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lunedì 4 ottobre 2021 - n°61
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Inoltra Inoltra

EDITORIALE

 PATRICK ZAKI: FINE PROCESSO MAI
L'ennesima udienza per il processo a carico di Patrick Zaki, detenuto arbitrariamente nelle carceri egiziane dal febbraio del 2020, è durata poco più di due minuti, per concludersi con un rinvio al 7 dicembre, anche per consentire alla difesa di acquisire i documenti necessari quantomeno a comprendere esattamente di cosa è accusato il giovane ricercatore.
Il meccanismo della "rule by law", che Non c'è Pace Senza Giustizia denuncia da tempo,  quello cioè di usare le forme esteriori  di una giustizia formalmente "imparziale" per tenere in gattabuia oppositori politici, o presunti tali, senza che il regime alla base del sistema repressivo messo in piedi "si sporchi le mani" funziona dunque alla perfezione, con questo simulacro di "due process" - per utilizzare un'espressione anglosassone, lontano anni luce da quanto accade veramente dietro le sbarre.
Ma se davvero la giustizia egiziana si muove sul terreno del diritto, come tenta di veicolare - specie per fini interni - dovrebbe sapere che il paese è firmatario della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, che mette al bando tra le altre cose la detenzione arbitraria. 
È tempo che l'atteggiamento volutamente dilatorio delle autorità egiziane sul caso Zaki, che dà l'impressione dell'inconsistenza dei capi di imputazione e che forse in definitiva nasconde un inconfessabile tentativo di barattare la sorte di Zaki con la causa riguardante la sorte di Giulio Regeni, venga contrastato apertamente, in ogni sede opportuna, a partire proprio dagli strumenti esistenti per garantire l'applicazione delle norme della Convenzione ONU.
Non c'è Pace Senza Giustizia non cesserà di agire perché tale obiettivo venga raggiunto e affinché si possa trovare una strada per richiamare l'Egitto alle proprie responsabilità e ottenere la liberazione di Patrick Zaki.
Ben vengano quindi tutte le iniziative volte a mantenere viva l'attenzione sul caso Zaki, e soprattutto quelle per esigere il rispetto degli obblighi internazionali liberamente consentiti dall'Egitto, e così invece palesemente violati. 

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IL TERZO ANNIVERSARIO DELL’ASSASSINIO DI JAMAL KHASHOGGI

Il 2 ottobre di tre anni fa, un commando di agenti delle forze speciali e di sicurezza saudite uccise il giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul. Ucciderlo non era però sufficiente: Khashoggi doveva sparire. Il suo corpo fu smembrato e portato fuori dal consolato e i suoi resti non sono ancora stati ritrovati.
La “colpa” che Khashoggi ha pagato con la vita è stata quella di aver criticato le politiche sempre più repressive del governo di Riyad.
Il 26 febbraio di quest'anno è stato reso pubblico il rapporto dell'intelligence statunitense sul "Ruolo del governo dell'Arabia Saudita nell'assassinio di Jamal Kashoggi". Il rapporto afferma, senza alcun margine di ambiguità, che è stato il principe ereditario Mohammed Bin Salman (MBS), l'uomo forte del paese, ad approvare l'operazione che ha comportato la cattura e l'uccisione di Khashoggi.
Per Non C'è Pace Senza Giustizia, che ha seguito la vicenda fin dall'inizio a fianco della fidanzata di Jamal, Hatice Cengiz, si tratta di una conferma di ciò che sembrava chiaro fin dall'inizio, ovvero di essere in presenza di un crimine di stato.
Il rapporto degli Stati Uniti è un'ulteriore conferma delle significative prove sul caso che era già stato ben documentato dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle uccisioni extragiudiziali Agnès Callamard. Dal 2 ottobre 2018, l'Arabia Saudita ha ripetutamente tentato di insabbiare la verità e ha negato e ostacolato la giustizia, anche attraverso un finto processo ai presunti autori del crimine.
Come sottolinea Hatice Cengiz, "dare ulteriore spazio morale all'attuale amministrazione saudita, la cui responsabilità nell'omicidio di Jamal è innegabile, non è più un'opzione." Lottare contro l'impunità per l'omicidio di Jamal significa anche non legittimare il modello di repressione diffusa contro le voci indipendenti di difensori dei diritti umani, attivisti, donne dissidenti, avvocati, giornalisti, scrittori e blogger, che si è intensificato da quando MBS è al potere.
È necessario un ripensamento più profondo delle relazioni europee e internazionali con una leadership il cui comportamento assomiglia a quello di uno Stato canaglia. Purtroppo, e un po' incredibilmente, l'Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell ha scelto il 2 ottobre come data per una visita ufficiale in Arabia Saudita. Questo non è un modo per segnalare nulla se non l'accettazione dell'impunità per i responsabili dell'assassinio di Jamal Khashoggi e delle violazioni e repressioni in corso in Arabia Saudita.
NPSG si unisce agli attivisti ingiustamente imprigionati, alle donne che lottano per i loro diritti, ai blogger, ai giornalisti e a tutti i dissidenti sauditi lontani dalla loro terra natale nel ricordare Jamal Khashoggi.
 
