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Viaggio virtuale nell'arte

Visite e contenuti online per resistere e sperimentare
 

Nessuno sa ancora quante settimane o quanti mesi passeranno prima che si possa tornare a meravigliarsi davanti al Bacio di Hayez, al Cristo morto del Mantegna o al Quarto Stato di Pelizza da Volpedo. I musei sono state tra le prime attività a chiudere e saranno, probabilmente, anche tra le ultime a riaprire. Se nessuno può più affollare le stanze e fermarsi ad ammirare le opere degli autori studiati sui libri di storia, i musei non hanno però rinunciato a voler raggiungere il proprio pubblico, fare cultura e mostrare le proprie collezioni. In queste settimane c’è infatti una vera e propria corsa da parte di musei e altre istituzioni della cultura a usare siti internet e canali social per allestire dei palinsesti che sopperiscano alle visite fisiche, sotto l'ombrello di campagne come #museichiusimuseiaperti e #laculturanonsiferma.

Online non finiscono solo le collezioni del museo in forma digitale, ma video-pillole di curatori e studiosi, interviste con artisti, scienziati e personaggi del mondo della cultura, dietro le quinte e opere custodite in magazzino, laboratori per bambini, contest e rubriche fisse. “C’è stato bisogno di un virus mondiale per far aprire gli occhi a tutti e far capire quanto il digitale sia strategico e nel cuore della missione di un museo, e non una semplice aggiunta o un rafforzamento delle sue azioni,” scherza amaramente Paolo Cavallotti, Head of Digital del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, il primo in Italia che ha investito su personale interno che lavorasse a tempo pieno sul digitale più di vent’anni fa. Paolo e il suo team hanno ideato #storieaportechiuse, un palinsesto settimanale con un contenuto diverso ogni giorno. Il format era già in fase di sviluppo per offrire dei contenuti sul web ogni lunedì, giorno di chiusura del museo, ma con l’avvento della pandemia, la sua creazione ha subito una netta accelerazione. “Abbiamo strutturato un palinsesto tematico sulle diverse giornate – racconta Cavallotti – e tra le cose più positive che ci portiamo a casa da questa esperienza c’è la partecipazione di tutti gli staff del museo a questa nuova attività digitale, che ci consente di comunicare la ricchezza e l’eterogeneità delle storie del museo e mostrare la coralità di voci che lavorano al suo interno.”

Le storie Instagram del Museo della Scienza
Il Museo della Scienza non è l’unico ad aver trovato aspetti positivi nella nuova attività online. Ancora prima che le autorità costringessero i musei a chiudere, la Triennale di Milano, a partire dallo spunto del Decamerone del Boccaccio, che narra di un gruppo di giovani che nel 1348 per dieci giorni si trattengono fuori da Firenze per sfuggire alla peste nera e a turno si raccontano delle novelle per trascorrere il tempo, aveva pensato di invitare artisti, designer, architetti, intellettuali, musicisti, cantanti, scrittori, registi, giornalisti ad “abitare” gli spazi vuoti di Triennale per sviluppare una personale narrazione e trasmettere poi le “novelle” sul suo canale Instagram. “Avevamo capito che avremmo dovuto chiudere e abbiamo immaginato un progetto che potesse trasformare questo momento di difficoltà in un’opportunità per scoprire dei linguaggi nuovi e sperimentare una serie di nuovi formati sulla rete – spiega Lorenza Baroncelli, direttrice artistica della Triennale - Ma eravamo consapevoli che non poteva esser semplicemente lo spostamento di una cosa che doveva essere fisica sul web.” Con la chiusura completa dei musei, non è stato più possibile invitare gli ospiti negli spazi fisici della Triennale e registrare tutto, e così si è scelto di virare su interviste giornaliere in diretta Instagram. “Questa operazione tiene insieme figure anche molto diverse tra loro, da Fedez a Virgilio Sieni, da Teresa Ciabatti a Enrico Mentana, e ci sta portando un allargamento del nostro pubblico social – racconta Baroncelli - Questo, che era l’obiettivo che ci eravamo dati all’inizio del nostro mandato, lo stiamo raggiungendo inaspettatamente, perché non era l’obiettivo di questo progetto.”
