10 giorni alle elezioni statunitensi

Se avete mai fatto un giro sulle montagne russe, sapete che all'inizio è tutto molto divertente, si comincia ad andare veloce, poi ancora più veloce, poi sempre più veloce finché ci si sente esaltati e ubriachi di aria. A un certo punto arriva il momento in cui il corpo comincia a fare un po' di fatica ad accompagnare le curve e i salti. La testa vi sembra più leggera del solito e comincia a girare un po'. Magari subentra anche un piccolo senso di nausea, e una parte di noi pensa: mi sto divertendo molto, ma spero finisca presto. La campagna elettorale americana è arrivata a quel momento lì.

Avete presente quella cosa che ci siamo detti più volte sulle "sorprese di ottobre"? Quei colpi di scena che a volte arrivano nell'ultimo mese di campagna elettorale e cambiano le carte in tavola? Di solito non ce n'è nemmeno una una. A volte ce n'è una. Venerdì è arrivata forse la nona o decima sorpresa di ottobre di questa campagna elettorale. E stavolta riguarda Hillary Clinton.



La notizia è questa, in breve: il capo dell'FBI, James Comey, ha comunicato al Congresso che la sua agenzia si è imbattuta in alcune email che "sembrano pertinenti" all'indagine sulle email di Hillary Clinton, nel corso di un'altra inchiesta che non ha a che fare con questa storia. Ha detto quindi che l'agenzia ha iniziato la revisione di questi materiali, di cui oggi non sa descrivere la rilevanza, e aggiornerà il Congresso quando ne saprà qualcosa di più, senza indicare quando. Ma la storia è molto più intricata di così, e ne sappiamo pochissimo: se avete la pazienza di seguirmi, ora cerco di spiegarla dall'inizio. Molti di voi sapranno già di cosa si parla, ma credo sia utile un riepilogo generale.

Dove comincia questa storia
Durante il suo mandato da segretario di Stato, Hillary Clinton ha usato un indirizzo privato di posta elettronica – sul dominio clintonmail.com, appositamente creato – anche per le cose di lavoro. Poteva farlo, in base a quanto prescrivevano le norme all’epoca. Quando però il governo le ha chiesto le email di lavoro per archiviarle – si tratta di atti pubblici – lei ha detto che la sua casella conteneva anche email personali: allora ha cancellato tutte le email personali (31.830) e ha consegnato le altre (30.490). L’FBI allora ha aperto un'indagine per capire se l'uso di una casella di posta privata avesse creato problemi per la sicurezza nazionale oppure celato la volontà di nascondere qualcosa al governo. 

Clinton ha detto più volte che usare il suo indirizzo privato per le cose di lavoro è stato un errore, fatto per una questione di comodità e cioè per non portarsi sempre dietro due smartphone (cosa che secondo lei sarebbe stata necessaria perché il dipartimento di Stato non le permetteva di avere indirizzi email multipli sul BlackBerry fornito dal governo). Questa motivazione non è mai sembrata molto convincente, perché Clinton viaggia notoriamente con molti dispositivi e il suo server privato era stato allestito appositamente nel 2009. Clinton inoltre aveva sempre detto di non aver inviato o ricevuto email contenenti informazioni riservate o “top secret” – il livello più alto di segretezza – dal suo indirizzo di posta, e aveva detto che il suo server era sicuro.

Dall’inchiesta dell’FBI è venuto fuori che non c'è stata nessuna intenzione criminale da parte di Hillary Clinton, che non voleva nascondere niente al governo, e che non ci sono prove certe che questa condotta abbia messo a rischio la sicurezza nazionale. Lo scorso luglio l'FBI ha raccomandato quindi al Dipartimento di Giustizia di non aprire un'inchiesta su Hillary Clinton. Il capo dell'FBI, James Comey, aveva fatto però anche una cosa inusuale: durante una conferenza stampa aveva smentito molte delle cose che Clinton aveva detto su questa storia, giudicando «estremamente superficiale» la sua condotta e aggiungendo che «qualunque persona ragionevole nella sua posizione o in quella di chi corrispondeva con lei avrebbe dovuto sapere che quell’indirizzo email non era adatto a inviare o ricevere quelle informazioni». In ogni caso, la storia sembrava chiusa. Da ieri non lo è più.

