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Federazione Assemblee
Rastafari in Italia

novembre 2019

ጤና ይስጥልኝ !
Carissimi Fratelli e Sorelle, bentrovati per questo nuovo numero della nostra newsletter. Il mese di novembre, come sapete, è speciale per tutto InI intento a celebrare, il più grande avvenimento dello scorso secolo e per molti altri a venire: la Rivelazione della seconda venuta del Cristo Redentore, la Maestà celeste che si instaura come Maestà terrena, la Grazia che dall’alto discende verso il basso. Il 22 di Tekemt (ጥቅምት)1923 – 2 novembre 1930 in Addis Ababa viene celebrata l'Incoronazione di Sua Maestà Imperiale Qadamawi Hayle Selassie e dell’Imperatrice Menen, così la rievocazione di questo evento sublime ogni anno ci riempie i cuori di gioia e ci carica di energia.
Speriamo che tutti voi abbiate avuto modo di festeggiare con gioia e serenità questo Santo giorno.
 
Auguri ! ! ! እንኳን አደረሳችሁ ! ! !
 
Il 24 di Tekemt 1948 (4 di novembre 1955) in occasione del Venticinquesimo Anniversario della Sua Incoronazione l'Imperatore proclama, l'entrata in vigore, della Costituzione Riveduta dell’Impero d’Etiopia, “per il beneficio, il benessere e il progresso del Nostro amato Popolo” (cit).
 
Sua Maestà Imperiale Qadamawi Hayle Selassie, onora l'Italia, durante la Sua visita dal sei al quattordici di novembre nel 1970; il Messaggero del 10 novembre 1970 riportò - Hailè Selassiè 1°, Imperatore di Etiopia, è rimasto commosso per l’entusiasmo degli Orvietani e dei Viterbesi… il programma non prevedeva né l’auto scoperta, né contatti con la folla, ma gli applausi della popolazione hanno indotto l’illustre ospite a far fermare la sua vettura ed a far togliere il tetto (c’è stata qualche difficoltà meccanica, ma il Negus ha insistito…) per rispondere con strette di mano e con frasi di ringraziamento a coloro che, reduci dalle campagne del 1935-41, salutavano il Sovrano amico nella sua lingua (“amarico”…) -
 
Vogliamo ora presentarvi velocemente gli articoli proposti in questa edizione:
 
le prime vibez chiaramente sono dedicate all'Incoronazione del Santo dei Santi, quindi ecco un paio di riprese del momento solenne!
 
Come di consueto troviamo le parole dell'Imperatore, tradotte ancora una volta dal fratello Manuel, dalla raccolta, Selected Speehes of His Imperial Majesty Hayle Selassie I, pubblicata originariamente dal Ministero dell'Informazione nel 1967.
 
Il nostro amato cappelllano continua con la pubblicazione del commento al Santo Vangelo di Giovanni, di Giovanni Crisostomo, per la rubrica “Ethiopian Library” ci viene proposto il Cerimoniale del Sacro, chiaramente in amarico, poi una rassegna fotografica del soave Evento e per concludere una testo relativo al conseguimento del premio Nobel per la pace al Dott. Abiy Ahmed.
 
Il comitato educativo di F.A.R.I. con gioia propone un nuovo capitolo della rubrica  Abba “Ape” Samuel che, vogliamo ricordare, si può leggere con i propri figli, oppure voi, giovani sorelle e giovani fratelli potete leggerela da soli !
 
Il 12 Hedar(ኅዳር) - 22 novembre si celebra una grande festa in onore del Santo Arcangelo Michele (ቅዱስ ሚካኤል), capo delle schiere celesti, angelo misericordioso verso i figli degli uomini, così per questa occasione Tino ci presenta, all'interno della nostra apprezzata rubrica artistica, dodici tavole che raccontano vari miracoli di San Michele Arcangelo.
 
Concludiamo proponendo dei canti “binghi” della tradizione rasTa con un occhio e un orecchio particolare all'anziano ras Michael e l'interazione, a nostro avviso, esemplare, tra InI e la nostra amata Chiesa Ortodossa Tewahedo d'Etiopia.

