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25 marzo 2022

Sudamericana

La newsletter sull’America Latina a cura di Camilla Desideri

La semina di un campo di soia vicino a Brasília, 4 marzo 2022. (Andressa Anholete, Bloomberg/Getty Images)

Le conseguenze della guerra Benché in misura minore rispetto ad altre zone del mondo, gli effetti negativi dell’invasione russa in Ucraina stanno cominciando a farsi sentire anche in America Latina. Nel panorama generale dell’aumento dei prezzi del mercato alimentare, un fattore destabilizzante, come ha spiegato la scorsa settimana Alessandro Lubello nella sua newsletter Economica, è il prezzo dei fertilizzanti, la cui produzione dipende dal gas. La Russia è il maggior produttore mondiale di questo bene e ora, a causa del blocco delle esportazioni, i paesi che più fanno uso di fertilizzanti e dipendevano dalle importazioni di Mosca sono in difficoltà. Tra questi c’è il Brasile, che viene subito dopo Cina, India e Stati Uniti.

La necessità di ottenere fertilizzanti rischia di provocare ulteriori danni all’Amazzonia. Il presidente Jair Bolsonaro potrebbe aggrapparsi a questo per sfruttare impunemente i territori indigeni, come avverte la giornalista Eliane Brum in una column pubblicata sul quotidiano spagnolo El País. “Bolsonaro ha detto che bisogna urgentemente estrarre potassio per far fronte alla richiesta di fertilizzanti, aprendo la strada all’attività mineraria nelle zone protette dove vivono i popoli nativi. Ma è solo una scusa per depredare le loro terre, perché solo una decima parte delle riserve di potassio si trova in quelle zone”. Per ora il Brasile possiede delle scorte di fertilizzanti sufficienti per i prossimi tre mesi e il governo sta cercando delle alternative, per esempio aumentare le importazioni da paesi come il Marocco e il Cile.

Interesse rinnovato Anche sul piano della diplomazia la guerra sta spostando gli equilibri regionali. Dopo l’incontro all’inizio di marzo tra tre alti funzionari statunitensi e i rappresentanti del governo venezuelano di Nicolás Maduro, che ha riaperto le relazioni bilaterali interrotte nel 2019, l’amministrazione Biden ha invitato alla Casa Bianca il presidente colombiano Iván Duque. Nello stesso periodo il segretario di stato Antony Blinken ha ricevuto i suoi colleghi della Costa Rica, della Repubblica Dominicana e di Panamá. Come spiega un articolo di Connectas che pubblichiamo nel numero di Internazionale in edicola oggi, “l’obiettivo di Washington è cercare di sottrarre qualche alleato a Vladimir Putin. Se questo significa stringere accordi con dei dittatori, pazienza. Il pragmatismo della diplomazia statunitense è sempre lo stesso”.

A parte un segnale di apertura verso Cuba – che riguarderebbe l’aumento del personale dell’ambasciata cubana, ridotto al minimo durante l’amministrazione Trump – finora il Nicaragua del leader Daniel Ortega, sempre più autoritario, è lontano dal raggio d’interesse degli Stati Uniti. Il futuro dei rapporti tra Washington e i paesi dell’America Latina si capirà meglio tra tre mesi, durante il vertice delle Americhe che si terrà a giugno a Los Angeles. “Chissà quale destino attende il Sudamerica, strattonato ancora una volta dagli interessi delle potenze che rivivono la guerra fredda”, si chiede Connectas. “Ma questa volta senza benefici in vista.

Attualità

Perù Il 17 marzo migliaia di persone sono scese in piazza a Lima e in altre città del Perù per protestare contro la decisione della corte suprema che ha disposto la liberazione dell’ex dittatore Alberto Fujimori, 83 anni, condannato nel 2009 a venticinque anni di carcere per corruzione e crimini contro l’umanità. Il tribunale ha ristabilito la grazia che era stata concessa nel 2017 dall’ex presidente Pedro Pablo Kuczynski per ragioni umanitarie. Nel 2018 però la grazia era stata revocata per una serie d’irregolarità tecniche. L’attuale presidente Pedro Castillo (sinistra) non ha rilasciato commenti o dichiarazioni, forse perché il momento politico per lui è particolarmente delicato. Il 15 marzo è intervenuto per più di un’ora in parlamento per difendersi dalle accuse di corruzione che riguardano la sua amministrazione. Il giorno prima il congresso aveva accettato di discutere una mozione per destituire Castillo presentata da un gruppo di parlamentari di destra. Il leader peruviano, che da quando è stato eletto lo scorso giugno ha già fatto quattro rimpasti di governo, ha ammesso che il paese attraversa una crisi istituzionale e che servono delle riforme strutturali per superare le attuali difficoltà. La mozione di sfiducia sarà discussa il prossimo 28 marzo. Per passare dovrà essere votata da 87 parlamentari su 130.

