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Federazione Assemblee
Rastafari in Italia

MELKAM LIDET

Newsletter Gennaio 2019

Sommario

 


Salmo 2


[1] Perché le genti congiurano 
perché invano cospirano i popoli? 

[2] Insorgono i re della terra 
e i principi congiurano insieme 
contro il Signore e contro il suo Messia: 

[3] "Spezziamo le loro catene, 
gettiamo via i loro legami". 

[4] Se ne ride chi abita i cieli, 
li schernisce dall'alto il Signore. 

[5] Egli parla loro con ira, 
li spaventa nel suo sdegno: 

[6] "Io l'ho costituito mio sovrano 
sul Sion mio santo monte". 

[7] Annunzierò il decreto del Signore. 
Egli mi ha detto: "Tu sei mio figlio, 
io oggi ti ho generato. 

[8] Chiedi a me, ti darò in possesso le genti 
e in dominio i confini della terra. 

[9] Le spezzerai con scettro di ferro, 
come vasi di argilla le frantumerai". 

[10] E ora, sovrani, siate saggi 
istruitevi, giudici della terra; 

[11] servite Dio con timore 
e con tremore esultate; 

[12] che non si sdegni e voi perdiate la via. 
Improvvisa divampa la sua ira. 
Beato chi in lui si rifugia. 

Natale in Etiopia -Gennaio 1974-


 

Omaggio a Ras Dedo HeartMan

 

Segue in questo numero della nostra newsletter la serie di dipinti del maestro Ras Dedo HeartMan.
Questi quattro capolavori sono stati commissionati all'artista e raggiungeranno presto la città di Bale Goba in Etiopia, dove saranno esposti nella sede vescovile della Chiesa Ortodossa Tawahedo della diocesi situata nella regione dell'Oromia.

Santa Vergine Maryam con il Suo diletto Figliuolo
Il "Kwe'urate Re'esu" ovvero nostro Signore Iyasus Krestos oltraggiato con una corona di spine, il Santo Tekle Haymanot ovvero "Pianta della Fede"
Il Santo tekle Haymanot
Keddus Ghiorghis che uccide il dragone

Tutte e quattro sono opere recenti dipinte dal Ras in quest'ultimo quadrimestre del 2018. 
Che il Signore nostro Qadamawi Haile Selassie conceda lunga vita a questo nostro amato fratello e lo benedica con i doni che la fede procura agli umili ed ai giusti. Amen.

 


                                                                                     ghebreSellassie


 

All Man Acts


Brevi Cronache Sommarie del Regno del Figlio dell’Uomo

Gennaio 1972 , anno 1964 del calendario etiopico e 80° della Nascita di S. M. I. Hayle Selassie I.

 


1 gennaio – A Kartum S. M. I. Haile Selassie I richiede agli Stati africani ed ai Paesi del mondo amanti della pace di continuare ad assistere i movimenti nazionali in Rhodesia, durante il banchetto di Stato offerto in suo onore dal gen. Jafaar El Nimeiri. – S. M. l’Imperatore assiste a Uadi Medhani alle celebrazioni per il 16.mo anniversario dell’indipendenza del Sudan.

2 gennaio – L’Imperatore e il gen. Jafaar El Nimeiri hanno i loro primi colloqui ufficiali; in serata i due capi di Stato assistono a spettacoli folcloristici etio-sudanesi.

3 gennaio – Il Sovrano riceve i membri della comunità etiopica del Sudan all’ambasciata d’Etiopia; in precedenza aveva avuto altri colloqui con il presidente sudanese. – In serata S. M. I. Haile Selassie I offre un banchetto in onore del suo ospite. – Il presidente della Repubblica italiana, on. Giovanni Leone, invia un messaggio di risposta al messaggio imperiale di congratulazioni per la sua elezione. – Ghetahun Mekascia, ambasciatore di S. M. I., parte per l’India per assoklvere al suo nuovo incarico.

4 gennaio – S. M. I. Haile Selassie I giunge ad Asmara da Kartum, in visita al Governatorato generale dell’Eritrea, al termine della sua visita nel Sudan. In entrambe le capitali viene pubblicato il comunicato congiunto. - L’Imperatore Haile Selassie I invia un messaggio al presidente sudanese ringraziandolo per l’accoglienza e l’ospitalità.

5 gennaio – S. M. I. Haile Selassie I inaugura presso il gruppo del Cotonificio Barattolo & Co. Sh. Co. Il nuovo settore della confezione. – Il gen. Jafaar El Nimeiri invia un messaggio a S. M. l’Imperatore in risposta a quello imperiale di ringraziamento per l’ospitalità.

6 gennaio – S. M. l’Imperatore si reca nella chiesa di Medhanie Alem dove assiste alle funzioni religiose per la vigilia del “Liddet”. – Nel pomeriggio l’Imperatore Haile Selassie I ascolta a Palazzo i cori natalizi intonati da bambini delle diverse comunità di Asmara.

7 gennaio – Si festeggia in tutta l’Etiopia, con manifestazioni di giubilo popolare, la festività del “Liddet”, il Santo Natale. – Il Sovrano trascorre la mattinata tra i bambini; successivamente concede udienze a Palazzo. Alle ore 12 S. M. I. Haile Selassie I offre un banchetto in occasione della festività. – Nel pomeriggio S. M. l’Imperatore Haile Selassie I offre un tè a gruppi di bambini delle diverse comunità che vivono ad Asmara; successivamente si reca all’E.C.W.S. dove visita l’orfanotrofio “Principessa Tenagne Uorch Haile Selassie”.

8 gennaio – L’Imperatore Haile Selassie I visita a Debaroa, vicino ad Asmara, le prospezioni minerarie di rame compiute da una ditta nipponica. – Viene reso noto dal Ministero degli Affari Esteri che S. M. I. Haile Selassie I compirà visite ufficiali in Sierra Leone e in Nigeria, alla fine del mese su invito dei rispettivi capi di Stato.

10 gennaio – L’Imperatore Haile Selassie I inaugura la diga sul Mai Nefhi nella mattinata; nel pomeriggio visita l’ospedale e il costruendo circolo ufficiali della Polizia. – Si apre la conferenza della Commissione dei nove esperti dell’OUA per rivedere la cooperazione legale interafricana e la questione delle attività mercenarie del continente.

11 gennaio – Nella mattinata S. M. I. Haile Selassie I si reca ad Addi Nefas, vicino ad Asmara, per constatare il progresso delle prospezioni minerarie di rame.

12 gennaio – S. M. l’Imperatore Haile Selassie I visita nel pomeriggio la Ethiopian Mineral Water Factory Sabarguma, e la A.M.A.P Sh. Co., dove in quest’ultima inaugura la sezione per la fabbrica di candele.

15 gennaio – Il Sovrano lascia Asmara, dopo undici giorni di visita al Governatorato generale dell’Eritrea, per recarsi alla volta del Cairo. – S. M. I. Haile Selassie I invia un messaggio di condoglianze alla Regina Ingrid di Danimarca per la scomparsa del consorte, Re Federico IX, deceduto all’età di 72 anni. – S. M. l’Imperatore Haile Selassie I giunge al Cairo per una visita ufficiale di un giorno ed ha colloqui con il presidente egiziano Anuar El Sadat. – Il Primo ministro, lo Tzahafie Tesas Aclilu Habteuold, invia un messaggio di condoglianze alla Regina Ingrid di Danimarca per la scomparsa del consorte, Re Federico IX.

16 gennaio – L’Imperatore Haile Selassie I inizia la visita ufficiale di tre giorni nella Sierra Leone, partecipando alle cerimonie indette allo stadio di Freetown.

