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NEWSLETTER N. 56 - OTTOBRE 2016
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Benvenuti al cinquantaseiesimo numero della Newsletter Koryu Uchinadi Italia!

In apertura trovate tutte le informazioni sul seminario autunnale in programma a Montichiari (BS) il 26 e 27 novembre.

A seguire presento la traduzione di un breve articolo di Hanshi Patrick McCarthy e in chiusura ricordo a tutti il nuovo canale Telegram, un ulteriore mezzo informativo attraverso il quale è possibile ricevere, in tempo reale, aggiornamenti sulle attività organizzate da Koryu Uchinadi Italia.

Buona lettura!!

Marco Forti
 

Seminario Autunnale
Koryu Uchinadi Italia
Montichiari (BS), 26-27 novembre 2016

Seminario autunnale Koryu Uchinadi ItaliaIl seminario autunnale - in programma a Montichiari (BS) sabato 26 e domenica 27 novembre - è diretto dal M° Marco Forti e riservato sia ai praticanti di Koryu Uchinadi (dojo riconosciuti, gruppi di studio già costituiti o in costituzione e partecipanti al percorso formativo) che agli interessati ad istituire un nuovi gruppi di studio.

Sono previste tre sessioni di allenamento: sabato mattina (9,30-12,30), sabato pomeriggio (15,00-18,00) e domenica mattina (9,00-12,00).

Al termine dello stage si terrà una sessione d'esame per il passaggio al grado di Yudansha, riservata a chi ha completato la prevista formazione.
 
Le iscrizioni allo stage chiudono inderogabilmente mercoledì 23 novembre.
Per motivi organizzativi non saranno accettate iscrizioni sul posto.

Tutte le informazioni sullo stage e sulle modalità di iscrizione, sono riportate nella brochure informativa in formato pdf, scaricabile cliccando qui.
 

Karate: gli stili moderni, lo sport e le vecchie vie

di Patrick McCarthy

traduzione in italiano di Marco Forti

 

Nel corso di una recente conversazione con un collega, qui a Brisbane, sono state portate alla mia attenzione alcune controversie relative alla mia presunta opinione negativa sul karate moderno e sul suo aspetto competitivo. La mia fonte ha evidenziato che il modo in cui promuovo pubblicamente il Koryu Uchinadi (tradizione non competitiva di vecchia scuola) sembra in conflitto con alcuni tradizionalisti pro-sport i quali ritengono che io disapprovi la disciplina moderna ed il suo format competitivo. Alla luce di quanto sopra vorrei fornire le seguenti considerazioni a coloro che potrebbero altrimenti sentirsi offesi da quello che è ovviamente solo un malinteso.
 
Per la cronaca, partecipai alla mia prima gara negli anni sessanta e mi ritirai dalle competizioni open nella metà degli anni ottanta, lasciandomi alle spalle una carriera esemplare. Qualcuno di voi, abbastanza vecchio da poter ricordare, rammenterà la mia faccia sulle copertine di riviste di arti marziali come Karate Illustrated, Official Karate, ecc… Facevo parte di una cerchia ristretta di agonisti nell’intera storia dello sport moderno entrati contestualmente nelle classifiche dei primi dieci atleti nelle competizioni di kata, kumite e armi. In effetti all’epoca ero uno dei pochi Canadesi ad aver ottenuto l’inserimento anche nelle classifiche delle competizioni open statunitensi. Come campione agonistico ero solo in grado di migliorare me stesso e raggiungere le giovanili aspirazioni attraverso il sacrificio personale, la pazienza e la totale dedizione allo sport.  Sebbene questi obiettivi siano da tempo cambiati, devo comunque ringraziare il karate sportivo ed i suoi metodi di allenamento per avermi guidato verso il percorso al quale mi dedico ora.
 
Quando mi ritirai dalle competizioni per dedicarmi alla trasmissione dell’arte, ritenni necessario studiare la pedagogia delle arti marziali al fine di diventare un insegnante più efficace. La mia sete di conoscenza, unita alla mia dimestichezza nel viaggiare, mi portò in contatto con una pletora di fonti informative. Mano a mano che la mia conoscenza diventava più profonda aumentava di pari passo l’interesse per l’arte del karate delle origini. Lo scoprire come i metodi di allenamento della “vecchia scuola” univano le tecniche fondamentali ai corrispondenti temi difensivi mi portò ad una infatuazione non ancora provata. Era tutto così diverso da quello che avevo fatto fino a quel momento e presto realizzai quanto poco realmente sapessi sulle pratiche e gli scopi originari del karate. Con mia somma gioia entrai in un regno che mi era stato fino a quel momento celato.
 
