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Federazione Assemblee

Rastafari in Italia

giugno 2019

Sommario


 

Resistenza etiope e crimini fascisti -Torino- 19 maggio 2019

A cavallo tra l'anniversario profetico del ritorno vittorioso dell'Imperatore Haile Selassie in Addis Ababa, 5.05.1941 e l'infame e vigliacca strage del monastero di Debra Libanos, 27.05.1939, lo scorso 19 maggio alla casa del quartiere di Torino, è stata presentata la mostra “Resistenza Etiope e crimini fascisti”.

Dopo varie richieste alle amministrazioni e diversi problemi logistici, Sis. Francesca è comunque riuscita a concludere il suo sforzo organizzativo trovando una adeguata ed accogliente sede dove svolgere in maniera ottimale l'evento.

Il mattino del 19 la delegazione di FARI viene benevolmente accolta dai membri della chiesa Etiope di Torino “Medane  Alem”. All'entrata si viene subito inebriati dal caratteristico profumo d'incenso e dalle melodie dei canti Sacri che i fedeli innalzano; la funzione viene anticipatamente conclusa perchè in altre sale è stato programmato il catechismo, sono pronti dei manifesti con disegni e icone per aiutare l'insegnamento della storia etiope e del suo rapporto con le Sacre scritture, tutto viene seguito con attenzione e partecipazione dai fedeli. Al termine il consueto pranzo in comune, con le tipiche pietanze etiopi, che assieme al giovale clima  allietano corpo e spirito di noi tutti.

Prima dell'evento la delegazione è andata al cimitero monumentale di Torino a portare un mazzo di fiori sulla tomba della Principessa Etiope Romanework Haile Sellassie, figlia del Negus Haile Sellassie. Dopo l'invasione italiana aveva deciso di rimanere a fianco del marito Merid Bayane, comandante delle forze di resistenza antitaliane. Catturato e fucilato il marito, nel febbraio 1937, la Principessa viene portata, con i 4 figli, nel campo di prigionia dell'Asinara,dove muore il figlio più piccolo, e dopo trasferita in un convento di suore a torino dove muore di tubercolosi il 14.10.1940 seguita dal figlio primogenito qualche anno dopo. Accanto alla sua lapide c'è anche quella del figlio, le sepolture vennero fatte in modo anonimo e segreto a causa della persecuzione del regime.

Proprio questi tragici eventi dell'invasione italiana in Etiopia sono il tema e le verità che andiamo a ricordare, visto che vengono taciuti ed occultati da un italia distratta e menzoniera su una guerra scomoda e vergognosa che, come dice Dominioni, ricorda più volentieri i drammatici eventi della II guerra mondiale, dove è più facile conferire agli italiani una aureola eroica e vittimistica rispetto alle nefandezze compiute in Etiopia.

Sempre Dominioni nella sua esposizione raggiunge momenti di commozione mista a rabbia elencando con lucida e spietata chiarezza gli effetti devastanti dei gas che vengono “allegramente” usati dagli italiani su esercito in fuga, popolazione inerme, animali, acque e territori etiopi sistematicamente e senza nessuna pietà. Trae inoltre spunto dal libro da lui curato “Plotone chimico” per riportare le testimonianze delle pietose condizioni in cui si trovavano le persone venute a contatto con gli agenti chimici dell'iprite.

Lo storico, inoltre, alla ragione dei fatti mette in luce come questa guerra sia essenzialmente una guerra fascista. Voluta dal regime per autoincensare e rafforzare la sua diabolica politica; Usando i soldi dello stato mettendone in ginocchio la sua economia per le folli spese sostenute. Diffondendo una falsa propaganda denigratoria verso gli Etiopi per crearsi la scusa di stracciare ben 2 trattati di pace.

Altra specifica importante che fa venire alla luce è l'evidenza, come espresso da molti storici sopratutto stranieri, che la II guerra mondiale comincia con l'aggressione all'Etiopia, che accende la miccia a tutti i vari focolai tra nazioni europee, screditando la società delle Nazioni e dando al nazismo lo start per compiere i suoi folli propositi.

E siccome, purtroppo, non c'è limite alla malvagità umana, Jah Isi nel suo commovente intervento rievoca le drammatiche rappresaglie avvenute dopo l'attentato a graziani che culminano con con la strage del monastero di Debra Libanos.

Ricorda come dopo l'attentato, ad Addis Abeba, viene ordinata, da graziani, una caccia all'etiope senza quartiere. Una assurda, cieca ed implacabile sete di sangue e violenza, che vide carabinieri, militari, ascari (istigati contro i loro fratelli Etiopi), alpini, operai, camionisti accanirsi contro civili inermi usando fuoco, armi e utensili procurando in soli 3 giorni 30.000 morti! Tanti che per rimuovere i cadaveri dalle strade dovettero essere usati caterpillar che, a palate caricavano le salme sui camion.

Per un anno si susseguirono rappresaglie in lungo e in largo attraverso l'Etiopia intera; Quando il delirante graziani informa il capitano Maletti di avere le prove che gli attentatori erano stati aiutati dai Monaci di Debra Libanos e gli ordina di marciare verso il loro monastero. Lo zelante fascista nel percorso si macchia di feroci crudeltà, bruciando tucul, sterminando animali, bruciando raccolti,ed uccidendo civili innocenti. Arrivato al monastero, abitato da preti, diaconi, religiosi e persone indigenti e bisognose, circa 2000  dalle ultime stime. Li allinea lungo un dirupo e fa aprire il fuoco alle mitragliatrici. Si libera poi dei cadaveri scaraventandoli giù dal dirupo stesso. Il commento di graziani recita: “E' stato inflitto al clero Etiopico un romano esempio, di pronto ed inflessibile rigore”. Lo storico Del Boca scrive che questi martiri Cristiani sono stati dimenticati dalla cristianità forse a causa del colore della loro pelle! Se la rappresaglia fatta dai nazisti  per l'attentato di via Rasella è stato di 1 a 10, in questo caso possiamo parlare di 1 a 100.

Viene inoltre ricordato da Ghebre Selassie che già nel 1936 la persecuzione verso il clero era culminata con l'uccisione dell'Abuna Petros (capo della chiesa), giustiziato per aver aiutato i patrioti. Inoltre, in modo sistematico, con le più svariate accuse, oltre al clero venivano perseguiate e passate per le armi le persone più acculturate, studiosi, nobili, chi aveva studiato all'estero, insomma l'intera intellighenzia Etiope era nel mirino dei persecutori con lo scopo di sradicare le radici culturali del Paese.

Radici culturali che affondano le proprie radici nella spiritualità, come sottolinea l'intervento di Roberto Mendo, autore del libro “Rasta revolution”.

L'autore mette in luce come la Bibbia sia intrisa di profezie ed attestazioni che riguardano l'Etiopia e l'Imperatore Haile Sellassie con le loro presenze e radici divine.

Cita il Salmo 2 e Sapienza 6  come profetico accanimento contro l'Etiopia e il suo Re, chiaro riferimento a l'italia e alla società delle nazioni.

Con rivelazione 17;1,18 rievoca il ritorno dell'impero romano, comparando le 7 corna della bestia con i 7 colli dove poggia Roma e i suoi 7 re e il loro accanimento contro il RE dei RE conferendo così il carattere regale all'Agnello che diventa  Negus.

