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La Newsletter di Pietro Raffa

Verso Le Politiche 2018 - Settima puntata

(Tempo di lettura: 5 minuti circa)

Nelle ultime settimane ho commentato le possibili candidature in vista del 4 marzo utilizzando l'hashtag #RomanzoUninominale*. E adesso, finalmente, ci siamo: conosciamo la composizione definitiva delle liste elettorali. 

I partiti (e le coalizioni) hanno dovuto scegliere i propri candidati sia per i collegi uninominali sia per la quota proporzionale. Ed è stato davvero un romanzo: in tutte le forze politiche - nonostante gli occhi siano stati puntati principalmente sul Pd - la quadra è stata trovata a fatica, dopo colpi di scena, esclusioni inaspettate e cambiamenti in extremis.

Tutti i leader - eccetto Berlusconi che è incandidabile - sono in campo, con almeno un paracadute nel proporzionale.

Il paracadute è un escamotage grazie al quale chi perde in un collegio uninominale ha comunque la possibilità di essere eletto in quota proporzionale, grazie alle performance elettorali del proprio schieramento. Il meccanismo delle pluricandidature, consentito nel Rosatellum, permette a un candidato di far parte di massimo 5 listini plurinominali. Il candidato eletto in più collegi plurinominali è proclamato eletto nel collegio in cui la sua lista di appartenenza abbia ottenuto la minore percentuale di voti validi, rispetto al totale dei voti validi del collegio.

Salvini è l'unico a non correre in alcun collegio uninominale. Il segretario della Lega ha optato per la presenza in 5 collegi plurinominali (in Lombardia, Calabria, Sicilia, Lazio e Liguria), per provare a espandere il bacino elettorale del suo partito anche sotto le rive del Po (anche a scapito di Fratelli d'Italia, come ho spiegato nella puntata precedente).

Non ci saranno sfide tra big nei collegi uninominali. E nessuno darà troppo fastidio ai leader avversari nei collegi in cui sono schierati. 

Le sfide dei leader.

Il premier Gentiloni, candidato nel collegio uninominale di Roma1, avrà davanti Luciano Ciocchetti (Noi con l'Italia), il vicepresidente nazionale Arci Miraglia (Liberi e Uguali) e Cirulli (Movimento 5 stelle), un imprenditore che ha perso i propri investimenti dopo il crac di Banca Etruria. 

Matteo Renzi se la vedrà a Firenze con il professore no euro Alberto Bagnai (Lega) e con Nicola Cecchi (Movimento 5 stelle), ex tesserato Pd e sostenitore del Sì al referendum. Per Liberi e Uguali correrà Alessia Petraglia, Senatrice di Sinistra italiana.

Emma Bonino, a Roma Gianicolense, avrà di fronte il docente universitario Claudio Consolo (Movimento 5 stelle), che l'ha definita "persona di grandissimo spicco", e Laura Lauri (Sinistra italiana).

Beatrice Lorenzin, nella "rossa" Modena, se la vedrà con la 5stelle Enrica Toce e con Cecilia Guerra, capogruppo di Leu al Senato. 

Di Maio, nel collegio di Pomigliano d'Arco, si confronterà con Vittorio Sgarbi (ora in Forza Italia), con Antonio Falcone (Pd) e con Vincenza Iasevoli (Liberi e Uguali). 

Giorgia Meloni, a Latina, non sembra essere impensierita da Fautilli (+Europa), Martellucci (M5s) e Conti (Liberi e Uguali). 

Meno semplice la partita per Grasso, che nel collegio di Palermo affronta due candidati forti: Giulio Tantillo, capogruppo di Forza Italia in Comune, e Di Piazza (Movimento 5 Stelle), quest'ultima forte del voto d'opinione. Poche chance per il Pd, che candida Teresa Piccione. 

Ora e sempre, desistenza.
(Prodi e Bertinotti, nel 1996)


Osservando le candidature in alcuni collegi uninominali, si potrebbe pensare che alcune forze politiche stiano cercando di far ricorso alla desistenza. Che significa?

La desistenza elettorale è un accordo politico volto a non disperdere voti nei collegi uninominali. Alle Politiche del '96, Rifondazione fece un patto di desistenza con l'Ulivo: Rifondazione evitava di presentarsi nella maggior parte dei collegi uninominali (scelta possibile grazie al Mattarellum), invitando i suoi elettori a votare per i candidati dell'Ulivo. In questo modo, all'Ulivo non sarebbero mancati i voti decisivi per vincere nei singoli collegi, in cui, ricordiamo, è sufficiente prendere un voto in più dell'avversario.

