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2x22

La Marsigliese intonata dal pubblico del Philippe Chatrier, ma sul campo di terra rossa più famoso del mondo non c’è niente da conquistare, c’è solo da salutare Jo-Wilfried Tsonga e sostenerlo nella sua ultima battaglia, anche se tutti sappiamo come finirà, lui compreso.

Sembrava il 2015, quando Jo batté Nishikori al quinto e raggiunse la semifinale, trovando il Wawrinka migliore di sempre. Poi il declino di una carriera che gli ha dato sicuramente poco dal punto di vista dei risultati, e non solo per colpa sua, ma che gli ha dato tantissimo, forse il massimo, a livello di amore; poi gli infortuni e la conseguente decisione di smettere col professionismo, di privilegiare la famiglia, ma non prima di qualche torneo, magari per capire se non si fosse sbagliato a decidere di smettere di giocare.

Invece i tornei vanno male, e allora ecco il Roland Garros per chiudere la sua storia col tennis, smettere cercando un’ultima vittoria. Ma se prima non era andata bene, cosa sarebbe potuto cambiare a Parigi?

Giocare con il pubblico che intona la Marsigliese al cambio campo, ecco cosa poteva cambiare. Dopo aver vinto il primo set al tiebreak, perso il secondo alla stessa maniera e ceduto il terzo abbastanza nettamente, Jo-Wilfried sembrava avviato a una sconfitta inesorabile quanto prevedibile. Di fronte aveva Ruud, uno dei migliori al mondo. Solo che perdere così, in maniera anonima, non è una cosa che gli appartiene, non era il finale che avrebbe voluto. E allora si è ritrovato, lo abbiamo ritrovato tutti quando lo abbiamo visto cercare con tutte le forze di allontanare il momento della sconfitta.

Voleva che la sua ultima volta non fosse come le altre partite, aveva voglia di salutare tutti alla sua maniera, di emozionare col suo tennis irregolare e di trascinare la partita e il pubblico verso di lui ancora un’altra volta, solo così avrebbe poi potuto accettare il risultato, qualunque questo sarebbe stato.

Così Jo si è ricordato che su quel campo, con i suoi francesi, si era sentito spesso speciale. E allora si è preso un break di vantaggio nel quarto set e si è portato a un solo game dall’allungare la partita al quinto e decisivo set, quando il finale di questa storia sarebbe stato comunque accettabile.
Solo che il fisico gli ha ricordato perché era ora di chiudere con il tennis proprio quando doveva servire per il set, sul 6 a 5 del quarto. Il pubblico si è cristallizzato, perdere al quinto set sul centrale di Parigi sarebbe stata una resa accettabile, ma così no. Tsonga aveva capito che era finita, che non era possibile fare altro, ma c'era da farlo capire al pubblico. E allora Jo iniziava a piangere, stava dicendo a tutti che aveva dato tutto, che ce l'aveva messa tutta ma proprio tutta per cercare l'ultima magia. In quelle lacrime, c'era richiesta di comprensione, affetto.

Gli spalti erano ammutoliti, le mani sui visi, gli occhi spalancati e i punti iniziavano e finivano nel silenzio surreale di chi sta assistendo a una realtà difficile da accettare. Nulla poteva l’intervento del trainer, che l’arbitro gli suggeriva di chiamare prima di iniziare il tiebreak. Lo sapeva anche Jo che era finita, ma era l’ultima volta sullo Chatrier, perché non rimanere cinque minuti in più?

Ruud faceva quello che c’era da fare, chiudeva la partita mentre Jo provava fino alla fine a ricordarci perché ci è sempre piaciuto: una bella volée bassa, un colpo con la sinistra, sprazzi di quella estemporaneità che lo ha reso un tennista unico.
 
Poi l’ultimo cambio campo, sotto per 0-6, e qui l'inizio del pianto, prima di resistere il più possibile nell'ultimo scambio da fondo campo, per poi consegnarsi nelle braccia di Ruud, che a rete lo stringeva forte impersonificando tutti, da casa come sullo Chatrier.

Jo si inginocchiava, poggiava la testa sulla terra, blaterava qualcosa a quel campo magico, lo salutava, poi c’era solo tempo per il rito collettivo del pianto. Di tutte quelle parole ascoltate in francese durante la cerimonia, incomprensibili per noi, ce n'è solo una che ricorderemo quando rivedremo ancora quella faccia: merci.

Merci Jo.
Warning è a cura di Claudio Giuliani
Persona non grata. Romanista, l'heavy metal mi ha salvato la vita. Diplomato con fatica all'ITIS, ho studiato aggiustaggio e fatto il militare. Tennista di periferia dal rovescio rigorosamente a una mano, campione in carica 2022 della Coppa Gabbiani a squadre limitata 3.3 (grazie alla panchina fatta in finale), "uno degli Over 40 più belli di Roma", persona modesta.
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