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La newsletter che potrà dire noi c'eravamo, ma più che altro "e abbiamo vinto pure" 😍


Iniziamo con una specie di ordine del giorno: in diversi ci hanno ieri chiedendoci qualche riga sul concerto dei Guns N’ Roses di Londra, tanti altri ci hanno ringraziato durante la settimana. Quindi risponderemo a entrambi ma tranquilli: mettiamo tutto in basso così chi vuole leggere solo di tennis può tralasciare il resto (che è più interessante eh).

Lorenzo Sonego affronta Rafael Nadal sul campo centrale, all’azzurro non manca di certo il coraggio per tentare l’impresa da camino e nipotini, a noi non manca di certo l’arguzia per evitare questa partita e scegliere di andare sul campo uno dove giocano Stefanos Tsitsipas e Nick Kyrgios.

Ma la giornata è iniziata presto per noi, ancora carichi dalle note di Paradise City dei Guns, dedicata a Wimbledon nella parte di strofa che fa “take me down to the Paradise City where the grass is green…”, certamente pensavano all’erba di Londra 😉

Il tennis dice Jenson Brooskby ma il cuore dice Cristian Garin, il tennista del popolo, nostro feticismo. Per molti è un inutile pallettaro, intanto le sue aperture brevi e i colpi praticamente piatti gli consentono di adattarsi facilmente all'erba di Wimbledon, che se fosse stata questa una ventina di anni fa avrebbe visto il nostro Thomas Muster arrivare alla seconda settimana ogni volta, l’austriaco invece preferiva i Challenger sul rosso a Wimbledon (unico n.1 ATP a non aver mai vinto un match ai Championship).

Jenson è una specie di reincarnazione di Florian Mayer, quel dritto con poca rotazione ma soprattutto quel rovescio bimane al salto che gioca anche con leggero taglio sotto alzando il gomito in maniera innaturale, colpo tanto unico quanto efficace. Brooksby però non riesce a fare partita, serve piano e mai sopra i duecento orari, senza punti diretti con il servizio per Cristian è molto facile approfittarsene.

Lo stadio è pieno, il pubblico sembra gradire la partita, controlla il tabellone al primo cambio campo utile, quando sopra vi scorrono i risultati degli altri campi, per capire il boato sentito poco prima: Harmony Tan ha battuto Boulter per 6-1 6-1 e ha raggiunto gli ottavi di finale. Chissà che ne pensa la sua designata compagna di doppio a inizio torneo, Tamara Korpatsch, che si è ritrovata sola a un'ora dall'esordio perché Tan le ha detto che non avrebbe più giocato. D'altronde il giorno prima aveva battuto Serena e ha ragionato bene sul fatto che forse il suo torneo poteva proseguire. Altre due vittorie e ottavo di finale, non male. Ah, oltretutto, Tamara è positiva al coronavirus da oggi, bene ha fatto la Tan a isolarla 😄

Brooskby pare sconsolato a inizio di terzo set, ha proprio l'aria di stare affrontando una giornata storta. Invece Garin smarrisce la misura dei colpi, specie il rovescio, e manda Jenson rapidamente sul 3/0. Chiuso 6-1 il terzo in favore dell'americano, il quarto set è il primo equilibrato della partita. Garin adesso ha finalmente capito che non deve far giocare mai il dritto a Jenson, che altrimenti inizia a farlo correre per il campo ed è la fine. Gioca solo sul lato del rovescio dell’americano, è così che si procura una palla break per servire per il match ma Jenson colpisce un vincente lungolinea di dritto che fa saltare il pubblico. Ma Garin chiude 6-4 facendo il break all’ultimo gioco, è agli ottavi di finale, fossimo in lui manderemmo una cassa di vino a Matteo Berrettini, come minimo.
C'era da passare ancora qualche ora in attesa di zizzi/nick e quindi abbiamo rimesso piede dentro il centrale, Gauff e Anisimova stavano iniziando il terzo set. Perso il primo al tiebreak, Anisimova ha cominciato a randellare da fondo campo senza soste: una palla a destra è una a sinistra, Gauff opponeva tenace resistenza ma Amanda era implacabile, faceva sembrare semplice imitarla tanto era lineare l'esecuzione dei suoi colpi. La.finalista de Roland Garros beccava, e proprio il caso di dire così, un 6-2 6-1 che dovrebbe farla riflettere un po'. Forse anche quelli che in lei vedono qualcosa di strepitoso dovrebbero riflettere, a noi sembra una onesta pedalatrice con la mano di un 3.3.