Da qui scaturisce la figura dell'anticristo rev. 4.6 e la sua satanica alleanza politico-ideologica x sedurre le genti e marchiarle ottenendo da loro consenso. Emerge così il ruolo di sostegno e di non denuncia della chiesa cattolica alla guerra di conquista rev. 13;1,18.

Sempre in rev. 13;12,14 si evince che la prima sconfitta italiana di Adua veniva guarita, e la guerra contro Haile Sellassie rappresentasse una rivincita dell'impero romano.

Ed alla prima sconfitta di Adua segue la seconda ad opera del Leone Conquistatore della Tribù di Judah, His Imperial Majesty Haile Sellassie, Negus Neghesti, RastafarI.

Il 20.05.1940 Haile Sellassie a dorso di un mulo, come profetizzato in Zaccaria 9.9 valica il confine Etiope ed a comando della Gideon Force sconfigge gli italiani ed esattamente 5 anni dopo la presa di Addis Abeba vi entra come trionfatore Riv. 21.1, in un tripudio di Etiopi che lo acclamano Salmo 110;1. Qui pronuncia il celebre discorso dove dice che in quel giorno l'Etiopia sta tendendo le sue mani al Signore Salmo 67;32 e dice al suo popolo di rallegrarsi nello spirito di Cristo, raccomanda di non ripagare il male col male e di lasciare andare il nemico dalla strada da cui è venuto.

Per quanto riguarda l'intervento di Roberto Mendo ritengo che gli argomenti trattati richiedano uno studio molto approfondito e sviluppato e mi scuso delle sicure mancanze ed inesattezze  che ci sono in questo report.

Come abbiamo visto graziani in Etiopia, divenuto vicerè, si è reso colpevole  di crimini inenarrabili Il suo modo di vedere il colonialismo, in perfetto accordo con quello del duce, non era un integrazione con i nativi del posto, ma piuttosto il loro sterminio, visto anche la differente razza. Testimonia il fatto che anche in Libia si è reso responsabile di efferati crimini e stragi; Alla luce  di questi fatti, il sindaco di Affile, il paese alle porte di Roma dove è morto, ha ben pensato di erigergli un mausoleo.

Mulu, Rappresentante della Comunità Etiope di Roma ha preso la parola per spiegare gli anni di lotte in prima linea sostenute da ANPI, Comunità Etiope, FARI ed altre associazioni per arrivare al  processo che condannava, anche in appello, il sindaco ed alcuni assessori di questa insana gestione dei soldi pubblici. Oltretutto questo processo è uno dei rari casi in cui viene considerato il capo d'accusa di apologia del fascismo. Ad oggi la struttura è ancora in piedi nonostante varie associazioni, di tasca loro, abbiano proposto l'abbattimento.

Le oltre 100 persone intervenute hanno contribuito al partecipato dibattito avvenuto al termine e portato anche testimonianze sia personali o attraverso parenti che hanno avuto diretto contatto con gli Etiopi e che sono sempre state rispettate e bene accolte, senza subire alcun rancore. In particolare due rappresentanti dell'associazione “Il sogno di Tsigè”, entrambi nate in etiopia, hanno fondato l' associazione con il nome della prima donna Etiope laureata in farmacologia. Sfuggita dall'Etiopia ai tempi del derg e poi ritornata per prodigarsi nell'aiutare, in varie forme, i bisognosi. Www.ilsognoditsige.it

Ottima Roots music è stata suonata dal sound dell'associazione Serengheti, buone vibes fluttuavano nell'aria ed accompagnavano il ricco buffet alla fine della serata. Avrebbero meritato più partecipazione, ma tante persone venivano da lontano e sono dovute andare presto.

Concludo questo report specificando che non si è voluto fare né politica né proselitismo, ma soltanto affermare la verità e la giustizia dei fatti come la storia ha riportato. Quello che ha dovuto passare un popolo che alla guida del suo Sovrano, aveva intrapreso la via del progresso e della modernità, l'unico stato africano non colonizzato, che ha dovuto pagare a caro prezzo la sua indipendenza. Uno stato che è stato la prima vittima sacrificale, davanti agli occhi del mondo, a dover combattere ,   sconfiggendolo, un regime che ha poi coinvolto l'umanità intera in una pazza e diabolica  inumana guerra che ha avuto il suo epilogo con lo scellerato e spietato lancio delle atomiche.

Torino 19 maggio 2019
 


a cura di Bro Ciro e Bro Antonio


 

Abba Ape Samuel - Tafari, un bambino speciale

(Questa rubrica è dedicata al tutore di Tafari Makonnen, Abba Samuel, definito da Sua Maestà Imperiale Haile Selassie I simile all’ape, cioè capace di raccogliere il meglio da ogni tipo di cultura e renderlo “buon nutrimento” per coloro ai quali offriva il servizio del suo insegnamento).
Il Comitato Educativo di F. A. R. I.
presenta
“Tafari, un Bambino Speciale” *
(Parte prima)


Premessa a questa nuova rubrica

Rispettabili fratelli e sorelle nella fede vera per il nostro Amato Sovrano e Signore Qadamawi Haile Selassie, amabili bambini e bambine, di cui è detto: «Lasciate che i fanciulli vengano a Me, perché di questi è il Regno dei Cieli» (Mt. 19, 10-15), ho il piacere di annunciare questo spazio a voi dedicato. Vi auguro con tutto il cuore che questa nuova rubrica della nostra newsletter, possa farvi trascorrere momenti gioiosi insieme. Questo lavoro vuole anche essere un piccolo contributo a ciò che voi, padri, madri ed educatori, già trasmettete, nella vostra educazione familiare quotidiana, che reca giovamento al corpo ed allo spirito delle creature che Dio vi ha donato. Inoltre voglio invitarvi a dare il vostro contributo qualora aveste delle storie, dei suggerimenti e delle iniziative inerenti da proporre, poiché ho iniziato questa rubrica con l’auspicio che diventi uno spazio a disposizione di tutti coloro che desiderano offrire un contributo creativo adatto ai fanciulli. Qualora lo desideraste potete scrivermi direttamente al mio recapito e-mail. Che il Signore misericordioso protegga e benedica le vostre famiglie. Così sia.

Introduzione

Cari bambini, figli del Creatore del cielo e della terra, voglio raccontarvi questa storia che ho trovato e tradotto per voi.
        
Dopo quattro anni di una grande siccità, in una notte di temporale finalmente arrivò la pioggia. In quella notte speciale, mentre saettavano i fulmini e i tuoni scuotevano la terra, il decimo Figlio di Ras Maconnen e di Waizero Yescimabet venne al mondo. Al suo battesimo gli fu dato un nome segreto. Come Lui cresceva, tutti credevano che fosse proprio un Essere straordinario. 

 

Tav. 1, pag. 1
Tanto tempo fa in Etiopia viveva un bravo nobiluomo di nome Ras Maconnen. Egli era un cavaliere molto coraggioso. Era il più saggio fra gli uomini dell’Imperatore, ed era molto cortese.
         Un giorno Ras Maconnen incontrò una bellissime e incantevole giovane donna, e si sposarono. Il suo nome era Waizero Yescimabet.

 

Tav. 2, pag. 2
         Molti anni dopo, Ras Maconnen e Waizero Yescimabet vivevano in un grazioso palazzo, ma non avevano bambini. Sfortunatamente avevano perso uno, due, tre quattro, e poi cinque, sei, sette, otto, fino a nove preziosi pargoletti!
         Così loro ogni giorno pregavano per avere un figlio sano e bello.

