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# 036 — 04/08/19 • Vai alla versione web

Stai leggendo un numero di Dispenser.Design, una newsletter domenicale su design, tipografia, web e dintorni.

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Questa newsletter non ha una frequenza fissa. All’inizio era settimanale, poi ho cominciato a saltare qualche settimana e da lì in poi l’anarchia. Tra i buoni propositi per il nuovo anno lavorativo (da settembre quindi) conto di tornare a una frequenza fissa, probabilmente due volte al mese.

Non avendo una frequenza fissa — tra un numero e l’altro spesso passano parecchie settimane — conviene quindi ricordare a cosa vi siete iscritti (magari vi siete iscritti in maniera compulsiva dopo aver visto il link da qualche parte).

Dispenser.Design è una newsletter che parla e divaga sul design, soprattutto digitale. Di solito c’è un articolo, un’intervista e delle rubriche fisse: un magazine, tre link e un font. Negli ultimi numeri ci sono state poche interviste, ma torneranno. Se siete nuovi e non avete mai letto un’intervista, ve ne linko una.

Per inviarmi un feedback, un saluto, un consiglio, potete scrivere a email@dispenser.design o seguire questo link


Letture per l’estate
In genere sono sempre in cerca di cose da leggere e sono un gran consumatore di “consigli di lettura”. Se qualcuno di voi è in cerca di letture estive, vi segnalo tre libri che ho letto quest’anno e che mi sono piaciuti molto. Se avete consigli per me, scrivetemi ai contatti sopra o su Twitter o su Instagram.


Capire, fare e reinventare il Fumetto
È un fumetto che parla di fumetti, ma ci trovate tante idee illuminanti che possono essere applicate anche al mondo del design, che sia digitale o cartaceo.

La furia delle immagini
Parla di come è cambiato il nostro rapporto con le immagini, come è cambiato il loro significato e l’uso che ne facciamo. Un uso sempre meno legato alla memoria o al ricordo e sempre più legato al presente. Con le immagini «non vogliamo tanto mostrare il mondo quanto segnalare il nostro stare nel mondo.»

Hello World
Hannah Fry, docente di matematica presso lo University College di Londra, spiega in maniera semplice e accessibile il funzionamento di un algoritmo, le sue applicazioni e come migliora o peggiora (a seconda dei casi) le nostre vite.

Tipografo e tipografia


“Web Design is 95% Typography” è il titolo di un articolo apparso sul blog dello studio iA 13 anni fa. Articolo che, al netto della parola web design oggi un po’ in disuso, resta valido e attuale. La tesi dell’autore, Oliver Reichenstein, suona abbastanza lineare. Se il 95% delle informazioni sul web è in forma scritta, è quindi logico affermare che un web designer debba essere altamente preparato nella disciplina che gestisce l’informazione scritta: la tipografia. Sia quella macro (formato, dimensione, gerarchia) che quella micro (i dettagli legati alla punteggiatura, lo spazio tra le parole e lettere).

Quando uscì l’articolo di Reichenstein, il 2006, eravamo ancora circondati da siti fatti in Flash. Siti ad alto impatto visivo, ma che avevano un rapporto difficile con l’elemento tipografico. L’articolo fu molto condiviso e Reichenstein ne scrisse poi un altro per rispondere ai tanti commenti. Tra i commenti, e le critiche, si trovavano cose come queste: «sorry, web design is not 95% font selection».

Ridurre la tipografia alla scelta di un font è un fraintendimento comune, tra addetti ai lavori e non. La tipografia non riguarda solo la scelta di un font, come non riguarda la dimensione, i margini o lo spazio. Riguarda l’organizzazione delle informazioni e come le presentiamo al lettore.

La scelta del font è il primo passo. Una scelta consapevole rispetto all’uso che se ne dovrà fare. Un font perfetto per i titoli potrebbe non essere adatto a testi lunghi, o poco leggibile in una tabella o a dimensioni ridotte. Individuato il font adatto, bisogna gestire la lunghezza della riga (giustezza), la dimensione, l’interlinea e la distanza tra lettere e parole.

In italiano usiamo la parola tipografo per definire chi stampa qualcosa, ma per tipografo si intende anche chi organizza il testo in un layout. In inglese esiste la parola typographer, ma ci sono altre due parole che specificano meglio i ruoli: printer e typesetter.

La separazione tra “stampa” e “tipografia” risale alla prima definizione di “tipografo”. Quella di Joseph Moxon nella prefazione del suo libro Mechanick exercise del 1683:

Per tipografo io non intendo uno stampatore, come volgarmente reputato, non più di quanto il dottor Dee intenda che un carpentiere o un muratore sia un architetto: ma per tipografo io intendo qualcuno che con il proprio giudizio, da solidi ragionamenti dentro di sé, possa sia eseguire, sia dirigere altri affinché eseguano, dall’inizio alla fine, tutti lavori manuali e le operazioni fisiche collegate alla tipografia1.