Iga Swiatek oramai inizia le sue partite come le sfide tra soci al circolo: “le do un +15 o un +30?”. Ad Alize Cornet ha dato tre game di vantaggio, solo che la francese si è fatta recuperare solo uno dei due break e quindi ha vinto per 6-4 il primo set. Iga ha subito riavviato il computer che è ripartito senza problemi fino al 2-0, e qui tutti hanno pensato che Alize avrebbe fatto pochi altri game. Invece Iga sbagliava tutto da fondo campo e anche a rete, sembrava spazientita e in profonda crisi. Il pubblico sembrava aver voglia di essere testimone della prima sconfitta di Iga, a Wimbledon sarebbe clamorosa. Cornet aveva abbastanza coraggio da portarsi sul 4-2, recuperava uno smash impossibile che la indirizzava verso un ulteriore break: avrebbe servito per il match sul 5-2. Dalla sala stampa tutti correvano sul centrale per fare testimonianza. Ma era rimasto poco da vedere: un altro game autoritario di Alize le consentiva di alzare le braccia, ora sarà (anche) ricordata come quella che interruppe la serie di 37 partite senza perdere di Iga. Qui c'è la cronaca della sconfitta più clamorosa dell'anno a cura di Luca Baldissera.
Un'ora di fila in sala stampa per avere l’agognato braccialetto per entrare sul campo uno, da Nick e Stefanos. Capito?

Il greco ha appena vinto il primo set al tiebreak, Nick manifesta già insofferenza e noi capiamo che sarà dura perché il greco ha l'atteggiamento di un monaco delle Meteore.

Alcune giocate di Kyrgios sono talmente belle che tocca scomodare il Federer di questi prati, peccato che fino al 4-4 del secondo Kyrgios e l'unico tennista in campo ad aver avuto palle break, poi da 40-0 commette quattro gratuiti consecutivi, palla break, segue ace, segue servizio vincente, segue vincente di dritto non catalogabile per bellezza.  Capite perché lo stadio è pieno?

Kyrgios improvvisamente si riaccende e gioca un game solido, vince il set 6-4 e Stefanos tira una pallata verso il pubblico. C’è chi invoca il default, Kyrgios protesta vivamente, l’arbitro dà un warning al greco, che intanto è andato al bagno. Coraggiosissimo, il pubblico bueggia.

Intanto Sonego è sotto 6-1 6-2, perderà poco dopo anche il terzo set 😬
Nel terzo set Tsitsipas subisce un altro break, Kyrgios gioca un tennis talmente ordinato che sembra Munar (più o meno), quando Nick si porta sul 4-1 servendo da sotto Tsitsipas tira una pallata che finisce fuori dal campo e anche fuori dalla sagoma dell'austrlaiano. Penalty point, atmosfera da  GAZZARRA, pubblico eccitato. Si può fare di meglio? Certo. Quando Tsitsipas tira lungo un rovescio di due metri Nick gli dice “good shot” 😍

Nel quarto set i turni al servizio sono inviolati, il campo uno è in attesa che succeda qualcosa, come quando mancano pochi istanti all'inizio di un concerto. Entrambi tengono un torno su battuto salvando palle break, due il greco, tre l'australiano. Siamo 4-4, adesso è ora di chiudere il tetto e accendere le luci, ché è buio. Arriva il momento atteso, è un setpoint che Kyrgios concede servendo sul 4 a 5, ma un vincente di rovescio sistema tutto. Nick se la prende continuamento con qualcuno o qualcosa, ma noi che lo seguiamo sappiamo che è la sua maniera per caricarsi, questa partita non la butterà.

Ecco il tiebreak, questa volta Nick non concede niente, sta dietro a Tsitsipas nel punteggio finché non conquista un mini break e poi il matchpoint, ma Stefanos salva. C’è il secondo setpoint per Tsitsipas, ma Nick lo elimina con una volée stoppata che fa esultare anche gli steward: in questo momento non si può essere dentro il campo uno senza essere coinvolti emotivamente da questo alternarsi di colpi di scena.

Il pubblico è tutto con Nick, forse per solidarietà con il Commonwealth. A Nick servono due punti per chiudere vittoriosamente la partita più bella del torneo, merita di vincerla, deve vincerla. Serve lui, arriva a matchpoint. Serve Stefanos, Nick risponde e parte lo scambio. Ma Kyrgios non è passivo, tiene l’iniziativa, sposta il greco finché poi non smorza improvvisamente, Stefanos corre ma non può nulla: è tempo di urlare.