17 gennaio – L’Imperatore apre con un discorso la sessione speciale del Parlamento della Sierra Leone. – Vengono conferite al Sovrano le chiavi della città e la cittadinanza onoraria di Freetown dal sindaco D. T. Akiko-Betts, in una cerimonia al Victoria Park, presente il presidente Siaka Stevens. – In serata il Sovrano è ospite d’onore ad un banchetto ufficiale offerto dal presidente della Sierra Leone, Siaka Stevens.

18 gennaio – S. M. I. Haile Selassie I riceve la laurea “honoris causa” dal college Fourah Bay, il più antico istituto educativo africano. – S. M. I. Haile Selassie I visita una miniera di diamanti a Yengema. – In serata l’Imperatore Haile Selassie I offre in onore del suo ospite, il presidente Siaka Stevens, un banchetto di Stato. – S. A. I. il Principe ereditario Merid Asmac Asfa Uossen parte per Kampala, Uganda, per assistere alle celebrazioni per il 10.mo anniversario dell’indipendenza di quel Paese a nome di S. M. I.
19 gennaio – Al termine della visita imperiale alla Sierra Leone viene emesso contemporaneamente nelle due capitali un comunicato congiunto. – L’Imperatore giunge in Nigeria per una visita ufficiale di quattro giorni. – Viene osservata in tutta l’Etiopia, con manifestazioni di giubilo popolare e con cerimonie, la festività del “Timket”. – S. A. I. il Principe ereditario Merid ASsmac Asfa Uossen giunge a Nairobi, Kenya, per una visita privata prima di recarsi a Kampala.

20 gennaio – Il Sovrano e il gen. Yakubu Gowon, capo del Governo federale militare della Nigeria, visitano le regioni settentrionali orientali della Nigeria.

21 gennaio – S. M. I. Haile Selassie I, accompagnato dal capo dello Stato nigeriano, si portano a Enugu, nella Nigeria orientale; all’Hotel Presidential visitano una mostra d’arte e di artigianato. Successivamente S. M. l’Imperatore Haile Selassie I, durante una cerimonia, scopre una lapide del nuovo istituto di chirurgia plastica ed ortopedica.

22 gennaio – Durante una cerimonia, l’Imperatore riceve una laurea “honoris causa” in giurisprudenza dall’università di Lagos; nella stessa cerimonia, il gen. Yakubu Gowon riceve la laurea “honoris causa” in scienze, I due capi di Stato hanno il loro primo colloquio ufficiale sulle relazioni bilaterali; in serata il gen. Yakubu Gowon offre un banchetto di Stato in onore dell’Imperatore. – Il presidente somalo, Siad Barre, invia un messaggio a S. M. I. Haile Selassie I mentre sorvola lo spazio aereo etiopico durante il viaggio di ritorno a Mogadiscio dal Sudan.

23 gennaio – Il Sovrano offre un banchetto di Stato in onore del suo ospite; i due capi di Stato hanno il loro secondo colloquio ufficiale. – Il dr. Tesfaye Ghebre Egzi, ministro delle Informazioni, dichiara che l’Etiopia e grandemente onorata di ospitare il Consiglio di Sicurezza dell’ONU questo mese, e che il Governo etiopico farà tutto il possibile per il successo della conferenza.

24 gennaio – S. M. I. Haile Selassie I conclude la sua visita di 5 giorni alla Nigeria, rientrando ad Addis Abeba; in entrambe le capitali viene emesso simultaneamente un comunicato congiunto. – S. M. l’Imperatore Haike Selassie I prende parte alle funzioni religiose funebri per la scomparsa del brig. gen. Sandford a Gullele. – S. A. I. il Principe ereditario Merid Asmac Asfa Uossen giunge a Kampala dove rappresenta S. M. I. alle cerimonie per il primo anniversario del nuovo Governo ugandese. – Lo Tzahafie Tesas Aclilu Habteuold, Primo ministro, ha un colloquio sulle relazioni bilaterali con due funzionari del ministero degli Esteri dell’URSS. – Giunge in Etiopia E. S. Reddy, capo della divisione affari africani del segretariato dell’ONU, per completare i preparativi per la conferenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

25 gennaio – Giungono i leader della Mauritania, del Sudan ed i rappresentanti permanenti all’ONU del Sudan e dell’Egitto per partecipare alla conferenza del Consiglio di sicurezza ONU. – Partono per l’Uganda i due funzionari del Ministero degli Esteri dell’Unione Sovietica.

26 gennaio – S. M. I. Haile Selassie I riceve eminenti leader musulmani in occasione della festa islamica di Id El Ahda. – Il gen. Yakubu Gowon, capo dello Stato federale nigeriano, invia un messaggio all’Imperatore Haile Selassie I in risposta a quello imperiale inviato al termine della visita del Sovrano di cinque giorni. – S. A. I. il Principe ereditario Merid Asmac Asfa Uossen ha dei colloqui a Kampala con il gen. Idi Amin, presidente dell’Uganda. – Una delegazione etiopica si trova a Nairobi per colloqui con funzionari kenioti sui trasporti e le comunicazioni.

27 gennaio – L’Imperatore Haile Selassie I si incontra con il presidente della Mauritania, Muktar Ould Daddah, ed attuale presidente dell’OUA; successivamente si incontra con il segretario generale dell’ONU, Kurt Waldheim.

28 gennaio – L’Imperatore apre con un discorso la conferenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU in seduta ad Addis Abeba per considerare i seri problemi africani. – Il presidente Muktar Ould Daddah della Mauritania, presidente dell’OUA, richiede al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di prendere su di sé immediatamente l’amministrazione della Namibia. - Al Consiglio di Sicurezza è stato richiesto di chiedere alla Gran Bretagna di ritirare la Commissione Pearce dallo Zimbawe dove la sua presenza ha creato una grave situazione.

29 gennaioS. M. I. Haile Selassie I inaugura ad Asmara la National Expo of Ethiopia 1972 e compie una visita ai padiglioni ed agli stand dell’ente fieristico.

30 gennaio – S. M. l’Imperatore Haile Selassie I visita il terreno fieristico nella mattinata; in serata premia i vincitori del Gran Prix National Expo ’72.

31 gennaio – L’Imperatore Haile Selassie I parte per Addis Abeba nella mattinata; nella capitale riceve un messaggio del presidente americano Richard Nixon consegnato dal rappresentante permanente statunitense alle N. U. George Bush. – Nel pomeriggio, nel padiglione centrale della National Expo ’72, il dr. Tesfaye Ghebre Egzi, ministro delle Informazioni, tiene una conferenza sull’importanza della pubblicità e dei servizi informativi. – Ketema Yifru, ministro del Commercio, Industria e Turismo, inaugura una mostra d’arte alla Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato dell’Eritrea.

 


Estratto da: “Sestante – Documentario Semestrale Illustrato della Vita Politica Economica Sociale dell’Etiopia” vol. VIII, No.1, Gennaio-Giugno 1972.

a cura di ghebreSelassie


 

Anqäzä Haymanot RasTafari


(La Porta della Fede RasTafari)
(Documento n. 10 - seconda parte)*

Presentazione di: Isacco di Ninive o Mar Yeshaq
(Parte seconda)

 

Ciò che la forza della preghiera è per le condotte, lo è la lectio
per la preghiera. Ogni preghiera infatti che non è nutrita dalla
luce delle Scritture, è pregata secondo una conoscenza carnale,
anche se implora cose buone.

 

Quando l’occupazione della meditazione si sarà rafforzata
e corroborata nell’anima, allora non si avrà più molto bisogno di lectio.
Non che si possa diventare perfetti senza di essa
ma non c’è bisogno di una lectio molto estesa. Vale a dire che
non è necessaria una meditazione prolungata delle Scritture, benché,
certo, non si debba allontanare mai la Scrittura dalle proprie mani.

 

Mentre tutto è nella quiete, lo Spirito compie in essa la
propria volontà, e non vi è neppure preghiera, bensì silenzio.

