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🏬 MARZO 2020 🏬

Ciao!
 
Grazie per far parte di questa piccola community. Nella newsletter di questo mese parleremo di fast fashion, commercio online e le conseguenze che questi hanno sul clima e sui diritti umani. Troverai notizie, articoli interessanti, letture stimolanti e molto altro ancora.

Buona lettura!


Alessandra & Valeria 

💰 La moda passa, lo spreco resta 

Comprare online è ormai parte integrante della nostra quotidianità e rappresenta un modo veloce ed efficiente per ottenere quello di cui si ha bisogno, senza perdere tempo a girare per mille negozi, scegliendo comodamente da casa. 

A New York il volume delle consegne giornaliere di una delle maggiori aziende di e-commerce è passato da meno di 360 mila nel 2009 a più di un milione e mezzo oggi. Si stima che le vendite online in tutto il mondo passeranno dai 3.800 miliardi di dollari del 2017 a quasi 6.000 miliardi nel 2024.*
 
Già da tempo si sente parlare di fast fashion, termine usato per indicare la “moda veloce”, prodotta in tempi record e comprata in tempi altrettanto brevi, a prezzo bassissimo. Questa pratica dà al consumatore la sensazione di potersi permettere tutto ciò che desidera ed essere al passo con la moda. Avere un ricambio continuo della merce in un negozio e poterla acquistare a prezzi così bassi induce a comprare con meno criterio, consapevoli del fatto che se un capo non ci piacerà più, sarà facile sostituirlo, senza sentirsi in colpa per aver speso troppo denaro. Una produzione tanto rapida compromette però la qualità dei prodotti: essendo pensati come “usa e getta”, questi capi non sono realizzati per resistere a più di pochi lavaggi. 
 
Questa modalità di vendita e acquisto ha inoltre un importante impatto sui diritti dei lavoratori. La più celebre tragedia legata a questo tema è il crollo del Rana Plaza in Bangladesh, un edificio che ospitava fabbriche di abbigliamento in cui lavoravano migliaia di lavoratori in condizioni terribili. Nonostante questo avvenimento abbia sconvolto il mondo, condizioni di lavoro simili sono rintracciabili non solo in Bangladesh, ma anche in numerose fabbriche di India, Cambogia, Indonesia e Sri Lanka.
 
Anche in Italia i dipendenti di una tra le più grandi Internet company al mondo hanno scioperato durante il periodo del Black Friday per via dei carichi di lavoro estenuanti, gli orari lavorativi prolungati, il lavoro domenicale.
Come consumatori, però, sembriamo non farci caso: ciò che conta davvero è poter comprare per pochissimi soldi capi d’abbigliamento sempre nuovi per soddisfare una voglia passeggera
Se ormai da tempo si parla dei problemi legati alla fast fashion e di come si possa agire in senso contrario, non è ancora così evidente a tutti quanto l’essere “fast” si tratti di un trend diffuso in tutto il settore del commercio. Quando dobbiamo aspettare più di 24 ore per ricevere un pacco a casa nostra o addirittura dobbiamo pagare le spese di spedizione siamo infastiditi e ci sembra un’ingiustizia. Abbiamo applicato questo stesso concetto addirittura al cibo: poco ci importa che per ricevere il nostro pasto in pochissimo tempo, per pochi euro e direttamente alla porta di casa i rider siano sottoposti a condizioni lavorative massacranti.
 
Da non sottovalutare è anche l’impatto ambientale di un’economia di questo tipo. Nel 2019 nel nostro paese sono verosimilmente stati consegnati
dieci milioni di pacchi poi rispediti al mittente. L'Università di Bamberg in Germania stima che per ogni restituzione vengano emessi circa 850 grammi di CO2. Gli imballaggi dei prodotti consegnati a domicilio, spesso costituiti principalmente dalla plastica, costituiscono il 30% dei rifiuti solidi generati negli Stati Uniti ogni anno. Con un viaggio di 600 Km da Milano a Roma un veicolo pesante produce in media 600 grammi di NOx e 60 grammi di PM10. Una quantità decisamente preoccupante, considerando che in Italia nel 2017 ogni sono stati spediti oltre 150 milioni di pacchi.

In un mondo sempre più orientato verso il consumo online, sembra improbabile fermare questo trend. Resta però possibile avere un e-commerce green,
come testimonia Byrd e questo articolo di Forbes. Informare su quale sia l’impatto delle nostre scelte e abitudini non ha il fine di colpevolizzare, bensì far riflettere sulle azioni di ciascuno di noi. È importante conoscere le informazioni e le dinamiche legate alla produzione e al commercio veloci per poter scegliere in modo responsabile come comportarsi e per renderci conto di quanto ogni nostro gesto abbia conseguenze.

* I dati citati in questo appunto sono stati presi dal numero 1338 della rivista
 Internazionale (20/26 dicembre 2019).