 


Il Comitato educativo e pubbliche relazioni

Sommario


 
Incoronazione di Sua Maestà Imperiale Haile Selassie I

 

Conferimento dei certificati di Laurea in Giurisprudenza

Siamo davvero lieti di congratularci con questa classe che oggi ha ricevuto i certificati di laurea in giurisprudenza dall'Università - e con gli insegnanti che hanno reso possibile il vostro risultato pianificando, organizzando e realizzando questo progetto pionieristico. Potete giustamente essere orgogliosi del vostro successo, proprio come lo siamo Noi.

L'amministrazione della giustizia, in uno stato moderno, richiede persone ben preparate e qualificate ad ogni livello. L'introduzione dei codici e la Costituzione riveduta dell'Etiopia, così come altre leggi che vengono continuamente emanate dal Parlamento e dal governo, hanno cambiato radicalmente il sistema legale dell'Etiopia. La legge dell'Impero è ora moderna, complessa e scientifica nel senso che è stata preparata da esperti dopo un attento studio. L'amministrazione della legge dell'Impero richiede sempre più persone altamente qualificate.

In un certo senso lo sviluppo della nazione dipende dallo sviluppo delle nostre istituzioni legali.

La corretta amministrazione della giustizia richiede la ricerca della verità; pertanto, la funzione giudiziaria richiede uomini estremamente selezionati. I giudici saranno scelti tra coloro che hanno studiato legge e sacrificano i loro interessi personali ai loro doveri.

Un avvocato che assolve onestamente il proprio dovere è un giudice. Quindi la necessità di persone preparate in legge è ovvia.

Siamo quindi lieti di apprendere che altri stanno seguendo duramente le orme di questa classe. Siamo lieti di sapere che presto il numero di avvocati etiopi in possesso di una laurea in giurisprudenza sarà praticamente raddoppiato. Siamo particolarmente lieti di vedere che così tanti giudici e altri funzionari pubblici e avvocati si stanno prendendo del tempo per continuare la loro istruzione anche mentre continuano a svolgere le loro normali funzioni quotidiane.

L'istruzione è una sfida continua. L'obbligo di migliorarsi non cessa semplicemente perché si ha un lavoro regolare. Questo è certamente vero per coloro che lavorano nell'amministrazione della legge e nella consulenza legale. Invitiamo queste persone a fare tutto il possibile per migliorare, continuamente, le loro capacità professionali attraverso ulteriori studi.

Membri di questa classe di laurea: sacrificando i vostro tempo avete migliorato voi stessi e la nazione.

Siamo certi che la qualifica ottenuta oggi sarà riconosciuta nell'ambito della professione legale. Crediamo che dovrebbe. Riteniamo inoltre che il conseguimento professionale che deve essere conseguito da altri studenti che ora studiano legge in altri programmi della Facoltà di Giurisprudenza debba essere riconosciuto.

L'Etiopia ha bisogno di una professione legale moderna proprio come ha bisogno del moderno sistema legale che sta costruendo. L'uno non può esistere senza l'altro.

Tutti voi che state seguendo una formazione universitaria in legge, state aiutando al compito di costruire una professione.

Ci congratuliamo con voi. Ci congratuliamo con questa classe; siate orgogliosi di ciò che avete fatto servendo con continuo zelo e lealtà la Legge del Nostro Impero.

25 novembre 1964.


Estratto e tradotto da Selected Speeches of Haile Selassie I,  pp.36-38

a cura di Bro Manuel


 

Abba Ape Samuel -Tafari un bambino speciale

segue...

* da un racconto di Beverley Wilson, illustrato da Sheila Marie Alejandro. Stampato in Polonia da “Amazon Fulfillment, 2012.


curato dal Comitato Educativo di F.A.R.I.


 

Commento al Vangelo di San Giovanni

di Yohannes Afeworq
 Discorso cinquantacinquesimo
 

Gli risposero allora i Giudei e gli dissero: «Non diciamo forse bene noi, che tu sei un samaritano e che sei indemoniato?». Rispose Iyasus: «Io non sono indemoniato, ma onoro il Padre mio» 1.
 