 

Questo è lo “svuotamento” di cui parla la divina Scrittura;
questo è quello “svuotò sé stesso” di cui parla il beato Paolo
con ammirazione indicibile, la cui esegesi è la comprensione
profonda della vicenda dell’amore divino.

 
Allora ci fermeremo e ce ne resteremo in silenzio, dopo che Lui
ci avrà mostrato ciò che non ha fine, intendo dire l’amore di
Dio per la sua creazione.
È grazie a ciò che Dio opera che noi siamo giustificati,
e non grazie a ciò che operiamo noi. È grazie a ciò che Lui opera,
infatti, che noi ereditiamo il Cielo, e non grazie a ciò che operiamo noi.
È detto infatti: l’uomo non è giustificato dalle sue opere davanti a Dio;
e ancora: nessuno si vanti delle opere, ma della giustizia che viene
dalla fede! Questa giustizia, infatti, è detto che non viene dalle opere,
ma solo dalla fede, cioè dalla fede in Iyasus Krestos!

 

A volte accade che io manchi anche di questa minima opera; e
non solo non ho da offrire neppure un’opera, ma molte volte
anche quella volontà sincera che io avevo di un desiderio
buono devia lontano da Te, sprofonda nel male e si separa da
Te; come anch’io, d’altronde, divento vuoto di volontà sincera
nei Tuoi confronti. Allora, mentre io manco sia di opere sia di
volontà, per il solo pensiero della conversione che attingi in
me, all’istante Tu mi doni la pienezza della giustizia.

 
Nel mondo futuro sarà la grazia a fare da giudice
e non la giustizia. Dio abbrevia la durata delle sofferenze e,
in forza della sua grazia, rende tutti degni del Suo Regno.

 

Se uno fa dipendere la propria gioia dalle sue condotte, per ciò
stesso la sua è una gioia illusoria. Di più; la sua è una gioia
misera! E non è solo la sua gioia ad essere misera, ma anche la
sua conoscenza. Chi infatti si rallegra perché ha compreso che
Dio è davvero buono, ne è consolato con una consolazione che
non passa, e ne gioisce di una gioia vera.

 
Noi peccatori in quel momento saremo castigati
soprattutto dall’aculeo dell’amore per Dio che segue
il nostro esodo da quaggiù; è detto infatti:
Colui cui molto è stato perdonato, ama molto. Allora
si realizzerà la parola che è scritta: Dio sarà tutto in tutti.

 

Noi possediamo su Dio un’intelligenza superiore, e abbiamo di
Lui una conoscenza elevata: lo conosciamo come Uno che
 perdona, che è buono, che è umile.

 
Io l’ho detto e ancora lo ridico e non lo rinnego:
vi è per i peccatori defunti un soccorso che viene dal
sacrificio del Signore nostro in loro favore.

 

Hai compreso la via che Dio ha insegnato agli uomini, e come
ha insinuato in essi la fede a proposito di quella che è la sua
volontà, che è fissata nella preghiera ed è a Lui presentata
nella Chiesa! Perché ritieni che questa preghiera sia audace?
Manchi forse di fede? Oppure sei un avversario della volontà
di Dio?

 
Sia che la causa della migrazione di un qualunque solitario
siano state la tristezza e l’afflizione; o che sia stata la gioia;
o che sia stato lo zelo, o l’amore, o il timore, o la passione e la
compunzione; o che siano state le afflizioni causate dagli uomini,
eccetera; sia anche che la sua migrazione sia avvenuta perché
aveva compreso il senso della giustizia, o perché desiderava
convertirsi dai peccati, di tutto ciò si può trovare traccia
in coloro che ci hanno preceduti.

 

( *La terza ed ultima parte di questo articolo sarà pubblicata nella prossima newsletter)


a cura di ghebreSelassie


 

Commento al Vangelo secondo Giovanni

 

Discorso quarantacinquesimo
 

Gli dissero allora: «Che dobbiamo fare per procurarci le opere di Dio?». Rispose allora Iyasus: «Questa è l’opera di Dio: che crediate il Colui che Egli ha mandato». Gli dissero: «E che prodigio fai tu perché noi possiamo vedere e credere a te? Che opere fai?» 1.

           
1. – Non c’è niente peggiore del vizio della gola, niente di più vergognoso. Esso rende l’intelligenza ottusa e torpida, appesantisce l’anima, l’acceca e non le consente più di ben distinguere. Osserva come tutto questo avvenne ai Giudei. Siccome erano golosi e dediti unicamente alla ricerca delle soddisfazioni terrene, niente di spirituale passava per le loro menti; il Krestos cerca di stimolarli con parole che contengono ad un tempo rimprovero ed indulgenza, però neanche così essi riescono a risollevarsi, ma restano ancora in basso. Nota bene: Egli aveva detto loro: «Mi cercate, non perché avete visto prodigi, ma perché avete mangiato quei pani   e ve ne siete saziati». Cominciò con un rimprovero; poi indicò loro quale cibo si deve cercare, dicendo: «Procuratevi non il cibo che perisce», infine propose loro il premio, dicendo: «Ma quello che dura per la vita eterna». Previene quindi la loro obiezione, proclamando di essere stato mandato dal Padre 2.
           
Che cosa dicono costoro? Come se non avessero udito, «che cosa dunque faremo – dicono – per compiere le opere di Dio?». Senza dubbio lo dicevano, non per apprendere ciò che dovevano fare e metterlo in pratica, come mostrano le parole successive, ma per indurlo a dar loro di nuovo il cibo, per potersene nuovamente saziare. Che cosa rispose dunque il Krestos? «Questa è l’opera di Dio – dice – che crediate in Colui che Egli ha mandato». Essi allora replicarono: «E che prodigio fai tu, perché noi possiamo vedere e credere a te? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto» 3. Niente di più insensato, niente di più sciocco di queste parole. Mentre ancora avevano negli occhi il recente miracolo, come se non ne fosse ancora avvenuto alcuno, essi dicevano: «E che prodigio fai tu?» e non gli lasciano neanche la libertà di scegliere il prodigio; ma ritengono di dover necessariamente indurlo a non farne uno diverso di quello compiuto al tempo dei loro antenati. Per questo dicevano: «I padri nostri mangiarono la manna nel deserto», credendo in questo modo di stimolarlo a compiere un prodigio di tal genere, che potesse sfamarli materialmente. Perché non ricordavano nessun altro dei miracoli dei tempi più antichi, benché ne fossero accaduti molti, in Egitto, nel mare, nel deserto, ma citavano solo quello della manna? Non era forse perché erano dominati esclusivamente dalla tirannia della gola? Come mai voi che lo avete chiamato profeta, che avete voluto farlo re perché avevate visto i suoi prodigi, ora, come se niente fosse accaduto, siete ingrati e perfidi e chiedete solo il miracolo, emettendo una voce simile a quella dei parassiti e dei cani famelici? Proprio ora suscita in voi tanta meraviglia la manna, mentre viene meno la vostra anima? E stai attento all’ironia: non dicono: «Mosè fece questo prodigio, e tu quale fai?» per non irritarlo, ma si rivolgono a Lui con molto riguardo, aspettandosi da Lui il cibo. E non dicono neanche: «Dio fece questo, ma tu che cosa fai» perché non sembri che essi lo considerino uguale a Dio. Non menzionano neanche Mosè, perché non sembri che abbiano di Lui un’opinione troppo bassa. Ma lo collocano nel mezzo, dicendo: «I padri nostri mangiarono la manna nel deserto». Il Krestos, però, avrebbe potuto rispondere ad essi: «Ho compiuto ora un miracolo maggiore di quello di Mosè, e non ho avuto bisogno, né di una verga, né della preghiera, ma ho fatto tutto da solo. Se poi voi ricordate la manna, ecco che Io vi ho dato del pane». Ma non era allora il momento di parlare così, Egli si preoccupava unicamente di condurli al suo cibo spirituale. Nota l’infinita prudenza con la quale replica: «Non già Mosè vi diede il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane dal cielo» 4. Perché non disse: «Non Mosè ve lo ha dato, ma Io stesso», e pose Dio al posto di Mosè e Sé stesso al posto della manna? Perché grande era la debolezza dei suoi ascoltatori, come appare evidente da quel che segue. Non li trattenne con queste parole, benché all’inizio avesse detto: «Voi mi cercate non perché avete visto dei miracoli, ma perché avete mangiato quei pani e ve ne siete saziati». Ma, dato che essi cercavano proprio ciò, li corresse anche in seguito e ciò malgrado essi non desistettero.
           
