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Newsletter 62 ● 30 luglio 2021

Sono una di quelle persone - problematiche, me ne rendo conto - che cercano di tenere il proprio desktop sempre in ordine, e che si danno l'obiettivo di raggiungere inbox zero alla fine della settimana.

Puntualmente fallisco in questa missione, sia chiaro: contrastare il sovraccarico informativo cercando di curare al meglio l'erba del mio giardinetto digitale è un po', come si diceva una volta, “andare a scopare il mare”. 

Resta il fatto che fare ordine (o provarci, almeno) è una delle poche armi a mia disposizione per mantenere un certo equilibrio mentale quando le cose digitali della mia vita lavorativa si fanno affannose.

Questo per dirti che c'è, sulla mia scrivania, un piccolo file textedit in cui raggruppo pensieri e riflessioni che mi piacciono — una raccolta sequenziale di quote che prima o poi potrebbero offrirmi spunti, per una newsletter, una presentazione o altro.

Così mi sembrava una bella idea, in questa ultima Ellissi pre-vacanze, condividere con te alcuni dei migliori ctrl+c ctrl+v immagazzinati nel corso del 2021. Ché magari, se me li segno pure qui, riesco davvero a non disperderli nel fondo di qualche cartella.

Noi altri ci risentiamo a fine agosto — e domenica con i member, per la seconda (densissima) puntata di Ellissi First, in cui parleremo della differenza tra giornalismo e benzina, di stagnazione atlantica, e dell'ascesa di una certa startup francese.

Se vuoi riceverla e sostenere il mio lavoro, puoi abbonarti qui.

Ti auguro un'estate di piacevoli pensieri e senza inbox zero da raggiungere. Ci risentiamo alla fine di agosto.

 
Alla prossima Ellissi!
Valerio

 
*Lo so, lo so. Ci sono decine di app nate per fare la stessa cosa, esistono metodi più efficaci. Ci ho provato, giuro. Ma il textedit - rigorosamente in versione dark - non lo batte nessuno.

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Emergenza cronica
di Seth Godin (Marketer)
Fonte: Seth's Blog

L'emergenza vince sempre. Sui giornali, sui social, a cena, nell'ufficio del capo, nelle trasmissioni sportive, nelle previsioni del tempo, nei CDA — la conversazione gira quasi sempre attorno all'emergenza del momento. Su ciò che è appena accaduto.

Qui in città c'è un gruppo di volontari per gli incendi, ma non c'è un'unità di volontari dedicati al cambiamento culturale di lungo periodo. Anche solo scriverlo ha un non so che di bizzarro.

Eppure, i problemi cronici definiscono il nostro futuro, e i cambiamenti di lungo periodo ci hanno fatto diventare quello che siamo. L'evoluzione della specie è un processo cronico. E la maggior parte di noi muore di malattie croniche. Perché non spendiamo anche solo una frazione del nostro tempo e delle nostre energie focalizzandoci su ciò che è cronico, anziché su ciò che è urgente? Una goccia dopo l'altra.

 

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Il filo sottile
di Jessica Lessin (CEO, The Information)
Fonte: LinkedIn


Un mondo in cui le piattaforme tecnologiche guadagnano grazie ai contenuti che altri hanno creato e finanziato, senza pagarli, non è ottimale, perché con il passare del tempo causerà una riduzione degli investimenti sulla produzione di questi contenuti. E questo danneggerà tutto ciò che è un contenuto di valore, sancendo forse la fine del giornalismo per come lo conosciamo.

Allo stesso tempo, un mondo in cui le piattaforme tecnologiche possono distribuire esclusivamente contenuti per cui hanno pagato sarà la fine di internet per come lo conosciamo. Per fortuna, però, le cose stanno cambiando.

 

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Se tutto diventa 'prodotto'
di Brian Morrissey (Giornalista e autore)
Fonte: The Rebooting


Viviamo in un mondo dove il “prodotto” è oggetto di venerazione. Questa parola viene utilizzata ormai a casaccio per indicare tante cose diverse. C'è il rischio che diventi come contenuto, salute mentale e tossico — altri termini che stanno perdendo il loro significato originario.

La mia regola nei media e che se qualcosa viene descritto entusiasticamente come 'un prodotto', probabilmente non è altro che una semplice funzione. Questo diventa un problema quando le persone, nelle aziende, pensano che alcune funzioni - come le newsletter - siano dei prodotti. Se tu offri agli utenti un abbonamento unico al tuo contenuto, è quello il tuo prodotto. Punto.

 

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Post-attenzione
di Terry Nguyen (Giornalista)
Fonte:
Gen Yeet

Tutto il contenuto è una commodity. Le piattaforme stanno stanziando “finanziamenti per creator” per incentivare gli utenti a postare, promettendogli in cambio la possibilità di monetizzarli.

Presto non ci sarà più motivo per pubblicare contenuti gratuitamente quando ognuno potrà guadagnare dalle piattaforme, dagli altri utenti, o dai brand — o da tutte queste cose assieme.