1. – Impudente e petulante è la malvagità: quando dovrebbe vergognarsi, si esaspera maggiormente, e così avvenne per i Giudei. Mentre dovrebbero pentirsi di quanto hanno detto ed ammirare la franchezza e la logica serrata dei suoi discorsi, coprono Iyasus di insulti, lo chiamano samaritano e indemoniato e dicono: «Non diciamo forse bene noi, che tu sei un samaritano e indemoniato?». Quando diceva qualche cosa di sublime, le sue parole venivano considerate dai quei dissennati come quelle di un pazzo. Eppure, prima l’Evangelista non aveva mai detto che Iyasus era stato chiamato samaritano: da questo passo si deduce tuttavia che probabilmente era stato già chiamato così più volte da costoro. «Sei indemoniato», dici, ma chi di voi due è indemoniato? Quello che onora Dio, o quello che ricopre d’ingiurie chi Dio l’onora? Che cosa risponde dunque il Krestos, cioè la mansuetudine e la modestia in persona? «Io non sono indemoniato, ma onoro il Padre che mi ha mandato». Quando era necessario insegnare loro, rintuzzare la loro superbia e impartire ad essi una lezione di umiltà, perché non si vantassero di discendere da Abramo, si era dimostrato molto energico, ma quando si trattava di sopportare le ingiurie, allora dimostrava tutta la sua mansuetudine. Quando essi sostenevano di aver per padre Dio e Abramo si scagliava con impeto contro di loro, ma quando lo chiamavano indemoniato, rispose loro con modestia, per insegnarci a difendere con zelo l’onore di Dio dalle ingiurie che vengono profferite contro di Lui ed a sopportare pazientemente quelle arrecate a noi. «Io poi non cerco la mia gloria» 2. Ho detto queste cose – dice – per dimostrare che non avete il diritto di chiamare Dio vostro padre, perché siete assassini. Ho parlato così per il suo onore e a causa di Lui voi mi disonorate. Ma Io non mi curo di questa ingiuria. A Lui infatti dovrete rendere ragione delle vostre parole, a Lui per causa del quale ora sento da voi tali cose. «Io poi non cerco la mia gloria». Perciò, trascurando di vendicare l’offesa, mi rivolgo a voi per esortarvi e incoraggiarvi a compiere quelle cose in grazia delle quali non soltanto potrete sfuggire al castigo, ma conseguire anche la felicità eterna. «In verità, in verità vi dico, se uno osserva la mia parola non vedrà la morte in eterno» 3. Qui non si riferisce soltanto alla fede, ma anche alla vita integra e pura. E prima ha detto: «Avrà la vita eterna»; mentre qui dice: «non vedrà la morte» e insieme sottintende che essi non possono niente contro di Lui. Infatti, se non morirà chi osserverà la sua parola, quanto meno dovrà non morire Lui stesso? Comprendendo questo, costoro replicano: «Adesso sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto e così i profeti» 4. Cioè, coloro che hanno udito la parola di Dio sono morti e non moriranno quelli che hanno udito la tua parola? «Forse tu sei da più del nostro padre Abramo?» 5. O vana millanteria! Di nuovo cercano rifugio in quella parentela. Eppure sarebbe stato conveniente che dicessero: «Forse tu sei maggiore di Dio? O chi ti ascolta è maggiore di Abramo?», ma non dissero questo perché lo credevano inferiore ad Abramo. Dapprima dunque Egli ha dimostrato che costoro sono degli assassini e in tal modo smentisce la loro presunta discendenza da Abramo, e poiché insistevano, ritorna su questo argomento seguendo una via diversa, cioè dimostrando che essi si affannano inutilmente. Ma della morte non dice né rivela niente: non spiega di quale morte stia parlando. Per ora cerca di convincerli che Lui è più grande di Abramo, in modo da indurli a vergognarsi di sé stessi. «Anche se fossi uno qualunque del popolo –Egli dice – non dovrei essere condannato a morte, essendo innocente; ma, dato che dico la verità, che non ho commesso peccato e che sono stato mandato da Dio e sono più grande di Abramo, non è forse vero che voi, come pazzi furiosi, compite vani sforzi nel tentativo di uccidermi?». Che cosa rispondono costoro? «Adesso sappiamo che sei indemoniato».