Cosa c'entra tutto questo con il voto del 4 marzo? Poniamo, per esempio, che nel collegio uninominale di Empoli si confrontino i candidati di Centrosinistra, Centrodestra, Movimento 5 stelle e Liberi e Uguali. Una di queste forze, ad esempio Leu, potrebbe decidere di presentare un candidato debole per non sottrarre troppi voti a un'altra forza (che potrebbe essere il Pd).

Ciò potrebbe verificarsi soprattutto nel caso in cui il candidato di coalizione fosse espressione della minoranza Pd, più vicina (politicamente e storicamente) ai parlamentari di Leu. In questo modo, il Pd potrebbe ottenere dei voti decisivi ai fini della vittoria del collegio.

Sto volando troppo con la fantasia? Forse. Però la frase "non facciamoci del male", pronunciata da D'Alema, qualche sospetto lo provoca. Sicuramente il suo appello non è stato accolto nel suo collegio, dove il Partito democratico ha schierato Teresa Bellanova (il M5s Barbara Lezzi). Ma altrove, osservando attentamente le candidature, si nota una sorta di trattato di non belligeranza tra partiti (tra Pd e Forza Italia, per esempio).

Altri collegi da tenere sottocchio.

In giro per lo stivale è possibile individuare alcune sfide interessanti.

A Bologna, per esempio, Pier Ferdinando Casini (ora nella lista Civica Popolare) correrà contro l'ex Governatore Vasco Errani (Leu).



A Varese, nello stesso collegio, corrono Umberto Bossi e Gianluigi Paragone, quest'ultimo ex direttore della Padania e ora candidato in quota M5s. Entrambe le sfide si terranno al Senato.

Per quanto riguarda la Camera, a Milano, nel collegio 1, si incrociano Bruno Tabacci e Laura Boldrini, presidente uscente della Camera. A Bolzano l'ex Ministro Boschi, la cui candidatura è stato parecchio travagliata, se la vedrà con Micaela Biancofiore (Forza Italia).

A Siena, il Ministro Padoan avrà di fronte Claudio Borghi, economista della Lega.

A Trieste Debora Serracchiani se la giocherà con Renzo Tondo (ex Presidente del Friuli, battuto alle passate Regionali proprio dalla Serracchiani), Zoccano (M5s) e Omero (Leu).

Senza dimenticare quella che rischia di diventare la sfida più goliardica: quella tra Sgarbi e Di Maio, citata qualche riga sopra. 

Le liste (corte) bloccate. 

Per il resto, quasi 2/3 dei parlamentari saranno eletti attraverso listini bloccati. L'elettore, vista la brevità delle liste, composte al massimo da 4 nomi, potrà valutare i nomi dei candidati di Camera e Senato con maggiore facilità rispetto alle ultime tre elezioni. 

Ho l'impressione che questo fattore sia stato trascurato dai partiti, che non hanno badato al radicamento sul territorio dei propri candidati in quota proporzionale. Scelta comprensibile nel caso si tratti di big in grado di fare da traino e allargare il consenso del proprio partito in alcuni territori, ma che diventa di difficile comprensione laddove sia palese la necessità di usufruire semplicemente di un paracadute.

In generale, i vari sbarramenti previsti dal Rosatellum saranno cruciali nella determinazione del numero di eletti nei partiti. Prendiamo, ad esempio, il campo di centrosinistra: se nessuna forza politica oltre al Pd riuscisse a superare il 3%, il partito guidato da Matteo Renzi potrebbe beneficiare dell'apparentamento con le altre liste in termini di seggi. 

Un'ultima considerazione: il meccanismo delle pluricandidature, che come abbiamo detto qualche riga fa prevede l'elezione nel collegio in cui la lista di appartenenza del candidato abbia ottenuto la minore percentuale di voti validi, potrebbe presentare delle sorprese. Chi ha preparato le liste potrebbe accorgersi di aver fatto degli errori nei calcoli, a discapito di alcuni candidati che non verranno eletti.

Ma ne riparleremo il 5 marzo, quando avremo i risultati dell'unica cosa che conta: il voto degli italiani (in Italia e all'Estero). 

Grazie e alla prossima!

Pietro

p.s.
*Ovviamente la notte del voto commenterò i risultati su Twitter utilizzando l'hashtag #RomanzoUninominale.

p.s. 2
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