Tav. 3, pag. 3
         Una mattina presto, Ras Maconnen stava da solo nella sua chiesa. Era molto preoccupato, così decise di raccontare il suo problema al sacerdote.
         «Mia moglie ed io abbiamo desiderato a lungo di avere un figlio, ma siamo stati molto sfortunati».
         «Non ti abbattere – disse il sacerdote – continua a pregare e Dio ti mostrerà la sua meravigliosa bontà».

Tav. 4, pag. 4
         Sulla via verso la sua casa quel giorno Ras Maconnen incontrò alcuni mendicanti poveri e affamati.
         «Vostra Altezza! Per favore, possiamo avere qualcosa da mangiare?», gli chiese uno dei mendicanti appena giunse a toccare il braccio di Ras Maconnen.
         Ras Maconnen diede loro dei soldi per comprare del pane e del miele.
         «Grazie, vostra Altezza!», gridarono loro sorridendo felici.

Tav. 5, pag. 5
         In tutta l’Etiopia tutti volevano un gran bene a Ras Maconnen, specialmente la gente di Harar. Dentro questa città vi era il palazzo di Ras Maconnen e un mercato affollato, dove la gente andava per comprare e per vendere.
         «Mirra, incenso, caffè, farina, mais!», gridava la gente.

Tav. 6, pag. 6
         A Palazzo, Waizero Yescimabet passeggiava intorno al suo bellissimo giardino. Presto Ras Maconnen sarebbe ritornato a casa, e Lei aveva una meravigliosa sorpresa da raccontargli.

Tav. 7, pag. 7
         Più tardi perciò, nella serata, Waizero Yescimabet raccontò a Ras Maconnen la bellissima sorpresa. «Aspetto un bambino!», disse lei emozionata.
         Furono tutti e due molto felici. Quando la servitù seppe la notizia, restò comunque in ansia. «Waizero Yescimabet aspetta un altro bambino!». «Oh! No! Rimarrà vivo questo bimbo?»
 
(segue nel prossimo numero)


* da un racconto di Beverley Wilson, illustrato da Sheila Marie Alejandro. Stampato in Polonia da “Amazon Fulfillment, 2012.


Tradotto e curato da: ghebreSellassie e bro. DonAto
 


 

Anqäzä Haymanot RasTafari


(La Porta della Fede RasTafari)

Reasoning e letture tenute in occasione del 115.mo anniversario del genetliaco di Sua Maestà Imperiale Qadamawi Haile Selassie, Luce di questo mondo, il 23 luglio 2007
(documento n. 13, seconda parte)

 

Ma ascoltiamo ora, a proposito di questi fatti, le parole del nostro Imperatore tratte dalla sua autobiografia (pag. 14 della traduzione di E. Ullendorff):

«Io nacqui il 16 di Hamle 1884 (23 Luglio 1892), nell’anno di San Giovanni, ad Ejarsa Gora, non lontano da Harar. Wayzero Mazlaqiya, la figlia della sorella di mio padre, Wayzero Ehta Maryam, aveva sposato il Dejazmatch Haile Selasse Abayneh; quando Io avevo l’età di quattro mesi, ella diede alla luce Emrù (ora Ras Emrù) e noi due crescemmo insieme come fossimo gemelli. Quando avemmo l’età di sette anni mio padre ci procurò un insegnante speciale, e noi cominciammo a ricevere l’istruzione nella nostra casa. All’età di dieci anni, tre anni dopo aver iniziato la nostra educazione, eravamo in grado di leggere e scrivere in amarico e in ge’ez.
           
La nostra istruzione fu come quella della gente comune e non ci fu un’eccessiva morbidezza in essa, come era il caso dei principi di quel tempo.
           
Mia madre, Wayzero Yeshimabet, all’età di appena trent’anni morì, il 14 marzo del 1894 e fu sepolta nel recinto della chiesa di San Michele ad Harar, presso l’acqua dell’Epifania …
           
L’essenziale preoccupazione di mio padre era di riuscire gradito a Dio in tutte le maniere. Era sempre pronto ad aiutare con elargizioni di denaro coloro che erano in difficoltà, a riappacificare con l’Imperatore Menelik coloro che erano caduti in disgrazia, a pregare ogni qualvolta era libero dagli impegni di governo, ad assistere monaci e preti nei monasteri e nelle loro chiese …
           
Come Io crebbi, il desiderio spirituale che mi guidava era quello di emularlo, di comportarmi secondo il suo esempio …»

 

L’infanzia di Tafari

Tafari ebbe come precettore un religioso etiopico ortodosso, Abba Wolde Kidan, che gli impartì l’istruzione che generalmente veniva data ai figli dei grandi dignitari dell’Impero, lo studio dell’amarico e del ge’ez, la conoscenza dei Vangeli, dei Salmi, delle preghiere della Messa, del Kebre Neghest (Gloria dei Re), del Fetha Neghest (Legge dei Re), ecc.
 

Discendenza di Tafari

Il Fanciullo è discendente diretto del Re Salomone di Gerusalemme e della Regina di Saba, la più antica dinastia reale, che ha regnato con continuità, che la storia ricordi. La sua nascita in Etiopia era stata predetta diversi anni prima dai veggenti e dai profeti.

Ma dal 1889 fini al momento della sua nascita, dicevano i veggenti, l’Etiopia sarebbe stata afflitta da una grande siccità che neppure le due stagioni tradizionalmente piovose avrebbero lenito. Il ritorno della pioggia avrebbe confermato l’identità e il destino del neonato, come sta scritto in Isaia 9, 5-6: «Poiché un Bambino ci è nato, un Figlio ci è stato donato; sulle sue spalle riposa l’impero; e lo si chiama per nome: “Meraviglioso Consigliere, Dio Potente, Padre Eterno, Principe della pace”, per accrescere il principato e per una pace senza fine sul Trono di Davide e sul suo Regno, per stabilirlo e rafforzarlo mediante il diritto e la giustizia, da ora fino all’eternità. L’ardore del Signore degli eserciti farà questo».
           
Durante la sua fanciullezza destava stupore il fatto che fosse capace di parlare con gli animali e che fosse stato visto in svariate circostanze conversare con leopardi e leoni, che divenivano docili ai suoi piedi.
           
Inoltre Egli era stato uno studente modello, straordinariamente brillante e competente; persino i sacerdoti rimanevano sbalorditi per la profondità delle sue conoscenze religiose e mistiche.
           
Un sacerdote locale gli fece visita dopo la morte di suo padre e gli chiese donde provenissero le sue vaste conoscenze, Tafari rispose che molte di esse gli erano giunte al momento del battesimo, ricevuto come da tradizione dopo 40 giorni di vita. Quando il sacerdote che ufficiava la cerimonia aveva aperto gli occhi del piccolo Tafari con il primo tocco di Sacro Crisma, il fanciullo aveva acquistato la capacità d’intendere di un adulto. Ricordava che il sacerdote aveva pronunciato il suo Nome segreto del battesimo, (che poi Sua Maestà assunse quando divenne Imperatore d’Etiopia, ndr.), e quindi, come da consuetudine, invocando la discesa dello Spirito Santo, aveva soffiato dolcemente sul suo viso. In quell’istante si era sentito avvolgere da un bagliore dorato, e quando il sacerdote aveva cominciato ad amministrare il Sacramento, bagnandogli la fronte, il petto, le spalle e tutti gli altri 37 punti del corpo prescritti, aveva sentito che le sue conoscenze aumentavano, riempiendolo come un vaso e donandogli una consapevolezza completa della creazione e dei fini ultimi dell’uomo.
           
