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lunedì 13 settembre 2021 - n°58
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Inoltra Inoltra

EDITORIALE

DOVE SAREBBERO I TALEBANI MODERATI?

Gli insigni strateghi di Washington, che hanno confezionato in gran segreto gli accordi di Doha, pensavano senz’altro di esser riusciti nel miracolo di trasformare tagliagola patentati non solo in abili negoziatori – come si è poi rivelato - ma anche in rivoluzionari pentiti, che tengono il kalashnikov in mano più come portafortuna che come strumento di potere e di morte.
Si pensava insomma, almeno immaginiamo perché poco è filtrato all’esterno della vera natura dell’intesa tra americani e talebani, che la nuova generazione dei cosiddetti studenti coranici fosse certamente un po’ violenta, ma tutto sommato gestibile e sulla quale si poteva contare, almeno all’inizio, per veicolare l’immagine di un’uscita di scena in fondo non così disastrosa che potesse non far rimpiangere quelle poche conquiste fatte dalla società afgana, a partire dalle donne, negli ultimi vent’anni, quando è cessato – va ricordato – grazie all’intervento militare il regime del mullah Omar e del leader terrorista Osama Bin Laden.
Già perché oggi che tutti criticano la presenza delle forze Nato nel paese, ripetendo il logoro mantra che l’Afghanistan non è mai stato conquistato da nessuno, quasi compiacendosi – alcuni – del trionfo dei mitra sulla supertecnologia occidentale, non bisogna dimenticare che la decisione di rimuovere con la forza il governo che offriva la base logistica ad Al Qaida è stata quella che ne ha smantellato la catena di comando, impedendo nuovi attacchi come quelli alle Torre Gemelle e conducendo poi, dieci anni dopo, all’eliminazione fisica del suo capo.
E’ stata l‘invasione dell’Iraq, casomai, basata su fallaci e pretestuosi presupposti, a scatenare il vuoto di potere che ha consentito la nascita dell’ISIS e le nuovo forme di terrorismo del Bataclan e degli altri episodi successivi. Ma si tratta di un’altra storia.
Tornando all’Afghanistan, invece, non si può che rimanere storditi dalle perplessità mostrate da alcuni all’annuncio delle prime misure repressive e della composizione del primo governo del nuovo emirato: torna la parola d’ordine “le donne a casa”, tornano i grandi vecchi, o magari i loro figli, tornano a comandare i tagliagola, magari non proprio i linea con i nuovi venuti dello stato islamico, ma nemmeno  disposti a scostarsi di un filo dall’interpretazione più rigida della sharia in funzione anti valori dell’Occidente, quali essi siano, come se quest’ultimi non fossero universali.  
Il guaio è che taluni la pensano proprio così, e cioè che la nostra sconfitta dimostra che è a torto che si pretende per le donne afgane, e non solo per loro, condizioni di vita e diritti in linea con la gran parte degli altri paesi. E che anzi è stato uno sbaglio provare a rafforzare i loro diritti, perché ciò non fa parte delle tradizioni locali. Lo ha sostenuto un alto responsabile europeo basato a Kabul fino al mese scorso. 
Sono parole che fanno rabbrividire, ma che la dicono lunga sull’attuale situazione in cui qualcuno ha creduto di poter giocare all’apprendista stregone ed altri, Unione europea in testa, stentano a trovare una linea di azione coerente che vada oltre il mero invocare un mitico “esercito europeo” e d’altro canto pronunciarsi a gran voce per “aiutarli a casa loro” o tuttalpiù dal vicino.
Cose, insomma, che non si possono vedere.
Bene fa il governo italiano ad essere più assertivo, occorre ora una maggiore assunzione di responsabilità prima del consolidamento del regime, e prima che i riflettori si spengano su quanto avviene laggiù…

IN EVIDENZA

DONA IL TUO 5X1000 A NON C'É PACE SENZA GIUSTIZIA
CONTRO I MATRIMONI MINORILI

APPELLO AGLI STATI MEMBRI DELL' ONU PER L'ADOZIONE DI UN MECCANISMO INVESTIGATIVO SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN AFGHANISTAN

