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Music has the right to children
Questa settimana. Sul blog di Information Architects c'è un pezzo sui cambiamenti di Facebook al News Feed che merita di essere letto anche solo per tutti i link interessanti che ci sono dentro. Per i patiti del genere: pop star americane si fingono cowboy per riscoprire la propria mascolinità. La terza stagione di Lovesick su Netflix. Letterman che intervista Obama, sempre su Netflix. Un disco R&B e uno ambient.
Torino, 19/01/2018

1.


L'estate prima che nascesse Cecilia un giorno Enrica mi ha detto: sai che da piccola io un sacco di cose le ho scoperte per caso? Magari perché c'era la TV accesa su un telegiornale, o sfogliando una rivista o un libro che avevo in casa, magari mentre mi annoiavo. Tipo Blair: facevo le medie, c'era la TV accesa e parlavano di Blair, e io ho scoperto così chi era e cosa faceva.

Ci ho pensato un sacco mentre ne parlavamo e poi anche nelle settimane e nei mesi dopo. Ci penso spesso anche adesso che Cecilia ha compiuto un anno. Come scopriamo le cose che scopriamo? Come esploriamo e diamo un significato al mondo che abitiamo? Quanto conta l'esposizione casuale? Quanto conta il contesto? Me lo chiedevo pensando a lei che doveva ancora nascere, e che poi per anni non avrebbe fatto altro: esplorare, scoprire, scegliere il significato da dare alle cose.

L'estate prima che nascesse Cecilia casa nostra era un esempio quasi perfetto di esposizione non casuale alle informazioni. Quando abbiamo preso in affitto la casa in cui abitiamo abbiamo fatto tagliare il cavo dell'antenna. Non avevamo una TV e non volevamo averla. Guardavamo i film e le serie tv in streaming usando un computer o un proiettore poco più grosso di un portafogli e un muro lasciato bianco e vuoto apposta. Ascoltavamo musica collegando i telefoni allo stereo di Enrica o usando una piccola cassa bluetooth. Cinque traslochi in quattro anni avevano ridotto all'osso la libreria – piccola, in studio e non in salotto. Pochi libri selezionati, quasi nessun romanzo, molti legati al lavoro, molti letti direttamente sul telefono. Qualche rivista, nessun quotidiano. Le notizie da una selezione di fonti raccolte su Twitter o in un lettore di feed RSS. Da parte mia c'entra anche un certo fascino per la selezione e il minimalismo. Una casa piena di parole, di immagini e di suoni scelti con cura e che non lasciano traccia visibile di sé.
 

2.


Enrica e io siamo abituati a scegliere tutte le informazioni a cui ci esponiamo. Cosa guardare, cosa leggere e cosa ascoltare. Dove indirizzare la nostra attenzione, di cosa essere consapevoli e di cosa no. Scegliamo cosa cercare su Google e chi seguire su Instagram. Quale film guardare su Netflix e cosa leggere per decidere cosa guardare su Netflix. Cosa ascoltare su Spotify e a quale newsletter iscriversi per sapere che musica sta uscendo. Che giornali, libri e riviste leggere e chi seguire su Twitter per scoprire cose nuove da leggere.

Siamo adulti e abbiamo gli strumenti per muoverci in modo il più possibile consapevole all'interno di un contesto che conosciamo bene. Siamo nati nella prima metà degli anni '80 e per pura coincidenza cronologica siamo cresciuti a cavallo del movimento che ci ha portati dal Reader's Digest all'accesso immediato a una quantità illimitata di informazioni che non lascia traccia visibile di sé. Abbiamo formato i nostri gusti, le nostre preferenze e le nostre opinioni alla congiunzione di due mondi che conosciamo ugualmente bene. Il mondo dei dischi in vinile e quello della musica in streaming per noi sono potenzialmente equivalenti e ugualmente comodi da abitare.

Siamo cresciuti immersi in quelle che ora mi sembrano poche informazioni: a volte scelte, altrettante volte incontrate e scoperte per caso. Abbiamo avuto il privilegio di vedere le cose cambiare un po' alla volta. Abbiamo avuto il tempo di interpretare questo cambiamento e di scegliere quale significato dargli. Sappiamo cosa sono un disco, un libro, un film, un programma tv, un quotidiano, una rivista, una trasmissione alla radio. Li abbiamo visti trasformarsi, cambiare forma e smaterializzarsi – per poi a ritornare. Ne ricordiamo le origini, sappiamo da dove vengono, che strada hanno fatto e come ripercorrerla in senso inverso in caso di bisogno. Sappiamo cosa ci piace delle cose com'erano e cosa delle cose come sono. Abbiamo una prospettiva sul tempo.
 

3.


Cecilia non ha una prospettiva sul tempo. È nata da poco in un mondo in cui questo movimento è concluso e di cui non sa niente. Né del mondo in sé, né del fatto che sia radicalmente nuovo rispetto a quello di pochi anni fa. Lo esplora, lo scopre e gli dà un significato ma non vede le cose cambiare un po' alla volta né sa niente del mondo com'era prima che  cambiasse. Cresce immersa in quelle che ora mi sembrano moltissime informazioni. Inevitabilmente per ora quasi tutte scelte e proposte dai suoi genitori, e potenzialmente quasi nessuna per caso.

Cecilia è nata da poco più di un anno. Nel frattempo abbiamo iniziato a seminare per casa indizi di ogni tipo. È il nostro tentativo di darle una prospettiva, di testimoniare il tempo trascorso, di lasciare una traccia dei cambiamenti successi. Il mio fascino per la selezione e il minimalismo ha fatto spazio al bisogno di darle ogni possibilità di imbattersi in qualcosa per caso. Abbiamo comprato una TV e ci siamo abbonati a un paio di riviste. Abbiamo comprato una libreria per il salotto, ci abbiamo messo dentro tutti i nostri libri, ho portato via da casa dei miei tutti quelli che avevo lasciato lì. Ho messo insieme uno stereo con un paio di casse comprate anni fa, un giradischi che i miei non usavano più, un Chromecast audio e uno switch a quattro canali. Abbiamo radunato i nostri dischi in vinile e ne compreremo altri. Ci leviamo di mezzo e la lasciamo fare.
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