La notizia si era sparsa, se pur con discrezione, in tutta la provincia e i sacerdoti e i preti convocavano segretamente il fanciullo per interrogarlo.
           
Egli dimostrò di conoscere i vari manoscritti del santo Abba Aregawi e degli altri monaci noti come i “nove santi” che giunsero in Etiopia nel 480 dopo Krestos, ed edificarono monasteri soprattutto nel nord; Tafari dimostrò anche di conoscere i segreti delle applicazioni occulte della tradizione ebraica ed egiziana.
        
Dal Vangelo di Luca 2, 46-47:
«Lo trovarono tre giorni dopo nel Tempio, seduto in mezzo ai dottori intenti ad ascoltarlo e ad interrogarlo. Tutti quelli che lo udivano restavano meravigliati della sua intelligenza e delle sue risposte. Ed Egli cresceva in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini».
           
- Procediamo ora con il racconto della sua vita giovanile -
Ras Makonnen, oltre agli studi di religione, di storia e di diritto, era persuaso, soprattutto dopo aver visitato l’Europa e aver visto i notevoli progressi di vario genere che queste nazioni avevano raggiunto, era persuaso, dicevo, che la sola istruzione tradizionale non sarebbe bastata a preparare suo Figlio al ruolo che gli competeva secondo il suo rango. Pertanto si rivolse ad un suo vecchio e buon amico, Monsignor Jarosseau, che guidava come vescovo la missione cattolica presso i Galla ad Harar dal 1882, chiedendo di indicargli un professore di francese per suo Figlio e per suo nipote.
           
Anche quando nel 1895, mentre si accingeva a partire per il Tigray, dove avrebbe battuto gli italiani a Macallè e poi ad Adua, Ras Makonnen si era recato alla missione con il piccolo Tafari e a Mons. Taurin, il predecessore di Jarosseau, aveva confidato: «Padre, il momento è giunto per me di correre il più grande rischio della mia vita. Ciò che ho di più prezioso vengo ad affidarvelo. Ecco mio Figlio Tafari: se io muoio, siate voi suo padre e Dio faccia il resto».
           
Monsignor Jarosseau consiglio a Ras Makonnen, come insegnante di francese e anche di altre discipline, Abba Samuel, un cattolico etiopico che avrebbe avuto un’influenza determinante sulla formazione intellettuale e spirituale del nostro futuro Imperatore. Per dieci anni sarà il tutore di Tafari Makonnen, il Signore nostro, il quale così lo ricorda nelle sue memorie: «Abba Samuel era un uomo buono, che possedeva una grande cultura, che si consacrava allo studio e all’insegnamento e che, con bontà ed umiltà, raccoglieva da ciascuno come fa l’ape. Consacrato all’amore di Dio e del prossimo, non cercava le gioie della carne ma soltanto quelle dello spirito».
             
– Mi auguro con tutto il cuore che il giudizio del nostro Amato per tutti voi, che leggete ed ascoltate queste parole, sia simile a quello espresso per il buon Abba Samuel -.
           
Il vescovo Jarosseau ed il giovane Principe Tafari stabilirono una profonda amicizia, interrotta solo dalla morte del primo nel 1941.
           
Il vescovo Jarosseau così disse ad Henry de Monfreid nell’inverno del 1932: «Si, l’ho allevato io, e soprattutto l’ho amato come fosse stato mio figlio, e ancora l’amo». Ma alla domanda dello scrittore francese se la sua influenza fosse stata tale da indurlo a convertirsi al cattolicesimo, il prelato rispondeva risentito: «Cattolico! Ma non lo è mai stato. Mai Egli ha pensato di rinnegare la religione dei suoi antenati, e io, che avevo ricevuto l’anima di questo fanciullo come una cosa sacra dalle mani di suo padre, potevo fare io un gesto per distoglierlo dalla propria fede? No, Egli ha conservato pura la religione di tutto il suo popolo e la sua anima si è abbellita con le più belle virtù cristiane».
           
Il 1° di novembre 1905 Ras Makonnen eleva Tafari, poco più che tredicenne, alla dignità di Dejazmatch e gli affida la regione di Gara Mullata.
           
Il 21 marzo 1906, a Collubi, moriva Ras Makonnen, lasciando il giovanetto Tafari orfano.

 

Parole di Sua Maestà

«Quando entrai nella sua camera da letto, egli mi fece segno con gli occhi di sedermi accanto a lui, in quanto aveva difficoltà a parlare, e ciò dimostrava la gravità del suo male. Poiché avevo intuito che il suo desiderio era che non mi separassi da lui, restai l’intera notte seduto al suo capezzale».
 
Dopo la morte di suo padre, Tafari Makonnen fu nominato Governatore di Selale, nella provincia dello Shoa, ma gli fu concesso di rimanere nella capitale per continuare i suoi studi. Un anno dopo fu nominato Governatore di Basso, sempre nella provincia dello Shoa. Nel marzo 1908 Dejazmatch fu fatto Governatore della provincia del Sidamo e fu insignito del titolo di Comandante della Stella d’Etiopia. Il 3 marzo 1910 fu nominato Governatore di Harar.
           
A quell’epoca Sua Maestà aveva quasi compiuto il suo diciottesimo anno di età, e quindi per ora intendo fermarmi qui riguardo a questo breve riepilogo del racconto della giovinezza del nostro amato Imperatore e Signore.

(segue nel prossimo numero della newsletter)


scritto e ripubblicato a cura di ghebreSelassie
 


 

Commento al Vangelo di San Giovanni


di Yohannes Afeworq
           
Discorso quarantanovesimo

            Diede loro questa risposta e rimase in Galilea. Quando i suoi fratelli erano già saliti alla festa, allora salì anche Lui, non pubblicamente, ma quasi di nascosto 1.

1. – Le grazie che vengono elargite dal Krestos in modo umano, non vengono elargite al solo scopo di confermare la sua incarnazione, ma anche per insegnarci la virtù. Se, infatti, avesse compiuto ogni cosa come Dio, come avremmo potuto sapere in quale maniera dobbiamo comportarci nelle contrarietà della vita? Così, per fare un esempio, se in questa occasione in cui i Giudei si apprestavano ad ucciderlo, Egli, venutosi a trovare alla sprovvista in mezzo ad essi, avesse stroncato ogni loro velleità offensiva, se dunque avesse compiuto di frequente azioni di tal genere, che noi non possiamo fare altrettanto, allorché ci veniamo a trovare in analoghe difficoltà, come potremmo sapere in che modo convenga comportarci? Avrebbe dovuto morire, oppure preoccuparsi di trovare il modo di poter continuare nel suo insegnamento? Poiché dunque noi, che non siamo dotati di potenza pari alla sua, non avremmo saputo che cosa fare qualora ci fossimo trovati in mezzo a gente siffatta, ora apprendiamo da Lui queste cose. Dice infatti l’Evangelista: «Iyasus diede loro questa risposta e rimase in Galilea. Quando i fratelli erano già saliti alla festa, salì anche Lui non pubblicamente, ma in tutta segretezza». L’espressione «i fratelli erano già saliti» ci lascia intendere che Egli non volle andare con loro. Perciò rimase là, e non si mostrò apertamente, quantunque essi glielo suggerissero. Ma perché Lui che sempre parlava in pubblico, ora lo fa quasi di nascosto? Veramente non è detto «di nascosto», ma «quasi di nascosto». Così infatti era necessario che facesse, come ho detto, per insegnarci come dobbiamo comportarci in simili circostanze. D’altra parte non era conveniente né opportuno che facesse la sua comparsa in mezzo a loro, proprio quando erano irritati e infuriati e, per di più, quando la festa era ormai finita. Intanto i Giudei lo cercavano e dicevano: «Dov’è Lui2. Azione davvero notevole in un giorno di festa! Si proponevano di ucciderlo durante la festività, si consultano sul modo di catturarlo.
           