Non così gli aveva risposto la samaritana. Ella non gli aveva detto: «Hai il demonio», ma soltanto: «Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe?» 6. I Giudei erano veramente offensivi e arroganti: quella invece era desiderosa di apprendere. Per questo restò dubbiosa e rispose a Iyasus con la dovuta modestia e lo chiamò «Signore». E in verità, Colui che aveva fatto tali grandi promesse ed era degno di fede, non doveva ricevere insulti, bensì dimostrazioni di stima e di ammirazione. Le parole della samaritana erano quelle di una che dubita, queste, invece, di gente incredula e perversa. «Forse tu sei dappiù del nostro padre Abramo?». Dunque, questa frase fa sì che sia maggiore di Abramo. Ma quando lo vedrete innalzato, allora voi proclamerete che è più grande. Per questo diceva: «Quando mi innalzerete, allora conoscerete che Io sono». Nota quanto sia grande la sua saggezza: dapprima, dopo aver smentito la loro presunta discendenza da Abramo, dimostra di essere più grande di lui, perché si comprendesse che Egli era di gran lunga più eccellente dei profeti. Siccome essi lo chiamavano sempre profeta, Egli diceva allora: «La mia parola non ha posto in voi» 7. Allora diceva che avrebbe risuscitato i morti: ora invece dice che chi crede in Lui non vedrà la morte: e questa era una cosa molto più grande dell’evitare che fosse trattenuto dalla morte. Perciò essi si adiravano ancora di più.

Che cosa dunque gli dicono? «Chi credi di essere?». E questo in tono offensivo: «Tu – dicono – lodi te stesso». E il Krestos a loro: «Se Io glorifico Me stesso, la mia gloria non vale niente» 8.

2. – Che cosa dicono a questo punto gli eretici? Che Egli si sentì dire: «Sei forse più grande del padre nostro Abramo?» e non osò rispondere affermativamente, ma parlò in modo oscuro. Che dunque? La sua gloria è nulla. È nulla secondo loro. Giacché, come aveva detto: «La mia testimonianza non è vera», cioè, non lo era nell’opinione di quelli, così in questo passo dice: «La mia gloria non vale niente». Aggiunge poi: «C’è chi mi glorifica». E perché non disse: «Il Padre che mi ha mandato», come aveva detto prima ma: «Colui del quale dite: “È il nostro Dio!”, E non l’avete conosciuto»? Egli voleva dimostrare che essi non solo non conoscevano il Padre, ma neppure Dio. «Io invece lo conosco». Perciò quando dico: «lo conosco», non è millanteria: sarebbe una menzogna se dicessi che non lo conosco; voi invece siete bugiardi perché dite di conoscerlo. E come dite falsamente di conoscerlo, così Io direi falsamente di non conoscerlo. «Se Io glorifico Me stesso». Siccome gli dicevano: «Chi credi di essere?», risponde: «Se Io glorifico Me stesso, la mia gloria non vale niente». Come dunque Io lo conosco perfettamente, così voi lo ignorate del tutto. Allorché si trattava di Abramo, Egli non smentì del tutto la loro affermazione, ma disse: «So che siete della discendenza di Abramo», per poter poi accusarli con maggior ragione; così anche in questo passo non li ha smentiti del tutto, ma che cosa ha detto? «Colui del quale dite». Concedendo loro quella gloria, ha reso più grave la sua accusa. Come poi lo ignorate, offendendo colui che fa e dice ogni cosa per la sua gloria, benché sia stato mandato proprio da Lui. Veramente, questo ancora non è stato provato, ma quel che segue servirà a dimostrarlo. «E osservo la sua parola» 9. A questo punto essi, se avessero avuto qualcosa in contrario, avrebbero potuto contestarglielo; si trattava infatti della prova più valida che Egli era stato mandato da Dio. «Abramo, vostro padre, esultò nel vedere il giorno mio; lo vide e ne gioì» 10. Egli dimostra qui ancora una volta che costoro non hanno niente a che fare con Abramo, dal momento che si affliggono per quelle cose di cui egli si rallegrava. Credo che qui indichi il giorno della sua crocifissione, che aveva prefigurato nel sacrificio dell’ariete e di Isacco. Che cosa gli rispondono costoro? «Non hai ancora quarant’anni e hai visto Abramo?». Dunque il Krestos era già vicino ai quarant’anni. Egli rispose: «Prima che Abramo fosse, Io sono». Raccolsero allora i sassi per scagliarli contro di Lui 11. Vedi come ha provato di essere maggiore di Abramo? Colui infatti che si rallegrò al vedere il suo giorno, aveva ritenuto ciò cosa tanto desiderabile, senza dubbio perché considerava un gran bene il fatto che Egli fosse più grande. Mentre i Giudei lo chiamavano figlio del falegname 13, e non pensavano di Lui niente di più grande di questo, Egli, a poco a poco, li eleva verso la comprensione di concetti più alti. Quando dunque si sentirono dire che non conoscevano Dio, non se la presero a male, ma quando sentirono dire: «Prima che Abramo fosse, Io sono», come se la loro nobiltà ne venisse sminuita e degradata, allora si esasperarono e diedero di piglio alle pietre. «Vide il mio giorno e ne gioì». Egli vuol far capire che non verrà crocifisso senza il suo consenso: per questo loda colui che gioisce per la sua crocifissione, in quanto essa costituisce la salvezza del mondo. Ma essi lo lapidavano; tanto erano ormai decisi ad ucciderlo e facevano ciò d’impulso, senza più riflettere a niente.