Giovedì 9 settembre 2021 oltre 50 associazioni, commissioni internazionali e organizzazioni non governative, tra cui Non C’è Pace Senza Giustizia, hanno firmato un appello al fine di sollecitare gli Stati membri delle Nazioni Unite a garantire l'adozione di una risoluzione per istituire una missione d'inchiesta sull'Afghanistan in seno al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU. 
Per NPSG e le altre organizzazioni firmatarie della lettera appello l’istituzione di un meccanismo investigativo indipendente dovrebbe essere affrontata come questione prioritaria alla prossima 48esima sessione ordinaria del Consiglio (CDU), in programma questa settimana a Ginevra.
Purtroppo, infatti, un primo testo adottato ad agosto, all’indomani della presa del potere da parte dei talebani, è stato molto al di sotto delle richieste rivolte sia dalla Commissione Indipendente per i Diritti Umani dell'Afghanistan (AIHRC) e dall'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani che dal governo italiano attraverso il sottosegretario Benedetto della Vedova, e certamente non all'altezza del mandato del CDU di “affrontare efficacemente le situazioni di violazione dei diritti umani, comprese quelle gravi e sistematiche”.
Una Missione d'inchiesta - o un simile meccanismo investigativo indipendente - dotata di risorse adeguate al monitoraggio nonché alla raccolta di prove delle violazioni dei diritti umani e degli abusi commessi in tutto il paese e con un mandato pluriennale è una componente fondamentale per affrontare la crescente crisi umanitaria e dei diritti umani in Afghanistan.
Un tale meccanismo è cruciale per assicurare altresì che gli stati membri dell'ONU siano pienamente informati della situazione nel Paese soprattutto alla luce delle decisioni che dovranno prendere per rispondere alla crisi proteggere i diritti e le vite del popolo afghano e per prevenire ulteriori crimini.
In questo momento più che mai è cruciale sostenere i difensori dei diritti umani, tra cui in particolare le attiviste donne che hanno continuato il loro lavoro con notevoli rischi personali e hanno chiesto sostegno e solidarietà alla comunità internazionale. Pertanto, NPSG esorta tutti gli Stati membri dell'ONU ad agire con urgenza per correggere la rotta del CDU, assicurando che un robusto meccanismo investigativo indipendente venga effettivamente adottato. Come ha notato recentemente la presidente dell'AIHRC: "gli attivisti afgani che sono rimasti nel paese, i miei colleghi, che affrontano minacce dirette alla loro vita e alla vita delle loro famiglie, chiedono di meglio, mentre hanno tutto da perdere nel presentare questa richiesta [...] Molti con cui parlo in Afghanistan temono già di non avere un domani. Nel nostro momento peggiore, vi chiediamo di fare il vostro meglio".
 
Leggi qui l’appello completo

VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI: IL PARLAMENTO EUROPEO DISCUTE IL CASO
DELL’ ATTIVISTA AHMED MANSOOR

Durante la prossima sessione plenaria del Parlamento europeo che si terrà da lunedì 13 a giovedì 16 settembre, gli eurodeputati discuteranno del caso di Ahmed Mansoor, ingegnere e noto difensore dei diritti umani arrestato il 20 marzo 2017 dalle forze di politizia emiratine, tutt’ora in carcere.
Nel 2015 Mansoor, proprio per la sua attività di difensore dei diritti umani, è stato insignito del prestigioso premio Martin Ennals e prima di essere incarcerato ed ha a lungo collaborato col Centro per i diritti umani del Golfo e con Human Rights Watch.
Come spesso accade, le monarchie del golfo sono molto indaffarate nel voler apparire “moderne” e rispettose dei diritti umani agli occhi dell’occidente, con grande dispiego di mezzi, ma episodi come quello delle condanne a morte dei minori, come accaduto in Arabia Saudita, degli incarceramenti forzati e arbitrari o del totale e ripetuto rifiuto di rispettare i diritti delle donne, compromettono inevitabilmente la loro posizione conquistata a suon di milioni e di “sport washing”.
Mansoor si trova nella prigione di al-Sadr ad Abu Dhabi e sta scontando una condanna a 10 anni di carcere, emessa nel maggio 2018 per il reato di “offesa allo status e al prestigio degli Emirati Arabi Uniti e dei suoi simboli, compresi i suoi leader”, si trova in isolamento dal 2017 in condizioni sia fisiche che psicologiche drammatiche (anche perché ha potuto lasciare la sua piccola cella solo per pochissime visite familiari e in una sola occasione per respirare aria fresca)
Proprio per protestare contro questa grave violazione e questo trattamento disumano Ahmed Mansoor ha intrapreso per due volte lo sciopero della fame e anche causa di ciò le sue condizioni di salute si sono ulteriormente aggravate nonostante Saeed Rashed Al Hebsi, direttore del Dipartimento per i diritti umani presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale degli Emirati Arabi Uniti, si ostini a dichiarare che Mansoor riceve le cure mediche, abbia accesso agli esami medici necessari ed si trovi in buona salute.
NPSG accoglie con favore la volontà di discutere durante la sessione plenaria della situazione di Ahmed Mansoor così come quella di tanti altri dissidenti ingiustamente incarcerati nelle prigioni degli emirati e delle altre monarchie del golfo e auspica che il PE alzi la voce anche sull’atteggiamento della Commissione e del Consiglio verso l’UAE.