Così anche altrove avevano detto: «Che vi pare? Che proprio non venga alla festa?» 3. E qui dicevano: «Dov’è Lui?». Per il grande odio e per l’avversione che provavano per Lui, non volevano neppure chiamarlo col suo nome. Manifestavano davvero un grande rispetto per la festa, e una grande pietà! Proprio nel giorno di festa, volevano impadronirsi di Lui. Tra la folla si faceva un gran mormorio su di Lui 4.
           
Credo che i Giudei fossero esasperati anche a causa del luogo dove era accaduto il miracolo, non tanto perché provavano rabbia per l’accaduto, quanto perché temevano che Egli compisse qualche altra cosa simile. In realtà accadde tutto il contrario e, loro malgrado, essi lo rendevano famoso. Alcuni dicevano: «È buono!». Altri invece: «Macché, imbroglia la gente». La prima credo sia stata l’opinione della moltitudine e la seconda dei capi e dei sacerdoti. La calunnia è infatti tipica della loro invidia e della loro malvagità. «Imbroglia la gente», dicono. Ma, in che maniera, di grazia? Forse perché era soltanto un illusionista e non compiva realmente i miracoli? Eppure l’esperienza prova proprio il contrario. Nessuno però parlava pubblicamente di Lui, per paura dei Giudei 5. Vedi come la classe dirigente sia corrotta, mentre i governati sono sani quanto al giudizio, ma non hanno in misura sufficiente quel coraggio di cui le masse soprattutto scarseggiano? Quando ormai si era a metà della festa, Iyasus salì al tempio e insegnava 6.  L’attesa li aveva resi più attenti. Infatti, nota come quegli stessi che nei primi giorni lo cercavano, dicendo: «Dov’è Lui?», vedendoselo improvvisamente comparire in mezzo a loro, lo stanno a sentire con attenzione mentre parla. Quelli che dicevano bene di Lui e quelli che ne dicevano male non ascoltano però tutti con le stesse disposizioni: ma gli uni per trarne profitto e ammirare la sua dottrina; gli altri, invece, per coglierlo in fallo e per mettergli le mani addosso. Le parole «imbroglia la gente», col suo insegnamento s’intende, venivano pronunziate da gente che non capiva quello che Egli diceva; quanto all’appellativo di «buono», gli veniva dato per i miracoli che compiva. Dopo aver calmato dunque la rabbia di costoro, tanto fece che essi lo ascoltarono con attenzione e non si tapparono più le orecchie, indispettiti. L’Evangelista non ci narra che cosa abbia insegnato: ci dice soltanto che parlò in modo così ammirevole che li intenerì e mutò i loro sentimenti, tale era l’efficacia delle sue parole. Quelli però che dicevano: «imbroglia la gente», ora, mutando il loro atteggiamento, dicevano: «Come fa Costui a sapere delle Scritture, senza aver studiato?» 7. Vedi come l’Evangelista dimostra che la loro ammirazione era piena di malizia? Non dice, infatti, che essi ammiravano la sua dottrina o che approvavano le sue idee; dice soltanto che si meravigliavano, cioè che erano stati colti dallo stupore, e dicevano: «come può sapere tante cose?», mentre, partendo da questo dubbio, avrebbero dovuto giungere alla conclusione che Lui non era un semplice uomo.
           
Ma poiché essi non lo volevano ammettere, ma si meravigliavano soltanto, ascolta che cosa Egli dice: «La mia dottrina non è mia» 8. Di nuovo replica ai loro sospetti, rinviandoli al Padre, per ridurli al silenzio: «Se qualcuno vuol fare la sua volontà, conoscerà, riguardo alla mia dottrina, se viene da Dio, o se Io parlo da Me stesso»9. Cioè, cacciate via la malvagità, l’ira, l’invidia e anche l’odio che senza motivo avete concepito contro di Me; niente allora vi impedirà di riconoscere che le mie parole sono veramente parole di Dio. Queste passioni ora vi tengono avvolti e pervertono il vostro retto giudizio: se le eliminerete, non subirete più questi mali. Tuttavia, non si espresse così, per non metterli troppo alle strette: ma sottintese tutte queste cose, dicendo: «Se qualcuno vuol fare la sua volontà, conoscerà, riguardo alla mia dottrina, se viene da Dio, o se Io parlo da Me stesso». Cioè, se Io dico qualcosa di diverso, di stravagante, di contraddittorio. Giacché l’espressione «da Me stesso» si riferisce sempre al fatto che non dice niente all’infuori delle cose che piacciono a Lui, e che tutto ciò che il Padre vuole, lo vuole anch’Egli. «Se qualcuno vuol fare la sua volontà, conoscerà, riguardo alla mia dottrina …». Che vuol dire «se qualcuno vuol fare la sua volontà»? Significa che chi ama la virtù conoscerà l’efficacia delle mie parole, e se qualcuno vuole studiare attentamente le profezie, conoscerà se Io parlo in conformità di esse e diversamente.
           
2. -  Come può essere sua e insieme non sua? Egli non disse: «Questa dottrina non è mia»; ma, avendo detto prima che era sua, dopo averla fatta propria, aggiunse: «Non è mia». Com’è possibile che la stessa cosa sia sua e non sua? È sua perché Egli non diceva cose che aveva imparato da altri; non era sua, perché era la dottrina del Padre. Come mai allora dice: «Tutto quello che è del Padre è mio, e quello che è mio è del Padre» 10? Se infatti proprio perché è del Padre non è tua, è falsa quella affermazione: giacché proprio per tale motivo dovrebbe essere tua. Ma le parole «Non è mia», indicano che la sua dottrina e quella del Padre sono assolutamente identiche; è come se dicesse: «Non ha niente di diverso dalla mia, benché sia quella di un’altra persona». Anche se, infatti, la mia persona è distinta dalla sua, Io parlo e agisco in modo che non si creda che il Padre si comporterebbe diversamente, ma ripeto le stesse cose che ha detto e ha fatto il Padre. Adduce quindi un altro sillogismo che è impossibile contraddire, in quanto poggia su un esempio umano e usuale.
           
