Hai presente la sovranità del consumatore?
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Piccola comunicazione di servizio

Sabato prossimo avevamo in calendario un numero in cui ti raccontavamo cosa avevamo preparato per l'Open Data Day. Entrambi gli eventi a cui dovevamo partecipare sono stati annullati, per cui sabato prossimo non ci troverai nella tua casella mail. Torniamo il 14 marzo.
Non abbiamo mai nascosto che i dati - in particolare quelli che vanno sotto al nome di Open Data - siano stati la nostra porta d'ingresso nel mondo del civic hacking. Il che significa che teniamo d'occhio con particolare attenzione cosa succede in quel mondo perché sappiamo che, prima o poi, sarà rilevante anche per gli hacker civici.

Uno dei problemi che sta facendo capolino sempre più spesso ultimamente riguarda quella che, tra noi due, definiamo la sovranità dei dati. Da una parte, open è sempre meno solo una parola: si è passati dalle discussioni sulle licenze - ancora molto necessarie, purtroppo - e sui formati a un modo un po' più profondo di pensare all'apertura (in questo numero ti segnaliamo, ad esempio, una discussione su approcci basati sui diritti e quelli basati sulla giustizia). Dall'altra parte, per noi è abbastanza chiaro che quello che in economia viene definito "sovranità del consumatore" - ossia la capacità dei consumatori di modificare il mercato con le loro preferenze - si stia concretizzando anche per i dati. In Canada, in particolare, è lapalissiano che c'è una sovranità di chi consuma (utilizza?) i dati. Insomma, questa settimana hai nella casella mail un numero piuttosto impegnativo e poco concreto (con tutti i link a risorse in inglese), ma alla fine c'è un fumetto (in italiano) per tirarti su.

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Eccomi, consumo dati

Partiamo dal Canada 

Nella nostra testa, parlare di sovranità di chi usa i dati ha senso. Se la sovranità del consumatore è, secondo la Treccani, la "situazione di mercato in cui il complesso dei beni prodotti da un sistema economico è determinato dalle preferenze dei consumatori finali" non ci sembra un salto troppo grande pensare che nel mondo degli Open Data ci sia bisogno di una cosa dello stesso tipo. In Italia ci sono stati dei timidi tentativi (ad esempio il forum - forum.italia.it - lanciato dal Team per la Trasformazione Digitale), ma nessuno lo fa bene come il Canada - almeno per quanto ne sappiamo.
Oltre ad avere un forum per sapere se e quando i dataset vengono rilasciati (monitorato e continuamente aggiornato) che si popola grazie a richieste dirette fatte via form (form che non chiede di compilare più campi di quelli che servono), hanno pensato anche a un inventario dei dati con la possibilità di votare i dataset più utili. Il tutto abbinato a una sezione F.A.Q. con risposte utili (tipo che differenza c'è tra data published e data released nell'inventario) e formulate con linguaggio comprensibile anche ai profani.

Dati con una certa responsabilità

La mailing list di The engine room che riguarda i dati è una perla: oltre alle varie opportunità lavorative o accademiche, ci sono discussioni di altissimo livello sul mondo dei dati. Questa settimana ti segnaliamo una discussione che ha aperto Zara Rahman a febbraio dal titolo [responsible_data] RD as a rights-based approach, or RD as a justice-based approach?, ossia Avere la responsabilità dei dati significa avere un approccio basato sui diritti o sulla giustizia?
Apre con questo messaggio: "Ho spesso descritto un approccio responsabile ai dati quello che prevede un approccio basato sui diritti per la società civile - mettendo sul piatto il diritto alla trasparenza, alla privacy, alla sicurezza, alla libertà di espressione e molti altri - diritti che sono spesso considerati separati. Quel tipo di approccio porta a rendere prioritari quei diritti trasformando in modo olistico il pensare e lavorare con i dati nella società civile. Assieme all'approccio basato sui diritti, uno degli aspetti chiave dell'usare i dati responsabilmente, per noi di The Engine Room, è stato considerare le dinamiche di potere tra gli attori coinvolti (e quindi partire sempre da un'analisi della distribuzione del potere). Nei mesi passati ho notato che sempre più studiosi e pensatori eminenti hanno cominciato a parlare di giustizia, non solo di diritti. [...] Quindi, la mia domanda è, qualcuno ha delle idee su come potrebbe essere un approccio basato sulla giustizia invece che sui diritti? [...] A The Engine Room stiamo discutendo (e lavorando) su come sarebbe un sistema di riferimento equo nel nostro lavoro, cercando di riconoscere che esistono delle ingiustizie sistemiche anche in quello che facciamo e facendo attenzione a non perpetuarle".
La discussione che segue questa richiesta è una delle cose più interessanti e intelligenti che abbiamo letto ultimamente.

Ps. La mailing list è pubblica, ma un po' poco immediata, quindi ti consigliamo di cliccare nel link, cliccare sul bottone per accedere all'archivio, selezionare il numero 02 dopo l'anno 2020 e cliccare sul titolo che abbiamo citato.

Perché condividere i dati?

Paul Ayris ha scritto un blogpost che ha letteralmente intasato per qualche giorno l'hashtag Open Data su Twitter, visto il titolo (The risks of not sharing data are greater than the costs cioè I rischi di non condividere i dati sono maggiori dei costi) capiamo anche perfettamente perché. L'autore si concentra sui dati della ricerca confermando una tendenza che abbiamo notato anche noi: la conversazione sugli Open Data è sempre meno legata alle Amministrazioni Pubbliche (che sono i produttori di Open Government Data, ma non perdiamoci in sottigliezze). I punti che ci sono piaciuti di più, li abbiamo tradotti dall'inglese (lingua originale del blogpost) e li trovi qui sotto.
"I dati legati alla ricerca rappresentano una nuova moneta. Tradizionalmente, gli editori non pubblicavano o curavano i dati delle ricerche, concentrandosi sulle pubblicazioni. Oggi, ricerche, dati e pubblicazioni sono ugualmente importanti". E continua con "in un recente studio della Commissione Europea si è scoperto che condividere i dati legati alla ricerca e gestirli meglio porterebbe a un risparmio di 10.2 miliardi di euro in Europa, più un potenziale di 16 miliardi di euro di valore aggiunto grazie all'innovazione". Conclude parlando di costi e difficoltà che il mondo accademico potrebbe dover affrontare nel favorire questo tipo di mentalità legata ai dati aperti (che sono molto simili agli scogli di altri produttori di dati). Pezzo corto, ma denso.

NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT

The author di Bigio, Shockdom

Di chi è l'ispirazione? Dell'autore o delle Muse? Bigio non ce lo dice, ma in questo fumetto divertente e spensierato ci racconta di cosa succede quando un giovanotto attempato (sì, è un ossimoro) si trova una delle Muse incarnate nel salotto di casa. Talia - musa della commedia - è giovane, bellissima, eterna e immortale, ma soprattutto ha la capacità - con la sua sola presenza - di ispirare opere meravigliose. Peccato che il suo co-protagonista sia tonto e non se ne accorga.
Sono centosessanta pagine che raccontano di scrittura, di ispirazione e di sovranità del consumatore (di Nutella).
Buona lettura!

Erika e Matteo
 
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