Ma quando aveva promesso alla Samaritana di darle l’acqua, non aveva ricordato il Padre, ma aveva parlato così: «Se tu conoscessi chi è che ti dice “Dammi da bere”, forse tu avresti chiesto a Lui e ti avrebbe dato dell’acqua viva», e ancora: «L’acqua che io ti darò», e la rinvia al Padre. Qui, invece, ricorda il Padre, affinché tu apprenda quanto era grande la fede della Samaritana e, insieme, quanto è grande la debolezza dei Giudei. La manna in realtà non proveniva dal cielo: perché dunque si dice che proveniva dal cielo? Così come la Scrittura parla di «uccelli del cielo» 5, altrove dice: «Il Signore tuonò dal cielo» 6. Krestos, poi, chiama «vero» quel pane, non perché fosse falso il miracolo della manna, ma perché essa era l’immagine, non la verità stessa. Ricordando però Mosè, non si anteponeva a lui, poiché ancora non lo consideravano più grande di Mosè, ma anzi credevano che Mosè fosse più grande di Lui. Perciò, dopo aver detto: «Non Mosè vi ha dato», non aggiunge: «Io invece ve lo do», ma dice che è il Padre che lo dà. Essi allora: «Dacci questo pane da mangiare». Credevano infatti ancora che si trattasse di un cibo materiale e si aspettavano di satollarsene a volontà: per questo accorsero frettolosamente.
           
Che cosa dunque risponde il Krestos? Cercando di elevarli a poco a poco, replica: «Il pane di Dio è quello che scende dal cielo e dà la vita al mondo» 7; parla non soltanto ai Giudei, ma a tutto il mondo, e non parla semplicemente di un cibo, ma di un’altra e diversa vita. Parla di vita, perché tutti erano morti. Ma coloro sono ancora legati alla terra e gli dicono: «Daccelo sempre questo pane!» 8. Allora Egli li rimprovera perché, fintanto che credevano si tratasse di una mensa materiale, accorrevano a Lui, e quando poi seppero che si trattava di una mensa spirituale, non gli si accostarono più.
           
E dice: «Io sono il pane della vita: chi viene a Me non avrà fame; e chi crede in Me non avrà più sete. Però ve l’ho detto: mi avete visto e non mi credete» 9.
           
2. – Anche Giovanni precedentemente afferma, anticipando questo concetto: «Quel che ha visto e sentito, Lui testimonia e la sua testimonianza nessuno l’accetta». E ancora il Krestos: «Quel che sappiamo, diciamo e quel che abbiamo visto attestiamo, e voi non accettate la nostra testimonianza». Fa così per preavvertirli, e per mostrare che Egli non si turba, che non cerca la gloria, e che niente gli è ignoto dei segreti della loro mente, sia di quelli presenti che di quelli futuri. «Io sono il pane della vita».
           
Sta per iniziare la rivelazione dei misteri. E per prima cosa discute della sua divinità, dicendo: «Io sono il pane della vita». Ciò infatti non viene detto riguardo al suo corpo (di questo dice alla fine: il pane che Io vi darò è la mia carne»), ma per ora soltanto riguardo alla sua divinità. E infatti quella, grazie al Dio Verbo, è pane, allo stesso modo in cui questo pane, grazie alla presenza in esso dello Spirito, diventa pane celeste. E qui il Krestos non adduce testimoni, come nel discorso precedente, poiché ha come testimonio il fatto dei pani ed inoltre perché costoro, per il momento, fingono di aver fede in Lui. Ma essi lo avevano contraddetto e accusato, e per questo qui pronunzia la sua sentenza. Essi continuano a sperare che si tratti di un pane materiale, e non si turbano fino al momento in cui la loro speranza si rivela erronea. Malgrado queste loro disposizioni d’animo, il Krestos non tace, anzi li rimprovera e li biasima, e coloro che, fintantoché mangiavano, lo avevano chiamato profeta, ora si mostrano scandalizzati e lo chiamano figlio del fabbro. Non si comportavano così quando si saziavano con i pani, ma dicevano: «questi è il profeta» e volevano farlo loro re. Si mostrano ora addirittura indignati quando Egli dice di essere disceso dal cielo, ma non è questa la vera causa della loro indignazione, bensì il fatto che ormai hanno perduto la speranza di poter ancora partecipare ad un pasto materialmente inteso. Se fossero stati indignati sul serio, infatti, avrebbero dovuto chiedere in che senso Egli era il pane della vita, ed in che modo era disceso dal cielo. Nulla fecero di simile, e mormoravano. Che la loro indignazione non provenisse da tale causa, appare evidente che a Iyasus, che dice loro: «Il Padre mio vi dà il pane», non replicarono: «Prega Dio perché ce lo dia», ma che cosa? «Dacci questo pane». Eppure Egli non aveva detto: «Io vi do», ma «Il Padre mio vi dà». Tanto grande era però la loro avidità di cibo, che credevano che Egli potesse darlo loro. Pensando ciò, come mai potevano scandalizzarsi sentendo che era il Padre colui che lo dava? Qual è dunque la vera causa? Appena sentono che non potranno più mangiare, non gli credono più e adducono a pretesto della loro incredulità il fatto che Egli parlava di cose troppo elevate. Per questo Egli dice: «Mi avete visto e non avete creduto», sottintendendo con tali parole sia i miracoli, sia le testimonianze della Scrittura. «Sono esse – dice – che mi rendono testimonianza»; e ancora: «Perché sono venuto nel nome del Padre mio, e non mi avete ricevuto», e in un altro passo: «Come potete credere, voi che ricercate la gloria gli uni dagli altri?». «Tutto quello che il Padre mi dà verrà a Me; e chi viene a Me certo non lo manderò via» 10. Vedi come fa tutto ciò che può giovare alla salvezza degli uomini? Aggiunge poi queste parole, perché il suo modo di agire non risulti alquanto strano e singolare e il suo modo di esprimersi troppo avventato. Che cosa dice dunque? «Tutto quello che mi dà il Padre, verrà a Me, e lo risusciterò nell’ultimo giorno». Perché ricorda qui la risurrezione, di cui anche gli empi saranno partecipi, come un dono concesso soltanto ai credenti? Perché non intende qui semplicemente la risurrezione, ma quella particolare risurrezione, giacché, come prima aveva detto, «non lo caccerò» e «non lo perderò», ora introduce il concetto della risurrezione.

Nella risurrezione, infatti, alcuni vengono scacciati come Egli dice: «Prendetelo e gettatolo nelle tenebre esteriori» 11; altri vanno alla perdizione, come è indicato da queste parole: «Temete piuttosto colui che può mandare in perdizione l’anima e il corpo nella geenna» 12. Di conseguenza le parole «do la vita eterna», significano: «Quelli che avranno fatto il male, per risorgere al giudizio; quelli che avranno fatto il bene, per risorgere alla vita» 13. È dunque questa risurrezione che ora indica, cioè la risurrezione di buoni. Ma che cosa intende quando dice: «Tutto ciò che mi dà il Padre, verrà a Me»? Mette alle strette la loro incredulità, e mostra che chi non crede a Lui va contro la volontà del Padre. Egli tuttavia non dice ciò apertamente, ma lo sottintende: e lo vediamo far ciò in ogni occasione, per dimostrare che coloro che non gli credono, non offendono solo Lui, ma anche il Padre, poiché, se la sua volontà è questa, e se è venuto per salvare l’intero universo, coloro che non gli credono, trasgrediscono la sua volontà. Quando dunque il Padre fa da guida a qualcuno – Egli dice – niente gli impedisce di venire da Me. Quindi continua: «Nessuno può venire a me, se il Padre non lo avrà attirato». Ma Paolo disse: «È il Krestos che li consegna al Padre». «Quando infatti avrà consegnato il regno a Dio Padre» 14. Come dunque il Padre, quando dà qualcosa, non si priva di ciò che dà, così il Figlio, quando lo avrà consegnato, non si sarà privato di nulla. Di Lui si dice che «consegna» il regno, perché, per mezzo di Lui, abbiamo acquistato il diritto ad entrarvi.
           
