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Archeide Magazine #03/2018:
“La salute del Toro e l'Orso ignorato”
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La volatilità è tornata nei mercati finanziari. Nelle prime due settimane di febbraio l'indice azionario europeo è sceso di circa il 10% da massimo a minimo relativo ed ha bruciato in 10 sedute gran parte del guadagno dell'ultimo anno.

Indice Azionario Euro Stop 50 - Ultimo anno
Guardando il grafico a un anno dell'indice azionario Europeo, sembra che la correzione degli ultimi giorni sia straordinaria in termini di violenza e ampiezza, ma in realtà, ampliando l'orizzonte d'analisi, si capisce immediatamente che non è così.
 
Tutto è relativo infatti, e se nell'ultimo anno di calma piatta nei mercati finanziari una correzione del 10% è qualcosa di pauroso e straordinario, nella storia di lungo termine dei mercati finanziari una correzione dell'azionario come quella degli ultimi giorni è un fatto del tutto "normale".

Indice Azionario Euro Stop 50 - Ultimi 10 anni
Ciò che ha offuscato il giudizio di molti investitori è il fatto che dall'estate del 2016 i mercati sono saliti senza mai correggere, facendo segnare il periodo più lungo della storia senza mai avere una correzione di almeno il 5% da massimo a minimo relativo. Per chi volesse qualche colore in più sull'argomento, invitiamo alla lettura della nostra ultima Newsletter "Il leggendario rialzo dell'azionario". In questo contesto quindi, anche quella che a tutti gli effetti è stata una folata di vento è sembrata una tempesta che ha scosso fortemente l'umore di investitori ed opinione pubblica.
 
Il risultato di tutto questo clamore è che mentre tutte le attenzioni sono puntate sullo stato di salute del "Toro" azionario e sull'effetto che potrà avere sui portafogli degli investitori, silenziosamente ed inesorabile si sta iniziando a risvegliare da un torpore lungo più di 10 anni l'"Orso" obbligazionario.
I tassi di interesse sui titoli a 10 anni tedeschi sono vicini allo 0,8%, il massimo dal 2015, e sono saliti dell'1% dai minimi storici toccati nell'estate del 2016 in area -0,20%. I tassi sui titoli di stato americani a 10 anni, sono saliti dal minimo storico di 1.34% del 2016 al 2.94% di questi giorni e stanno testando l'importantissima soglia psicologica del 3%, che se rotta spingerebbe i tassi ai massimi da più di sette anni.
 
Tralasciando il fatto, ancor oggi inconcepibile ai nostri occhi, che un bond a 10 anni sia riuscito ad avere un tasso negativo (cosa che tra l'altro sta ancora avvenendo in alcuni paesi), ricordiamo che un aumento dell'1% dei rendimenti su un'obbligazioni a 10 anni causa una discesa di prezzo della stessa vicina al 10%. Molti portafogli quindi oggi si ritrovano investiti in fondi obbligazionari, flessibili e bilanciati che hanno accumulato pesantemente obbligazioni a tassi bassissimi e che stanno oggi calando del 5%, 10% o talvolta anche del 15% dai massimi relativi.
Mentre tutti pensano all'azionario quindi, l'obbligazionario sta collassando e sta pesantemente intaccando il valore di quei portafogli che erano stati costruiti in modo scriteriato, senza comprendere che il livello dei tassi di interesse degli ultimi 5 anni era un'aberrazione. La cosa che molti ignorano inoltre è che la parte più significativa della correzione non è stata causata dall'azionario, ma dalla componente obbligazionaria dei fondi presenti in questi portafogli.
 
Ma non finisce qui. Abbiamo infatti la sensazione che quando l'azionario rimbalzerà i portafogli pieni di fondi flessibili ed obbligazioni ad alta duration non avranno la forza di fare nuovi massimi, ma potrebbero addirittura calare ulteriormente. La motivazione è semplice, se i tassi non ritornano ai livelli senza senso del 2016, i prezzi delle obbligazioni resteranno bassi e gli investitori avranno in mano fondi che hanno investito in titoli con elevate minusvalenze e cedole inesistenti, con ritorni a scadenza così bassi da non riuscire nemmeno a coprire le commissioni di gestione dei fondi stessi.
 
L'ultima e forse più drammatica implicazione di questo trend di mercato è il fatto che gli investitori più esposti al problema sono quelli con la propensione al rischio più bassa. Le principali case di gestione hanno infatti riempito di fondi obbligazionari e flessibili i clienti con bassa propensione al rischio, mentre hanno preferito puntare sull'azionario con quelli più propensi al rischio.
Dal punto di vista strategico pensiamo quindi che oggi il mercato da monitorare sia quello dei bond. Pensiamo che i bond a lungo termine in Euro siano ancora a livelli estremamente rischiosi. Mentre negli USA la curva è talmente poco ripida che sia troppo rischioso puntare sulla parte lunga della curva stessa: perché mai un investitore (e non uno speculatore) si dovrebbe prendere un bond a 10 anni che rende il 2,90% quando si può comprare un bond a 5 anni che rende il 2.70%. Continuammo a pensare che la volatilità sull'azionario è tornata per restare, ma che ciò non voglia dire per forza prezzi in calo.
 
La bassa volatilità dell'ultimo anno ha fatto dimenticare agli investitori i periodi di stress delle crisi passate, ma dobbiamo sempre tenere a mente che il processo d'investimento di una persona è più simile ad una maratona che non ad uno sprint. L'investitore deve sempre avere un orizzonte temporale ampio, distanziarsi dalle fluttuazioni erratiche del breve termine e concentrarsi sui cambiamenti di trend "strutturali". Oggi come non mai la struttura che sta scricchiolando è quella del comparto obbligazionario.
Ufficio Studi Finanziari
Archeide SCF Srl

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