Newsletter n.45 del 05/11/2021
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Dalla partecipazione alla cittadinanza attiva
(di Walther Orsi)
L’emergenza educativa, di cui ci siamo occupati nelle ultime newsletter, ha messo in evidenza la necessità di individuare delle possibili soluzioni puntando in via prioritaria sulla condivisione, la partecipazione ed il ruolo attivo dei giovani nello sviluppo dei processi educativi.
L’emergenza educativa rappresenta un caso emblematico, ma sono tante altre le problematiche che mettono in campo l’esigenza di partecipazione e di cittadinanza attiva: dall’emergenza climatica alla tutela dell’ambiente, dalla rigenerazione urbana alla promozione di sicurezza nelle città, dalla tutela della salute all’inclusione sociale delle persone fragili. Sempre più spesso, nelle comunità e nei territori, si fa riferimento a queste due parole chiave che a volte vengono usate indifferentemente, come se avessero lo stesso significato.
Credo invece sia venuto il tempo di fare chiarezza sulla loro identità comprendendo quindi anche gli elementi che tendono a caratterizzare in modo diverso la partecipazione dalla cittadinanza attiva.
Secondo l’enciclopedia Treccani, la partecipazione, rappresenta il “concorso alla costituzione e allo svolgimento delle attività di un istituto, di un ente, di una azienda, contribuendo alla formazione del suo capitale e acquisendo il diritto alla spartizione degli utili”.
La partecipazione presuppone che vi siano delle realtà organizzative a cui fare riferimento, al fine di prestare una collaborazione. La partecipazione dei cittadini, nella sua forma più evoluta, prevede un’attività di empowerment tesa a ridistribuire, fra i soci, gli utenti, gli operatori, i cittadini, un potere dell’istituzione, dell’organizzazione, dell’azienda che di solito si caratterizza attraverso conferenze, dibattiti, laboratori, interventi formativi. Questo modello di partecipazione presuppone sempre che sia l’istituzione, l’organizzazione, l’azienda a definire gli ambiti, le regole, le modalità, gli strumenti attraverso cui le persone possono partecipare. In tale prospettiva è fondamentale quindi che la realtà organizzativa possa preventivamente istruire, orientare, coordinare, fornire le opportune conoscenze a coloro che desiderano partecipare.
Sempre secondo l’enciclopedia Treccani “per cittadinanza attiva, o attivismo civico, si può intendere sinteticamente l’insieme di forme di auto-organizzazione che comportano l’esercizio di poteri e responsabilità nell’ambito delle politiche pubbliche, al fine di rendere effettivi diritti, tutelare beni comuni e sostenere soggetti in condizioni di debolezza”.
In questa prospettiva la cittadinanza attiva, al fine rendere effettivi i diritti, tutelare i beni comuni e sostenere i soggetti in condizioni di debolezza, seppure nel grande ambito delle politiche pubbliche, prevede un’autonoma organizzazione da parte dei cittadini che non sono obbligati a fare riferimento alle realtà organizzate e qualora lo ritengano opportuno tendono a proporre e a concordare le modalità.
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L’esperienza del Progetto “Buone pratiche sociali” tende proprio ad interpretare in modo originale il modello della cittadinanza attiva, evitando che essa si confonda o si trasformi in una semplice collaborazione con le realtà organizzate. Questa particolare identità della cittadinanza attiva fa riferimento ad una specifica prospettiva culturale che può essere rappresentata nel modo seguente:
- prevede un ribaltamento di senso di come abitualmente viene interpretato il concetto di empowerment: sono i cittadini a trasmettere alle realtà organizzate (istituzioni, organizzazioni, aziende) idee, conoscenze, esperienze, obiettivi, progetti e non viceversa;
- tende a valorizzare il capitale di invenzione sociale dei cittadini rappresentato da: condivisione di bisogni sociali e di possibili risposte, creatività, progettualità, imprenditorialità;
- prevede un eventuale coinvolgimento delle realtà organizzate, cercando di proporre e concordare modalità innovative di collaborazione, anche per superare alcuni vincoli e ritardi burocratici, ma anche i condizionamenti di regole standardizzate che non tengono conto dei contesti socio-ambientali specifici.
Ma non si può nascondere che il Progetto ha messo in evidenza anche le difficoltà dei cittadini, impegnati nell’attivazione di buone pratiche sociali, per quanto riguarda la comunicazione, lo sviluppo, il riconoscimento da parte delle istituzioni e dei mass media del valore di tali esperienze. Proprio per questo Cittadinanzattiva si è proposta di dare rappresentanza a questi cittadini e ai loro progetti di partecipazione dal basso, attraverso un’attività di ricerca, promozione, formazione, il sito, le newsletter, i seminari, le comunicazioni attraverso i social, i mass media. Sono state attivate collaborazioni con le scuole, l’università, i quartieri, gli enti locali, le cooperative sociali, le associazioni di promozione sociale e di volontariato, la Regione Emilia Romagna, Lepida TV.
Nello sviluppo delle varie attività si è dovuto sempre fare chiarezza preventiva sull’identità delle buone pratiche sociali, molto spesso confuse con altre forme di partecipazione, ma anche combattere contro il pregiudizio che, per promuovere la cittadinanza attiva, sia prioritario, o addirittura obbligatorio fare riferimento ad istituzioni ed organizzazioni. Spesso è emersa l’idea che ci fosse concorrenza fra le esperienze di attivazione della partecipazione, da parte delle istituzioni ed organizzazioni, e le buone pratiche sociali promosse direttamente dai cittadini.
In realtà il Progetto ha dimostrato che molto spesso le buone pratiche sociali dei cittadini hanno preparato il terreno e fertilizzato le comunità ed i territori, sviluppando una serie di interventi più strutturati che hanno portato alla nascita di associazioni di promozione sociale, organizzazioni di volontariato, cooperative sociali, imprese profit, servizi pubblici.
Le buone pratiche sociali di cittadinanza attiva possono rappresentare quindi originali strumenti di responsabilizzazione ed impegno civile delle comunità, di rigenerazione ed innovazione sociale del territorio, di sviluppo economico eco-sostenibile ed inclusivo.
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Il modello interpretativo proposto potrebbe non essere condiviso. Per questo Cittadinanzattiva è molto interessata a ricevere ed eventualmente pubblicizzare commenti, osservazioni critiche ed eventuali proposte operative che potete inviarci attraverso:
• il gruppo facebook “Buone pratiche sociali”
• il profilo Instagram buonepratichesociali_er
• mail al seguente indirizzo: buonepratichesociali@cittadinanzattiva-er.it
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Per conoscere le buone pratiche sociali di cittadinanza attiva:
https://buonepratichesociali.cittadinanzattiva-er.it/
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Guarda i video dei seminari sulle buone pratiche sociali dei cittadini a Bologna sul nostro canale Youtube:
https://www.youtube.com/channel/UCz18I362U8en5jOjNipI-pg
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#buonepratichesociali di Cittadinanzattiva Emilia Romagna
un progetto di Walther Orsi
con la collaborazione di
Irene Amendola, Anna Baldini, Francesca Capoccia, Salvatore Condorelli, Paola Cuzzani, Claudia D'Eramo, Corinna Garuffi, Angelica Leoni, Francesco Scotece, Lorenzo Patera, Anastasiia Vitiuk
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