La sperimentazione preclinica dei farmaci è fatta di lunghi esperimenti condotti su modelli cellulari e animali che possono richiedere fino a quindici anni e costare fino a 2,6 miliardi di dollari. L’impiego del bioprinting nella sperimentazione farmacologica – con la realizzazione di modelli viventi di tessuti e di organi danneggiati da determinate malattie, col fine di studiarli e usarli come “cavie” per testare nuovi farmaci – promette numerosi vantaggi. Una biostampante 3D in grado di realizzare in modo rapido un numero elevato di lotti di tessuti biologici sui quali testare nuovi ritrovati della ricerca farmacologica, potrebbe contribuire a rendere lo sviluppo dei farmaci più veloce, meno costoso e senza la necessità di sperimentazioni sugli animali. LEGGI L’ARTICOLO DI PAOLA COZZI