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Honduras Dopo un’udienza durata più di undici ore, il 16 marzo un giudice della corte suprema dell’Honduras ha autorizzato l’estradizione negli Stati Uniti dell’ex presidente Juan Orlando Hernández, arrestato a Tegucigalpa lo scorso 15 febbraio con l’accusa di narcotraffico. Nel 2018 il fratello Juan Antonio Hernández, che all’epoca era deputato, era stato arrestato a Miami per crimini associati al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Tre anni dopo era stato dichiarato colpevole del traffico di 150 tonnellate di cocaina dall’Honduras agli Stati Uniti e condannato all’ergastolo. Hernández, che ha governato il paese centroamericano dal 2014 al 2022, un periodo in cui la criminalità organizzata si è infiltrata a tutti i livelli delle istituzioni, continua a dichiararsi innocente e ha annunciato che presenterà appello contro la sentenza della corte suprema.

Nicaragua Il 21 marzo un tribunale di Managua ha condannato Cristiana Chamorro, principale leader dell’opposizione, a otto anni di carcere per riciclaggio di denaro, falso ideologico e appropriazione indebita. Chamorro, giornalista di 68 anni e figlia dell’ex presidente Violeta Chamorro, si trovava agli arresti domiciliari dallo scorso 2 giugno e non ha potuto partecipare alle elezioni presidenziali del 7 novembre, vinte da Daniel Ortega, al suo quarto mandato consecutivo. “Il processo”, scrive il sito nicaraguense indipendente Divergentes, “è stato pieno d’irregolarità”. Chamorro è la settima rappresentante dell’opposizione condannata per presunti crimini di riciclaggio di denaro e tradimento della patria.

Brasile Il 20 marzo, considerando che tutte le richieste erano state soddisfatte, la corte suprema brasiliana ha revocato la sospensione del funzionamento di Telegram, la popolare app di messaggistica molto usata anche dal presidente di estrema destra Jair Bolsonaro e presente nei telefoni di più di cinquanta milioni di brasiliani. Il 18 marzo il giudice del tribunale supremo Alexandre de Moraes aveva ordinato d’interrompere il funzionamento di Telegram, accusando i gestori dell’app di non fare abbastanza per impedire la diffusione di notizie false, di non aver bloccato i messaggi del blogger Allan dos Santos, sostenitore di Bolsonaro e sotto inchiesta per disinformazione. Pavel Durov, amministratore delegato di Telegram, ha poi spiegato che il ritardo nell’adempiere alle richieste della corte è stato dovuto a un “problema di comunicazione” con il tribunale e in particolare a degli indirizzi email sbagliati. “È servita una misura estrema affinché Telegram finalmente rispettasse le indicazioni della giustizia brasiliana, dopo mesi in cui si comportava come se fosse al di sopra della legge”, scrive in un editoriale la Folha de S.Paulo. “La vicenda ha dimostrato che in un anno elettorale la giustizia è disposta a usare tutta la sua autorità, ma ha anche evidenziato i pochi mezzi che ha a disposizione”.

Cuba La corte suprema ha annunciato il 16 marzo che 128 persone accusate di aver commesso violenze durante le manifestazioni antigovernative che si sono svolte all’Avana dell’11 e del 12 luglio 2021 sono state condannate a pene dai sei ai trent’anni di prigione con l’accusa di sedizione, furto e atti vandalici. Solo una persona è stata prosciolta da tutte le accuse e ha avuto una condanna a quattro anni di lavoro utile senza detenzione. Tra i condannati ci sono sette giovani tra i 16 e i 17 anni che hanno ricevuto tra i sette e i diciannove anni di carcere, secondo l’ong Prisoners difenders. Altri 172 manifestanti erano stati condannati nei mesi scorsi. Secondo Cubalex, una ong con sede a Miami che si occupa della difesa dei diritti umani, molte di queste pene sono eccessive e sono arrivate in seguito a processi non regolari. Le autorità cubane assicurano che tutti i processi hanno a che vedere con atti vandalici commessi dai manifestanti e si sono svolti in modo regolare.