Di che si tratta? Chi parla per conto suo cerca la propria gloria 11. Cioè, chi vuole che la propria dottrina si affermi, non desidera altro se non procurarsi la gloria. Ma se io non voglio procurarmi la gloria per me, per quale motivo desidero il trionfo della mia propria dottrina? «Chi parla per conto suo», cioè chi propone qualche idea propria, originale e stravagante, parla per procurare gloria a se medesimo. Se Io dunque cerco la gloria di chi mi ha mandato, perché dovrei sentire il desiderio di insegnare cose diverse? Vedi, insomma, per quale motivo Egli dice che non fa niente da sé? Qual è questo motivo? Perché costoro non credessero che Lui andava in cerca di gloria e onori presso le moltitudini. Per questo, allorché parla di sé in tono umile, dice: «Cerco la gloria del Padre», per dimostrare ad essi, in ogni occasione, che Egli non è avido di gloria. Molte sono poi le cause che lo spingono a parlare umilmente: ad esempio, quella di non voler essere creduto avversario di Dio, quella di provare che Lui ha davvero assunto un corpo umano. Ne è causa, inoltre, la debolezza dei suoi ascoltatori e il suo desiderio di insegnare agli uomini ad essere modesti e a non parlare di sé, esaltando i propri meriti. Una sola invece appare essere la ragione per cui parla di sé in tono sublime, cioè la grandezza della sua natura. Se, infatti, quando aveva detto: «Prima di Adamo Io sono» si scandalizzarono, quale sarebbe stata la loro reazione se lo avessero udito parlare sempre in tono sublime?
           
«Non è stato Mosè a darvi la legge? Eppure nessuno di voi osserva la legge. Perché cercate di uccidermi?» 12. Ma quale connessione logica, quali elementi comuni vi sono tra questi ragionamenti e quelli precedenti? Gli imputavano due delitti: uno era che violava il sabato, l’altro il fatto di dichiarare che suo Padre era Dio, facendosi uguale a Dio. Che poi ciò non fosse un’erronea interpretazione che costoro davano alle sue parole, ma rispecchiasse effettivamente il suo pensiero, e che non parlasse secondo il senso generico, ma secondo il senso più stretto e particolare dell’espressione, risulta evidente da quanto segue. Molti chiamarono Dio loro Padre, ad esempio: «un solo Dio ci ha creati ed uno solo è il Padre di tutti noi»13, ma, non per questo, il popolo era uguale a Dio; perciò essi non si scandalizzavano quando sentivano affermazioni di tal genere. Quando, dunque, essi dicevano: «Non è da Dio», Egli li aveva rimproverati ripetutamente e si era difeso dall’accusa di violazione del sabato; così, se ciò fosse stato detto secondo la loro opinione, non perché rispecchiava il suo pensiero, li avrebbe corretti e avrebbe detto: «Perché mi credete uguale a Dio? Non sono uguale». Invece non disse nulla del genere, anzi, nelle parole che seguono, dimostrò di essere uguale a Lui.
           
Giacché le espressioni: «Come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio»; e: «affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre», e ancora: «Le opere che fa il Padre, le fa ugualmente anche il Figlio», confermano tutte l’uguaglianza. Anche a proposito della legge, dice: «Non crediate che Io sia venuto ad abolire la legge o i profeti»14. In tal maniera Egli era solito sradicare dalle menti i cattivi sospetti. Qui, invece, non solo non smentisce la sua uguaglianza con il Padre, ma la conferma. Per lo stesso motivo, in altre circostanze, avendogli detto costoro: «Ti consideri Dio», non aveva smentito tale sospetto, ma confermato, dicendo: «Affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di rimettere in terra i peccati, - disse al paralitico -: “Prendi su il tuo lettuccio e cammina”» 15. Conferma dunque quello che prima è stato detto, cioè che Egli si fa uguale a Dio; dimostra così che non è avversario di Dio, ma che dice e insegna le stesse cose che Dio dice e insegna.
           
Tratta infine della violazione del sabato, dicendo: «Non vi ha dato forse Mosè la legge, eppure nessuno di voi osserva la legge?». È come se dicesse: «La legge ha ordinato: “Non uccidere”, come mai voi allora uccidete ed accusate Me di trasgredire la legge?». Ma perché disse «nessuno»? Perché tutti cercavano di ucciderlo. «Io – Egli dice – se ho violato la legge, l’ho fatto per la salvezza di un uomo; ma voi la violate per fare del male. Se anche la mia fosse una trasgressione, sarebbe stata pur sempre fatta con lo scopo della salvezza e non dovreste certo essere voi ad accusarmi, voi che la trasgredite in cose molto più gravi. Il vostro, infatti, è un sovvertimento completo della legge». Continua quindi a polemizzare con loro, benché abbia già discusso a lungo di queste cose. Prima, tuttavia, lo aveva fatto in tono sublime, come esigeva la sua dignità, ora lo fa con tono più umile. Perché? Perché non voleva esasperarli troppo spesso; in quel momento, poi, essi erano accecati dall’ira e sarebbero arrivati fino all’omicidio. Per questo fece ripetuti sforzi per calmarli con due mezzi: col rinfacciare loro il delitto che si apprestavano a commettere e col dire: «Perché cercate di uccidermi?», aggiungendo poi, modestamente: «Io, che vi ho detto la verità», e dimostrando che costoro, che stavano tramando l’assassinio, non erano degni di giudicare gli altri.
           
Nota anche l’umiltà della domanda del Krestos e la tracotanza che traspare invece dalla risposta di costoro: «Sei indemoniato! Chi cerca di ucciderti?» 16, espressione, questa, che denota l’ira e il furore e rivela che il loro animo era giunto al culmine della sfrontatezza, sentendosi essi punti dal vivo e – così essi pensavano – provocati. Come i ladroni cantano mentre stanno in agguato e poi effettuano in silenzio l’attacco per cogliere di sorpresa la vittima, così si comportavano anche costoro. Egli invece, tralasciando di fare dei rimproveri, per non renderli più sfrontati, torna nuovamente a difendersi dall’0accusa di violazione del sabato e discute con loro basandosi sulla legge.
           
3. – Nota, poi, con quanta prudenza fa questo. «Non c’è da meravigliarsi – dice – se non mi volete ascoltare, poiché voi disobbedite di fatto alla legge, di cui apparentemente vi mostrate osservanti e che credete vi sia stata data da Mosè. Non c’è dunque niente di strano nel fatto che non prestiate attenzione ai miei discorsi». Siccome essi dicevano: «A Mosè ha parlato Dio, ma Costui non sappiamo di dov’è», Egli dimostra loro che offendevano anche Mosè, poiché era stato proprio lui a dar loro la legge ed essi non la rispettavano. «Una sola opera ho fatto e ne siete tutti stupiti» 17. Nota come, quando deve difendersi o quando si sente rinfacciare il suo operato come una colpa, non fa menzione del Padre, ma chiama in causa solo la propria persona. «Una sola opera ho fatto». Vuol dimostrare che il non compierla avrebbe significato violare la legge e che vi erano molte cose più importanti della legge, e che inoltre Mosè ricevette un ordine contrario alla legge e più importante della legge. La circoncisione era infatti più importante del sabato, anche se non era stata stabilita dalla legge, ma dai patriarchi. Ed Io ho fatto una cosa che ha un valore molto più grande della circoncisione. Non fa più menzione in seguito del comandamento della legge, nonché del fatto che anche i sacerdoti violavano il sabato, come aveva detto prima, ma si appoggia a ragioni ben più valide. Le parole «ne siete stupiti» significano «ne siete commossi, siete rimasti turbati». Se la legge infatti avesse dovuto essere inviolabile, la circoncisione non sarebbe più importante di essa ed Egli non avrebbe detto di aver fatto un’opera più grande della circoncisione.
           
