territorio, ma limitabile a livello sistemico, non a caso alla fine dei conti Unicredit ed Intesa sono intervenute tramite Atlante per limitare la crisi. Riteniamo inoltre che i correntisti dovrebbero essere al sicuro dal Bail-in, infatti il sistema è ormai talmente interconnesso, che un rischio reale di Bail-in per i correntisti di Veneto Banca creerebbe una corsa agli sportelli anche in tutte le altre banche italiane.
In sostanza, quello che conta per la sicurezza del correntista, è la credibilità e la solidità del garante, ovvero lo Stato Italiano: fino a quando i mercati crederanno che il debito pubblico italiano sarà ripagato e solvibile, le banche italiane saranno al sicuro, così come i correntisti di qualsiasi banca. Diversa è la situazione per gli obbligazionisti, qui non si possono escludere forme più o meno intense di bail-in anche nel caso in cui non vi sia una crisi sovrana.
 
Politica, stallo e impotenza. La credibilità dello Stato Italiano e la capacità di convincere i mercati che i BTP siano denaro sonante e non carta straccia, dipendono sostanzialmente da due fattori: l’economia e le politiche strutturali, economiche e fiscali del governo italiano.
Il più grande rischio quindi per la stabilità sistemica della finanza italiana ed in ultima analisi, la sicurezza dei risparmi di noi cittadini, è rappresentato dall’incapacità della politica italiana di rinnovarsi e cambiare strutturalmente il destino del nostro paese.
Chiunque abbia un minimo di buon senso, concorda sul fatto che prima o poi si debba fare un profondo iter di riforme strutturali, ma da sempre non c’è la volontà politica ed il sostegno popolare per farlo. Oggi ancor più, ci troviamo di fronte ad un paese ingessato, con una legge elettorale che non permette di governare e con un gruppo frastagliato di partiti tale per cui nessuno avrà mai la maggioranza in parlamento. Ogni unione diviene così opportunistica e temporanea, ogni politica è mirata a mantenere lo status quo e non a riformare il paese tramite le impopolari ma necessarie, politiche strutturali più volte evidenziate dai nostri partner Europei.
In questo senso, il futuro politico ci appare quanto mai cupo o quanto meno, non abbiamo la capacità e l’immaginazione per intravvedere una via d’uscita da questa situazione di stallo. Le implicazioni per gli investitori sono molteplici. La più importante è senza dubbio il fatto che ad ogni futura crisi economica, l’Italia si ritroverà nuovamente sull’orlo del baratro perché, sebbene vi siano delle fasi di congiuntura positiva come quella attuale, non riesce mai a cogliere l'opportunità per sistemare i suoi problemi strutturali. Per ora quindi tutto continua come sempre ma quando il vento cambierà, ci sarà da rizzare le antenne.
 
Un’analisi leggermente più lunga del solito era necessaria per mettere a fuoco l’attuale congiuntura dell’economia italiana, dalla quale emerge una situazione inaspettatamente positiva, dove molti dei pezzi necessari per avere una ripresa economica sostenibile (industria, lavoro, consumi, credito, case) stanno andando a posto uno dopo l’altro. La ripresa sta diventando poco a poco crescita, anche aiutata da delle politiche monetarie estremamente accomodanti e da un’economia mondiale che comunque continua a crescere senza particolari scossoni. Purtroppo resta sopra le nostre teste la spada di Damocle di una classe politica che non riesce a rinnovarsi e di un apparato burocratico e legale che rende l’Italia uno dei paesi più ostili per il business al mondo.
 
Se solo si riuscisse a risolvere, anche parzialmente, questo stallo, altro che “terra dei cachi”, potremmo diventare la “terra dell’oro”.
Ufficio Studi Finanziari
Archeide SCF Srl

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