Qualche giorno fa sono salita sul pullman nell'orario di punta.
Ho ripreso, dopo tantissimo tempo, la linea che prendevo ogni giorno per tornare a casa dall'ufficio in cui lavoravo come segretaria quando avevo ventitré anni.
Il traffico delle 18.00, le persone stipate, le espressioni stanche -o accigliate- dovute a chissà quali pensieri, chissà quali preoccupazioni.
Chissà quali speranze.
Chissà quali sogni.
Mi sono rivista lì, più giovane eppure più ingrigita, aggrappata al passamano con gli auricolari nelle orecchie nell'ingenuo tentativo di cancellare con un po' di musica un'altra giornata passata a fare cose di cui non mi importava per persone di cui non mi interessava, lo sguardo un po' più accigliato degli altri.
Non so come mi sia riuscito di scrollarmela di dosso, quell'insoddisfazione, non so come mi sia riuscito di dare un calcio ai buoni consigli, alla prudenza, per andarmelo a riprendere, l'entusiasmo.
Ma tant'è: sembra impossibile, finché non è fatto.
E poi mi sono vista, oggi, lì nel riflesso del vetro, con i vestiti un po' meno ricercati e le scarpe sportive ai piedi, aggrappata al passamano con gli auricolari nelle orecchie per assaporare assieme a un po' di musica quella sensazione di felicità che la consapevolezza di star inseguendo un grande sogno regala.
É un viaggio che costa fatica, certo, anche perché il mio sogno -o meglio, il mio richiamo- per lungo tempo mi è apparso come un miraggio sfaccettato in mille possibili declinazioni, in mille strade tutte percorribili.
Mi sono armata di coraggio, mi sono buttata -senz'altro ho sbandato un po' in certe curve difficili- ma alla fine ho compreso che quello che ho sempre cercato di costruire, nella sua vera essenza, non è mai stato altro che un luogo in cui trovare un riparo per l'ispirazione e un rifugio per ciò che conta davvero.
Ho capito che la creazione di questo luogo è l'intento più profondo che anima ogni mia storia e ogni mia illustrazione; che c'era questo dietro a quel primissimo tentativo di trasformare un piccolo negozio a Milano in un posto in cui prendersi cura della propria creatività; che questo è ciò che c'è sempre anche quando dò voce ai progetti degli altri impastando tra loro esiti di cammini diversi (ma che guardano nella stessa direzione).
Mi è accaduto di sperimentare che, quando si abbraccia ciò che sta sotto, le quotidiane lotte contro il tempo o le infinite preoccupazioni per gli esiti delle singole azioni perdono di rilevanza perché tutto diventa un flusso leggero in cui ciò che viene plasmato, semplicemente, siamo noi.
Non so cosa accadrà in futuro, quali nuove strade mi ritroverò a percorrere.
Però, ecco: se mai mi ricapiterà di prendere quel pullman tra dieci anni, non mi dispiacerebbe vedere riflessa nel finestrino l'impronta di un sorriso ad illuminare il volto di una donna aggrappata al passamano con gli auricolari nelle orecchie e le scarpe sportive ai piedi.
Forse avrà ricevuto una bella notizia, forse avrà avuto una bella giornata o, forse, sarà soltanto intenta a godersi, con un po' di musica, il pensiero felice del rifugio che le sarà riuscito di costruire inseguendo con fiducia il proprio richiamo.
Del resto sembra sempre impossibile, finché non è fatto.
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