Egli inoltre confuta con ragioni ancora più valide le loro accuse, dicendo: «Se un uomo riceve la circoncisione …» 18.Non vedi che la legge viene rinvigorita nell’atto stesso in cui la trasgredisce? Non vedi come l’inosservanza del riposo sabatico equivale all’osservanza della legge? Tanto che, se non fosse stato violato il sabato, ne sarebbe risultata violata necessariamente la legge. Pertanto io ho rafforzato la sua autorità. E non disse: «Voi vi adirate con Me, perché ho compiuto un’opera più importante della circoncisione»; ma, esponendo soltanto ciò che aveva fatto, lasciò ad essi di giudicare se era più necessaria la completa guarigione di un uomo, oppure la circoncisione. «Se un uomo riceve un segno che non giova affatto alla salute – Egli dice – si fa una deroga alla legge; e vi indignate, poi, se uno viene liberato da una così grave infermità?». «Non giudicate secondo l’apparenza» 19. Che cosa vuol dire «secondo l’apparenza?». Per il fatto che Mosè gode presso di voi della più alta stima, non dovete formulare i vostri giudizi in base alla dignità delle persone, bensì in base alla realtà dei fatti: in questo consiste il giudicare rettamente. Perché nessuno accusò Mosè? Perché nessuno gli fece opposizione allorché ordinò la violazione del sabato con un precetto aggiunto alla legge dall’esterno? Ma lui ammetteva che quel precetto era più importante della sua legge, benché si trattasse di un precetto non contenuto nella legge, ma ricevuto dall’esterno, cosa questa che ci fa stupire; ma voi che non siete dei legislatori, difendete oltre misura la legge. Più degno di fede di voi è Mosè, che ordina di fare una deroga alla legge, in ossequio ad un precetto non contemplato dalle legge. Dicendo dunque «l’intero uomo», dichiara che la circoncisione è soltanto una parte della salute. In che cosa consiste la salute data dalla circoncisione? «L’anima non circoncisa – dice la Scrittura – sarà sterminata» 20. Ma Io non ho ridato la salute a chi era infermo in qualche parte del corpo, ma a chi era completamente perduto. «Non giudicate dunque secondo le apparenze».
           
Persuadiamoci che queste parole non sono state rivolte soltanto a quelli che vivevano allora, ma anche a noi, affinché noi non compiamo mai nessuna azione contraria alla giustizia, ma facciamo tutto ciò che è in nostro potere per essa, senza guardare se uno sia ricco o sia povero, e non teniamo conto delle persone ma dei fatti. «Non commiserare – dice la Scrittura – il povero nella lite» 21. Che cosa vogliono dire queste parole? Non ti lasciar commuovere, non fare parzialità, se chi ha torto è povero. Ma se non si deve perdonare al povero, molto meno si deve perdonare al ricco. E questo non lo dico soltanto ai giudici, ma a tutti, affinché non venga mai violata la giustizia, ma venga tenuta nel massimo rispetto. «Il Signore ama la giustizia – dice la Scrittura – ma chi non ama la giustizia odia l’anima sua» 22.
           
Non odiamo dunque le anime nostre e non amiamo l’ingiustizia. Da essa ricaviamo presentemente poco o nessun profitto, ma nella vita futura ce ne verrà immenso danno. Anzi, neppure quaggiù godremo i frutti della nostra ingiustizia. Allorché infatti ci abbandoniamo ai piaceri terreni con cattiva coscienza, non è forse questo un tormento e un supplizio? Amiamo dunque la giustizia ed allora non violeremo mai questa legge. Quale frutto potremo trarre da questa vita se non ce ne partiremo da questa terra portando con noi la virtù? Chi prenderà allora le nostre difese? Forse le amicizie, le parentele, il favore di qualcuno?
           
Ma perché parlo del favore di persone illustri? Se anche avessimo come antenati Noè, o Giobbe, o Daniele, a niente potrebbe giovarci se non ci aiuteranno le nostre opere. Ma soltanto della virtù abbiamo bisogno: essa ci potrà salvare e liberare dal fuoco eterno. Essa ci condurrà nel regno celeste. Voglia il cielo che tutti noi riusciamo a giungervi, per la grazia e la bontà del Signore nostro Iyasus Krestos, per mezzo del quale e con il quale sia gloria al Padre, insieme con lo Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Così sia.


Note: 1 Gv. 7, 9-10; 2 GV. 7, 11; 3 Gv. 11, 56; 4 Gv. 7, 12; 5 Gv. 7, 13; 6 Gv. 7, 14; 7 Gv. 7, 15; 8 Gv. 7, 16; 9 Gv. 7, 17; 10 Gv. 17, 10; 11 Gv. 7, 18; 12 Gv. 7, 19; 13 Mal. 2, 10; 14 Mt. 5, 17; 15 Mt. 9, 6; 16 Gv. 7, 20; 17 Gv. 7, 21; 18 Gv. 7, 23; 19 Gv. 7, 24; 20 Gen. 17, 14; 21 Es. 23, 3; 22 Sal. 10, 5-7.


a cura di ghebreSelassie


 

Viaggio in Israele di Sis Francesca

“ Against them, my son, be warned! The making of many books is without limit”
                                    Ecclesiastes 12:12  
                                      


Benedizioni in S.M.I.  Egziabeher Mesgane.

E' mia intenzione condividere con voi alcune considerazioni del mio recente viaggio in Israele, la nazione spirituale senza confini del popolo di Giacobbe unita dalla rivelazione del Creatore Jahve e attualmente governata da uno stato sistematicamente razzista e aggressivo. Ho percepito questa violenza come una lotta di possesso per la potenza della luce di Israele che va ben oltre le dinamiche di potere.

Ma “ The Lord love the gate of Sion more that the dwellings of Yacob.”
Razionalmente l'istinto più  forte, principalmente spinto da precedenti studi in merito, è stato quello di recarmi nel deserto di Giudea a sudest di Gerusalemme, spazio confinante col Mar Morto la depressione più bassa del pianeta sotto il livello del mare, oltre 450m.

In questa zona, non lontani tra loro, si trovano i siti archeologici di Khirbet Qumran e Masada  entrambi collocati  su imponenti alture sovrastanti il deserto che si incontra con il Mar Morto in un suggestivo scambio di riflessi.

L'intento è quello di compenetrare le ricerche e le testimonianze dirette, raccolte nella solitudine ed aridità del deserto con la propria ricerca interiore effettivamente nel luogo indicato dalla Bibbia come ambiente perfetto per l'incontro con lo spirito; un ambiente dove Dio si è rivelato a Mose' “אני מה שאני", nel quale la traduzione più pura non si ferma al concetto mentale del “ io sono quello che sono” ma racchiude quello piu' elevato del divenire “sarò quel che sarò”.

Questo territorio estremo è il cuore sacro della memoria dove il passato si rinnova nel presente, si realizza l'unione con lo spirito al contatto, senza condizioni, della pace vissuta come luce di appartenenza ma anche come presa di coscienza dell'umana ribellione di fronte alla corruzione di Balylonia distruttrice del processo del divenire personale e del pianeta in cui viviamo.
 
Qumran e Masada sono punti energetici di trasmissione e di congiunzione tra le nostre caratteristiche di appartenenza alla luce e alla resistenza, oltre qualsiasi credenza.
 