Nick può finalmente liberare la sua gioia, ha vinto un’altra di quelle partite che nessuno dimenticherà. I due si stringono la mano come se la stringerebbero oggi Putin e Zelenskyy, ci si aspetterebbe un giro di campo da parte di Nick, invece lui va a sedersi sulla sedia, sguardo basso.
Quanto deve essergli costata emotivamente questa partita? Quante energie mentali ha dovuto impiegare per rimanere sempre dentro la partita contro un avversario che mal sopporta e che aveva un atteggiamento zen proprio per non dargli stimoli? In quello sguardo verso terra, con le spalle chiuse, mentre tutti gli spettatori sono in piedi a urlare o a immortalare questo momento magico, c’è tutto Nick Kyrgios. Se lo incontrassimo, gli diremmo solo grazie.

e a proposito di ringraziamenti...


Grazie ai tanti che ci hanno scritto e che continuano a farci i complimenti. Questa settimana abbiamo poco tempo per rispondere alle mail, una cosa che facciamo praticamente sempre, quindi un paragrafo è il minimo che possiamo fare: grazie quindi al nostro lettore di Termoli, cui risponderemo leggendo un saggio che ci ha mandato, grazie a Marko e i suoi amici perché parlano male di Renzi, a Francesco che ci fa i complimenti ad ogni numero, a Lucilla che ci ha scritto di aver rivissuto tramite la nostra lettura una giornata a Londra di molti anni fa, a Gianni per la stessa cosa, a Patrizio, Billy, Michele, a Mr 1000 che vuole vedere i nostri selfie ma non li vedrà, a Pietro a cui stranamente piace come scriviamo e grazie anche ad Alberto, uno che ci scrive spesso e quasi sempre per criticare. Alberto dovrebbe essere un ex giornalista anzianotto, una specie di mitomane che si sente autorizzato a spiegarci come fare le cose, quelli che amiamo noi insomma.

Anche lui ha parlato male dei Guns, ci ha detto che quello che abbiamo scritto ieri era inutile e ci ha pure paragonato a Damilano, pensando forse di insultarci, quindi abbiamo pure capito da che parte sta; lui rimpiange le prime edizioni di Warning e non fa unsubscribe perchè spera che “Warning torni al passato”. Chiaramente noi siamo nel futuro per lui, quindi le nostre strade sono destinate a separarsi. Meno male che siamo a Wimbledon, altrimenti il dolore sarebbe insopportabile. E comunque una volta avevamo degli hater che ci divertivano di più.

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🎶 E parliamo quindi dei Guns N’ Roses, che per tutti sono un gruppo bollito. Quando ce lo dicono, noi chiediamo: “Scusate ma c'è quindi qualche gruppo hard rock che oggi suona più o meno come loro?” Non riceviamo risposta.

E questo vale per i Metallica, visti qualche settimana fa, e per gli Iron Maiden che vedremo giovedì. Non ci sono i surrogati, questo genere di musica ha detto tutto negli anni ‘80 e ‘90.

“It’s so easy” ha aperto il concerto, "Knocking…" l'ha chiuso. Nel mezzo tante hit, i giorni delle scuole medie che sono tornati in mente sulle note di Sweet Child O’ Mine e Paradise City, ma anche con Rocket Queen, una delle nostre preferite. Slash è stato strepitoso, Axl è sempre unico, vederli vivi entrambi è un miracolo. Acustica da stadio, quindi scarsa, ma il Tottenham Hotspurs Stadium ci ha fatto vergognare a noi frequentatori dell'Olimpico: zaino lasciato e ripreso dal guardaroba in cinque minuti (ma 10 pounds LMV),  birra in un minuto (6,5 pounds LMV), ascensori (gratis, meno male), tutto cashless: il futuro.

Che altro dire? Live and let die.
Warning è a cura di Claudio Giuliani
Persona non grata. Romanista, l'heavy metal mi ha salvato la vita. Diplomato con fatica all'ITIS, ho studiato aggiustaggio e fatto il militare. Tennista di periferia dal rovescio rigorosamente a una mano, campione in carica 2022 della Coppa Gabbiani a squadre limitata 3.3 (grazie alla panchina fatta in finale), "uno degli Over 40 più belli di Roma", persona modesta.
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