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1 giugno 2020
Hai perso una lettera per strada? La ritrovi qui!
Penso che capiti a tutti, di tanto in tanto, di cedere alla tentazione di paragonare la propria opera a quella dei professionisti che stimiamo.
L'erba del vicino sembra sempre più verde e questo è più vero che mai da quanto siamo tutti su internet.
La rete, infatti, permette questo confronto in qualsiasi momento con un semplice click e ci manda centinaia di input anche quando non li stiamo necessariamente cercando.
Specie nei momenti di trasformazione, è facilissimo che questo paragone finisca per prevaricare sul nostro timone interiore e che ci sospinga in una nube di confusione che rischia di convincerci ad affidare il comando ai numerosi "si fa così" che arrivano da fuori...
C'è un filo sottile su cui cammino in bilico da sempre.

Se mi affaccio da una parte, quello che vedo sono le porte di una stanza oltre le quali si affaccendano professionisti capaci di aiutarmi a dare vita a tutto ciò che vorrei per ogni nuovo nuovo progetto.
    Curiosamente, se mi affaccio dalla parte opposta vedo ancora una stanza ma, stavolta, fuori dalla porta è cresciuto un bosco profumato mentre al suo interno c'è spazio solo per me, una grande scrivania, carta, colori e tutte le mie storie.
    Il vento non soffia mai abbastanza forte da sospingermi da una parte o dall'altra eppure c'è stato un momento, nei giorni ancora silenziosi di questa ripartenza, in cui avrei davvero voluto che lo facesse, che si alzasse e che decidesse per me la strada da imboccare per diventare definitivamente qualcosa.
    Una professionista oppure un'artista.
    Perché, non so perché, ma all'improvviso certe voci provenienti da fuori si sono fatte più alte e hanno riempito la stanza.
    Senza che me ne accorgessi, mucchi di "si fa così", "dovresti" e "ritengo che" hanno insinuato il dubbio che sia indispensabile decidere se essere un artista di professione (e allora la parte "concreta" servirà a far girare il lavoro) o una professionista creativa (e allora la parte "indisciplinata" andrà ammansita e posta al servizio del cliente) perché per lavorare, per avere successo, per essere riconosciuti una forma chiara la si deve pur avere.
    Ma io, che a ogni primavera vengo letteralmente investita dal bisogno di mettere a fuoco la piega che nel frattempo ha preso il mio lavoro, quest'anno sto facendo i conti con il fatto che temo di essere nella stessa misura entrambe le cose, e che proprio non riesco a immaginare che nella mia stanza ci sia posto per una definizione sola perché tutto ciò che faccio è parte di quella che all'Accademia ci hanno insegnato a chiamare ricerca artistica.
    L'interconnessione tra ricettività creativa e sensibilità professionale è la mia personalissima opera d'arte: i progetti che mi vengono affidati sono il canale attraverso cui indago "quello che sta sotto" e le illustrazioni e le storie che creo sono il modo in cui restituisco le mie scoperte.
    E allora, sai che ho fatto?
    Quello che faccio sempre quando mi accorgo che i "dovresti", i "ritengo che", i "si fa così" stabiliti da altri rischiano di mettere a tacere ai miei: ho fatto silenzio.
    Ho lasciato perdere tutti i canali da cui questi punti di vista esterni stavano filtrando copiosi e mi sono fatta i fatti miei per un po' - giusto il tempo di rimettere le cose in prospettiva - finché a un certo punto, nel silenzio, si è fatto strada lo spazio per riflettere su cosa significhi veramente il fatto che ciascuno di noi è unico.
    Unico in assoluto: non è mai è esistito né esisterà mai sulla faccia della terra un individuo tale e quale a noi - con il nostro aspetto fisico, la nostra sensibilità, i nostri talenti, la nostra visione, la nostra coscienza e, di conseguenza, con il nostro potenziale espressivo. 
    Nessuno vede le cose esattamente come le vediamo noi, la sfumatura che vi possiamo imprimere è nostra e nostra soltanto e, soprattutto, se non ci pensiamo noi ad esprimere il nostro potenziale non potrà farlo nessun altro.
   Non so a te, ma a me sfiorare la portata gigantesca di questo pensiero ha fatto venire le vertigini (e una gran voglia di correre alla scrivania per darmi una mossa a concretizzare quello che mi sta tenendo sveglia la notte da un po' di mesi a questa parte ;)) e così oggi, prima di salutarti, ti chiedo di farmi una promessa.

Ogni qualvolta le voci da fuori si faranno troppo alte, promettimi che ci ricorderemo di fregarcene, di alzarci e di andare comunque dove dobbiamo andare.

Per la nostra strada, verso un posto magico, sotto a un cielo carico di stelle.

 
Come sempre, grazie per essere qui.
Ho lasciato passare un mese dall'ultima lettera che ti ho scritto ma, in tutta sincerità, mi sono immersa in questa primavera ritrovata dopo la fine del lockdown tenendo fede alla promessa che mi ero fatta di passare nella natura almeno due ore ogni giorno, il che mi ha distratta un po'... (ma so che mi capisci ♥︎).
In fondo, va bene così.
Come un'artista scapigliata del XXI secolo, in un mondo che mi dice cosa devo fare per, io rivendico il diritto a far saltare i programmi se qualcosa di più entusiasmante bussa alla porta, a predisporre piani più per compiere un esercizio di immaginazione che non per seguirli indefessamente, a fare un passo alla volta anziché tre tutti insieme, persino a non sapere cosa sarà il mio lavoro tra cinque o dieci anni, ma a prendermene cura ogni giorno come se fosse un fiore misterioso sempre in procinto di sbocciare.
Se c'è una cosa che la pandemia mi sta mostrando e che non voglio più dimenticare è che la pretesa del controllo è, per l'appunto, una pretesa, e che anche quando mi sembra di star facendo poco, se quel poco è sincero allora è sempre abbastanza. 

Ti auguro una sfilza di giorni indisciplinati e sorprendenti come la stagione che sta per arrivare e ti ricordo che se ti va di condividere un pensiero, una riflessione o anche solo dirmi ciao, io sono qui e ti leggo (e rispondo) sempre volentieri ♥︎

Un abbraccio grande,
Clarissa


Note a piè di pagina
 

Mi chiamo Clarissa Cozzi ma il mio alias online è Segui le briciole.
Mi occupo di identità e comunicazione visiva e questo per me significa solo una cosa: raccontare storie che ispirino le persone a prenderne parte.

(Vuoi scoprire come lo faccio? Puoi iniziare da qui).

Che storie racconterò questa settimana?
 

In agenda ci sono i lavori per realizzare il nuovo sito di Lucia Locatelli, in arte Impressioni
Questa storia è partita molte lune fa con la messa a punto dell'identità visiva, del logo e dei materiali di comunicazione, ma il lavoro più ampio sta riguardato la realizzazione del sito web.
Non vedo l'ora di mostrarti il finale, intanto qui puoi leggere l'incipit! 

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