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 INTERVISTA CON L'AUTORE  

In conversazione con Stefano Mirabella - di Lucilla Loiotile

Quello che si vede in superficie di una carriera non sempre corrisponde ad un percorso lineare ma alla somma di molte esperienze e tentativi. Difficilmente i lettori di questa newsletter avranno bisogno che si introduca loro Stefano Mirabella, fotografo conosciuto soprattutto per il suo successo nell’arte di fotografare la strada, insegnante e promotore di numerose iniziative culturali.
Il suo lungo percorso professionale che ha interessato la fotografia da varie sfaccettature lo ha portato quest’anno alla curatela, insieme a Emiliano Guidi, della mostra “Caio Mario Garruba / Freelance sulla strada” ideata ed organizzata da Archivio Storico Istituto Luce e Cinecittà Spa.
Garrubba (1923-2015) attivo dagli anni ’50, è stato un irripetibile freelance della foto, viaggiando per decenni tra Italia, paesi dell’est Europa, Unione Sovietica, Cina, le Americhe, pubblicando per testate di tutto il mondo. Considerato da colleghi e critici un autentico maestro e un’ispirazione per il fotogiornalismo, e un pioniere della ‘street photography’ internazionale, Garrubba viene proposto dall’esposizione romana come uno dei massimi valori della foto contemporanea internazionale. Un gigante che merita di essere inserito tra le principali pagine della storia di quest’arte. In 116 scatti, per la maggior parte inediti, la mostra segna la ri-scoperta felice di un occhio sul pianeta, che ha fatto scoprire a tanti appassionati nuovi mondi. Abbiamo chiesto a Stefano Mirabella di raccontarci il dietro le quinte dell’esposizione attualmente in programmazione a Palazzo Merulana.

Buongiorno a tutti e grazie allo staff di Asa Project per questa intervista, sarà un piacere rispondere alle vostre domande.

Era la prima volta che lavoravi su un archivio storico così importante come Il fondo Garruba che è composto da circa 60 mila negativi e 40 mila diapositive?

Sì esattamente era in assoluto la prima volta. Vi confermo che è stata un’esperienza umana e professionale di grandissimo valore.

Hai avuto modo di visionare tutto il materiale o ti sei trovato di fronte ad una preselezione? E quanto tempo è durato il lavoro di selezione che è confluito nella mostra?

Ho visionato tutti i 60 mila negativi e anche molte immagini vintage, tutto materiale appartenente all’archivio personale di Caio, che la moglie, Alla Folomietova, ha lasciato all’Istituto Luce nel 2017. Il lavoro è stato lungo ed impegnativo, durato circa un anno. Avere così tanto tempo è stato un privilegio che non capita spesso. Sono stato fortunato!

Possiamo solo immaginare quanto sia stato difficile scartare tantissime fotografie che non potevano essere incluse in questa mostra. Avete seguito un criterio dato, per esempio temporale, geografico o tematico, o avete avuto libertà decisionale a riguardo?

La cosa più difficile di tutta questa esperienza è stata individuare un filo logico che accompagnasse poi la scelta e la selezione. Il criterio è venuto alla luce quasi subito ma ci è voluto tempo per “metabolizzarlo” e avere poi la conferma che fosse la scelta giusta. Nessun riferimento temporale, geografico o tematico ma semplicemente delle “premonizioni visive”. Mi spiego meglio: ogni tanto dalle innumerevoli immagini che raccontavano le strade dei numerosi luoghi che Garrubba ha visitato durante tutta la sua lunga carriera, mi imbattevo in fotografie “diverse”, immagini fuori dai canoni stilistici dell’epoca e anche fuori dai canoni stilistici propri dell’autore; le ho percepite come delle premonizioni di linguaggi che ancora non esistevano o che ancora dovevano definirsi, e che poi, solo molti anni dopo, sono diventati genere, linguaggio visivo appunto. Questo filo conduttore è stato decisivo ma anche impegnativo da portare avanti, ho infatti sentito a tratti il “peso” di dare un senso, una visione, una linea, al lavoro di un grandissimo fotografo. Moltissime delle foto che abbiamo selezionato, infatti non erano contrassegnate dall’autore nei suoi provini a contatto, segno evidente del fatto che la selezione a volte andasse oltre il pensiero del fotografo stesso. Spero comunque di aver fatto un buon lavoro. La percezione della bontà delle scelte prese l’ho avuta il giorno che abbiamo deciso il percorso mostra. Ricordo nitida la piacevole sensazione di come le fotografie si incastrassero e comunicassero l’una con l’altra, quasi magicamente. Tutto questo è stato davvero interessante, alla luce del fatto che durante la fase di scelta non avevo pensato a connessioni o incastri, che invece sono arrivati in maniera sorprendente e davvero spontanea.

In una sezione della mostra si vede come un lavoro storico di una certa importanza come questo può essere trattato secondo dei canoni di raggruppamento visivo moderno come azioni e forme ricorrenti. Questo modo di leggere gruppi di fotografie per assonanze visive credi aiuti ad avvicinare la fotografia “storica” alle nuove generazioni?

In realtà l’idea è nata semplicemente seguendo quelle “ossessioni”, ricorrenti molto spesso nel lavoro dei grandi fotografi. Sono rimasto impressionato dal fatto che Garrubba spesso si ritrovasse a fotografare cose e situazioni simili, in posti e momenti diversissimi. Poi l’idea di raggrupparle, forse come dite voi, è arrivata grazie ad una mia appartenenza visiva alla fotografia contemporanea. Spero quindi nella bontà di un “gioco” di rimandi e di appartenenze a mondi e generazioni diverse.

