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Augurando a tutti voi una serena estate, rilassante e piacevole, vi propongo - in attesa delle informazioni sui percorsi formativi e sui seminari del prossimo anno che inizieremo a pubblicare dal numero di agosto - la traduzione di un articolo scritto dal Hanshi McCarthy sulla storia dell'IRKRS, del Koryu Uchinadi e delle pratiche a due persone che caratterizzano la nostra pratica.

Buona lettura!

Marco Forti
 

 

L’IRKRS, il Koryu Uchinadi e gli esercizi a due persone … quello che devi sapere!

di Patrick McCarthy

traduzione in italiano di Marco Forti


PRIMA PARTE
 
In qualità di direttore dell’International Ryukyu Karate-jutsu Research Society[1] desidero prendermi un attimo di tempo per raccontarvi qualcosa sul nostro gruppo, sullo studio del Koryu Uchinadi, sulla teoria HAPV e sui relativi futari renzoku-geiko[2].
 
“Preistoria” dell’IRKRS

L’idea di fondare l’IRKRS risale alla fine degli anni ottanta, quando risiedevo in Giappone. All’epoca facevo parte di un gruppo che comprendeva membri appartenenti a molti stili di Budo (il gruppo si chiamava JMAS, acronimo di Japan Martial Arts Society), ma mi ero presto reso conto che in quell’ambito non avrei avuto l’opportunità di allenarmi nel karate con gli altri associati come inizialmente avevo sperato. Infatti la JMAS in Giappone era frequentata prevalentemente da esperti di aiki, iai, jo e kendo; pochi erano i praticanti di karate che ne facevano parte. Certo, nel periodo che passai in quel gruppo ebbi sicuramente l’occasione di stringere nuove amicizie, partecipare agli incontri, imparare molto e godere di bei momenti che manterrò per sempre nella mia memoria. Il direttore del gruppo, Phil Relnick, mi chiese addirittura di considerare la proposta di divenirne amministratore. Tuttavia, poiché il karate era ed è il mio principale interesse presi la decisione di focalizzare altrove la mia attenzione e declinai la generosa offerta.

Già allora avevo comunque iniziato ad incontrare e ad allenarmi con alcuni amici stranieri espatriati in Giappone, praticanti di karate, e con un paio di associati della JMAS. Quando stavo considerando l’idea di trovare un posto dove potessimo incontrarci ed allenarci regolarmente, grazie all’amicizia personale con un insegnante locale di kendo, Kawaguchi sensei, riuscii a trovare spazio, un paio di volte a settimana, in un dojo pubblico al Fujisawa Shiminkaikan [藤沢市民会館].
Chiamai il mio dojo con la denominazione Koryukan [古流館] e quel luogo servì da base per la formazione di un piccolo Kenkyukai[3] [研究会], focalizzato solo sullo studio del karate delle Ryukyu e sulle pratiche ad esso associate.

Come molti emigrati, i miei amici internazionali erano tipicamente professionisti in transito che andavano e venivano con una certa frequenza (ogni anno circa). Così l’idea di costruire la base di un metodo di pratica a lungo termine lavorando con compagni di allenamento a breve termine, per non citare anche il problema legato al fatto che appartenevano tutti a stili diversi, si era trasformata in una sfida piuttosto interessante.

Viste le circostanze l’idea di focalizzarsi esclusivamente sulle pratiche applicative a due persone divenne la norma. A quel tempo la mia teoria HAPV[4] era ancora in stato embrionale per quanto già basata sull’idea che tutti gli stili finalizzati all’autodifesa condividessero quantomeno due caratteristiche comuni: 1. l’unicità del corpo umano (cioè la consapevolezza che il modo in cui noi tutti ci muoviamo è governato dalla scienza universale) e 2. il fatto che gli atti di violenza fisica (non armati e uno contro uno) su cui sono basati tutti i metodi di autodifesa civile non discriminano. Per questo motivo e tralasciando le ovvie variabili, non importa realmente chi è il soggetto in esame (vale a dire sesso, età, etnia, nazionalità e nemmeno l’epoca storica in cui si è vissuti) ma solo che tale verità sia compresa e che ci sia un percorso funzionale che, correttamente percorso, renda possibile il raggiungimento di un buon grado di competenza.

