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“Ti porto sempre nel cuore quando vado via”
Caparezza (2008)

Vieni a suonare in Puglia.
Beatrice Rana tra musica e Salento
(Photo credit Simon Fowler © Parlophone Records Ltd)
  • Nasce il 22 gennaio 1993 a Copertino in provincia di Lecce
  • Nel 2013 vince la medaglia d’argento e il Premio del pubblico al prestigioso Van Cliburn International Piano Competition
  • Da pochi giorni è stata nominata accademica di Santa Cecilia
  • Il 24 settembre 2021 esce per Warner Classics il suo disco monografico dedicato a Chopin
(ClassicheFORME_foto Daniele Coricciati)
“Sono entrata a nove anni nella classe di pianoforte di Benedetto Lupo. Ne sono uscita a ventiquattro con la vita completamente cambiata”. La bambina di nove anni è Beatrice Rana, oggi giovane stella del pianoforte, artista internazionale applaudita in tutte le sale del mondo che ha appena presentato il disco monografico dedicato a Chopin. Salentina d’origine, innamorata della sua terra, residente a Roma, è in realtà da sempre una globe-trotter, come ama definirsi sui suoi profili social. Dopo i primi viaggi per partecipare a concorsi pianistici, conseguita la maturità si trasferisce in Germania: “E’ stato un momento di rottura. Vedevo solo i difetti della mia terra. Il primo anno in Germania è stato splendido: finalmente gli autobus in orario, finalmente una scuola con la biblioteca, un diffuso e forte senso di responsabilità. Dopo solo un anno sentivo la mancanza di tante cose ed è affiorato il mio essere italiana e salentina. Girare molto e vivere per lunghi periodi all’estero ti fa rendere conto di quel che sei e delle tue origini”.
“Benedetto Lupo è stato un vero maestro perché non mi diceva cosa fare ma faceva quello che diceva”
Quelle di Bea, come la chiamano le persone più amiche, sono radicate a Copertino, in quel Salento fatto di mare e ulivi. Una famiglia di musicisti dove il pianoforte risuona per casa. “Il pianoforte era un elemento quotidiano delle mie giornate. Poi è diventato un gioco, poi una passione e poi disciplina”. Proprio la disciplina è ciò che caratterizza chi decide di intraprendere un percorso artistico. La piccola Beatrice è molto seria e incontra un maestro come Benedetto Lupo, “un vero maestro perché non mi diceva cosa fare ma faceva quello che diceva. Lupo mi ha aperto mondi musicali e non solo”. Beatrice cresce e iniziano i concerti, i primi concorsi, manifestazioni dove spesso regna un agonismo smodato. Ma è proprio in queste rassegne che capisce che il pianoforte è la sua vita. “Avevo sedici anni e confrontandomi con i primi grandi concorsi ho capito che quello era il punto di non ritorno. Volevo fare questa professione, volevo farla come dicevo io”.
Il primo grande scoglio da superare per vivere di pianismo è quello di accettare il talento che ci si ritrova addosso. Sembra facile, ma il lavoro da fare, prima che sulla tastiera, è quello su se stessi. “Nascere con un talento è una fortuna e non un merito. Si ha tra le mani qualcosa senza meritarlo né tantomeno volerlo, ma bisogna dare dignità a questo talento. Inizia così un lavoro enorme che non finisce mai. Un percorso di conoscenza di sé che ti permette di comprendere, gestire e perfezionare, giorno per giorno, questo dono. Un cammino fatto di bivi, costanti dubbi, dove si mette in discussione tutto e non ci si può sentire mai arrivati”.
(Photo credit Simon Fowler © Parlophone Records Ltd)
L’adolescenza della pianista trascorre tra le ore di studio al pianoforte, i concerti, i concorsi e il liceo scientifico, la scuola più impegnativa del suo paese. Beatrice non sopporta le mezze misure e vorrebbe rendere al massimo ovunque. I continui viaggi la costringono a tante assenze e non sempre i suoi impegni sono compresi nell’ambiente scolastico. Questo suo essere sempre in giro non scalfisce la sua serenità perché “Il palcoscenico è casa mia. Davanti al pianoforte sono in famiglia. Se il pianoforte si trova a New York, a Roma o a Tokyo non importa. Io sono sempre a casa”. Lo ripete spesso ma ci dice che salire su un palco e “imporsi” sul pubblico mette anche paura. “Chi non ha paura non ha consapevolezza di quello che sta andando a fare. Potrei chiamarla anche adrenalina. Senza, sarebbe impossibile fare questo mestiere”.
“Nascere con un talento è una fortuna e non un merito. Si ha tra le mani qualcosa senza meritarlo né tantomeno volerlo, ma bisogna dare dignità a questo talento.”
Prima del Covid, l’agenda di Beatrice Rana segnava novanta concerti all’anno nei più importanti teatri internazionali: Carnegie Hall, Hollywood Bowl, Teatro alla Scala. Recital solistici e concerti con grandi direttori, per una carriera in continua ascesa che le è valsa un’infinità di premi.
(ClassicheFORME_foto Daniele Coricciati)
“Il problema di un giovane, ma penso di chiunque, è che non può apprezzare ciò che non capisce. Ai giovani non si fanno vedere le cose”.
Uno di questi ha deciso di investirlo in un suo progetto, il festival di musica da camera Classiche forme nato nel 2017 in collaborazione con la famiglia Bacile di Castiglione, che mette a disposizione un frantoio ipogeo appena ristrutturato. Una piccola sala da cento posti nel cuore della terra dove, per un weekend, l’artista invita a suonare i suoi amici musicisti. “Doveva essere un esperimento e non contavo di riempire quei cento posti. Con mia grande sorpresa abbiamo fatto sold-out tutte le sere, raccogliendo l’entusiasmo delle persone del posto. Questo mi ha dato tanta forza e voglia di crescere”. Nel giro di pochi anni Classiche forme è diventato un punto di riferimento nell’estate musicale italiana. Il Festival si svolge per una settimana, coinvolgendo molti artisti e rafforzando lo stretto legame con la terra che lo ospita. L’edizione che si inaugurerà domenica 18 luglio a Lecce dura una settimana e prevede quattro concerti serali, dei concerti pomeridiani con giovani artisti e poi una novità: i concerti in campo aperto. “Sono spettacoli ancora più informali dove si farà musica in un campo d’ulivo, in una masseria, immersi nel Salento autentico. Gli artisti suoneranno in jeans e il programma sarà a sorpresa. Voglio collegare ancora di più il festival al territorio e coinvolgere tanti giovani”. Proprio i giovani sono un punto su cui investire e Bea forse è l’unica ad avere le idee chiare. “Il mondo sta cambiando e ci chiede di cambiare. Il problema di un giovane, ma penso di chiunque, è che non può apprezzare ciò che non capisce. Ai giovani non si fanno vedere le cose. Nel Festival abbiamo istituito il lavoro volontario a cui aderiscono tanti ragazzi che hanno la possibilità di vivere quello che succede nel back stage di un concerto sentendosi parte integrante dello spettacolo e capendo che noi musicisti siamo persone normali innamorate di quello che facciamo”. E il suo futuro? “Al pianoforte, su un palco, in giro per il mondo. Non riesco a immaginarmi in altra maniera”.
L’anteprima del disco dedicato a Chopin di Beatrice Rana



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A cura di Mario Leone e Carlo Carù, ha collaborato Margherita Giambi
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