Grazie davvero, un caro saluto a tutti i vostri lettori.
Stefano Mirabella

 VISTI PER VOI  

FOTO / INDUSTRIA 2021

A Bologna fino al 28 novembre si svolge la quinta edizione della Biennale dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro. 11 mostre: 10 allestite in luoghi storici della città e una al MAST.

© Musée de l’Elysée, Lausanne – Jan Groover Archives

Al centro di Foto/Industria 2021 si trova il soggetto dell’industria alimentare, tema di fondamentale importanza per il suo inscindibile legame con macroscopiche questioni di ordine filosofico e biologico, storico e scientifico, politico ed economico. Il bisogno primario del cibo si sovrappone qui a quello delle immagini, in un percorso che si sviluppa all’interno di una materia insieme senza tempo e di stringente attualità, considerati i rapidi sviluppi di un settore che risponde alle più importanti trasformazioni in atto su scala globale: la questione demografica, il cambiamento climatico e la sostenibilità. Attraverso il filtro della fotografia, “specchio dotato di memoria”, l’alimentazione costituisce in questo percorso lo specchio di un’epoca e di una civiltà, capace di raccontarne il rapporto con la tradizione, la natura, la tecnologia, il passato, il futuro e molto altro ancora.
https://www.fotoindustria.it/

Tra gli 11 fotografi in mostra gli italiani Ando Gilardi, Maurizio Montagna con un lavoro realizzato appositamente per la biennale e Lorenzo Vitturi. E poi Hans Finsler, Herbert List, Bernard Plossu, Mishka Henner, Takashi Homma, Henk Windschut, Jan Groover e Vivien Sansour.  
Ve la consigliamo per l'eccellente qualità dei fotografi proposti, alcuni dei quali presenti all'inaugurazione, e per i progetti proposti che spaziamo tra passato, presente e futuro affrontando il tema del cibo da punti di vista completamente diversi e per gli allestimenti in alcune dell più belle sedi storiche del centro di Bologna. In particolare vi segnaliamo la retrospettiva dedicata a Jan Groover al MAMbo affiancata all'esposizione di Morandi tra i quali trovare inaspettate analogie.
Catalogo della biennale
 COSA SUCCEDE IN ASA 
Roma, Prati 2021 - Mauro Calsaboni

Il progetto fotografico L'invenzione di una capitale, dedicato alle celebrazioni del 150esimo dalla proclamazione di Roma Capitale si trasforma. 
Da progetto collettivo a percorsi di indagine fotografica individuale, ASA continua l’esplorazione del quartiere Prati. Vi daremo conto degli avanzamenti sui nostri canali social.

 SPAZIO ESPOSITIVO 

Vogliamo ringraziare tutti quelli che numerosi hanno partecipato al webinar e all'inaugurazione della mostra ONCE WERE WARRIORS di Carola Gatta, vi ricordiamo che la mostra è ancora visitabile fino al 12 Novembre presso il laboratorio Fotosciamanna



Se hai un progetto fotografico che vorresti esporre e vuoi partecipare alla selezione degli autori della comunità AsaProject scrivici a info.asaproj@gmail.com

 PASSATO PROSSIMO 

In questa rubrica vogliamo ricordare un autore non legato alle mode fotografiche di un periodo specifico. Autori che entrano di diritto nella storia della fotografia, dei quali si parla poco, ma che sono continua fonte di ispirazione e rimangono sempre nel nostro cuore. Questo mese la dedichiamo a Harry Callahan

(tratto da un'avventura nella fotografia 1946 - Minicam Photography, New York, Vol. 9, no.6, pp. 28-29.)

"Con queste immagini di erba sulla neve desideravano esprimere più che altro una sensazione, e se vi comunicano delle emozioni, ne sarò sempre soddisfatto. Riprenderle era un problema fotografico standard. Non c'era sole ed io non ero interessato alla trama della neve ma alle linee formate dall'erba. Così raddoppiai l'esposizione normale per la neve e sovraesposi il negativo... 
La fotografia è un'avventura proprio come la vita. Chi vuole esprimere se stesso fotograficamente, deve capire, almeno fino a un certo livello, il suo rapporto con la vita.

Io sono interessato a raccontare i problemi che mi toccano, a cui attribuisco un qualche valore e che sto cercando di scoprire e dimostrare poiché sono la mia vita. Voglio farlo tramite la fotografia. Questo riguarda rigorosamente me stesso e non spiega in nessun modo queste immagini. Chi non vi trovi interesse, dovrebbe capire che le ho pensate come un fatto puramente personale. Buona o cattiva che sia, questa è la sola motivazione che posso dare per queste fotografie. Mi sento stimolato dalle immagini che dicono qualcosa in modo nuovo; sono diverse non per amore della diversità, ma perché l'individuo è diverso ed esprime sempre se stesso. Mi rendo conto che tutti noi esprimiamo noi stessi, ma quelli che continuano a riprodurre ciò che è sempre stato fatto, sono quelli il cui pensiero non ha mai nulla di originale rispetto agli altri. Manifestazioni di questo genere sono diventate monotone, per chi vuole pensare con la propria testa.

Desidero che più gente pensi che la fotografia sia un'avventura esattamente come la vita e che i suoi sentimenti individuali siano degni di essere manifestati. Faccia quindi, per me, una fotografia più stimolante".

 Harry Callahan

Per saperne di più 

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