L’allenamento era davvero divertente, non solo perché era bello lavorare insieme, indipendentemente dalle differenze politiche e stilistiche ma anche perché il percorso seguito dava prova di promuovere effettivi miglioramenti nell’arte praticata da ciascuno dei partecipanti.
Ancor più interessante fu scoprire che tale allenamento, basato su scenari realistici, non solo arricchiva di “nuovi” significati le tradizioni antiche, ma lo faceva senza “minacciare” l’apparenza esteriore che caratterizzava ogni stile, in breve era semplice e divertente da imparare.
La bellezza del comprendere questo semplice messaggio consiste nello scoprire che quel che unisce i vari stili è molto più importante di quello che li divide … non è forse questo il vero spirito dell’arte?

Così, il mio piccolo gruppo di persone fu di fatto il primo nucleo da cui si sviluppò l’IRKRS.

Sebbene negli anni in cui risiedevo in Giappone il gruppo fosse rimasto piuttosto ristretto fino a poco prima della mia immigrazione in Australia, nel 1995, molte delle importanti amicizie strette in quegli anni sono rimaste tali ancora oggi; Avi Nardia, Joe Swift, Mario McKenna, Heiko Bittmann, Grant Campbell e Mark Tankosich rappresentano solo alcuni degli insegnanti che ancora oggi supportano il nostro movimento.
 
Un legame col passato può essere il tuo ponte verso il futuro: il Koryu Uchinadi

Il Koryu Uchinadi è un sistema unico di pratiche applicative, paragonabile ad un percorso che colma il divario tra kata e kumite, finalizzato a rafforzare il sistema di trasmissione di qualsiasi stile di karate giapponese o okinawense senza modificarne l’apparenza estetica né indebolirne la connessione con le relative eredità culturali.

Le quattro fonti originarie individuali da cui l’arte del karate deriva sono:
  1. Tegumi (手組): originariamente una forma di lotta che può essere fatta risalire ai tempi di Tametomo (11° secolo d.C.). Si ritiene che tale disciplina derivi dalla lotta cinese (jiao-li/角力, in seguito shuai-jiao/摔角 denominazione, quest’ultima, in uso circa dal 1928) e sia in seguito evoluta in una forma specifica di lotta prima di essere trasformata in uno sport regolamentato noto col nome di sumo delle Ryukyu o sumo okinawense.
  2. Torite (chin na o qinna/擒拿 in cinese mandarino): insieme dei metodi di controllo e sottomissione di un aggressore, originari di shaolin. Un tempo vigorosamente utilizzati dagli ufficiali delle forze armate, agenti di sicurezza e guardie carcerarie nel periodo del Regno delle Ryukyu. La parte a solo estratta da questa pratica può essere individuata nei kata.
  3. Kata (hsing/xing 型/形 in cinese mandarino): nonostante siano stati vigorosamente praticati a livello locale durante il periodo del Regno delle Ryukyu, queste sequenze di combattimento a solo possono essere fatte risalire a differenti scuole di quanfa (拳法) cinese del fujian, in particolare: pugilato della gru dello yongchun, pugno del monaco e mantide religiosa del sud. Utilizzate come forme di movimento umano e metodi unici di allenamento personale, vennero popolarizzati dai cinesi come metodi per promuovere la prestanza fisica, il condizionamento mentale ed il benessere olistico.
  4. Ti’gwa (手小): forma percussiva plebea caratteristica di Okinawa, nota anche come te, ti o di (differenti pronunce dell'ideogramma 手che significa “mano”) o ancora okinawate/uchinadi. Era un’arte focalizzata principalmente sull’uso di tecniche percussive sferrate con pugni chiusi[5], testa, piedi, tibie, gomiti e ginocchia.
 
FINE PRIMA PARTE

NOTE
[1] Ryukyu Karate-jutsu Kokusai Kenkyukai/琉球唐手術国際研究会 in lingua giapponese, nota anche con l’acronimo inglese IRKRS
[2] Esercizi fluenti a due persone, caratteristici del Koryu Uchinadi.
[3] Gruppo di ricerca.
[4] Atti abituali di violenza fisica (acronimo dell’inglese Habitual Acts of Physical Violence), N.d.T.
[5] in contrasto con la preferenza per la mano aperta nelle arti cinesi secondo quanto riportato sia da Kyan Chotoku che da Miyagi Chojun
 
 

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