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La newsletter dei creativi digitali.
Un progetto di Francesco Oggiano | Archivio | Browser

E buongiorno. Sono ancora in Puglia, dove ho partecipato a due tappe del Will Meets, un tour in giro per l'Italia dei ragazzi di Will. È stato qualcosa di fantastico, un'occasione - per me la prima - di conoscere i propri lettori, stringere loro le mani, confrontarsi su cose fatte, piaciute e non piaciute. Anyway, oggi partiamo con grandi novità. 

Cosa ci dicono le newsletter di Facebook

 
Malcom Gladweel, giornalista e sociologo canadese, è l'autore messo in evidenza nella home di Bulletin, la nuova piattaforma di newsletter di Facebook
 

Si chiama «Bulletin». È stata annunciata come piattaforma di newsletter di casa Facebook, ma secondo me, guardandola bene, vuole essere qualcosa di più: la piattaforma per i Creators di casa Facebook, che in futuro lì faranno e commercializzeranno podcast, stanze audio e altro. 

Facebook ha già arruolato una decina di autori (giornalisti e non) specializzati in settori come Sport, Scienza, Salute e Finanza. Niente scrittori «divisivi» o troppo «politici». Tra quelli più interessanti a cui potete già iscrivervi: 

1) Mitch Albom, attivo nel terzo settore, racconta com'è ogni settimana dirigere il suo orfanotrofio a Port-Au-Prince;

2) Malcom Gladwell, giornalista canadese, risponde alle domande dei lettori;

3) Raven Baxter parla dell'impatto della scienza sul nostro mondo

4) Jessica Yellin, reporter espertissima, è host della newsletter più giornalistica, dal titolo bellissimo: «News, not noise».

5) James Hamblin, dottore, parla di benessere.

6) Tan France, di diritti Lgbt+.
 

La piattaforma funziona esattamente come Substack, a cui si ispira palesemente anche dal punto di vista grafico, non direi troppo innovativo. Gli autori dovrebbero ricevere da Facebook un anticipo e una paga mensile. In cambio, pubblicheranno in maniera esclusiva la loro newsletter sulla piattaforma di Mark, e potranno decidere di metterla a pagamento per i lettori. 

Mi sono chiesto sul Foglio se funzionerà: di sicuro, il buon Mark ha l’arma più potente mai avuta finora da una piattaforma: quelle 2,8 miliardi di persone già presenti sul social che rappresentano altrettanti potenziali iscritti per le newsletter in arrivo. Un pubblico già perfettamente segmentato e targettizzato, che potrebbe ricevere già da domani sul suo feed la pubblicità della newsletter specializzata sul tema su cui ha espresso preferenze.

Al di là del successo, però, come ha scritto Sara Fischer su Axios l’operazione è il simbolo - potentissimo - di un trend che in queste settimane sta scuotendo la Silicon Valley: il tentativo affannoso e a volte sgraziato da parte delle Big tech «di costruire nuovi strumenti per competere con le piccole aziende e conquistare così l’attenzione dei Creators». 
Tradotto: i giganti cercano di stare dietro ai piccoli.
Dalla loro nascita fino alla pandemia, le piattaforme tech come Facebook, Twitter o Spotify si sono concentrate a generare guadagni sulla pubblicità, dimenticandosi di creare strumenti affinché i creators potessero crearsi un proprio pubblico direttamente e fare soldi tramite esso. Erano gli account «business» dei brand i veri protagonisti dell’economia delle piattaforme: quelli che potevano investire, quelli che potevano monetizzare e quelli che avevano gli strumenti più esclusivi e fighi per farlo.
 
Negli ultimi anni, e specie durante la pandemia, la capacità di generare l’attenzione e di monetizzarla è passata sempre più dalle tradizionali strutture alle singole persone.
«Creator economy», la chiamano: l’economia fatta da persone singole (i Creators) che producono, distribuiscono e soprattutto monetizzano direttamente i loro contenuti, che siano audio, video, o appunto testi scritti.

E visto che anche la Rete non contempla buchi, quella necessità di monetizzazione diretta e immediata non coperta dalle piattaforme più grandi, è stata finora risolta da startup dalle dimensioni infinitamente più piccole. Patreon per i micropagamenti; Clubhouse per gli audio, Twitch per le dirette video, Substack per le newsletter. Tutti servizi pensati per permettere ai Creators di creare il proprio prodotto, di distribuirlo e di monetizzarlo direttamente tramite il rapporto con la community.

Ora, con i loro tempi, stanno arrivando i giganti. Spotify ha appena lanciato la sua piattaforma che permette di creare room audio live (come Clubhouse), e sta lavorando a un tool per permettere ai piccoli podcaster di guadagnare direttamente tramite le donazioni degli ascoltatori. Twitter, ormai alla ricerca disperata di un’idea originale, ha annunciato Spaces per l’audio (come Clubhouse) e Revue per le newsletter (come Substack). Facebook sta testando le sue «Live audio Rooms» (come Clubhouse) e ha ora lanciato Bulletin (come Substack).

E tutti, tutti, sono partiti alla ricerca di Creators che producano contenuti di valore sulle loro piattaforme, corteggiandoli con il cash e opportunità imbattibili di aumentare la propria fanbase. È la guerra dei talenti, ed è appena cominciata.
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Essì, succede anche in chat.

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