Ma perché Krestos non disse: «Prima che fosse Abramo Io ero», ma: «Io sono»? Come suo Padre usò questa parola «sono», così l’usa anche Lui. Veramente questa parola significa che Egli è nell’eternità, libero da ogni tempo: perciò questa era per essi una parola blasfema. Ma coloro che non tolleravano che Egli si mettesse alla pari di Abramo, anche se tale confronto non era niente di straordinario, se Egli si fosse considerato spesso uguale al Padre, non lo avrebbero forse assalito senza darli tregua? Egli poi fugge di nuovo come farebbe fatto un semplice uomo e si nasconde, dopo averli istruiti a sufficienza ed aver compiuto la parte che a Lui spettava. Uscì dal tempio e se ne andò a guerire il cieco, rendendo con le opere credibile che Egli era prima di Abramo. Ma qualcuno forse dirà: «Perché non ha frustrato il loro tentativo?». Così forse costoro gli avrebbero creduto. Ma Egli aveva già guarito il paralitico e non gli avevano creduto, aveva fatto altri mille miracoli e nella stessa passione li aveva stesi a terra, ottenebrò i loro occhi, eppure non gli credettero; come gli avrebbero creduto se Egli avesse annientato tutti i loro sforzi? Non c’è niente di peggio dell’animo disperato: anche se ha visto segni straordinari e miracoli, persevera ostinatamente nella stessa pervicacia. Il faraone, infatti, nonostante avesse subito mille flagelli, si pentiva soltanto nel momento in cui veniva castigato e fino all’ultimo giorno rimase ostinato nel perseguitare quelli che aveva lasciato andar via. Per questo Paolo dice: «Nessuno di voi si indurisca per l’ingannevole seduzione del peccato» 14. Nello stesso modo in cui le forze del corpo alla fine restano esauste e perdono ogni sensibilità, così anche l’anima, oppressa da troppe passioni, diventa come morta alla virtù. Qualunque cosa tu le metti davanti, essa non sente niente: resta insensibile anche se le minacci il supplizio o qualsiasi altra sofferenza.