3. – L’espressione «per mezzo del quale» si riferisce anche al Padre, come in questo passo: «Per mezzo del quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo» 15, cioè per volontà del Padre, e ancora: «Beato te, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue te lo ha rivelato …» 16. In questo passo Egli sottintende, pressappoco, questo concetto: «La tua fede in Me non è piccola cosa, ma ha bisogno della grazia soprannaturale», e ribadisce questo concetto in ogni occasione, per dimostrare che l’anima generosa, attirata da Dio, ha bisogno della fede. Ma qualcuno forse dirà: «Se tutto quello che dà il Padre viene da Te e del pari tutti quelli che il Padre attira, e se nessuno può venire a Te se non gli è concesso dall’alto, allora quelli ai quali non è concesso dal Padre, sono esenti da ogni colpa». Occorre infatti la cooperazione della nostra volontà: giacché di nostra libera volontà accettiamo l’insegnamento e la fede. Ma qui Egli con l’espressione: «Quello he mi dà il Padre», non intende dire altro che questo: «Credere in Me non è una cosa ordinaria e non dipende dalla ragione umana, ma è opera della rivelazione soprannaturale e dell’anima pia che accetta la rivelazione». E quell’altra espressione: «Chi viene da Me sarà salvo», significa questo: «Godrà in modo del tutto particolare della mia assistenza. Proprio per loro infatti Io sono venuto ed ho preso un corpo e forma di servo».
           
Quindi soggiunge: «Sono disceso non per fare la volontà mia, ma la volontà di Colui che mi ha mandato» 17. Che cosa dici? Una cosa è la tua ed un’altra e la sua? Perché dunque nessuno resti perplesso di fronte a tale difficoltà, Egli confuta poi questa opinione erronea, dicendo: «Questa appunto è la volontà di Colui che mi ha mandato, che chiunque vede il Figlio e crede in Lui, abbia la vita eterna» 18. Non è forse questa la tua volontà? Perché allora altrove dice: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra. E che cosa voglio? Oh, se già fosse acceso!» 19? Se Tu vuoi questo, è chiaro che una sola è la volontà: infatti anche altrove Egli dice: «Come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole».
           
Qual è dunque la volontà del Padre? Non forse che non si perda nessuno di costoro? Ma questo anche Tu lo vuoi. Questa volontà non è diversa dunque da quell’altra. Così anche in altri passi asserisce ancor più fermamente la sua uguaglianza con il Padre, dicendo: «Io e il Padre verremo e presso di lui faremo dimora» 20. Non sono venuto, cioè, a fare altro se non quello che vuole il Padre e non ho una volontà diversa da quella del Padre. Tutte le cose che sono del Padre, infatti, sono mie, e quelle che sono mie, sono sue 21. Se dunque ogni cosa è comune al Padre e al Figlio, giustamente dice: «Non per fare la mia volontà». Questo concetto però non lo esprime ora, ma lo riserva per la conclusione del suo discorso. Adombra, per il momento, i più sublimi concetti e lascia intendere che, se avesse detto: «Questa è la mia volontà», essi lo avrebbero deriso. Afferma dunque che Egli agisce in perfetto accordo con la volontà del Padre, proprio per spaventarli maggiormente, come se dicesse: «Che cose credete? Pensate di irritare solo Me non credendomi? Ma voi provocate la collera del Padre mio». «E la volontà di Colui che mi ha mandato è che Io non perda niente di quello che mi ha dato». Qui Egli dimostra di non aver bisogno del loro culto, e di non essere venuto per procacciare a sé qualche vantaggio, bensì per la loro salvezza, non certo per venir da loro onorato. E ciò lo ha detto anche nel sermone precedente. «Non accetto la gloria degli uomini»; e ancora: «Ma queste cose dico affinché voi siate salvi». Sempre e dovunque insiste nel dimostrare di essere venuto per la salvezza degli uomini. Dice poi che Egli dà e procura gloria al Padre, per non dar adito a sospetti. In quel che segue spiega più chiaramente che ha parlato così proprio per questo motivo. «Chi cerca il suo volere – dice – cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di chi lo ha mandato è veritiero, e in lui non c’è ingiustizia» 22. E questa è la volontà del Padre, «che chiunque vede il Figlio e crede in Lui, abbia la vita eterna, ed Io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Perché mai cita tanto spesso la risurrezione? Perché non giudichino la provvidenza di Dio soltanto in base alle cose presenti; perché coloro che quaggiù non godono affatto, non cadano nell’accidia spirituale, ma sperino nei beni futuri; e perché coloro che non sono puniti per le loro colpe nella vita terrena, non lo disprezzino, ma temano la vita futura.
           
4. – Ma se essi non hanno tratto alcun profitto, cerchiamo di trarne profitto almeno noi, parlando spesso della risurrezione. Se ci prende la tentazione di arricchirci con mezzi illeciti, di rubare e di commettere qualsiasi altra azione malvagia, subito corriamo con il pensiero a quel giorno, immaginiamo dentro di noi quel tribunale, e questo pensiero frenerà più efficacemente di qualunque freno l’impetuosità del nostro animo. E diciamo sempre a noi e agli altri: c’è la risurrezione e ci aspetta un terribile tribunale. Se vediamo qualcuno allietarsi ed inorgoglirsi per i beni di questa vita, diciamogli subito queste cose, spiegandogli che tutte queste cose lo aspettano, e se vediamo qualcun altro che si lamenta delle sue sciagure, ed è oppresso dalle avversità, ricordiamogli questa stessa verità, cioè che tutte queste cose tristi avranno presto fine, e se vediamo qualcuno inerte e dissipato, incitiamolo con queste stesse parole, dimostrandogli che egli dovrà inevitabilmente ricevere il castigo per la sua accidia. C’è la risurrezione, anzi, la risurrezione è alle porte, non si trova lontana. «Ancora un poco – dice Paolo - e Colui che deve venire verrà e non tarderà» 23. E ancora: «Noi tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Krestos» 24; cioè tanto i cattivi come i buoni: quelli per essere ricoperti di vergogna al cospetto di tutti, questi, per divenire sempre più splendidi agli occhi di tutti. Nello stesso modo in cui, qui in terra, i giudici puniscono pubblicamente i delinquenti e conferiscono pubblicamente onore ai buoni, così accadrà anche allora, e ben maggiore sarà la vergogna per quelli e ben più splendida apparirà la gloria per questi.
           
Ogni giorno ricordiamoci di queste cose. Se penseremo sempre ad esse, nessuna delle cose presenti ed effimere avrà il sopravvento su di noi. Le cose visibili sono infatti temporanee, mentre quelle invisibili sono eterne. Diciamo perciò spesso e vicendevolmente queste cose: c’è la risurrezione, c’è il giudizio e di tutti i nostri atti dovremo rendere ragione. Tutti quelli che credono all’esistenza del destino, dicano tra sé queste cose, e subito saranno liberati da tale pestifero errore. Se c’è infatti la risurrezione, se c’è il giudizio, non esiste il destino, nonostante che essi si sforzino di dimostrare il contrario in mille maniere. Mi vergogno, per la verità, di dover insegnare a dei cristiani la verità della risurrezione. Chi deve essere istruito sul fatto della risurrezione e non è ancora molto convinto che gli eventi non vengono governati né dalla necessità, né dal caso, costui non è un cristiano. Perciò di grazia, vi scongiuro, purifichiamoci da tutti i mali, e facciamo di tutto perché in quel giorno possiamo venire scusati ed ottenere il perdono.
           
