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Che fine hanno fatto i monopattini?


Milano regola la sharing mobility

 

Probabilmente ve ne siete accorti, ma da qualche mese sono scomparsi i monopattini elettrici dal centro di Milano. Molti devono aver gioito nel non avere più la strada bloccata da un mezzo lasciato malamente sul marciapiede dal suo ultimo utilizzatore, altri saranno rimasti scontenti nell’aver perso un utile mezzo per i loro micro-spostamenti nel centro città. Tutto questo è successo perché dopo un paio d’anni di assenza totale di regole Governo e amministrazioni locali hanno iniziato a colmare il vuoto normativo in cui circolavano i cosiddetti “dispositivi per la micromobilità elettrica”, ovvero hoverboard, segway, monopattini e monowheel. Milano era stata tra le prime città a recepire l’entrata in vigore, a fine luglio 2019, del decreto Toninelli (all’epoca ministro dei Trasporti) che dava il via libera ai Comuni per la sperimentazione nei centri urbani dei monopattini elettrici, salvo poi vietarne la circolazione a metà agosto invitando società come Lime, Bird o Helbiz a partecipare a dei bandi ad hoc. Il bando per i monopattini elettrici è stato poi pubblicato a fine ottobre, con le società che possono fare ora domanda per una flotta di massimo 750 dispositivi, e con tutta probabilità i monopattini torneranno a circolare ad inizio del nuovo anno.
Rimangono però grossi punti di domanda su quale sia il modo migliore per regolarne la circolazione e se le società che offrono lo sharing di monopattini elettrici siano economicamente sostenibili, al di là dell’iniziale curiosità di tante persone per un mezzo smart e divertente. Per questo abbiamo fatto una chiacchierata con Alessio Raccagna, Responsabile Affari Istituzionali per l’Italia di Lime, azienda californiana tra le più grosse nel campo dei monopattini in sharing. Raccagna è sicuro che il monopattino elettrico condiviso sarà sempre più protagonista nelle grandi città italiane: “È un mezzo che ha rivoluzionato la mobilità. Noi (Lime, ndr) abbiamo raggiunto 100 milioni di corse due anni prima di quanto ha fatto Uber. Il monopattino ha successo perché piace, è divertente e sicuro. Il futuro sarà radioso se accompagnato da una regolazione che consente lo sviluppo.” Lime è una delle società che ha accolto più favorevolmente i tentativi di regolamentazione, anche perché, come spiega Raccagna, avere delle norme chiare potrebbe mettere sotto una luce diversa il monopattino, ancora visto da molti più come un gioco che come uno strumento di mobilità urbana. “Noi pensiamo che i monopattini debbano avere le stesse regole delle biciclette – spiega il portavoce di Lime - Se si fanno passi avanti su questo a livello nazionale poi anche le amministrazioni locali hanno vita più semplice nell’implementare questa nuova forma di mobilità.” Secondo Raccagna il rischio è infatti quello di creare norme ad hoc che finiscono per essere troppo restrittive, limitando i monopattini alla circolazione in aree troppo piccole e scoraggiandone quindi l’utilizzo, e il riferimento è al nuovo bando del capoluogo meneghino.
Il bando pubblicato lo scorso mese dal Comune di Milano prevede infatti un numero massimo di 2mila microveicoli elettrici in città e individua il 26 luglio 2021 come termine per la sperimentazione. Tutti i veicoli dovranno essere omologati, dotati di luci, numero identificativo e limitatori di velocità e dovranno essere mantenuti in perfette condizioni di efficienza e sicurezza per l’utente. I monopattini e simili potranno sostare esclusivamente negli stalli di sosta dedicati alle biciclette o a lato strada, dove non sia espressamente vietato e comunque sempre secondo le regole del codice della strada. Nella Cerchia dei Navigli, dove non esiste sosta libera, i monopattini potranno attivare e chiudere il noleggio solo in uno stallo di sosta per le biciclette. Le società interessate