La notiziona di venerdì, quindi
Cosa ha detto ieri il capo dell'FBI al Congresso:
Nella mia precedente testimonianza al Congresso, ho detto che l'FBI ha completato l'inchiesta sulle email di Hillary Clinton. Alla luce di alcuni fatti recenti, vi scrivo per integrare la mia testimonianza. Durante un'indagine su un caso non collegato a questo, l'FBI ha appreso dell'esistenza di email che sembrano pertinenti a quell'indagine. Vi scrivo per informarvi che abbiamo intrapreso i passi necessari alla revisione di queste email, per capire se contengono informazioni riservate e se sono rilevanti ai fini dell'indagine. Per quanto non possiamo ancora dire se si tratti o no di materiale importante, né prevedere quanto tempo sarà necessario per esaminarlo, credo sia importante aggiornarvi alla luce della mia precedente testimonianza.
Poco dopo Comey ha inviato una lettera ai dipendenti dell'FBI per spiegare meglio la sua decisione:
Ieri i nostri investigatori mi hanno raccomandato di esaminare alcune email trovate di recente nel corso di una separata indagine. Dato che queste email sembrano pertinenti all'indagine sul server di Hillary Clinton, ho dato mandato di ottenerle ed esaminarle. Naturalmente di norma non aggiorniamo il Congresso sulle nostre indagini in corso, ma in questo caso mi sono sentito in dovere di farlo alla luce delle mie precedenti testimonianze. Credo inoltre che non farlo sarebbe stato scorretto nei confronti del popolo americano. Allo stesso modo, dato che non sappiamo ancora se questo materiale sia rilevante o no, non voglio dare impressioni sbagliate. Volevo che lo sapeste direttamente da me proprio per il rischio di essere fraintesi, dato che ci troviamo in mezzo a una campagna elettorale.
Le cose che sappiamo con certezza finiscono qui, e potrete concordare con me che non sappiamo niente. Queste email potrebbero non essere di Hillary Clinton ma di suoi collaboratori. Potrebbero contenere cose nuove oppure no. Potrebbero anche essere email già esaminate dall'FBI nel corso della sua precedente indagine (è un'ipotesi di cui si parla molto). Potrebbero portare a una revisione globale del caso, e quindi anche delle sue conclusioni, oppure no. La revisione di queste email potrebbe richiedere alcuni giorni oppure alcuni mesi. A questo punto dovrei ricordarvi che negli Stati Uniti si vota tra appena dieci giorni, ma in realtà non è così: si sta già votando, come sapete. Almeno 18 milioni di americani hanno già votato. È il 14 per cento di tutti i voti espressi alle presidenziali del 2012. Altri milioni di americani voteranno nei prossimi giorni.

Prima di questo gran macello, questa settimana a Milano ho parlato di elezioni americane insieme con Ludovico Manzoni. Se non c'eravate, potete riascoltare l'intera conversazione su Spreaker o su iTunes: è la quindicesima puntata del podcast sulle elezioni americane.

Davvero non ne sappiamo niente di più?
Sappiamo qualcosa in più attraverso quello che fonti nell'FBI hanno raccontato ai principali giornali americani. Non sono informazioni ufficiali, quindi vanno prese con una certa cautela, ma sono coerenti tra loro e quindi ci sono buone ragioni per considerarle affidabili. Queste nuove email sarebbero state trovate nel corso dell'inchiesta dell'FBI su Anthony Weiner, ex deputato newyorkese caduto in disgrazia e soprattutto quasi ex marito di Huma Abedin, la più importante assistente personale di Hillary Clinton. Anche questa è una storia che chi è iscritto alla newsletter da qualche mese conosce bene.

La promettente carriera di Anthony Weiner si è fermata bruscamente quando nel 2011 pubblicò su Twitter una foto del suo pene. Disse che lui non c'entrava niente, che era stato un hacker, ma nel giro di pochi giorni vennero fuori diverse donne che dissero di essere state abbordate da Weiner su Twitter e che lui mandava loro regolarmente quel genere di documentazione fotografica, diciamo. Weiner ammise tutto, fece una di quelle contrite conferenze stampa da politici americani in crisi e si dimise da deputato. Weiner e Abedin restarono insieme. Nel 2013 Weiner cercò di tornare in politica e si candidò a sindaco di New York. La campagna elettorale gli stava andando anche benino quando di nuovo venne fuori che aveva fatto il maiale sui social network. Nuova crisi, nuovo ritiro, nuova imbarazzata conferenza stampa. Lo scorso settembre di nuovo è venuto fuori che Weiner continua a mandare foto "personali" in giro su Twitter: lo ha fatto persino con certi giornalisti che si sono finti ragazze avvenenti e lui ci è cascato con tutte le scarpe. In una di queste foto si vede lui in mutande con un'erezione, seduto sul divano, con accanto suo figlio piccolo che dorme. Stavolta Huma Abedin l'ha lasciato e i due divorzieranno.

