Torniamo sui banchi di scuola
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Ti abbiamo già detto che vogliamo festeggiare i (quasi) 52 numeri di #CivicHackingIT, ma non ti abbiamo detto come.
Che ne dici di vederci di persona? Stiamo organizzando un ritrovo nella vita reale: pranzo in agriturismo sui colli bolognesi per il 23 settembre (la settimana prossima ti diremo tutti i dettagli - posto, prezzo, orario, etc. - e come iscriverti, se ti interessa).

Ora non farti distrarre dall'idea di Lambrusco, tigelle e tortellini, anche se sono decisamente un buon modo per fare networking. Questa settimana vogliamo riportarti all'infanzia (più o meno). Se hai figli in età scolastica, ti sarà capitato di chiederti se, in qualche modo, a scuola venissero preparati anche per essere cittadini. Insomma, la vecchia cara educazione civica: l'introduzione graduale di un individuo in una comunità attraverso qualcosa che insegni ad essere cittadini responsabili. Botta di nostalgia? Risposta ai tempi moderni? Lasciamo a te la decisione, ma, secondo noi, è importante ripassare cosa ci rende parte della società in cui siamo.

Essere cittadini è vintage!

Chi deve insegnare ad essere cittadini?

Aldo Moro, alla fine degli anni Cinquanta, ha lavorato perché ai giovani in età scolastica venisse insegnato cosa significa avere dei diritti e dei doveri all'interno dello Stato in cui viviamo. Come molte altre cose della scuola, quest'idea ha avuto nomenclature e fortune alterne: "la materia si è chiamata «Educazione civica», affidata per due ore mensili al docente di storia [...] nel 1985 (ministro Falcucci) si chiamò «Educazione alla convivenza democratica» e venne inclusa nella materia «Studi sociali», accanto alla Storia e alla Geografia. [...] La Moratti nel 2003 propose l’«Educazione alla convivenza civile» nella scuola primaria. La sistemazione attuale fu voluta dal ministro Gelmini, che con la legge 169 del 2008 tentò la sintesi tra il termine internazionalmente accreditato di «Cittadinanza» e i documenti del fondamento istitutivo della Repubblica italiana". Se vuoi leggere di tutte le vicende puoi cominciare da questo articolo per il Corriere della Sera, ma il succo è che, di fatto, è una di quelle cose che ti insegnano se hai fortuna. Purtroppo.

Ai ragazzi non interessa!

"Nel tema Cittadinanza e Costituzione l’Educazione civica è già presente ed è anzi intesa in senso più ampio: all’apprendimento dei concetti dovrebbe essere aggiunta la costruzione nei giovani di atteggiamenti e comportamenti propositivi e responsabili. Si vogliono dunque costruire cittadini attivi e consapevoli e non solo trasmettere delle nozioni. Questo è anche coerente con un approccio più moderno della scuola.
Finora però tutto è rimasto molto teorico, perché non vengono adottati libri di testo, né programmi, né quindi un vero obbligo per i docenti ad affrontare tale materia.
Non potevamo affidarci alle scelte individuali, all’impegno volontario di alcuni insegnanti. Non ci potevano esserci studenti più fortunati di altri con docenti interessi e disposti a trattare le tematiche della Costituzione e dell’educazione civica, e allo stesso tempo studenti con docenti magari bravissimi nessuno dei quali però interessati a tale materia". Queste cose le ha scritte una ragazza di vent'anni, Arianna Furi, e noi non abbiamo niente da aggiungere.

Tecnocivismo

Questa cosa del tecnocivismo ci è capitata tra le mani mentre cercavamo altro. Descrivendolo con parole che farebbero probabilmente inorridire i docenti del corso universitario da cui siamo partiti, il tecnocivismo è l'educazione civica sotto steroidi che dovremmo insegnare a quelli che sono nati dopo il Duemila (ma anche prima, che male non fa). Magari partire da queste slide di Andrea Trentini aiuta, in particolare l'analisi dell'arcobaleno dei diritti della cittadinanza digitale, che suona un po' fricchettone ma è piuttosto interessante. Si compone di otto livelli: "LIVELLO 0: diritto all’accesso alla rete; LIVELLO 1: diritto all’accesso al servizio universale; LIVELLO 2: diritto ad una educazione consapevole; LIVELLO 3: diritto a usufruire di servizi online, pubblici e privati; LIVELLO 4: diritto alla trasparenza (essere informati); LIVELLO 5: diritto a informare (content provided by users); LIVELLO 6: diritto ad essere ascoltati e consultati; LIVELLO 7: diritto al coinvolgimento attivo nelle scelte e nelle politiche", ma il resto te lo lasciamo da leggere.

NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT

Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale di Simone Weil, Adelphi

Simone Weil è una filosofa francese, ma, innanzitutto, è una persona molto acuta con una spiccata propensione all'analisi del tempo in cui viveva. Nonostante sia morta nel 1943, alcune delle cose che ha scritto risuonano ancora. Come questo saggio che analizza come nasce una società oppressiva, quali sono le sacche di resistenza che si possono creare e, in ultima analisi, cosa significa essere cittadini. È un'analisi dolorosa, ansiogena e spaventosa, ma necessaria. Essendo stato scritto nel 1934, questo saggio non offre nessuna prospettiva sulla tecno-ossessione moderna, ma ti consigliamo lo stesso di leggerlo per cominciare anche tu ad interrogarti su cosa significa essere parte di una società, su cosa significa essere cittadini e su come esserlo significhi tenere sempre le sinapsi connesse.
Buona lettura!

Erika e Matteo
 
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