🎬 Tra intrattenimento e impegno sociale

The True Cost è un documentario del 2015 diretto da Andrew Morgan. Il film affronta diversi aspetti legati all’industria dell’abbigliamento e alle dinamiche della fast fashion. Partendo dalla produzione dei capi, il documentario si concentra sulle condizioni dei lavoratori nei paesi in via di sviluppo. Si parla poi delle conseguenze negative della fast fashion, come l’inquinamento di acque e suolo, la contaminazione da pesticidi e le malattie che questi comportano. Viaggiando in tredici nazioni e intervistando  personaggi influenti, ambientalisti, lavoratori e proprietari di fabbriche più o meno virtuose, il documentario mostra tutto il processo dietro ai capi che noi compriamo nei negozi senza porci troppe domande. 
Sul sito ufficiale di The True Cost è possibile scaricare o acquistare il film. Inoltre, sia sul sito sia sulla pagina Instagram collegata è possibile inoltre trovare dati interessanti, consigli per gli acquisti e racconti di storie e persone. Siete pronti a scoprire quale sia il “vero costo” della moda a basso prezzo?

📚 Il libro del mese

Siete pazzi a indossarlo! Perché la moda a basso costo avvelena noi e il pianeta è un libro di Elizabeth L. Cline, scritto nel 2012 e pubblicato in Italia nel 2018. Rendendosi conto di non sapere nulla riguardo la fabbricazione dei vestiti che riempivano il suo armadio, l’autrice decide di andare a conoscere da vicino le realtà che lavorano nell’industria dell’abbigliamento. Incontrando fashion blogger, lavoratori e dirigenti di fabbriche di vestiti, sarti, esperti di marketing e designer di tutto il mondo, Cline racconta le sue scoperte, spesso sconvolgenti, e invita a riflettere sull’impatto della fast fashion su salute, ambiente, diritti umani ed economia.

Cline consiglia innanzitutto di abituarsi a riconoscere i tessuti per valutare i materiali e fare meno acquisti, ma migliori e di qualità. Spendere di più per un capo può sembrare poco allettante, ma spesso ad un maggiore investimento corrisponde un maggior valore. Non ultimo, imparare a riparare o reinventare i propri abiti invece che gettarli via è una sana abitudine che può portare a far bene all’ambiente e alla creatività e allo stile di ciascuno. 

Foto: copertina edizione italiana, Andrea Bonelli. Art director: Cecilia Flegenheimer.

🏆 Personalità da premiare

Tra i personaggi influenti intervistati in The True Cost, spicca Livia Firth, nata Giuggioli. Produttrice cinematografica e attivista, da molti anni collabora con associazioni e aziende etiche per la salvaguardia di ambiente e diritti umani. Insieme al fratello Nicola, ha fondato Eco Age, un’azienda di consulenza, dedicata ai professionisti e alle aziende di moda e abbigliamento che desiderano limitare il loro impatto ambientale e lavorare in modo etico. In collaborazione con la Camera Nazionale della Moda Italiana, Eco-Age si è anche fatta promotrice dei Green Carpet Fashion Awards in Italia. In questa intervista del Guardian, Livia Giuggioli Firth racconta i progressi compiuti e le sfide ancora da affrontare in questo campo.
 

Foto: Livia Giuggioli Firth (a destra) con la stilista Alberta Ferretti. Instagram, @ecoage

🌍 Voci dall'estero 

Se qualcuno  fosse convinto che assumere i cosiddetti “rider” (le persone che consegnano principalmente cibo a domicilio usando la bicicletta come mezzo di trasporto) sia una buona idea per ridurre le emissioni di CO2, deve leggere questo articolo. È la triste storia di un giovane rider canadese che racconta i problemi e i danni subiti dopo un infortunio durante una consegna
Nemmeno in Europa la situazione è delle migliori: questo articolo spiega come una tra le più note piattaforme che si avvalgono dei rider si comporti con questa categoria di lavoratori in diversi Paesi europei.  

 📝 Solo un appunto...

"Secondo me il commercio online aiuta a ridurre le emissioni di CO2! Invece di spostarci tutti per andare verso i negozi, un solo fattorino che consegna rapidamente inquina sicuramente meno."

Nonostante alcune grandi aziende siano
certe che le nuove spedizioni in un giorno possano ridurre l'impronta dell'emissione di carbonio nell'aria, alcuni esperti del settore affermano che consegnare i pacchi in maniera molto veloce sia un processo che richiede invece più energia e più emissioni. Ciò spiegherebbe l’aumento delle emissioni da parte di queste aziende del 6% nel 2018 rispetto al 2015. 
 