Le dirette Instagram della Triennale rimangono fruibili nella sezione IGTV
Non è però facile per tutti creare un palinsesto di contenuti online, anche perché molti musei hanno sviluppato una presenza digitale soltanto negli ultimissimi anni. Nel 2019 era il 69% dei musei italiani ad essere presente su almeno un canale social (erano il 57% nel 2018), soprattutto su Facebook (dal 54% del 2018 al 67%) e Instagram (sale dal 23% al 26%), secondo i dati dell'Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali del Politecnico di Milano. I social sono però solo l’attività più visibile dell’utilizzo del digitale. “I musei sono più avanti sul processo della comunicazione, l’apertura di siti e profili social, mentre sono molto più indietro sul fronte dei processi interni – spiega Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio - Il ticketing online ce l’ha un museo su quattro, software per il fundraising ancora meno, e in generale la gestione dei processi di back office va a rilento.” Oltre che alla scarsità di risorse economiche, secondo Lorenzini è la mancanza di cultura manageriale e imprenditoriale nel mondo dei musei a causare l’arretratezza nella digitalizzazione, anche perché molti musei sono spesso gestiti da amministrazioni pubbliche. In questo senso diventa utile la partnership con startup e aziende tecnologiche. Proprio in questi giorni la School of Management del Politecnico di Milano ha fatto partire un bando insieme a Microsoft, per permettere ai musei di portare cultura nelle scuole italiane. Microsoft metterà a disposizione la propria piattaforma Teams per permettere al personale di un museo aderente di collegarsi con le scuole che lo desiderano e gratuitamente offrire contenuti legati a collezioni e laboratori. Più longeva è l'iniziativa Google Arts & Culture, una piattaforma online e app per smartphone che permette di visitare virtualmente centinaia di collezioni dei più prestigiosi musei del mondo, ma che grazie alla realtà aumentata offre anche esperienze nuove, come poter visualizzare nel proprio salotto alcune famose opere, per rendersi conto della loro effettiva dimensione.
Molti musei, come Pirelli HangarBicocca, stanno proponendo attività e contenuti indirizzati ai bambini
Se tutte queste iniziative sono lodevoli e portano benefici alla visibilità dei musei, non bisogna dimenticare che la chiusura forzata porterà grosse perdite nelle loro casse. “Solo per la prima settimana, dal 24 febbraio al 1 marzo, avevamo quantificato, esclusivamente per il comparto dei musei civici cittadini, una perdita di mezzo milione di euro,” afferma Marco Minoja, a capo della Direzione Cultura del Comune di Milano. Ragionare sul “dopo” è ancora prematuro, secondo Minoja, perché il “durante” sarà molto lungo e difficile, e così anche l’amministrazione comunale sta mettendo a punto delle misure per il sostegno al comparto cultura, ulteriori rispetto ai macro-interventi del Governo. La grande abbondanza di iniziative online e gratuite di queste settimane non deve far dimenticare che fare cultura ha un costo, secondo Minoja: “Stiamo cercando di capire la destinazione migliore per le somme del Fondo di Mutuo Soccorso che il Comune di Milano destinerà alla cultura. Stiamo immaginando una campagna di sostegno a chi veicola attraverso la rete i propri contenuti, anche con un aiuto economico alla attività fatte e chi produce contenuti a pagamento.” Il vertice della sezione Cultura del Comune, che gestisce una ventina di musei cittadini tra cui la Galleria d’Arte Moderna, il Museo del Novecento e il Mudec, fa l’esempio del Cinema Beltrade, che ha aperto una piattaforma per la visione di film online. I biglietti vanno da 1,70 a 9 euro, in modo che ognuno possa contribuire a seconda delle proprie condizioni economiche attuali e che il cinema possa continuare ad avere entrate. “Ritengo fondamentale sostenere chi in questo momento, anche se sono economie residuali, prova a far passare non tanto un messaggio generale a sostegno dell’economia, ma fa capire che è importante che ognuno faccia il suo piccolo gesto,” conclude Minoja.