Il trailer di un fantastico documentario su Anthony Weiner. Ed è di nuovo il caso di ricordarvi cosa vuol dire Weiner in inglese.

I giornali americani scrivono che l'FBI sta indagando Anthony Weiner, perché sarebbe sospettato di aver mandato quel genere di fotografie anche a una quindicenne, con cui avrebbe avuto una specie di relazione online. Nel corso di quest'indagine è stato sequestrato un computer portatile che veniva utilizzato a casa sia da Weiner che da Abedin. Le email di cui si parla – che sarebbero migliaia, vecchie o nuove – sarebbero state trovate dentro questo portatile. Alcuni scrivono che sono email in cui Abedin parla di cose di lavoro ma non con Clinton, altri dicono che sono email in cui Abedin parla di cose di lavoro con Clinton, altri ancora dicono che sono email già esaminate. Non c'è modo di saperlo, a oggi.

Cosa pensa Joe Biden di Anthony Weiner. Vorrei che nessuno mi osservasse mai con quello sguardo.

Cosa se ne dice
La lettera di Comey è stata molto irrituale, più della conferenza stampa di luglio e più della precedente decisione di diffondere le migliaia di email di Clinton già esaminate. Di solito l'FBI non aggiorna l'opinione pubblica e il Congresso sulle indagini in corso, né spiega le sue decisioni: a maggior ragione non lo fa durante una campagna elettorale. È un fatto che l'FBI non abbia messo gli elettori in una buona posizione con la decisione di ieri, nemmeno se benintenzionata: non c'è modo per loro di sapere cosa pensare di questa storia. Non andranno a votare più informati di prima, semmai il contrario. Anche per questo motivo il Dipartimento di Giustizia, da cui l'FBI fa parte, ha la policy di scoraggiare annunci e conferenze stampa sui candidati nei 60 giorni precedenti a un'elezione, per evitare di dare l'impressione di voler interferire col suo risultato e perché gli elettori non possono farsi un'idea di quello che succede con informazioni così incomplete. Comey ha preso questa decisione senza consultarsi col Dipartimento o con la Casa Bianca, scrivono i giornali.

La cosa ulteriormente strana è che l'FBI non è stata altrettanto trasparente su altre inchieste legate a queste elezioni che sono probabilmente o sicuramente in corso, come quella sugli attacchi informatici russi contro il Partito Democratico e sui presunti legami di alcuni funzionari o ex funzionari del comitato Trump – Paul Manafort, su tutti – con il governo russo. Diversi ex funzionari del governo americano nelle ultime ore si sono detti sorpresi dalla decisione di Comey. I Repubblicani dicono che una decisione così inusuale si spiega solo col fatto che l'FBI ha trovato qualcosa di grosso; altri sospettano che Comey volesse "riscattarsi", visto che dopo la rinuncia a indagare Clinton era stato accusato da Trump di essere al soldo dei Democratici.

Chi tra voi è un po' complottista vorrà sapere chi è, 'sto Comey, e chi lo ha messo a capo dell'FBI: Comey è un funzionario governativo che fu nominato da George W. Bush al Dipartimento della Difesa ed è poi stato scelto da Barack Obama come capo dell'FBI nel 2013. È stato registrato alle liste elettorali come Repubblicano per gran parte della sua vita ma oggi è registrato come indipendente: ha fatto donazioni per John McCain nel 2008 e Mitt Romney nel 2012. Io consiglierei di non indugiare sulle teorie del complotto, però: se Comey avesse avuto intenzioni bellicose avrebbe potuto tranquillamente decidere di indagare Clinton lo scorso luglio, e non lo ha fatto. Anche per questo fino a ieri Trump lo descriveva come uno dei tanti funzionari corrotti dai Democratici.