Il libro di Moxon era un manuale pratico, con esempi e tecniche. Fu uno dei primi a introdurre concetti teorici sulle operazioni legate alla stampa.

Nei decenni la tipografia e la figura del tipografo sono cambiate ed evolute, definendo sempre meglio le fasi del progetto grafico, dell’organizzazione del testo e della stampa. Scrive Robert Bringhurst ne Gli elementi dello stile tipografico: «il tipografo determina la forma e la frequenza dei titoli, l’orientamento e la disposizione delle illustrazioni, la disposizione di elementi e paragrafi.»

Tim Brown all’inizio del suo libro sulla tipografia web, Flexible Typesetting, scrive di quanto sia facile imbattersi in siti web che danno la sensazione di essere sbagliati:

Il carattere che usano non è adatto, la dimensione è troppo piccola (o troppo grande), le righe di testo sono troppo lunghe (o comicamente corte), l’interlinea è troppo libera o troppo stretta, i margini sono troppo piccoli o troppo grandi e così via.

È logico pensare che i siti web che sentiamo sbagliati lo siano perché, da qualche parte a un certo punto, un tipografo ha preso decisioni sbagliate. Ricordo che un designer di caratteri è qualcuno che crea font; un tipografo è qualcuno che usa il carattere tipografico per comunicare. In tal senso, siamo tutti tipografi, anche se pensiamo a ciò che facciamo come progettazione, sviluppo o modifica.2

Ma anche bravi tipografi hanno difficoltà a gestire il testo sul web. Testo che subisce più “pressioni” e che deve adattarsi a diverse situazione, come le diverse dimensioni dello schermo dove appare.

Il problema che si pone Reichenstein e di cui parla Tim Brown, se lo ponevano anche grafici e tipografici alla fine degli anni 70, con quello che fu definito “information design”. «Il tentativo dell’information design era di utilizzare la ricerca e la riflessione per la realizzazione di prodotti e sistemi che fossero utili al mondo.»3 Uno dei campi di ricerca degli information design era proprio la leggibilità di un testo.

Oggi, scrive ancora Tim Brown, il ruolo del tipografo è cambiato, ma il suo obiettivo deve essere sempre quello di organizzare al meglio un testo, per renderlo leggibile e comprensibile. Oggi il ruolo del tipografo non prende decisioni, ma dà suggerimenti. «Non scegliamo più caratteri tipografici, dimensione, lunghezza della linea, interlinea e margini; prepariamo e istruiamo il testo affinché compia da solo alcune scelte. Non determiniamo più la forma e la qualità della pagina; rispondiamo ai contesti e agli ambienti dei nostri lettori.»


Note

  1. Tipografia moderna. Saggio di storia e critica di Robin Kinross ↩︎
  2. Flexible Typesetting di Tim Brown ↩︎
  3. Tipografia moderna. Saggio di storia e critica di Robin Kinross ↩︎

Articoli sulla tipografia web

Immagine tratta da una guida di 5 minuti sulla tipografia, di Pierrick Calvez

Smashing Printed Magazine

 

Smashing Magazine, noto magazine online dedicato al mondo della progettazione web, diventa anche cartaceo. Con temi di più ampio respiro, meno legati a trend e how-to.

Nel primo numero si parla di etica, privacy e sicurezza informatica.

L’evoluzione del Web Design →

 

La Taschen ha in uscita (a settembre) un librone pieno di schermate di siti web, dal 1990 ad oggi.

Il Digital Design del Guardian 

 

Il sito dedicato alle linee guide del design digitale del quotidiano inglese .

Il video promo del Vulf Sans 

 

Il video promozionale per il font Vulf Sans. Sotto altre info sul font.


Vulf Sans di Oh no Type →


Più che per la sua musica, la band statunitense Vulfpeck è nota a tanti per due cose: (1) l’album silenzioso su Spotify del 2014; (2) il font Vulf Mono.

Il Vulf Mono è stato realizzato nel 2016, appositamente per la band, dalla type foundry Oh no Type. (Sul sito della band si può vedere in azione il Vulf Mono.)

A un certo punto, come racconta nel video linkato sopra il frontman Jack Stratton, tutti hanno cominciato a chiedergli del font. Il Vulf è diventato quindi una famiglia completa, un sans-serif con molta personalità. Disponibile in cinque pesi con il relativo corsivo.

Sul sito di Oh no Type il processo di lavoro del Vulf Sans.

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