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Sciabolata vichinga

Newsletter 72 ● 12 novembre 2021


L'AGGRESSIONE temporalesca in arrivo.

Il ciclone che STRAVOLGERÀ il clima mondiale.

Il CROLLO termico e la SCIABOLATA VICHINGA.

Le temperature che sono “impazzite!” e “il Peggio” che “deve ancora venire”.

I titoli di alcuni siti di previsioni meteo sembrano usciti dalla penna di un mediocre scrittore futurista.

C'è chi raccoglie quelli più assurdi ogni giorno su Twitter e chi, su Reddit, li definisce ironicamente “una forma d'arte”.

Più che arte, però, qui si tratta di clickbait: questi strilli sensazionalistici sono creati per fare leva sulle nostre angosce, e finiscono spesso per generare inutili allarmismi.

Non c'è da stupirsi, ovvio, che il meteo catturi la nostra attenzione. È un argomento che ci accomuna e che ci interessa indistintamente.

Siamo tutti uguali davanti alla pioggia.

Il business del meteo

Proprio perché è qualcosa che ci riguarda tutti, intorno alle previsioni meteo girano tantissimi soldi.

Sapevi, per esempio, che c'è un intero filone del marketing che ci propone prodotti in base a quante nuvole ci saranno in cielo?

Il cosiddetto weather targeting utilizza modelli previsionali per adattare i messaggi pubblicitari a seconda delle variazioni meteorologiche.

“A questa fermata del bus fanno 38 gradi. Sarebbe proprio il momento giusto per provare la nostra bevanda refrigerante!”

“Da lunedì le strade della tua città saranno ricoperte di ghiaccio. Se vuoi guidare in sicurezza, acquista i nostri pneumatici invernali!”

“Stanno arrivando giornate ventose di primavera: l'aria si riempirà di polline. Il nostro antistaminico ti aiuterà a limitare il numero di starnuti giornalieri!”

E via dicendo.

Il meteo influenza il comportamento dei consumatori e le loro decisioni di acquisto. Pensa al cibo o ai vestiti che compri, ma anche a come cambia la musica che ascolti in una giornata uggiosa o di sole.

Il mercato privato delle previsioni meteorologiche è in forte espansione: solo in America vale 7 miliardi (e crescerà ancora da qui al 2025).

Uno dei player principali di questo settore è sicuramente l'americana The Weather Company, di proprietà di IBM.

Oltre a monetizzare attraverso la pubblicità online, la società ha lanciato un modello ad abbonamento: per 29,99 dollari l'anno i suoi utenti premium ottengono previsioni più dettagliate e navigano il sito senza pubblicità. E stando a Forbes, gli abbonati sarebbero già 900mila.

Ma l'azienda, così come i suoi competitor AccuWeather ed Earth Networks, non guadagna tanto dai contenuti, bensì dai servizi che offre.

The Weather Company commercia infatti avanzatissimi software che utilizzano l'intelligenza artificiale per aiutare le aziende a prendere decisioni chiave nei rispettivi business.

Per esempio aiutando una compagnia aerea a ottimizzare i tempi di manutenzione della propria flotta o indicando a un agricoltore quand’è il momento giusto per irrigare i suoi campi e risparmiare acqua.

Per avere previsioni più precise, ovviamente, servono dati affidabili e di prima mano: non a caso queste aziende private stanno cercando di costruirsi i propri network di rilevazione e monitoraggio, bypassando quelli pubblici.
 

Quel confine sottile tra meteo e clima

Per testate, televisioni e radio il meteo è invece un efficacissimo magnete dell'attenzione, e come tale anche un'importante fonte di introiti — sotto forma di click, ascolti, o visualizzazioni.

Non a caso due settimane fa l'americana FOX News ha lanciato un'app che offre previsioni meteo in tempo reale, ventiquattr'ore al giorno.

C'è un problema, però: come scrive il Guardian, la redazione di FOX è affetta da una larga dose di climate skepticism — i suoi giornalisti tendono infatti a ignorare completamente il tema del cambiamento climatico.

Qual è il problema? Che meteo e clima sono concetti diversi, ma sono anche profondamente intrecciati.

E il racconto giornalistico, in Italia come altrove, raramente traccia un filo rosso tra i due. Vuoi per mancanza di competenze di base, vuoi per gli interessi di danarosi inserzionisti in cerca di greenwashing.

Sarebbe opportuno lavorare su questo aspetto. Togliendo un po' di spazio alle “sciabolate vichinghe”, e cercando di rispondere ad alcune incognite di base attraverso una divulgazione fatta bene.