Cosa ne dice Hillary Clinton
Hillary Clinton si trova in una posizione particolarmente complicata: deve difendersi da un'accusa che al momento non esiste. Potrebbe essere una cosa enorme, potrebbe non essere niente. Per questo, durante la breve conferenza stampa che potete vedere qui sotto, ha chiesto con vigore all'FBI di diffondere tutte le informazioni in suo possesso. Le email, belle o brutte, vediamole tutte subito: «È nell'interesse del popolo americano conoscere tutti i fatti immediatamente». Clinton ha detto che ha fiducia che i nuovi materiali non cambieranno le conclusioni già raggiunte dall'FBI sul suo caso.

«So let’s get it out»

Cosa ne dice Donald Trump
Dire che gongola è dire poco, giustamente. Solo una grossa sorpresa a questo punto avrebbe potuto dargli qualche speranza di vincere le elezioni, lo dicevamo la settimana scorsa: lui spera che questa sia la sorpresa. Durante un comizio in New Hampshire, Trump ha detto di avere «grande rispetto per l'FBI per avere avuto il coraggio di correggere il terribile errore che avevano fatto» e che «forse questa elezione non è poi così truccata». Sia Trump che il Partito Repubblicano stanno insistendo su come questo dimostri che Clinton ha violato la legge e in generale si sia comportata, anche in questo caso, come qualcuno che pensa di essere al di sopra delle regole, e quindi come qualcuno di cui gli americani non debbano fidarsi.

«Hillary Clinton's corruption is on a scale we have never seen before»

Che conseguenze può avere?
Il fatto che non si conosca il merito dell'indagine permette a Trump di dire liberamente qualsiasi cosa e avanzare qualsiasi ipotesi, senza timore di smentita, e impedisce a Clinton di difendersi. Di certo la sorpresa di ieri danneggia Hillary Clinton: quanto, non possiamo ancora dirlo. Lo sapremo qualora l'FBI decida di diffondere maggiori informazioni sull'indagine, e immagino siano in corso molte pressioni in questo senso.

Quel che è certo è che gli elettori indecisi in questi giorni sentiranno parlare soprattutto di una storia che rinforza gli oppositori di Clinton e chi pensa sia disonesta e inaffidabile. Che agli elettori di destra scontenti di Trump sarà ricordato quanto non gli piace Clinton, e alcuni potrebbero essere invogliati a turarsi il naso e votare Trump piuttosto che farla vincere. Che gli elettori di sinistra che avrebbero votato Clinton senza entusiasmo potrebbero essere ulteriormente scoraggiati: anche perché Clinton è ancora in grande vantaggio nei sondaggi, quindi potrebbero pensare che il loro voto non è nemmeno necessario per fermare Trump. Potrebbero dire: «A me non piace, la voterei solo per fermare Trump: a questo punto non la voto, tanto vincerà comunque». Tanto più che i sondaggi ci metteranno almeno tre o quattro giorni ad assorbire le conseguenze di questo colpo di scena, e tra dieci giorni si vota.

Dall'altro lato, è vero anche che dopo due anni di campagna elettorale la grandissima maggioranza degli elettori ha già deciso cosa pensare dei due candidati, ed è difficile che questa storia – peraltro non completamente nuova: da mesi si parla di queste benedette email – sposti un numero significativo di voti. Inoltre, anche nei suoi momenti migliori, anche quando Comey disse che Clinton era stata irresponsabile nella gestione delle email, Trump non è mai andato stabilmente in testa alla media dei sondaggi nazionali: e oggi è ancora piuttosto indietro.

Se speri che vinca Donald Trump e vuoi essere rassicurato
La discesa nei sondaggi di Trump si è fermata, la tendenza si è persino leggermente invertita: è ancora lontano da Clinton sia sul piano nazionale che nei singoli stati, e per vincere dovrebbe fare il miracolo di vincere in tutti gli stati in bilico, ma sta mantenendo una posizione competitiva in Ohio, Iowa e Georgia. Il colpo di scena sulle email di Clinton può accentuare questa rimonta, rimettere Trump al sicuro negli stati tradizionalmente Repubblicani in cui sta soffrendo – come Texas, Arizona, Georgia, Utah e Missouri – e soprattutto può portarlo a dire meno assurdità sulle elezioni truccate o cose del genere. C'è un grande divario di organizzazione a sfavore di Trump, ma c'è anche un divario di entusiasmo a suo favore. Guardate questo comizio del povero Tim Kaine la settimana scorsa in Florida.


