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Domenica scorsa, 24 aprile, l’immensa Barbra Streisand ha compiuto 80 anni. La omaggiamo riproponendovi il servizio che Film Tv n° 18/2017 le dedicò per il suo 75° compleanno.
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Ma papà ti manda sola?
Il 31 dicembre 1999 Barbra Streisand si esibiva su un palcoscenico di Las Vegas in Timeless (concerto poi divenuto uno speciale tv e un album live): «Grazie, potevate essere ovunque in questa notte speciale, ma avete scelto me». Bluffava, ovviamente: dove altro si poteva passare l’ultima notte del millennio, se non in adorazione della Diva per eccellenza? E chi altri avrebbe potuto usare lo scoccare del XXI secolo per autocelebrarsi, con uno show che metteva letteralmente in scena la sua gavetta (con tanto di giovane attrice a interpretare la Barbra tredicenne, talentuosa e cocciuta) e la sua folgorante ascesa? Soltanto lei, l’unica e sola. La ragazzina di Brooklyn con la voce da usignolo ma l’ambizione bruciante di diventare attrice, che dai palchi dei gay club newyorkesi approdò a Broadway, soggiogò Hollywood ed è a oggi l’unica artista nella storia ad aver piazzato almeno un album al primo posto della classifica in ogni decennio, per sei decenni consecutivi. 54 anni sono passati dal primo disco, 75 dalla nascita di Barbara Streisand, con una “A” soltanto in più: le avevano proposto un nome d’arte, lei optò per l’autenticità tenendoselo intero al netto di una vocale, così come ha sempre tenuto tutto il resto, dal naso di carattere allo strabismo di Venere, prendere o lasciare. E nessuno si è mai azzardato a lasciarla. Aveva appena vent’anni quando l’America si innamorò di lei, Groucho Marx si dichiarò suo fan e Liberace la volle come spalla in concerto. A raccontare il suo regale ingresso nel cinema, da star fatta e finita, è sufficiente la sua prima battuta in assoluto: «Hello, gorgeous», dice a se stessa nello specchio in Funny Girl («ciao, splendore», nella versione italiana tradotto un po’ arditamente con «ciao, fatale»). Il ruolo di Fanny Brice, già portato in teatro per tre stagioni, le valse subito l’Oscar e le è sempre vestito come un guanto: Fanny, come Barbra, era una donna forte, un’artista coraggiosa, sicura di sé e del suo talento al punto da mettere in discussione le scelte di impresari, registi e colleghi. Un’attitudine per la quale Streisand si è fatta conoscere subito: quando chiesero a William Wyler se era stato difficile lavorare con lei, lui rispose «No, considerato che era la prima volta che dirigeva un film». Era solo l’esordio, ma da allora e sempre, ogni film con Barbra era un film di Barbra, molto prima che la diva decidesse di sedersi dietro la macchina da presa. Geniale autrice della sua immagine, chi meglio di lei poteva vendere se stessa, valorizzare al massimo il prodotto Streisand? I make up artist di Funny Girl si arresero all’evidenza che solo Barbra sapeva truccare Barbra, scolpire quegli angoli unici per trasformare la bellezza non canonica in uno spettacolo di cui lo spettatore non avesse mai abbastanza. Ha sempre saputo quanto valeva, non si è mai accontentata di un centesimo in meno, o di un minuto in meno di visibilità: se la Streisand attrice e cantante è un fenomeno, la Streisand produttrice, autrice e stratega commerciale è una potenza. Per tutti gli anni 70 nella top ten degli attori più remunerativi, con una sfilza di successi e la sua casa di produzione First Artists, poteva permettersi di scegliere cosa girare, con chi e a che prezzo. Nel 1981 chiese 4 milioni di dollari per Tutta una notte, inducendo Gene Hackman a protestare per avere parità di compenso, alla faccia del gender gap; pochi anni dopo, per Pazza, fu pagata 5 milioni, un record per l’epoca. È stata la prima (e l’unica finora) donna a vincere un Golden Globe come migliore regista; è stata fra le prime fiere portatrici di toy boy (Andre Agassi, uno dei tanti amori della diva, aveva 28 anni meno di lei); è da sempre convinta sostenitrice del partito democratico e ha fatto della sua fama un veicolo di progressismo. Nel 1970 lottò (invano) per avere Sidney Poitier, e dunque una coppia interrazziale, in Il gufo e la gattina; nel 1972 interpretò con Voglio la libertà un manifesto di emancipazione femminile; con Come eravamo diede voce ai comunisti vittime della caccia alle streghe e con Yentl firmò il suo definitivo inno al femminismo. Era il 1983 e Barbra era la prima donna nella storia a scrivere, dirigere, produrre e interpretare un film per una major: nessuna diva a Hollywood prima di lei (e, purtroppo, nessuna dopo) ha saputo capitalizzare il suo seguito convertendolo in autonomia artistica totale. Al limite del dispotismo, dice la vulgata: Kris Kristofferson sostenne che lavorare con lei gli aveva fatto «passare per sempre la voglia di cinema», Walter Matthau la detestò al punto da rifiutarsi di baciarla nel finale di Hello, Dolly! (rivedetelo: il bacio è il frutto di un sapiente angolo di ripresa). Leggenda? Ego ipertrofico? Ira dello showbusiness, campo da gioco dei maschietti, per il successo di una donna indipendente? La certezza è che lei può beatamente non curarsene. Francesca Cacace, alias La tata, sfegatata fan della Streisand, davanti alla domanda «se tua madre e Barbra stessero affogando, e potessi salvarne una sola, chi salveresti?» rispondeva «Mia madre. Barbra può camminare sull’acqua». E viene da crederci.
ILARIA FEOLE
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- In occasione del 25 aprile, il progetto Mis(s)conosciute – Scrittrici tra parentesi, dedicato alla riscoperta di scrittrici italiane e internazionali, ha realizzato una doppia puntata del suo podcast intitolata Staffetta partigiana, sulle donne nella Resistenza. Su YouTube è possibile vedere gratuitamente La donna nella Resistenza, documentario realizzato nel 1965 da Liliana Cavani.
- Sulla piattaforma streaming Another Screen, la rivista di cinema femminista Another Gaze ha organizzato una nuova rassegna cinematografica gratuita: s’intitola Mulheres: Uma outra história e raccoglie sei documentari, corredati di interviste alle autrici, di cineaste brasiliane su donne e lavoro. Online fino al 24 maggio [in inglese e portoghese]
- Si è aperto ieri sera e prosegue fino al 1° maggio al Cinema Massimo e al Museo del cinema di Torino il 37° Lovers Film Festival, il più antico festival italiano dedicato al cinema LGBTQ+. In gara oltre 60 titoli tra lunghi, corti e doc. Sempre sul fronte news da festival: Jasmine Trinca si aggiunge alla giuria del prossimo Cannes e contemporaneamente debutta alla regia, proprio in Croisette, presentando il suo Marcel! nella sezione Séances spéciales.
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