Ma forse qualcuno dirà: «Quando accadrà la fine, quando avverrà la risurrezione? Quanto tempo è passato e nessuna di queste cose è ancora avvenuta?». Ma vi sarà, credetemi. Anche prima del diluvio dicevano queste stesse cose, e deridevano Noè. Ma venne il diluvio e travolse tutti quegli increduli e risparmiò solo quello che aveva creduto. Ed anche al tempo di Lot molti non credevano che sarebbe sopravvenuto quel flagello mandato da Dio, fintantoché le bufere si scatenarono e i fulmini incenerirono tutti. Né allora, né al tempo di Noè si manifestò qualche segno premonitore delle cose che stavano per accadere, ma, mentre tutti gozzovigliavano, si ubriacavano senza alcun ritegno, sopravvenne la terribile sciagura. Così sarà la risurrezione. Non verrà dopo qualche segno premonitore, bensì mentre noi saremo dediti ai divertimenti ed agli spassi. Proprio per questo Paolo dice: «Quando la gente dirà: “pace e sicurezza!”; improvvisa pioverà su di essa la rovina, allo stesso modo che arrivano alla donna incinta i dolori del parto» 25. Ma Dio ha stabilito provvidenzialmente così, affinché noi stiamo continuamente in guardia e non siamo troppo baldanzosi, neanche quando tutto è pace e sicurezza. Che cosa dici? Tu non aspetti la risurrezione e il giudizio? Anche i demoni riconoscono pubblicamente queste cose e tu non le ammetti? «Sei venuto – dicono – a tormentarci prima del tempo» 26. Quelli che parlano di un tormento che dovrà venire, conoscono bene il giudizio, la resa dei conti e i castighi. Non provochiamo dunque l’ira di Dio, con l’osare cose tanto stolte e col non credere alla risurrezione. Come infatti per le altre cose il Krestos è stato per noi il principio, così lo è anche in questa. Per questo è chiamato il Primogenito dei i morti 27. E se non vi fosse la risurrezione, come potrebbe Egli essere il Primogenito, dato che nessuno dei morti lo seguirà? Se non co fosse la risurrezione, come potrebbe salvarsi la giustizia di Dio, dato che tanti malvagi godono successo e prosperità, e tanti buoni trascorrono la vita nelle tribolazioni? Dove mai ciascuno riceverebbe secondo i suoi meriti, se non vi fosse la risurrezione? Nessuno di quelli che vivono onestamente resta incredulo di fronte alla risurrezione, ma i giusti anelano ad essa quotidianamente, pronunziando quelle sante parole; «Venga il Regno tuo» 28.

Chi sono dunque quelli che non credono nella risurrezione? Sono coloro che camminano in mezzo alla corruzione, che conducono una vita impura, come dice il profeta: «Inquinate sono le sue vie in ogni tempo: i tuoi giudizi sono lontano dai suoi occhi» 29. Non c’è alcun uomo che conduce una vita pura e che non crede alla risurrezione; e quelli che hanno coscienza di non aver commesso del male, dicono, sperano e credono che riceveranno il premio. Non irritiamo dunque Dio, ma ascoltiamolo quando dice: «Temete Colui che può farvi perdere l’anima e il corpo nella geenna» 30, affinché, resi migliori dal timore, dopo essere scampati alla perdizione, diveniamo finalmente degni del regno dei cieli. Che tutti ci auguriamo di conseguire, per la grazia e la bontà del Signore nostro Iyasus Krestos, per cui mezzo e con il quale sia gloria al Padre, insieme con lo Spirito Santo, adorabile, santissimo e vivificatore, ora e sempre e nei secolo dei secoli. Così sia.

 


Note: 1 Gv. 6, 28-30; 2 I Giudei si scandalizzavano perché credevano che il Krestos parlasse di propria iniziativa e di propria autorità, e se anche ciò era vero, in realtà il Krestos, adattandosi alla loro debolezza, come spesso dice il Crisostomo, non essendo venuto ancora il tempo di manifestare la sua divinità, si diceva mandato da Dio suo Padre, ma taceva sul fatto che Lui non agiva soltanto per comando del Padre, ma anche di propria autorità. Non fa però così, quando dice che è stato mandato dal Padre. 3 Gv. 6, 31; 4 GV. 6, 32; 5 Sal. 8, 9; 6 Sal. 17, 14; 7Gv. 6, 33; 8 Gv. 6, 34; 9 Gv. 6, 35-36;10 Gv. 6, 37; 11 Mt. 22, 13; 12 Lc. 12, 5; 13 Gv. 5, 29; 14 1 Cor. 15, 24; 15 1 Cor. 1, 9; 16 Mt. 16, 17; 17 GV. 6, 38; 18 Gv. 6, 40; 19 Lc. 12, 49; 20 Gv. 14, 23; 21 Gv. 17, 10; 22 Gv. 7, 18; 23 Ebr. 10, 37; 24 2 Cor. 5, 10; 25 1 Tess. 5, 3; 26 Mt. 8, 29; 27 Cf. Col. 1, 18; 28 Mt. 6, 10; 29 Sal. 9, 5; 30 Mt. 10, 28.


                                                                                     a cura di ghebreSellassie

 

 Melkam Timkat 

  
NEL NOME DEL PADRE E DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO, UNICO DIO. AMEN.


 
In questo giorno nostro Signore Gesù Cristo venne battezzato nel Fiume Giordano da Giovanni Battista.
La festa che viene celebrata in questo giorno viene chiamata, nella lingua dei greci, “Epifania,” la quale, viene interpretata come, “apparizione della Divinità,” perche in questo giorno si manifestò il mistero della Santa Trinità - il Padre, disse dai cieli, “Questo è il Figlio mio, l'amato: in Lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo.” - E il Figlio stava in piedi nel Giordano e lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, venne su di Lui.

Anche Giovanni Battista testimoniando a riguardò, disse: “Nostro Signore, appena battezzato uscì dall'acqua; e subito i cieli si aprirono e lo Spirito Santo scese su di Lui come una colomba ed ecco una voce dal cielo disse: “Questi è il Figlio mio, l'amato: in Lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo.” E in questo giorno nostro Signore si rivelò (infatti per trenta anni, Egli non aveva rivelato se stesso a nessuno) ai figli d'Israele e Giovanni l'Evangelista ne fu testimone e Giovanni Battista testimoniò di lui davanti al popolo e apertamente disse loro:

“Costui è l'Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo; e non comprendendo i suoi comandamenti, ma unicamente perché (Lui) si manifestò in Israele io venni per battezzarlo nell'acqua.”
 
In questa festività la gloria di Cristo si manifestò, come quella del Figlio di Dio, e la propria gloria come Agnello di Dio, che rimette i peccati del mondo.

Per questo motivo in questo giorno si celebra una grande festa fra tutti i Cristiani, i quali si purificano con l'acqua santa a imitazione del Battesimo di Nostro Signore Cristo; e ricevono la remissione dei peccati, purché continuino nella purezza che hanno ricevuto.

Pertanto è salutare per noi mantenere, servire e glorificare l'abbondanza di grazia di Gesù Cristo nostro Dio e redentore, Che divenne uomo per il nostro interesse e ci liberò dai nostri peccati.
 
Salutazione al Tuo Battesimo con cui ogni uomo è purificato dai suoi peccati.
 