Gli sviluppi sulle email di Clinton, inoltre, non sono stati l'unica buona notizia della settimana per Trump.

Innanzitutto è venuta fuori un'altra storia sgradevole sulla fondazione Clinton, e soprattutto su una specie di sovrapposizione tra la raccolta fondi a fini benefici e i conti per le spese personali di Bill Clinton: una cosa che non riguarda direttamente Hillary, ma comunque non è bella. E poi l'amministrazione Obama ha fatto sapere che l'anno prossimo il costo delle polizze assicurative sanitarie aumenterà in media del 25 per cento, e in molti stati gli americani avranno meno polizze tra cui scegliere. È una storia di cui abbiamo parlato più volte in questi mesi: la riforma sanitaria di Obama ha dato copertura sanitaria a 20 milioni di persone che prima non ce l'avevano, cambiando le loro vite decisamente in meglio, ma ha portato a un grande aumento dei costi per la classe media (anche per via della scarsa collaborazione dei singoli stati nell'implementarla). In una campagna normale, queste sarebbero state due grosse sorprese di ottobre. In questa finiscono relegate in un trafiletto, ma possono comunque pesare.

Se speri vinca Hillary Clinton e vuoi stare tranquillo
Quando un candidato è dato in grande vantaggio nei sondaggi, uno dei rischi è che un pezzo dei suoi elettori dia per certa la vittoria e non vada a votare: se n'era parlato nei giorni scorsi. Questo colpo di scena potrebbe allontanare gli elettori di Clinton più scettici, certo, ma potrebbe anche rendere più forte lo spauracchio Trump e convincere la sua base che ogni singolo voto serve. Dovrà essere bravo il comitato Clinton a far passare questo messaggio nei prossimi giorni.

I dati sul voto in anticipo, intanto, continuano a essere positivi per Clinton. In North Carolina, Florida e Georgia – tutti stati in bilico – le donne stanno già votando in numero molto più alto del passato. In Florida di solito sono i Repubblicani a usare di più il voto per posta: quest'anno fin qui Democratici e Repubblicani sono pari. L'Arizona è così in bilico che Hillary Clinton stessa andrà a fare un comizio lì la settimana prossima: da quelle parti lei ha 32 comitati attivi, mentre Trump non ne ha nemmeno uno. In generale il Partito Democratico ha 5.138 persone a libro paga impegnate in 15 stati in bilico (senza contare i volontari, quindi), mentre il Partito Repubblicano ne ha 1.409 in 16 stati. Hillary Clinton ha anche 100 milioni di dollari da spendere in più di Donald Trump, un vantaggio economico mai visto a questo punto di una campagna elettorale. E il comitato Trump a oggi ha speso più soldi in cappellini che in sondaggi. Ancora: il tasso di popolarità di Barack Obama non è mai stato così alto negli ultimi quattro anni. E sono usciti degli ottimi dati sull'economia americana, il cui PIL nell'ultimo trimestre è cresciuto del 2,9 per cento.

Cosa dicono i sondaggi



Gli stati blu sono quelli in cui è in vantaggio Clinton, quelli rossi Trump. L'intensità dei colori indica l'ampiezza del vantaggio. Gli stati grigi sono quelli in bilico: e ce ne sono alcuni che non erano in bilico da decenni, come il Texas, l'Arizona o la Georgia. Servono 270 grandi elettori per vincere: a oggi, questo vuol dire che Trump per vincere dovrebbe conquistare praticamente tutti gli stati in bilico. Non è impossibile, ma è improbabile: vediamo però come cambiano i sondaggi nei prossimi giorni dopo la storia FBI-email.

Come andrà a finire al Congresso
Questo sarebbe dovuto essere in teoria il tema principale di questa newsletter, ma come vedete è stato travolto dall'attualità. Vi rimando allora a questo articolo che ho scritto in settimana per il Post. In sintesi: è probabile che i Democratici l'8 novembre si riprendano la maggioranza al Senato, è improbabile – non impossibile – che se la riprendano anche alla Camera. E questo anche se alla Camera potrebbero ottenere complessivamente più voti dei Repubblicani. Succede per via di un meccanismo che si chiama gerrymandering. Trovate tutto spiegato nell'articolo.

World Potus è un progetto internazionale di Accurat e Google a cui ho collaborato. È un sito che mostra che interesse c'è per Clinton e Trump in tutti i paesi del mondo attraverso i dati delle ricerche su Google, e fa lo stesso anche per 14 argomenti politici specifici.