3. – Perciò vi scongiuro, fate tutto quello che è in vostro potere, finché resta la speranza di salvezza e la possibilità di ravvedersi. Quelli che ormai sono privi di sensibilità, si comportano come i timonieri in preda alla disperazione che affidano la nave al vento, non facendo più alcuna manovra. L’invidioso ha di mira una sola cosa, cioè il soddisfacimento della sua passione; anche se dovesse subire il supplizio e la morte, si preoccupa soltanto di assecondare la sua tendenza viziosa. Così si comportano anche l’impudico e l’avaro. Ma se è tanto grande la tirannia dei vizi, molto più grande deve essere la forza della virtù. Se per quella noi disprezziamo la morte, tanto più dobbiamo disprezzarla per questa. Se costoro disprezzano la loro anima, a maggior ragione noi dobbiamo disprezzare ogni cosa per la nostra salvezza. Quale scusa potremo addurre se, mentre quelli che si perdono si danno tanto da fare per la loro rovina, noi non facessimo sforzi altrettanto grandi per la nostra salvezza, ma ci struggessimo sempre per l’invidia? Niente è peggiore dell’invidia; l’invidioso, per danneggiare un altro, porta se stesso alla rovina. L’occhio dell’invidioso è sempre stravolto dal tormento, vive in una specie di continua morte, crede che tutti gli siano nemici, anche quelli che non gli hanno arrecato alcun danno. Si affligge perché Dio è onorato e gode di quello che fa piacere al diavolo. Uno è onorato dagli uomini? Ma non si tratta di vero onore, non invidiarlo. È onorato invece da Dio? Imitalo. Ma non vuoi farlo? Perché allora rovini te stesso? Perché getti via ciò che hai? Non puoi stare alla pari con lui e non riesci a praticare come lui la virtù? È questa una ragione per abbandonarsi ai vizi? Dovresti almeno congratularti con il virtuoso, affinché tu possa guadagnare almeno qualcosa con il riconoscimento dei suoi meriti, anche se non sei capace di seguirlo nel faticoso cammino verso la virtù. Spesso infatti l’intenzione è sufficiente a farci comprendere qualcosa di grande. Dice Ezechiele 15 che i Moabiti vennero puniti proprio perché si rallegravano per le disgrazie degli Israeliti; mentre altri si salvarono perché avevano pianto sulle sciagure dei loro simili. E se qualche beneficio o consolazione viene a quelli che piangono sulle disgrazie altrui, a maggior ragione ciò avviene per quelli godono per gli onori ricevuti da altri. Il profeta accusava i Moabiti perché si rallegravano delle sciagure degli Israeliti; Dio però li castigò; ma Egli non vuole certo che noi ci rallegriamo per i castighi che Lui manda, perché non prova piacere nel vendicarsi. Se noi dobbiamo soffrire con chi soffre, a maggior ragione non dobbiamo invidiare chi è onorato. Così perirono Core e Datan, i quali finirono col rendere più illustri coloro per cui nutrivano invidia, mentre si consegnarono da se stessi al supplizio. L’invidia è veramente una belva velenosa, una belva immonda; la sua malizia è pienamente consapevole e non merita perdono, è una colpa che non trova giustificazione ed è causa e origina di ogni male. Sradichiamola dunque in noi completamente, in modo da liberarci dai mali presenti e di conseguire quelli futuri, per la grazia e la bontà del Signore nostro Iyasus Krestos, per mezzo del quale e con il quale sia gloria al Padre, ora e sempre e nei secoli dei secoli.

Così sia.


Note: Gv. 8, 48-49; 2 Gv. 8, 50; 3 Gv. 8, 51; 4 Gv. 8, 52; 5 Gv. 8, 53; 6 Gv. 4, 12; 7 Gv. 8, 37; 8 Gv. 8, 54; 9 Gv. 8, 55; 10 Gv. 8, 56; 11 Gv. 8, 57; 12 Gv. 8, 58-59; 13 Mt. 13, 55; 14 Ebr. 3, 8; 15 Cf. Ez. 35, 15.


a cura di ghebreSelassie


 

Ethiopian Library

“H. I. M. Haile Selassie I, King of Kings, Elect of God”
Ethiopian Library – Rome
presents
ethiopian Library

 

Your Carmelo gebreSellassie
(Chaplain of the Federation of the Assembly of the Ras Tafari in Italy)

 

San Michele ቅዱስ ሚካኤል

1 Sinistra - Sopra: come Astaraniqos dormiva sul suo letto usando l'immagine di San Michele come cuscino; Sotto: come un fabbro ha lavorato duramente per creare un pannello per la foto di San Michele.

A destra - Sopra: come Satana volò via come un corvo quando Eufemia gli mostrò la foto di San Michele; Sotto: come Satana venne (di nuovo) sotto la sembianza di quattro donne e San Michele lo calpestò.

2 Sinistra - San Michele salva i fedeli dalle fiamme dell'Inferno. A destra – I fedeli salvati da San Michele in Paradiso

3 L'Arcangelo che aiutava Ezechia di Giuda a sconfiggere Sennacherib d'Assiria.

4 L'Arcangelo rende omaggio ad Adamo.

5 L'Arcangelo caccia uno spirito malvagio dalla sua chiesa.

6 L'Arcangelo San Michele guarisce una donna malata.

7 L'Arcangelo aiuta i marinai.

8 L'Arcangelo guarisce un ebreo.

9 L'Arcangelo che aiuta Susanna a preservare la sua purezza.

10 L'Arcangelo che salva i Tre Santi Bambini.

11 La storia di Qison continua.

12 L'Arcangelo salva il bambino dall'annegamento.


Bro Tino


 

Lettera per il premio Nobel per la pace al dott. Abiy

Roma 12 ottobre 2019

Rispettabili amici dell’Etiopia,

le nostre organizzazioni della Diaspora Etiopica presenti sul territorio italiano manifestano la loro gioia, orgoglio e soddisfazione per l’autorevole riconoscimento dell’opera svolta dal nostro stimato Primo ministro Dott. Abiy Ahmed, che gli è valso il premio Nobel per la pace.