La sinistra avanza in Colombia

Francia Márquez, candidata alle primarie presidenziali della coalizione di sinistra Patto storico, a Bogotá, il 5 marzo 2022. (Raul Arboleda, Afp)

Gustavo Petro, ex combattente del gruppo guerrigliero M-19 e sindaco di Bogotá, ha vinto il 13 marzo le primarie della coalizione di sinistra Patto storico con più di quattro milioni di voti. Petro, 61 anni, sarà quindi il candidato della sinistra alle elezioni presidenziali che si terranno in Colombia il prossimo 29 maggio e il favorito per vincerle. I suoi avversari saranno l’ex sindaco di Medellín Federico Gutiérrez detto Fico, di destra, e il candidato centrista Sergio Fajardo. Il Centro democratico, il partito dell’ex presidente Álvaro Uribe e dell’attuale leader colombiano Iván Duque, è il grande sconfitto delle elezioni. la sua crisi è ormai conclamata: al voto di maggio arriverà senza un candidato ufficiale e sarà costretto ad appoggiare Gutiérrez per sopravvivere. Uribe affronta un processo penale per presunta manipolazione di testimoni che avrebbero dovuto deporre in suo favore in un caso che riguardava presunti legami con i gruppi paramilitari.

La coalizione Patto storico è diventata anche la forza più numerosa in parlamento. Un altro grande successo per la sinistra è stato il secondo posto, subito dopo Petro, ottenuto da Francia Márquez, attivista, femminista e afrodiscendente di cui su Internazionale avevamo pubblicato un ritratto. Nel 2018 Márquez ha vinto il prestigioso premio Goldman per l’ambiente. Durante il suo discorso di ringraziamento ha detto: “Faccio parte di un processo, di una storia di lotta e resistenza cominciata dai miei antenati portati qui come schiavi”.

Non potrà candidarsi alla presidenza della Colombia, ma sicuramente Petro dovrà tenere conto delle sue battaglie e delle istanze di cui si fa portavoce, in particolare dei diritti delle popolazioni native e afrodiscendenti. Come scrive il sito colombiano 070, “il suo progetto antipatriarcale e antirazzista si nutre della resistenza dal basso e ha un enorme potere di trasformare la politica colombiana”. Si è infatti fatta strada l’ipotesi che Márquez possa essere nominata vicepresidente in un eventuale governo di Petro oppure assumere un ministero in cui abbia più margine d’azione. Nessuno dei due si è ancora pronunciato in proposito, ma un fatto intanto è certo: per la prima volta in Colombia ci sono le condizioni affinché la sinistra guidi il paese.

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Le prime mosse di Gabriel Boric

L’11 marzo Gabriel Boric, 36 anni, si è insediato alla presidenza del Cile con un ambizioso programma di cambiamento, che comprende la riforma della sanità e del sistema previdenziale e fiscale, e in parte risponde alle domande nate durante le proteste sociali del 2019 contro le disuguaglianze. Il 14 marzo, nella prima conferenza stampa con i giornalisti internazionali, il presidente ha parlato della pressione migratoria nel nord del Cile, causata soprattutto dalla grave situazione economica e sociale che negli ultimi anni ha spinto milioni di venezuelani a partire. “Una crisi così grande non può ricadere solo su un paese o un piccolo gruppo di paesi. Dobbiamo pensare a un sistema di solidarietà latinoamericana: Brasile, Uruguay, Paraguay e Bolivia devono assumere un ruolo nella questione”, ha detto Boric. Poi ha aggiunto che gli organismi multilaterali sudamericani non devono agire sulla base di affinità ideologiche.

Il 15 marzo la delegazione guidata dalla ministra dell’interno Izkia Siches è stata attaccata durante la prima visita nella regione dell’Araucanía, dove vivono le comunità mapuche e dove dallo scorso settembre è in vigore lo stato d’eccezione (proclamato dal precedente governo di centrodestra) a causa di una serie di attentati incendiari. Tra i vari cartelli, uno recitava: “Fino a quando ci saranno prigionieri politici mapuche, non ci sarà dialogo”. Un incidente che mette a nudo anche le difficoltà e le tensioni che da anni si vivono nel sud del paese.

Uno dei primi provvedimenti presi da Boric è stata la decisione di annullare un centinaio di processi contro i manifestanti arrestati nel 2019. Tuttavia la misura non basta per rilasciare tutti i detenuti che, secondo i rappresentanti del nuovo governo, sono stati arrestati su basi infondate e in maniera irregolare. Ora la decisione passa al senato, anche se Boric non ha specificato cosa farà se il parlamento dovesse bocciare la sua proposta. “Ricorrerà forse all’indulto presidenziale?”, si chiede Sylvia Colombo, corrispondente in America Latina della Folha de São Paulo. In parlamento la coalizione di centrosinistra che sostiene il presidente cileno non ha la maggioranza e questo costituisce un ostacolo non irrilevante sulla strada delle riforme che il governo spera di realizzare.