Avendo spostato la mia attenzione dalla preparazione sportiva ad un tipo di allenamento maggiormente difensivo, olistico e introspettivo; iniziai gradualmente a rimpiazzare le sequenze di allenamento moderne (che supportano gli scopi e gli obiettivi dell’agonismo regolamentato) con i più vecchi tegumi (che si focalizzano sull’applicazione dei principi connessi ai kata). Essendo un veterano dell’agonismo vissuto, considero questa transizione come un progresso naturale, specialmente se comparato alle alternative di diventare allenatore, giudice o arbitro. Se non fosse stato per la mia esperienza agonistica nel karate moderno, dubito che la mia comprensione dell’arte sarebbe quella che è oggi.
 
Credo che il lettore interessato possa spassionatamente riconoscere che il karate sportivo è un fenomeno moderno che, proprio in virtù dei relativi scopi ed obiettivi, necessita di sviluppare metodi di allenamento atti a supportare il raggiungimento dei risultati definiti dai regolamenti.  Similmente spero che il lettore interessato possa anche riconoscere che, in virtù dei risultati attesi nella difesa senza esclusione di colpi, i metodi di allenamento antichi usati per supportarne gli scopi e gli obiettivi hanno caratteristiche diametralmente opposte.
 
I temi difensivi ed i principi applicativi del karate di vecchia scuola si sono sviluppati a seguito di generazioni di analisi empiriche finalizzate a neutralizzare quegli atti casuali, ma allo stesso tempo abituali, di violenza fisica che affliggevano la società.
 
Mentre l’allenamento sportivo sviluppa i suoi strumenti offensivi e difensivi in funzione di tempismo, ritmo, velocità, penetrazione e determinazione finalizzandoli al mutuo confronto regolamentato, così il suo progenitore, Koryu Uchinadi, si focalizza sulla prospettiva del confronto senza esclusione di colpi. È sempre stato il corpo umano con le sue funzionalità specifiche e le comuni vulnerabilità anatomiche a determinare i metodi migliori per impedire la funzionalità motoria. Gli antichi creatori di questi fenomeni difensivi compresero questa verità universale e la perpetuarono in paradigmi chiamati kata: vere e proprie capsule del tempo del karate. Il kata è sempre servito come mezzo attraverso il quale i segreti del karate potessero essere trasmessi da maestro a discepolo.
 
Io vedo gli stili moderni, lo sport e l’infrastruttura originaria di vecchia scuola come parti interrelate di un tutto più grande che, quando compreso, è in grado di rimuovere l’enigma che ammanta il karate. La società basata sullo scambio di informazioni che ho fondato in Giappone, insieme al maestro okinawense di karate e kobudo Kinjo Hiroshi, è dedicata a promuovere tale conoscenza, destinata altrimenti a rimanere nascosta, come lo è stata per me per così tanti anni.
 
Alla luce di questa conoscenza più profonda, credo che ogni percorso che non sia pavimentato dal condizionamento fisico, dalla filosofia morale e dalla metodica introspezione non valga la pena di essere percorso perché sicuramente non porta dove voglio andare. Per dirla senza mezzi termini, la ricerca portata avanti dall’IRKRS ha dimostrato che il karate moderno non affronta quello che era originariamente lo scopo dell’arte. Nel caso questa affermazione suonasse come offensiva non credo comunque di dovermi scusare con nessuno dato che non cerco approvazione. Non ho nessun problema con coloro che credono il contrario, è prerogativa di ciascuno di noi avere le proprie opinioni. Tuttavia tali credenze non hanno alcuna influenza su ciò che so essere oggettivamente vero.
 
Avendo passato anni a sviluppare un metodo, tanto semplice quanto efficace, per integrare tali principi universali all’interno dell’infrastruttura del curriculum di ogni dojo, senza compromettere le caratteristiche peculiari dello stile praticato, oggi il mio impegno è quello di rendere disponibili tali antiche pratiche a chiunque abbia un desiderio genuino di apprenderle.
 
Per la cronaca, tuttavia, se c’è qualcosa che trovo ripugnante nel mondo del karate è l’insieme di quelli che non vogliono mettere in discussione né accettano che altri mettano in discussione le loro tradizioni. Per quanto possa essere difficile da accettare, dobbiamo tutti comprendere che anche i più grandi maestri hanno avuto i loro difetti.

Patrick McCarthy
 

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