Salutazione al tuo battesimo che si tenne alla fine di trenta inverni.
The Ethiopian Synaxarium
 
 


 
Bro Tino

 

 Il sacramento del battesimo 


Definizione:

Il Battesimo è quel sacramento tramite il quale la persona rinasce e viene annoverata tra i membri della Chiesa dopo essere stato immerso per tre volte nel'acqua nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Di tutti i sacramenti questo è il primo perché viene considerato come la porta per la quale passa il credente entra nella Chiesa e nel Regno di Grazia secondo ciò che disse il Signore: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio.” (Gv 3: 5)
Perciò il credente deve riceverlo prima di ogni altro sacramento.
 
Esempi nell'Antico Testamento:
L'Arca di Noè. “Essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua. Figura, questa, del battesimo, che ora salva voi” (! Pt 3: 20,21)
La circoncisione. “In lui voi siete stati anche circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del nostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo. Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo.” (Col.2:11,12)
Attraversando il Mar Rosso. “Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare” (1 Cor 10:1,2)
 
Il Battesimo di Giovanni Battista:
Sebbene venisse dal cielo era ancora un battesimo di remissione dei peccati e non aveva il potere della rinascita. Aveva l'intenzione di prepare i Giudei ad accettare Cristo, e fu allo stesso tempo un segno o un introduzione al battesimo Cristiano.
 
Il Battesimo da parte dei Discepoli prima della Morte di Cristo:
Si è detto che i discepoli usavano battezzare durante i giorni, che nostro Signore era nel mondo. (Gv 4: 2) Anche questo battesimo era per preparare gli Ebrei ad accettare Cristo. Giovanni Crisostomo disse che era esattamente lo stesso battesimo di Giovanni Battista.
 
Istituzione del Sacramento:
Nostro Signore Gesù Cristo stesso istituì questo sacramento dopo la Sua resurrezione, quando disse: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo.” (Mt 28: 18,19)
 
I segni visibili:
I segni sono l'immersione nell'acqua tre volte e le parole dette dall'ufficiante: “Io ti battezzo nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo.”
Si usa l'acqua perché Cristo fu battezzato nell'acqua.
Cristo disse: “A meno che uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno dei cieli.
Fu quindi utilizzata (l'acqua) dagli Apostoli e dalle prime chiese nell'età apostolica. Allora Pietro disse: “Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?” (At 10: 46,47)
“Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò.” (At 8: 38)
L'acqua venne usata fin dagli esordi della chiesa. L'acqua pulisce lo sporco del corpo così il battesimo pulisce lo sporco dell'anima.
L'immersione nell'acqua avviene perché Cristo fu battezzato così. “E Gesù, appena battezzato uscì dall'acqua.” (Mt 3: 16) E anche la chiesa nelle prime fasi dell'età apostolica battezzava così.“Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò.” (At 8: 38) Senza dubbio l'eunuco aveva con se, sul carro, dell'acqua e Filippo avrebbe potuto usarla per cospargerlo, a lui, sarebbe stato permesso di battezzare con l'aspersione.
La parola battesimo deriva dal greco e significa tingere o immergere nell'acqua.
Il battesimo assomiglia alla morte e alla sepoltura con Cristo; e seppellire un cadavere è metterlo giù nella tomba. “O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.” (Rom 6: 3,4)
Pertanto non è giusto battezzare con aspersione di acqua come fanno altri.
 
La Grazia Invisibile:
Rinascita. “Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio». Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio.” (Gv 3: 3, 5)
Per questo motivo l'apostolo Paolo chiama il battesimo, rigenerazione. “Egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.” (Tito 3: 5, 7)
La remissione dei peccati “E Pietro disse: «Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.” (At 2: 38)
La purificazione e santificazione. “Figura, questa, del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo” (1Pt 3: 21) “...Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola” (Ef 5: 25, 26)
Salvezza. “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.” (Mc 16: 16) “Figura, questa, del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo” (1Pt 3: 21)
Adozione. “Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.” (Gal 3: 26,27)
 
Un solo Battesimo:
La nostra Chiesa insegna che chi ha ricevuto un battesimo valido non deve essere ribattezzato. Questo è ciò che affermava S. Paolo: “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo” (Ef 4: 5)
i motivi per cui il battesimo non deve essere ripetuto sono:
il battesimo è la rinascita o rigenerazione. Così come un uomo nasce una sola volta dalla carne così anche non può nascere in spirito più di una volta.
Il battesimo è partecipazione alla morte e alla resurrezione di Cristo  (Rm 6: 4; Col. 2: 12) e Cristo muore e risorge una volta sola. Anche se i Cristiani rigettano la fede e poi tornano alla chiesa, non vengono ribattezzati. In questi casi è sufficiente che eseguano questi due sacramenti, confessione e Santa Comunione. 
 
Battesimo degli Infanti:
Alcune chiese dicono che il battesimo vada dato solo a persone adulte, ma la nostra chiesa crede che anche i bambini debbano essere battezzati per i seguenti motivi:
I bebè ereditano il peccato di Adamo, ed è necessario per loro essere purificati con il battesimo. Nell'Antico Testamento i neonati venivano circoncisi per essere ammessi nell'alleanza con Dio  e poiché la circoncisione era un tipo di battesimo, quindi i bambini dovrebbero ora essere battezzati per essere accettati come membri della chiesa. Va tenuto presente che la circoncisione, che era un sigillo di fede (Rm 4: 11) era applicata ai bambini incapaci di fede. Questo segno li contrassegnava come destinatari delle benedizioni dell'alleanza di Dio.
Dio non ha impedito ai bambini di accettare alcune delle grandi grazie, ad es. Geremia fu santificato prima di uscire dal grembo (Ger 1: 5), Giovanni il Battista fu riempito di Spirito Santo già dal grembo di sua madre. (Lc 1: 15)
In epoca apostolica tutte le famiglie furono battezzate e ci furono alcuni bambini tra quelle famiglie, come le famiglie di Cornelio (At 10: 48), Lidia (Atti 16,14,15) la guardia della prigione (Atti 16:33 ), Stefana (1 Cor 1: 16), ecc.
 
Questa era l'usanza nella chiesa fin dai primi secoli, come viene mostrato nella storia e nella scrittura dei padri. Origene disse: "Gli apostoli consegnarono alla chiesa la tradizione di battezzare i bambini anche perché i bambini sono battezzati per la remissione dei peccati e quindi da lavare del peccato ereditato". Fu detto: "Battezzare i bambini è una tradizione apostolica". Nella tradizione apostolica leggiamo: "Prima dovranno battezzare i bambini piccoli. Se riescono a rispondere per sé stessi, lascia che rispondano. Ma se non possono, lascia che i loro genitori rispondano, perché qualcuno forma la loro famiglia ".
La chiesa di Cristo sulla terra è composta da tutti coloro che professano la fede in Lui e l'obbedienza alle sue leggi, insieme ai loro figli.

 

Rev. Marcos Daoud, The Orthodox Church Sacraments, Tinsae Ze Gubae Printing press, Addis Ababa 1952 .
Bro Tino

 

 L'Altopiano degli Altipiani 

 

Carico di tempo, solitario, sperduto,

incombente sul deserto, impolveri i cieli,

antico….

La tua madre protettrice tende le mani supplici verso Dio

da tempi immemorabili.

I tuoi valenti figli affilano le spade

da tempi immemorabili.

I tuoi preti cantano preghiere e anatemi

da tempi immemorabili,

Altopiano degli Altipiani.