potranno presentare una proposta al Comune per una flotta compresa tra 500 e 750 monopattini, che potranno circolare nelle aree pedonali, nelle piste ciclabili e nelle strade in cui il limite massimo è di 30 km/h. Oggi queste regole possono ancora costituire una limitazione, ma Raccagna è sicuro che le città diventeranno sempre più “monopattino-friendly”: “nelle città la tendenza è alla pedonalizzazione, all’inserimento di corsie preferenziali, a rendere sempre più complicato l’accesso degli automobilisti ai centri urbani. Non esiste un sindaco che è tornato indietro dopo una pedonalizzazione o dopo aver abbassato i limiti di velocità. Se questo processo virtuoso continua, il monopattino farà sicuramente sempre più la sua parte.”
Alcuni inchieste giornalistiche hanno però messo in dubbio questo futuro roseo che le società di sharing prospettano. Un’indagine di The Verge, partendo dai costi per ogni scooter rivelati dalla stessa azienda, ha rivelato che ogni monopattino di Bird (una delle società più grandi) dovrebbe compiere almeno cinque viaggi al giorno per cinque mesi per essere profittevole. Alcuni calcoli di Quartz, basati su open data della città di Louisville, hanno invece dimostrato come la vita media di un monopattino sia di circa trenta giorni; in questo modo ogni mezzo a due ruote fa perdere alla società circa trecento dollari. Sul capitolo della sostenibilità finanziaria di Lime Raccagna rimane piuttosto positivo, affermando che la profittabilità per la società arriverà già nel 2020. In realtà i numeri dicono altro: nel 2019, secondo un report interno rivelato da The Information, la società è destinata a perdere 300 milioni di dollari su ricavi che ammontano a circa 420 milioni di dollari. Lime prevede però che i ricavi possano raggiungere un miliardo il prossimo anno e, come ci conferma Raccagna, sta investendo pesantemente per aumentare le performance dei monopattini, facendo calare il loro costo per la società, ed economicizzare la gestione delle flotte. Sempre più società di sharing, ad esempio, invece che comprare i monopattini da società terze stanno costruendo dispositivi propri per rendere più performanti e adatti ad sostenere un uso intenso e continuo.
Al momento, per restare in piedi, non però resta alle società che contare sui grossi investimenti di fondi di venture capital, che stanno continuando a pompare centinaia di milioni nelle casse delle società. Soltanto il mese scorso Bird ha annunciato di aver raccolto 275 milioni di dollari in nuovi finanziamenti, arrivando a una valutazione di 2,5 miliardi di dollari. Questa dipendenza da grossi finanziamenti finirà anche per restringere l’offerta nel settore, con pochi giganti che domineranno il mercato, spiega Raccagna: “non tutte le società saranno in grado di sostenere ingenti costi e  nel futuro il mercato si polarizzerà. Ora nel mondo ci sono circa 30 operatori, ma non tutti hanno la disponibilità finanziaria per sopravvivere a lungo.” In questo senso, le più stringenti regolamentazioni che molte grandi città come Parigi o Milano stanno mettendo a punto potrebbero accelerare il processo, anche perché i costi per le società potrebbero anche aumentare. Il bando di Milano prevede, ad esempio, che per ogni monopattino in strada i gestori dovranno investire 10 euro all’anno in comunicazione e informazione agli utenti sulle regole di utilizzo e del codice della strada, depositare una cauzione una tantum (sotto forma di fideiussione) di 25 euro a garanzia degli eventuali interventi di rimozione effettuati dall’Amministrazione e versare un contributo di 8 euro per ogni monopattino come contributo all’uso degli spazi pubblici. Ad oggi non si sa quali società riporteranno i monopattini elettrici sulle strade di Milano, ma l’aspirazione delle società di monopattini in sharing di rivoluzionare la mobilità urbana non sarà affatto facile.
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