Essere una persona su internet (anonima, semi-anonima, o conosciuta) significa soccombere agli ingranaggi dell'economia dell'attenzione, un tempo regolate dalla valuta sociale dei like, dei follow, delle condivisioni e dei commenti.

Oggi il denaro è stato esplicitamente aggiunto a questa equazione.

 

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Il sistema in cui viviamo
di Charlie Wazel (Giornalista)
Fonte:
 Galaxy Brain

Vorrei che il giornalismo non avesse legato il suo destino a piattaforme pubblicitarie che collegano milioni di persone.

Vorrei che non avessimo delegato le nostre conversazioni politiche e culturali a queste stesse piattaforme.

Vorrei che direttori e giornalisti potessero ignorare completamente questi spazi, focalizzandosi su una versione 'pura' del giornalismo.

Non mi piace questo sistema più di quanto piaccia alle redazioni delle testate. Ma questo è il sistema in cui viviamo. Le redazioni ancora non capiscono come funziona la rete, e ciò deve cambiare.

 

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Il vero problema
di Kaytlin Tiffany (Giornalista)
Fonte: The Atlantic


Bene, è arrivato il momento di ammettere qual è il vero problema: non farò mai ordine nel mio feed perché non ne ho voglia. Mi piace essere intrappolata in un loop algoritmico di disgusto e confusione.

Non posso fare a meno di guardare contenuti fastidiosi fino all'ultimo secondo, né posso fare a meno di condividerli. È un po' imbarazzante ammettere che le cose stiano davvero così, ma anche l'imbarazzo alla fine è divertente.

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Lavorare senza capi
di Clio Chang (Giornalista)
Fonte: Columbia Journalism Review


Dal momento che così tanti giornalisti scelgono oggi di intraprendere carriere soliste, il loro bisogno di un'infrastruttura di supporto - che non sia Substack - diventa sempre più urgente.

I sindacati, le antiche organizzazioni che lottano per rendere un determinato settore lavorativo più equo, devono adattarsi a queste nuove necessità.

Garantire accountability diventa sempre più difficile, quando le aziende tecnologiche non ammettono di essere degli editori. Ricordiamoci che le persone sono sempre lavoratori, anche quando non hanno un capo cui rendere conto.

 

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Superfici trasparenti
di Andrea Girolami (Autore, Scrolling Infinito)
Fonte: Scrolling Infinito


Il mestiere della progettazione è in buona parte fondato sulla capacità di eliminare il superfluo. È così anche nell’ambito dei contenuti, dove è fondamentale capire gli elementi indispensabili alla buona riuscita di ciò che stiamo scrivendo, girando o producendo ed evitare errori di prospettiva.

Il rischio è sempre quello di fare la fine degli uccelli che si schiantano sulle vetrate dei grattacieli, scambiando le superfici trasparenti per un passaggio libero quando non lo è affatto. Non c’è nulla di più fastidioso infatti di un contenuto fondato su buone intenzioni che si rivelano poi clamorosamente sbagliate, compromettendone quindi la probabilità di successo o addirittura contribuendo a far fallire l’intero progetto a cui è legato.

È indispensabile prendere coscienza dell’ambito in cui ci troviamo a operare, ovvero quello della rete, allontanandoci da quanto trasmessoci in precedenza dall’ambiente dei “legacy media” che per decenni hanno disegnato un perimetro d’azione ormai totalmente cambiato.

Come s’impara a galleggiare in acqua andando contro ogni naturale attitudine («Stai immobile, fai il morto!») così anche in questo caso dobbiamo disimparare ciò che crediamo di conoscere per evitare di affogare in una marea di segnali errati.

 

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Il target che ci divide
di Silvia Milano (Ricercatrice e accademica)
Fonte: The Conversation


Oggi i consumatori vivono esperienze online molto isolate. Si trovano in uno stato di “frammentazione epistemica”, in cui l'informazione disponibile a ciascun individuo è limitata a ciò che visualizza in quanto target pubblicitario, senza che abbia l'opportunità di paragonarsi agli altri in uno spazio condiviso. Per colpa della targettizzazione personalizzata, ognuno di noi vede pubblicità diverse. Questo ci rende più vulnerabili. [...]

Dovremmo focalizzarci sul ripristrinare il ruolo dei consumatori come partecipanti attivi nella regolamentazione della pubblicità online. Questo si può ottenere diminuendo la precisione delle categorie di targeting, istituendo quote massime di targeting, oppure eliminando del tutto il targeting.

Ciò assicurerebbe che almeno una fetta delle pubblicità online venga vista da consumatori maggiormente diversi tra loro, in un contesto condiviso, dove le obiezioni possano veramente essere sollevate e discusse.
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Supplemento di Slow News – Registrazione n°43 dell'8 febbraio 2016 presso il Tribunale di Milano. ISSN: 2499-4928. Slow News StP Srl, via Eugenio Carpi 23, 20131 Milano. CF e PI: 09962490968.