PROTEGGERE L’80% DEL BACINO AMAZZONICO ENTRO IL 2025

Domenica scorsa si è tenuto a Marsiglia il Congresso mondiale per la conservazione della biodiversità, un evento tenuto ogni quattro anni dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, in cui scienziati e attivisti ed esperti di ambiente si sono ritrovati per discutere e gettare le basi per i colloqui delle Nazioni Unite sulla biodiversità che si dovrebbero tenere il prossimo anno nella città cinese di Kunming. 
I gruppi indigeni presenti hanno esortando i leader mondiali a sostenere un nuovo obiettivo per proteggere l'80% del bacino amazzonico entro il 2025, sostenendo come questa azione sia necessaria per fermare la deforestazione che spinge la più grande foresta pluviale della Terra oltre un punto di non ritorno. Per le organizzazioni presenti al congresso è necessario che l’obiettivo "Amazonia80x2025" acquisti sempre maggiore visibilità così che a Kunming, dove i governi discuteranno gli obiettivi per proteggere la biodiversità nel prossimo decennio, venga almeno in considerazione e affrontato come possibile target. 
Una sorta di mini “spin – off” dell’incontro si è tenuto a Bruxelles mercoledì 8 settembre. Durante l’evento ospitato dagli eurodeputati francesi Michel Rivasi e Raphael Gluksmann, a cui NPSG ha partecipato, i leader amazzonici presenti hanno potuto sottolineare quanto la perdita di biodiversità, la deforestazione selvaggia stia distruggendo il polmone verde del mondo.
Proprio per questo dal 2019 NPSG ha attivato una campagna contro la deforestazione in Amazzonia, per la tutela dei diritti delle sue popolazioni indigene e contro l’impunità dei crimini climatici. 
NPSG è in prima linea nella difesa della foresta amazzonica e, con il sostegno della Fondazione Peretti, ed in stretta cooperazione con partner locali, uno degli obiettivi principali della campagna è quello di aumentare la consapevolezza riguardo gli effetti della deforestazione, dell’inquinamento delle acque e in generale dei crimini climatici. A tal proposito, nel febbraio scorso, il team di NPSG Amazzonia ha partecipato ad una consultazione internazionale con lo scopo di contribuire allo sviluppo della definizione giuridica per il crimine di ecocidio che è di fondamentale importanza per punire chi si macchia di crimini come lo scarico di rifiuti tossici nelle acque o la deforestazione indiscriminata. NPSG ha l’obiettivo di dare voce e sostenere le popolazioni indigene e di rendere accountable sia chi in prima persona si macchia di gravissimi e reiterati crimini ambientali sia chi li permette e li avalla.
La distruzione degli ecosistemi e le iniziative UE per cercare di porvi fine sono stati l’argomento della lunga intervista di Nicola Giovannini a Eleonora Evi, europarlamentare italiana del gruppo dei verdi, che da tempo si impegna su questi temi. 
 
Ascolta qui la puntata

RESTIAMO IN CONTATTO!

Comunicati stampa

09 Sep 2021 Open appeal to UN Member States to ensure the adoption of a resolution creating an investigative mechanism on Afghanistan at the 48th session of the UN Human Rights Council
Leggi di più
 
05 Sep 2021 Indigenous women can have a key role in the fight against climate change and structural discrimination and violence
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19 Aug 2021 In Colombia, deforestation is now a crime!
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Radio Radicale

NPSG conduce una rubrica settimanale di approfondimento su Radio Radicale ogni mercoledì alle 23.30 e in replica il venerdì alle 06.00 per fornire notizie e informazioni sulle nostre attività. Nel consueto appuntamento settimanale, dopo le principali notizie della settimana presentate da Eleonora Pastorino, la puntata è dedicata ad uno speciale sulla lotta per protezione dell'ambiente e difesa dei diritti umani, che illustreremo attraverso il ruolo unico assunto dai popoli indigeni, come nell'ecosistema amazzonico, la cui esistenza o sopravvivenza è messa a rischio da attività economiche fondate sulla deforestazione estensiva. Per un confronto sull'urgenza di queste sfide e sulle azioni richieste al livello istituzionale per affrontarle, Nicola Giovannini intervista l'eurodeputata Eleonora Evi di Europa verde e membro della Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo. Per spiegarci l'importanza e il significato della giornata internazionale delle donne indigeni, celebrata il 5 settembre, sentiremo anche Camilla Taddei, la nostra collaboratrice che coordina le attività promosse da NPSG nell'ambito della sua campagna dedicata all'Amazzonia con il sostegno della Fondazione Elsa e Nando Peretti.
 
Ascolta qui la puntata

Eventi
Eventi

Poiché la pandemia non ha arrestato la necessità di tenere alta l'attenzione anche sui diritti umani e la democrazia, come alcune vicende internazionali purtroppo dimostrano, NPSG si è impegnata ad organizzare degli approfondimenti, conferenze e webinar che possono essere seguiti tramite i nostri social network. Per riascoltare i nostri eventi passati clicca qui.

Aperta la campagna iscrizioni 2021 a Non c'é Pace Senza Giustizia

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Per iscriversi è necessario versare la quota di iscrizione, che è di minimo 50 euro, a mezzo bonifico bancario IBAN: IT24E0832703221000000002472, BIC: ROMAITRR oppure attraverso Paypal dal sito www.npwj.org e fornire i propri dati anagrafici completi di recapiti.

Diventando Iscritto, riceverai un bollettino periodico delle attività e parteciperai all'Assemblea degli associati, che elegge gli organi e contribuisce a determinare annualmente la politica di Non c'è Pace Senza Giustizia.

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