Sepolti sotto la sabbia di 2000 anni i resti sull'altura di Qumran sono costituiti da numerosi edifici non abitativi, mentre più in basso le case  insieme alle tombe, offrono la testimonianza di una vita comunitaria. Dagli scavi sono emerse numerose vasche che, per forma e presenza di scale, testimoniano l'utilizzo di rituali con acqua compatibili con l'abluzione. Sul posto mi dicono che in ebraico la parola faccia (בפנים) corrisponde a dentro (בפנים) ed effettivamente, conosciuti i benefici che apporta l'immersione nel mar Morto, pare persino naturale trovare un punto di purificazione che ne amplifica gli effetti.

Dal basso invece si possono vedere le grotte dove sono stati trovati nel 1947, anno dell'attuale definizione dello stato d'Israele, i rotoli che hanno preso il nome dal luogo di rinvenimento ovvero Qumran.
Studi recenti hanno dimostrato che la loro composizione è formata da elementi autoctoni, quindi sono stati creati in loco e probabilmente furono nascosti nelle grotte; teoria suffragata  dalla manifattura in tecniche 'frettolose' delle giare che li custodivano.

Ho trovato similare all'Etiopia l'utilizzo delle grotte come luoghi sacri  di iniziazione e conservazione, metaforicamente “entrare nel buio per trovare la luce”.
A Qumran sono stati rinvenuti numerosissimi rotoli, oltre novecento, alcuni intatti altri solo frammenti; scritti tra il 150 a.c. e il 60 d. c. in ebraico, aramaico e greco.
In essi è affidata una testimonianza di fede di ligia corrispondenza alle leggi divine in preparazione alla battaglia delle forze del bene contro quelle del male.
Attualmente sono conservati nel museo 'Santuario del Libro' di Gerusalemme, costruzione antiatomica appositamente creata per custodirli e caratterizzata da una cupola con la medesima forma del tappo delle giare, di derivazione egizia, in cui furono riposti i rotoli. Questa cupola è bianca e viene costantemente lavata e purificata  come continuazione degli usi di coloro che hanno scritto i rotoli. Infatti negli scavi del sito sono stati ritrovati anche brandelli di tessitura esclusivamente di colore bianco, simbolo di purezza, come riportato nei manoscritti.
 
Non voglio entrare troppo in merito ai conflitti, agli anni di controversie, interpretazioni, cospirazioni  e omissioni  per cui una pubblicazione completa ed ufficiale delle traduzioni dei rotoli dopo quasi 80 anni dalla scoperta non sia ancora avvenuta; il primo team internazionale che prese  in carico gli studi era guidato dalla Scuola Biblica di Gerusalemme, dopo numerose polemiche e variazioni attualmente sono affidati alla scienza forense.

Ogni anno in concomitanza della Pasqua Ebraica ( la Liberazione) il museo di Gerusalemme espone alcune parti e traduzioni dei manoscritti con grande parsimonia e cautela rispetto alla produzione custodita.
Essendo alcuni rotoli, all'esame del carbonio, contemporanei a Yeshua , ci offrono una visione di una parte della società, usi e costumi coevi alla sua vita.  Il dubbio è che ci sia dell'antitesi con i dogmi e i riferimenti citati dai vangeli tradotti, riscritti e trascritti perché si scoprono altre anime nell'ebraismo, oltre alla cultura dominante dell'epoca nota come quella dei Farisei.
 
Ma la rivelazione più importante è che tra queste pergamene vi sia il libro del profeta Isaia ovvero la versione più vecchia di mille anni della prima esistente in greco.
Nei rotoli quindi troviamo in primo luogo la più antica trasposizione delle Scritture bibliche che, secondo la catalogazione ufficiale appartiene alla prima di tre categorie in cui sono state suddivise le pergamene.
Il secondo raggruppamento riguarda testi apocrifi nel significato di nascosti -non di rifiutati-dell'Antico Testamento e commenti riferiti a questi non inclusi nella Bibbia attuale, è stato recentemente esposto un estratto  dove è nominato più volte Noè e il diluvio il quale presenta delle piccole variazioni rispetto alla versione canonica.

Nella terza categoria troviamo manoscritti di profezie, regole e riti di una comunità , che ci offrono una visione di prima mano su di essa, la loro visione di sé stessi e del mondo.
Ad esempio nel 'Manoscritto di Damasco' le regole di disciplina e dell'assemblea, il ruolo dei sacerdoti e dei rituali sono decisamente similari alle stesse descrizioni evangeliche. Troviamo anche salmi e inni di grande intensità dove è riportato come gli angeli adorano il Signore.

Una pergamena in modo particolare parla dei 'figli della luce' che si andranno a scontrare con i 'figli delle tenebre' seguendo i dettami dell'apocalittica giudaica, corrente religiosa molto complessa ed articolata in cui affonda le origini la nostra civiltà ed il cristianesimo.

Una corrente di pensiero manifestata da una fratellanza molto numerosa e diffusa in tutta la Giudea che pare corrispondere agli Esseni citati da numerosi storici come Plinio il Vecchio, Filone Alessandrino, Giuseppe Flavio e descritti come caratterizzati dalla vita comunitaria, dispregiatori della ricchezza ma dediti alla santità e alle pratiche terapeutiche. In questi testi descrittivi storici non c'è traccia di quello che invece emerge dal 'Rotolo della Guerra' che esplica la preparazione a questa, cosa che è poi avvenuta nel 68 d. C. Prima della scoperta dei rotoli infatti, Qumran era conosciuta esclusivamente come le rovine di un  presidio militare romano.

Come prima affermavo, molte sono le somiglianze col Nuovo Testamento in modo particolare col vangelo di Giovanni dove è  presente la stessa terminologia  “figli della luce e figli delle tenebre”, insieme ad altri concetti come, ad esempio, quello del pozzo delle acque vive con tutto il simbolismo a questo connesso; in effetti il rituale del battesimo è  ampiamente descritto nelle pergamene.

Tutti i vangeli esordiscono con la scena di Yeshua battezzato, se questa era la cerimonia di iniziazione citata nei rotoli i collegamenti  giungono semplici e naturali.

Sappiamo bene che la fede non si legge e non si impara sui libri ma resta il fatto che qualcuno abbia cercato di modificare, nascondere, confondere o utilizzare ai fini della propria egemonia il messaggio spirituale di Yeshua. Estratta dai dottrinalismi di un insegnamento imposto per secoli con forza e violenza, senz'altro la figura di Yeshua è molto forte e presente.

In questi luoghi ognuno può recuperarla a modo suo con le sue personali inclinazioni, la sua cultura, la sua sensibilità...per questo voglio citare le parole del Vangelo Copto di Tommaso “ Yeshua disse: colui che conosce tutto ma non conosce sé stesso non conosce nulla”. InI. Concetto alla base di tutte le rivelazioni religiose come essenza ultima di tutte le religioni, quella che unisce in un unico Dio.

Essendomi particolarmente dilungata, nonostante la difficoltà di sintesi, su  Khirbet Qumran, affido la parte su Masada פסגת אומץ “la Vetta del Coraggio” alla prossima newsletter.

Invito chi è interessato ad arricchirmi su questo report a contattarmi e a chi sente questa vybes di ascoltare “Here i Am” di Harrison 'Professor' Stafford con Roots Radics Band.
 
Che tutti i Figli di Jah Rastafari senzienti possano essere felici

 


                                                                          Sister Francesca Welete Maryam

Il contenuto di questa newsletter è a cura di *|F.A.R.I.|*, *|2019|*
Una parziale riproduzione dei contenuti è possibile, citandone la fonte e comunicandolo all'indirizzo f.ar.i.@live.it




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