Come scrive su Infobae il giornalista e scrittore cileno Patricio Fernández, “la voglia di Boric di cambiare in meglio il paese si scontrerà ogni giorno con problemi diversi. Non è un leader provvidenziale, non si sente un faro nella notte. Ma incarna con umiltà lo spirito dei tempi”. Con un tono meno romantico e un maggiore distacco emotivo, Michael Reid, che sull’Economist firma una column dedicata all’America Latina, afferma: “Il cuore di Boric è con la memoria di Salvador Allende. Alla cerimonia del suo insediamento sono stati invitati leader della sinistra internazionale come Jeremy Corbyn e alcuni rappresentanti spagnoli di Podemos. Ma il presidente cileno è anche un politico che ha istinto. Per avere successo dovrà scontentare qualcuno nella piazza. La chiave sarà soddisfare il maggior numero di persone e nel frattempo rassicurare il resto del paese”.

Dal Brasile

Avrebbe compiuto 77 anni lo scorso 17 marzo, ma morì nel gennaio del 1982 a soli 36 anni. Questo è l’anno delle celebrazioni per Elis Regina, la voce che inventò la Mpb, la musica popular brasileira, battezzando con i suoi dischi alcuni dei grandi compositori che hanno scritto la storia della musica cantautoriale post bossanova, tra samba e contestazione della dittatura, da João Bosco a Milton Nascimento, da Gilberto Gil alle compositrici Joyce e Ana Terra (delle quali cantò la celebre Essa mulher). Elis Regina Carvalho Costa nacque nel 1945 a Porto Alegre, arrivò a São Paolo dove, neanche diciottenne, ebbe subito successo con la sua voce portentosa, trasformandosi nell’emblema di una generazione. Il suo show Falso brilhante – che conteneva pezzi diventati classici come Tatuagem di Chico Buarque e Como nossos pais di Belchior – rimase in cartellone nella capitale paulistana dal 1975 al 1977. Della travagliata esistenza di Elis è già stato ricavato un biopic al cinema, un bellissimo musical con Laila Garin ed è prevista per quest’anno una serie su Hbo ispirata al disco Elis & Tom, che registrò nel 1974 con Tom Jobim. Nel disco c’è la versione più celebre del classico Águas de março (La pioggia di marzo). È il consiglio di ascolto di Alberto Riva, giornalista e scrittore.

La cantante brasiliana Elis Regina a Parigi, il 31 ottobre 1968. (Keystone/Hulton Archive/Getty Images)

Consigli

  • Da leggere Perché tornavi ogni estate, pubblicato dalla Nuova Frontiera, è il libro d’esordio dell’argentina Belén López Peiró. L’autrice racconta una storia personale, gli abusi sessuali subiti fino all’età di sedici anni dallo zio poliziotto nella casa di vacanza dove i suoi genitori la mandavano a trascorrere ogni estate. Con un linguaggio diretto e crudo, alternando parti letterarie ad atti giudiziari più freddi, López Peiró ricostruisce la rete di sospetto, dubbio e omertà che circonda le donne che scelgono di non stare più in silenzio.
     
  • Da vedere Araquém Alcântara, Orlando Azevedo, Cristina Granado, Vânia Toledo e molti altri sono i grandi fotografi brasiliani raccontati nel documentario Caçadores da alma (Cacciatori di anima). Dallo sport alla natura selvaggia alla musica, le loro immagini hanno fatto la storia. Si può vedere su YouTube.

Su Internazionale

Sul sito
  • Un reportage dell’Economist dal Venezuela, dove il governo di Nicolás Maduro autorizza l’estrazione illegale d’oro e di altri metalli. Danneggiando aree protette e provocando gravi danni all’ambiente. E un articolo di Insight Crime sul muro inutile tra la Repubblica Dominicana e Haiti.

Sul settimanale
  • Nel numero 1452, un editoriale del quotidiano spagnolo El País sul risveglio della sinistra colombiana dopo le elezioni legislative e le primarie presidenziali del 13 marzo. E poi, un articolo del Wall Street Journal racconta l’esperimento del Salvador, che a settembre ha adottato il bitcoin come moneta nazionale, e sottolinea la preoccupazione di economisti e cittadini. Nelle pagine di cultura, il New York Times parla di una nuova generazione di scrittrici e scrittori brasiliani neri che sta trovando la sua voce e il successo di pubblico e critica.
     
  • Nell’ultimo numero un articolo della piattaforma giornalistica Connectas riflette sulla strategia diplomatica di Washington in America Latina dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

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