La Scuola Superiore S. Anna di Pisa ha effettuato una ricerca al riguardo, che si può sintetizzare in tre punti principali. Secondo questo studio, l'e-commerce:
  • è conveniente per l'ambiente solo se l'acquirente deve percorrere (in media) una distanza superiore ai 15 km per raggiungere il negozio fisico
  • genera un packaging dal peso 3 volte superiore rispetto a quello dei negozi fisici, con conseguente impatto ambientale
  • genera un packaging più difficile da smaltire perché multi-materiale 

📍 Un luogo significativo 

In Ceintuurbaan 117-H ad Amsterdam c’è una delle due sedi di O My Bag. O My Bag è un progetto nato nel 2010, da un'intuizione di Paulien Wesselink che, dopo aver visto come avveniva la produzione di pellame in India, ha deciso di fondare un’azienda che potesse anche approcciarsi al business in modo etico e sostenibile. I prodotti O My Bag sono realizzati in pelle ecologica, che subisce un trattamento di colorazione sicuro e a ridotta emissione di CO2. L'azienda afferma inoltre di porre particolare attenzione nell’assumere donne e persone appartenenti a minoranze spesso discriminate, di modo da garantire un lavoro e una paga equi e dignitosi. Per scoprire di più sui progetti di O My Bag, potete visitare il loro sito e la loro pagina Instagram .
All'interno del negozio ad Amsterdam è possibile non solo comprare borse O My Bag, ma anche riparare piccoli difetti o graffi e lucidare le borse precedentemente comprate, di modo da prolungarne la vita. Nel negozio si possono anche donare e comprare prodotti di seconda mano per ridurre gli sprechi.


Foto: Valeria Rapa

📆 Save the date!  

Questo mese sarà pieno di date importanti e di eventi da non dimenticare!
  • 15 Marzo World Sleep Day (“Giornata del Sonno”) 
  • 18 Marzo Giornata del Fiocchetto Lilla (contro i DCA)
  • 20 Marzo Giornata Internazionale della Felicità
  • 21 Marzo Giornata Mondiale della Poesia (UNESCO)
  • 21 Marzo Giornata Internazionale del Nowruz
  • 21 Marzo Giornata Mondiale per la sindrome di down
  • 24 Marzo Giornata Nazionale per la Promozione della Lettura
  • 30 Marzo Ora della Terra
🍁 Con il 5 marzo inizia l'ottavo mese di ingiustizie nel Kashmir. Internet è stato gradualmente e parzialmente riportato nella Valle, ma la popolazione non ha accesso a nessun social media, e per caricare una pagina web sono necessarie ore di attesa, come spiega questo articolo del Guardian. Come ogni mese, invitiamo chi fosse interessato a visitare il sito dell'organizzazione Stand with Kashmir e a seguire la loro pagina Instagram 🍁

📢 Call to Action 

Il 15 gennaio 2020 Emma Watson ha annunciato dal suo profilo Instagram una collaborazione con l’azienda thredUP che prevedeva il lancio di un “Fashion Footprint Calculator”. Si tratta di un calcolatore online dell’impronta ambientale del contenuto del proprio armadio: rispondendo ad alcune domande, si otterrà la quantità di CO2 che l’acquisto e la manutenzione di quei capi ha prodotto sull’ambiente. Il test è stato incluso anche all’interno di Good On You, app che permette di verificare il grado di impegno etico e sostenibile di brand e negozi. Test e app sono gratuiti: cosa aspetti?!
Un'altra cosa che potresti fare per diffondere informazione e notizie è consigliare a qualcuno la nostra newsletter!
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💡 Questo mese consigliamo anche...

In collaborazione con la rivista online Italics Magazine, vorremmo finire con una nota positiva, parlando dell’importanza della moda italiana all’estero. Questo articolo di Italics Magazine racconta in modo delicato e avvincente del mondo della moda e della sua importanza nella società attuale.

Appunti è un progetto nato e curato da Alessandra Tosi e Valeria Rapa, compagne di università diventate amiche scambiandosi proprio degli appunti: ciò che mancava ad una lo aveva l’altra, rimanendo sempre sulla stessa linea d’onda. Dalle lezioni ai temi sociali e culturali il passo è stato breve: anche se a distanza, Alessandra e Valeria non perdono mai occasione di scambiarsi idee, consigli e opinioni sul mondo che le circonda.

ALESSANDRA TOSI
Nata e cresciuta nella nebbiosa provincia di Asti, scopre un mondo nuovo grazie alla laurea in Lingue e all'Erasmus in Inghilterra. Si trasferisce a Berlino e frequenta l'università Humboldt, ma non dimentica l'Italia, in cui torna ogni due mesi. Scrive la propria tesi magistrale sui richiedenti asilo e il sistema di accoglienza in Europa. Sogna di cambiare il mondo, ma ha sempre sonno.

VALERIA RAPA
Nasce a Torino nel 1995, con due mesi d'anticipo. Si laurea in Lingue e comincia subito a lavorare in un contesto internazionale, grazie a cui ogni giorno si relaziona con persone di tutto il mondo. Viaggia molto, legge di continuo ed è sempre alla ricerca di notizie e curiosità. Femminista e attenta all'ambiente, va al cinema più che può e canta in un gruppo rock.
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