(Da “Highland of Highlands” di Tsegaye Gabre Medhin)

 

L’Etiopia, nota in ambito paleoantropologico per essere stata una delle “culle del genere umano” per i molti resti di alcuni dei più antichi Ominidi bipedi, come l’Ardipithecus ramidus  datato a circa 4.500.000 anni fa e delle prime forme di uomo moderno (Homo sapiens) di circa 160.000 anni fa, rinvenuti in varie aree del suo territorio, principalmente nel bassopiano della Dancalia (Afar Region), oltre che ben conosciuta dagli archeologi e dagli storici per il suo straordinario patrimonio storico-culturale ed artistico, è anche un paese dalle sorprendenti bellezze naturali e con una biodiversità tra le più interessanti del pianeta. Tale ricchezza biologica è il frutto di una morfologia del tutto particolare, caratterizzata da imponenti massicci montuosi  incisi da profonde vallate e da una notevole varietà di situazioni climatiche ed ambientali, a seconda delle diverse altitudini.  Tali ambienti, non solo hanno consentito l’evoluzione di innumerevoli specie vegetali ed animali, molte delle quali endemiche (cioè esclusive di poche ed assai ristrette aree geografiche), ma hanno anche favorito lo sviluppo di culture e civiltà tra le più antiche e originali, complesse ed articolate, dell’intera Africa. Questo scritto vuole rappresentare una breve introduzione alla natura etiopica e sarà il primo di una serie di  articoli che cercheranno di metterne in risalto le maggiori peculiarità. L’introduzione seguente sarà principalmente incentrata sugli ambienti montani, così tipici dell’Etiopia!

L’Etiopia, con oltre la metà del proprio territorio situato al di sopra dei 1.500 metri d’altitudine, costituisce una delle regioni più montuose del continente africano… una sorta di vasto mondo di “alte terre” che domina i circostanti bassopiani del cosiddetto “Corno d’Africa”! Il paese è caratterizzato da due vasti sistemi di rilievi tabulari, l’altopiano centro-occidentale e l’altopiano orientale, separati dalla Great Rift Valley. Questa profonda depressione tettonica, iniziatasi a formare circa 22.000.000 di anni fa, a causa di imponenti movimenti distensivi della crosta terrestre, è andata incontro ad una più rapida espansione tra 6 e 2 milioni di anni fa. Il Ras Dashen (4.549 m s.l.m.), nel cuore dell’aspra catena montuosa del Simien, nella parte nord-occidentale degli altopiani abissini, rappresenta la più alta vetta dell’Etiopia e la quarta dell’intero continente africano. Anche l’altopiano orientale presenta quote assai elevate, che culminano nel Monte Batu (4.307 m s.l.m.), al centro del vasto massiccio del Bale, la più estesa ed omogenea area dell’Africa situata sopra i 3.500 metri di altitudine.

Gli altopiani etiopici, isolati dagli altri complessi montuosi dell’Africa orientale e caratterizzati dalla presenza di condizioni climatiche ed ambientali molto diverse, che spaziano dalle savane semiaride delle pendici più basse e dalle boscaglie e foreste decidue submontane sino alle foreste umide sempreverdi montane ed alle brughiere e praterie d’alta quota, hanno agito nel corso di milioni di anni come veri e propri “laboratori dell’evoluzione” per innumerevoli organismi viventi, dando origine ad un’alta percentuale di endemismi vegetali ed animali. Per queste peculiari caratteristiche tali altopiani sono stati inseriti nell’Eastern Afromontane Hotspot, uno dei 34 “punti caldi della biodiversità” finora individuati dalla comunità scientifica internazionale a livello mondiale.

La flora degli altopiani etiopici è costituita da oltre 7.000 specie di piante superiori, di cui circa il 12% endemiche. Tra queste figurano specie con areali geografici assai ristretti e limitati a pochi massicci montuosi, come la splendida Lobelia gigante (Lobelia rhynchopetalum), Gibirrah in Amharico, una pianta che presenta peculiari adattamenti alla vita in alta quota e che vive solamente  nelle brughiere e praterie poste ad oltre 3.000 metri di altitudine nell’aspra catena del Semien, nei monti dello Shèwa e nel massiccio del Bale, divenuta un simbolo vivente delle flore degli altopiani d’Abissinia.
 

Anche la fauna è caratterizzata dalla presenza di numerosi endemismi, alcuni dei quali di particolare interesse biogeografico, come l’Oca dalle ali azzurre (Cyanochen cyanopterus), Kinfe-semayawi Ziy in Amharico, delle praterie umide ed acquitrinose d’alta quota, esclusiva dell’Etiopia ma che presenta strette affinità ecologiche ed etologiche con l’Oca delle Ande (Neochen melanoptera),Wàchwa in lingua Quechwa, diffusa in ambienti simili nelle Ande sudamericane, dal Perù al nord del Cile e dell’Argentina. Numerosi endemismi figurano tra gli invertebrati ed i vertebrati, in particolare in anfibi, rettili ed uccelli. Tra i mammiferi etiopici, inoltre, spiccano non poche specie endemiche legate strettamente ad ambienti montani, come il Ratto-talpa d’ Abissinia (Tachyoryctes macrocephalus) e varie altre specie di roditori del genere Lophuromys, il Lupo abissino (Canis simensis), il Nyala di montagna (Tragelaphus buxtoni), lo Stambecco del Simien (Capra walie) ed il Gelada (Theropithecus gelada), una robusta scimmia dal lungo e folto pelame, vero “gioiello” vivente degli ambienti rocciosi e di brughiere e praterie afroalpine, dove può vivere anche sopra i 4.000 metri di altitudine.

Gli altopiani etiopici sono anche stati il fulcro d’origine di alcune delle più antiche e culturalmente complesse civiltà dell’intero continente africano. A partire da oltre 4.000 anni fa, popolazioni autoctone e gruppi etnici di origine semitica , giunti dalle regioni sud-occidentali della penisola arabica, interagirono e si fusero, sviluppando sistemi  economici e politici, strutture sociali, lingue, spiritualità, forme d’arte assai variegate, costumi e modi di vivere del tutto originali che fecero dell’Etiopia degli altopiani una sorta di “mondo a sé”, una realtà unica, profondamente diversa dalle regioni circostanti ed orgogliosa della propria “alterità”. Tra tutte queste culture primeggiò quella elaborata dalla Civiltà Axumita, che raggiunse l’apice con la costituzione di un vasto impero che gravitava attorno all’antica città di Axum, nel nord degli altopiani etiopici, fondata oltre 3.000 anni fa e che divenne il centro primario di un vasto sistema commerciale che includeva gran parte del Corno d’Africa e le coste del Mar Rosso, l’Arabia sud-occidentale, arrivando sino al Mediterraneo ed all’India. Dalla Civiltà Axumita derivarono poi le culture Tigrina ed Amhara, caratterizzate a partire dalla prima metà del IV secolo a.C., da una forte adesione alla fede cristiana nella forma monofisita orientale, dalla quale emerse la Chiesa Cristiana Ortodossa Abissina o Tewahido, ancora largamente seguita dalle popolazioni degli altopiani. Forte di una propria ed originalissima identità, orgogliosa delle sue diversità, l’Etiopia degli altopiani, arroccata tra le sue aspre montagne, riuscì a resistere, nel corso dei millenni, ad ogni eccessiva ingerenza esterna ed a vari tentativi di penetrazione coloniale da parte delle potenze europee. Tranne la disastrosa e brevissima parentesi della feroce e barbarica occupazione militare fascista italiana (1936-1941), l’Etiopia degli altopiani rimase sempre una terra indipendente, vera “roccaforte” montuosa di un popolo fiero, orgoglioso e dallo spirito profondamente libero. Dunque anche l’intera storia di questo straordinario paese è stata forgiata dai suoi ambienti montani…. dall’altopiano degli altopiani!


Angelo Barili

Naturalista e disegnatore scientifico, curatore delle Collezioni Zoologiche Storiche della Galleria di Storia Naturale del Centro di Ateneo per i Musei Scientifici dell’Università degli Studi di Perugia, consulente scientifico e membro onorario dell’Ankober Woreda Development Association (AWDA)

E-mail address: angelo.barili@unipg.it

Cellphone: (+39) 3204924794


 
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