Leggi il nostro comunicato stampa
 
Commmento di Jatice Cengiz “Biden and other leaders absolved MBS of Jamal Khashoggi’s murder. That should alarm us all”

NPSG SOTTOSCRIVE L’APPELLO RIVOLTO AGLI EMIRATI ARABI UNITI: RILASCIATE OGNI ATTIVISTA PER I DIRITTI UMANI PRIMA DELL'EXPO DI DUBAI 

Non c’è Pace Senza Giustizia e altre 70 organizzazioni internazionali e ONG per la difesa dei diritti umani, hanno firmato un appello, in occasione dell’inaugurazione dell’esposizione universale di Dubai, diretto allo Sceicco Khalifa bin Zayed al Nahyan chiedendo il rilascio di tutti i difensori dei diritti umani e degli attivisti ora detenuti nelle carceri emiratine - in violazione del loro diritto alla libertà di espressione. 
Il motto di Expo sarà "Connettere le menti e creare il futuro attraverso la sostenibilità, la mobilità e le opportunità"; i firmatari della lettera chiedono alle autorità emiratine di dimostrare il loro impegno verso questi valori, innanzitutto rispettando gli standard internazionali per i prigionieri - ovvero consentendo regolari visite familiari, l'accesso all'assistenza sanitaria e regolari consultazioni con gli avvocati, e ponendo fine alla pratica di tenerli in isolamento – e congiuntamente rilasciando tutti i difensori dei diritti umani e gli attivisti ora in carcere per la loro attività umanitaria.
Tra i prigionieri elencati nella lettera appello ricordiamo gli "UAE 94", un gruppo di oltre 60 attivisti ingiustamente imprigionati per il solo fatto aver organizzato una petizione online che chiedeva una riforma politica. Gli EAU 94 sono stati condannati tra i sette e i 15 anni, di cui otto in contumacia, sono detenuti nella prigione di Al-Razeen, una struttura di massima sicurezza nel deserto di Abu Dhabi e affrontano misure disciplinari arbitrarie e illegali, come l'isolamento, la privazione delle visite familiari e perquisizioni corporali invasive. 
Non possiamo non citare anche gli avvocati Dr. Mohammed Al-Roken e Dr. Mohammed Al-Mansoori, Mohammed Abdul Razzaq Al-Siddiq, l'economista Dr. Nasser bin Ghaith nonché, beninteso, l’attivista dei diritti umani e poeta Ahmed Mansoor.
Nel settembre scorso il Parlamento europeo ha adottato una ferma risoluzione che chiede agli Emirati il rilascio immediato e incondizionato di Mansoor così come di tutti gli altri difensori dei diritti umani, attivisti politici e dissidenti pacifici.
Alla luce dell'Expo di Dubai, e della candidatura degli Emirati Arabi Uniti per un seggio nel Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite nel 2022, NPSG esorta il governo emiratino a utilizzare la grande visibilità dell’esposizione universale per dimostrare alla comunità internazionale un vero impegno per i diritti umani, rilasciando incondizionatamente tutti i difensori dei diritti umani incarcerati e liberando i tanti a cui è stato negato il rilascio dopo il completamento della loro pena.