Altre notizie interessanti della settimana:

– Hillary Clinton è andata a sorpresa a fare un comizio a Des Moines, in Iowa. Meno di una settimana dopo che me ne sono andato io. Ho rosicato, come dicono a Roma.

– Trump ha ulteriormente alzato l'asticella nelle sue accuse sessiste contro Clinton. Questa settimana ha raccontato, senza che ci siano prove, che alla fine del secondo e del terzo dibattito Clinton era molto stanca e forse stava per svenire. «C'è questa donna che parla per un quarto d'ora e poi torna a casa a dormire», ha detto. Insomma, dopo aver detto che il primo presidente nero non poteva che essere nato in Africa, ora Trump dice esplicitamente che la prima candidata donna non può che essere debole.

Politico ha pubblicato un retroscena secondo cui Hillary Clinton starebbe pensando a Joe Biden come suo segretario di Stato, in caso di vittoria. Sarebbe una cosa molto irrituale ma affascinante, anche perché Biden ha un'esperienza formidabile (si è fatto trent'anni in commissione Esteri al Senato, prima di fare il vicepresidente), è conosciuto e rispettato in tutto il mondo e poi, parliamoci chiaro, è Joe Biden. Inoltre lui e Clinton in politica estera non hanno idee perfettamente combacianti, quindi ci sarebbe una bella dialettica. Biden ha smentito queste voci, comunque.

Four more years.

– Ennesima conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che Michelle Obama non si candiderà mai.

– Trump sta cominciando a mettere le mani avanti e dare la colpa al partito, comunque: «Se il partito fosse unito, non perderemmo mai queste elezioni contro Hillary Clinton. La gente è molto arrabbiata con i leader di questo partito, perché questa è un'elezione che vinceremmo al 100 per cento se loro ci sostenessero. Ma penso che vinceremo comunque». Poi ha detto anche che con Clinton ci sarebbe «la Terza guerra mondiale».

– Uno degli spot più belli di questa campagna elettorale l'ha prodotto uno sconosciutissimo Repubblicano candidato a commissario della contea di Travis, in Texas. La dimostrazione che quando ci sono le idee non servono necessariamente i grandi budget. Vai Gerald.



"La Casa Bianca"
Domenica alle 22.50 su Raitre andrà in onda la quinta puntata di La Casa Bianca, una mini-serie di documentari sulle elezioni statunitensi di cui ho scritto i testi (e che sta andando bene!). Alle 22 sarò in diretta su Periscope per raccontarvi qualcosa sui temi della puntata. Quella andata in onda domenica scorsa potete rivederla qui sotto.



Quando ci vediamo
Innanzitutto su Periscope: cercherò di fare una o due dirette la prossima settimana, per aggiornarvi su come procedono le cose nell'ultima settimana di campagna elettorale.

Di persona, invece, ci vediamo lunedì 31 ottobre a Roma, mercoledì 2 novembre a Torino, giovedì 3 novembre a Milano e venerdì 4 novembre a Londra. L'evento del 3 novembre a Milano sarà l'ultimo prima delle elezioni nel formato one-man-show, diciamo, in cui oltre a parlare delle elezioni racconto una specie di storia sentimentale della newsletter e del mio lavoro di questi anni. Quelli di Roma, Torino e Londra invece sono organizzati con Lorenzo Pregliasco e Giovanni Diamanti di YouTrend. Per partecipare agli eventi di Milano e Londra bisogna prenotarsi: trovate le istruzioni seguendo i link. Dopo le elezioni ho intenzione di fermarmi, ma sarò al Pescara Festival: i dettagli più avanti.

Ci siamo quasi, stavolta davvero. Ciao!
 
Questa newsletter vi arriva grazie al contributo di Otto e della Fondazione De Gasperi.
 
Cose da leggere
Donald Trump for president, editoriale del Las Vegas Review Journal
‘We Are in for a Pretty Long Civil War’, di Julia Ioffe su Politico
– Clinton and Obama: An American rift over an Egyptian despot, di Geoff Dyer e Heba Saleh sul Financial Times

Hai una domanda?
Scrivimi a costa@ilpost.it oppure rispondi a questa email, che poi è la stessa cosa.

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Francesco Costa · Portello · Milano, Italia 20149 · Italy