A tal riguardo, esprimiamo anche la nostra solidarietà e il nostro volontario sostegno affinché le politiche messe in atto dal nostro Leader e dal suo Governo, relative al mantenimento della pace e della democrazia, possano procedere ed essere attuate con successo. Auspichiamo in tal senso anche un concreto appoggio e una collaborazione delle Istituzioni internazionali e continentali e di tutte le Nazioni e dei cittadini democratici che hanno a cuore la moralità ed il benessere universale e, in particolare, anche il processo di pacificazione e di sviluppo degli Stati e delle popolazioni di quell’area del continente Africano in cui l’Etiopia è situata.

Ben consapevoli delle problematiche e delle difficoltà che quotidianamente devono essere affrontate dal Dott. Abiy, dai suoi fidati collaboratori e dalla sua compagine governativa, ci auguriamo che l’interesse e l’attenzione dei Governi, delle Istituzioni e degli Organi d’informazione non venga mai meno, nei confronti di questo nuovo corso politico intrapreso in Etiopia.

Recentemente, a dire il vero, nel nostro amato Paese, spinte e azioni intraprese da soggetti e gruppi eversivi stanno minando questo processo civile, umano e democratico condotto dal nostro Primo ministro e dai suoi sinceri e competenti collaboratori istituzionali. Si tratta certamente di forze e di poteri ostili a questa rinascita del nostro Paese che agiscono nell’ombra, tentando di destabilizzare il processo democratico in atto e il nuovo corso della storia dell’Etiopia, di creare divisioni fittizie e strumentali tra la nostra gente, instaurando una strategia della tensione utile ai loro interessi personali e al mantenimento dei loro privilegi, nonché alla restaurazione di un ennesimo regime oppressivo ed autoritario a qualsiasi costo, anche a quello di distruggere per sempre l’unità territoriale del nostro millenario Stato.

Vorremmo ricordare a tutti voi che, da circa un anno a questa parte, queste organizzazioni e forze eversive stanno fomentando atti terroristici ed intimidatori in diverse regioni dell’Etiopia, avendo come obbiettivo particolare l’Istituzione che per secoli ha rappresentato l’unità e l’identità più significativa della nostra Nazione, ovvero la nostra Chiesa Ortodossa Tewahedo d’Etiopia, che attualmente conta circa cinquanta milioni di fedeli su una popolazione complessiva di circa ottanta milioni di abitanti. Circa quaranta Chiese, in regioni diverse del nostro Paese, sono state incendiate e rase al suolo e più di 1.300 fedeli sono state massacrate senza pietà. Un gran numero di persone, hanno dovuto abbandonare le loro case, le loro proprietà e le loro attività minacciate e perseguitate da questi gruppi violenti e senza scrupoli.

La gente pacifica del nostro Paese e le Comunità della diaspora etiopica presenti in molti Paesi del mondo hanno manifestato fino ad una settimana fa la loro indignazione e la loro preoccupazione per questa triste e drammatica situazione.

Continueremo anche in futuro a sostenere le buone politiche del nostro Primo ministro ma appellandoci e confidando fermamente che, di fronte a questi crimini eversivi ed ingiustificati, vengano messe in atto da parte delle nostre Autorità competenti, ogni azione utile, perentoria ed efficace per fermare questi evidenti tentativi di restaurazione di un regime oppressivo ed autoritario, generatore di conflitti tribali, di divisioni, di corruzione e di illeciti finanziamenti di gruppi terroristici e delle loro delittuose attività.

Resteremo al fianco del nostro Primo ministro, dott. Abiy Ahmed, ma vigilando e lottando, e sostenendo innanzitutto coloro che sono vittime di una ingiustificata repressione e persecuzione, pregando e confidando nella vittoria definitiva del bene sul male.


 

Il contenuto di questa newsletter è a cura della Federazione Assemblee Rastafari in Italia, Una parziale riproduzione dei contenuti è possibile, citandone la fonte. 
Per ulteriori chiarimenti potete scrivere a f.a.r.i@live.it


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