CRISI TUNISINA: NPSG FIRMA UNA LETTERA PUBBLICA SULL’ALLARMANTE SITUAZIONE NEL PAESE

“Dinnanzi all’allarmante deriva a cui stiamo assistendo, le organizzazioni della società civile nazionale e internazionale denunciano con forza le decisioni prese unilateralmente dal presidente Kais Said, e riaffermano il loro incrollabile attaccamento ai principi democratici, condannando la presa di potere del Presidente così come la mancanza di qualsiasi forma di salvaguardia democratica. Ci impegniamo a sostenere qualsiasi processo volto a superare l'attuale crisi politica e costituzionale a condizione che rispetti lo stato di diritto, le garanzie dei diritti umani e l'espressione democratica delle aspirazioni del popolo.”
Così recita la lettera aperta firmata da Non c’è Pace Senza Giustizia e da altre 18 organizzazioni internazionali e ONG operanti in Tunisia, pubblicata il 25 settembre scorso.
La promulgazione del decreto presidenziale n. 117 che abroga implicitamente l'ordine costituzionale in Tunisia è un primo passo verso l'autoritarismo. Questa svolta secondo NPSG minaccia i diritti umani e le aspirazioni democratiche del popolo tunisino.
Come è noto, nel luglio scorso il presidente della Repubblica Tunisina, Kais Saied, ha sospeso la Costituzione e ha assunto formalmente i pieni poteri. Inoltre, tramite il decreto n. 117 del 22 settembre, Saied non solo non ha revocato i poteri assunti in luglio, ma se ne è concessi di ancora più vasti, avviando di fatto una presidenzializzazione totale del sistema politico.
Per NPSG e le altre organizzazioni firmatarie della lettera è necessario ripensare il sistema politico e riformare la Costituzione del 2014 - frutto dalla primavera araba del 2011 – ma, queste riforme non possono in alcun caso essere dettate unilateralmente dal potere presidenziale senza un dibattito pluralista e un controllo effettivo.
La Tunisia, che finora è stato l'unico paese della regione che ha ispirato la speranza di un vero cambiamento, sembra aver voltato le spalle a quel cammino. Purtroppo, troppe volte nella storia abbiamo visto le gravi conseguenze per i diritti umani quando l'esecutivo o l'autorità presidenziale hanno preso il potere in maniera antidemocratica. 
Benchè NPSG ricordi come lo stesso diritto internazionale preveda deroghe –temporanee strettamente condizionate dai principi di legalità, necessità e proporzionalità e dall'esistenza di un rigoroso controllo giudiziario – per la promulgazione degli stati di emerga, sottolineiamo però che in ogni caso queste particolarissime situazioni debbano essere trattate nel quadro dello stato di diritto. Qualsiasi cambiamento del quadro politico o costituzionale deve avvenire nel quadro previsto dalla Costituzione, che prevede le condizioni per la sua stessa modifica nel pieno rispetto del processo democratico. Ad oggi, benchè Kais Saied abbia dichiarato, imitando De Gaulle, “non è alla mia età (63 anni) che voglio iniziare una carriera di dittatore” le sue intenzioni non sono chiare, compresa la nomina, a sorpresa, di un primo ministro donna con poteri limitati. Tutto ciò è allarmante ed è fonte di preoccupazioni per il futuro della Tunisia. 
 