Come fece nel 2019 il New York Times, che in un articolo si pose una domanda molto gettonata tra chi 'confonde' meteo e clima: “Perché fa così tanto freddo se la terra si sta riscaldando?”.

In quel pezzo, per spiegare meglio il concetto, la giornalista Kendra Pierre-Louis utilizzò una metafora efficace:

“Il meteo è la quantità di soldi che hai oggi nel tuo portafoglio, il clima invece è il tuo intero patrimonio”.

Forse è proprio la semplicità, quindi, lo strumento giusto per raccontare un processo come il cambiamento climatico, che avviene lentamente ed difficile da osservare nella sua complessità.

Si tratta, io credo, di una delle più grandi sfide giornalistiche di questo secolo.

Come ha detto Emily Atkin di HEATED in una recente intervista con il magazine italiano Maize, “insieme alla politica, il giornalismo ha un ruolo chiave nella lotta al cambiamento climatico”.


Ok, e come possiamo migliorare?

Siccome i racconti del meteo e del clima non sono mai stati così intrecciati, abbiamo bisogno di instaurare nuove 'buone pratiche' che uniscono qualità dell'informazione a saldi principi di deontologia.

Per esempio, l’emittente radio americana NPR ha messo a punto delle linee guida per i propri giornalisti.

Il Guardian ha scelto di non ospitare pubblicità di aziende del settore oil and gas, in nome della trasparenza e del patto che ha sottoscritto con i suoi lettori.

E il National Weather Service americano ha smesso di utilizzare il capslock nei suoi annunci per ridurre il senso di pericolo nei cittadini.

Dovremmo cercare di informare bene, senza allarmismi, prediligendo il rigore scientifico e le linee editoriali libere da interessi di terzi.

Per goderci una scampagnata sotto al cielo azzurro con gli amici, ma con un po’ di consapevolezza in più. E tu che ne pensi?


Alla prossima Ellissi
Valerio


PS. Quando penso al rapporto tra meteo e giornalismo, comunque, c'è un video che mi fa ridere come pochi altri: questo qui. Buon weekend!

Questa settimana Ellissi è supportata da


Nel digitale si usa dire che “il futuro non può essere inserito nei contenitori del passato”. Ma è così vero?

Tutti noi, per tracciare le rotte del domani, ci appoggiamo alle intuizioni di chi è venuto prima di noi: esploratori ed esploratrici geniali che hanno saputo navigare l’incertezza e trasformare le complessità in idee.

“Cartografie” è una serie podcast, realizzata da Rhei in collaborazione con Storie Avvolgibili, che racconta in 5 episodi le storie di coloro che per primi hanno saputo vedere e disegnare le mappe che ci aiutano ancor oggi a muoverci nel mondo — e a comprenderlo meglio.

La prima puntata racconta la storia di George Everest, che misurò i grandi territori dell’India e diede, suo malgrado, il nome alla montagna più alta del mondo.
 

Ascolta Cartografie

Nella mia reading list


●●● L'annuncio della morte dei commenti sui siti dei grandi giornali era prematuro?

●●● La nuova frontiera delle notizie è la schermata di blocco dei nostri smartphone. O almeno, questa è l'intuizione di una azienda indiana.

●●● Questa società sta creando un internet parallelo - più potente - per offrire un'esperienza migliore ai gamer.

●●● Un sito inglese gestito da soli sei giornalisti è diventato un paladino della lotta al greenwashing.

●●● La curator economy influenza il modo in cui utilizziamo i prodotti digitali.

●●● Intanto, nel mondo, si registra una domanda sempre più elevata di contenuti per bambini e ragazzi.

●●● Twitter Blue, l'abbonamento a Twitter, lancia negli Stati Uniti. La sua promessa? Offrire un'esperienza di utilizzo migliore — non solo di Twitter, ma anche dei siti di molti giornali online.

●●● L'affascinante e pericolante vita di un ghostwriter.

●●● Per resistere all’economia dell’attenzione è necessario combattere la produttività con strategie di rifiuto permanente.

●●● L'evoluzione del rapporto tra contenuti editoriali e non-fungible token: un'analisi utile.
 
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Mi chiamo Valerio Bassan e sono un esperto di strategia digitale e innovazione nel mondo dei media e del giornalismo. Questo è il mio sito. Mi trovi anche su LinkedInTwitter o Instagram.

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Supplemento di Slow News – Registrazione n°43 dell'8 febbraio 2016 presso il Tribunale di Milano. ISSN: 2499-4928. Slow News StP Srl, via Eugenio Carpi 23, 20131 Milano. CF e PI: 09962490968.