Contenuti comuni a molti musei sono rubriche che esplorano il proprio archivio
C’è chi intanto sta cercando di riorganizzare il proprio cartellone in modo da non dover rinunciare a mostre ed esposizioni già previste. “Mi immagino l’autunno con la sede aperta, con ovviamente delle attenzioni che ci verranno indicate dalle autorità, e per l’autunno avremo un prolungamento delle mostre che nessuno al momento può vedere – racconta Chiara Costa, Head of Programs della Fondazione Prada - Riprogrammeremo tutto in un altro momento, che può essere tra due o sei mesi, ma anche tra due anni.” Fondazione Prada sta intensificando le attività online, proponendo anche cose a cui prima non c’era il tempo di pensare. Con la rubrica “Outer Views” la fondazione sta raccontando il viaggio delle proprie opere in prestito a istituzioni e musei internazionali, mentre tra pochi giorni lancerà un podcast in cui verranno letti una serie di saggi che sono stati pubblicati nei libri editi da Fondazione Prada dal 2012 ad oggi e scritti da grandi scrittori e intellettuali come Ali Smith, Ben Lerner, Salvatore Settis, Massimo Cacciari, con testi che vanno dall’archeologia alla storia della musica e alla filosofia. Secondo Chiara Costa quasi tutte le nuove iniziative nate in queste settimane resteranno anche dopo l’emergenza, perché hanno fatto scoprire mezzi e linguaggi prima inesplorati. “L’unico strumento su cui mi interrogherei è il tour virtuale, interessante in questo momento in cui la mostra non la puoi visitare, ma che magari sarà superfluo tra un anno – chiarisce Costa – La mostra, l’esperienza fisica, resterà centrale, ma potrà diventare un trampolino per mille altri approfondimenti e contenuti online.”
Un'immagine della serie "I'm thinking of you", in cui Kamilia Kard esplora i temi dell'amore, del sesso e della prossimità nell'epoca del distanziamento sociale
La corsa a offrire contenuti artistici online da parte di istituzioni che finora avevano sottovalutato l’utilizzo di strumenti digitali rischia però di banalizzare quanto proposto, secondo Kamilia Kard, artista che lavora sull’immagine digitale e docente di Comunicazione Multimediale all'Accademia delle Belle Arti di Brera. “La corsa forzata a una presenza online a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi ha prodotto, da un lato, un appiattimento e una banalizzazione dei contenuti e dei formati, dall’altro, un rilancio della net art e del suo uso consapevole della rete, testimoniato da articoli, mostre, performance ed eventi partecipativi online,” spiega Kard, che al posto di pennello e tavolozza usa puntualmente computer, visori di realtà virtuale, tavoletta grafica, stampante 3D e programmi di editing e compositing. Nella situazione attuale ci sono però lati positivi anche per chi abita da sempre il mondo artistico digitale: “Il social distancing nel mondo fisico ci ha spinti, com’era inevitabile, alla ricerca di una maggiore vicinanza e intimità online: un riequilibrio tra due livelli di realtà che da molto tempo viaggiano paralleli, ma a cui solo ora molti arrivano ad attribuire uguale importanza.” Nessuno sa quanto questa situazione di emergenza durerà e come sarà la normalità a cui ritorneremo, ma sicuramente anche musei e istituzioni della cultura ne usciranno cambiati. “Questo momento storico genererà un cambio nelle nostre vite che ancora non riusciamo a disegnare nelle nostre menti – ragiona Lorenza Baroncelli - Le sperimentazioni che stiamo vedendo influenzeranno i musei, ma non solo. Mahmood che canta su Rai Uno dal suo salotto, con dietro delle tende bianche che ricordano la ex Yugoslavia, sta cambiando l’estetica della comunicazione e svecchiando il modo in cui le istituzioni stavano fin qui comunicando.”
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