Versione integrale della lettera

BOLSONARO FERMI LA DEFORESTAZIONE E RISPETTI I DIRITTI DEI POPOLI INDIGENI 

A partire dal mese di agosto, migliaia di leader indigeni hanno iniziato a riunirsi e a mobilitarsi a Brasilia, la capitale del Brasile, per manifestare contro il tentativo di limitare i diritti alla terra dei popoli indigeni come possibile conseguenza di una sentenza della Corte Suprema Federale. 
La sentenza potrebbe stabilire un importante precedente per quanto riguarda la negazione del riconoscimento dei diritti alla terra dei popoli indigeni i cui territori ancestrali sono stati acquisiti dal governo prima del 1988, ovvero l’anno in cui la costituzione brasiliana è entrata in vigore. 
Alla luce di questi fatti, oltre 40 deputati del Parlamento europeo di diversi gruppi politici e diverse nazionalità hanno firmato una lettera diretta al presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, chiedendo di fermare la deforestazione nella foresta amazzonica oltre che di rispettare i diritti delle popolazioni native. Sotto la guida di Bolsonaro solo nel 2019, le invasioni dei territori indigeni sono aumentate del 135%, mentre la deforestazione dell'Amazzonia è aumentata dell'85%.
Gli scienziati avvertono che ci stiamo avvicinando velocemente al "punto di svolta" dell'Amazzonia, quando la foresta pluviale non produrrà più abbastanza pioggia per sostenersi e, nonostante tale avvertimento il vostro governo brasiliano avanza piani e politiche anti-ecologiste. 
Proteggere la foresta amazzonica e i diritti dei popoli indigeni è una questione globale. La foresta amazzonica gioca un ruolo fondamentale nella salute generale del nostro pianeta e la sua protezione è un'emergenza nella lotta contro il cambiamento climatico e Non c’è Pace Senza Giustizia dal 2019 NPSG ha attivato una campagna contro la deforestazione in Amazzonia, per la tutela dei diritti delle sue popolazioni indigene e contro l’impunità dei crimini climatici. NPSG è in prima linea nella difesa della foresta amazzonica e, con il sostegno della Fondazione Peretti, ed in particolare della sua fondatrice, Elsa Peretti, e di partner locali, uno degli obiettivi principali del progetto è quello di aumentare la consapevolezza riguardo gli effetti della deforestazione, dell’inquinamento delle acque e in generale dei crimini climatici. NPSG ha l’obiettivo di dare voce e sostenere le popolazioni indigene e di rendere accountable sia chi in prima persona si macchia di gravissimi e reiterati crimini ambientali sia chi li permette e li avalla.
Gli eurodeputati concludono l’appello chiedendo al governo brasiliano di fermare le sue politiche anti-indigene e anti-ambiente che causano la distruzione della foresta amazzonica. 

RESTIAMO IN CONTATTO!

Comunicati stampa

02 Oct 2021 2 October: Three years of impunity for Jamal Khashoggi’s murder 
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09 Sep 2021 Open appeal to UN Member States to ensure the adoption of a resolution creating an investigative mechanism on Afghanistan at the 48th session of the UN Human Rights Council
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05 Sep 2021 Indigenous women can have a key role in the fight against climate change and structural discrimination and violence
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19 Aug 2021 In Colombia, deforestation is now a crime!
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Radio Radicale

NPSG conduce una rubrica settimanale di approfondimento su Radio Radicale ogni mercoledì alle 23.30 e in replica il venerdì alle 06.00 per fornire notizie e informazioni sulle nostre attività. Nel consueto appuntamento settimanale, dopo le principali notizie della settimana presentate da Valeria Napoli, la puntata è dedicata ad uno speciale sulla problematica della violenza di genere, che vogliamo illustrare e trattare focalizzandosi sulla pratica dei matrimoni minorili (ovverso la questione delle « spose bambine ») nonchè quella delle mutilazioni genitali femminili, alla luce della loro incidenza o del loro impatto in Italia. Un’occasione di mettere anche in risalto una serie di iniziative recenti promosse da NPSG, insieme ad altri partner, sia al livello associativo che istituzionale, volte a rafforzare l’efficienza del quadro giuridico e delle politiche di contrasto in merito. Per parlare di questo tema, Nicola Giovannini intervista Francesca Basso, coinvolta nell’attuazione della campagna contro la violenza di genere promossa da NPSG.
 
Ascolta qui la puntata
 

Eventi
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Poiché la pandemia non ha arrestato la necessità di tenere alta l'attenzione anche sui diritti umani e la democrazia, come alcune vicende internazionali purtroppo dimostrano, NPSG si è impegnata ad organizzare degli approfondimenti, conferenze e webinar che possono essere seguiti tramite i nostri social network. Per riascoltare i nostri eventi passati clicca qui.

Aperta la campagna iscrizioni 2021 a Non c'é Pace Senza Giustizia

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