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L’intervento è pubblico, i benefici tutti privati

Cdp caccerà "a pedate" i Benetton da Autostrade per l'Italia comprandosi la società al prezzo indicato dai Benetton
Giorgio Meletti 
6 settembre 2020
  • Alla Cassa depositi e prestiti i soldi non finiscono mai, grazie alla generosa remunerazione del conto di Tesoreria da 150 miliardi garantita dal governo.
     
  • L'amministratore delegato della Cdp, Fabrizio Palermo, dice il contrario di quello che fa: "Questa non è la vecchia Iri. Questa non è la nuova via italiana al capitalismo misto".
     
  • Con lo strombazzato accordo di luglio sulle autostrade si è fissato un ulteriore modello dello statalismo in cui il banco perde sempre. E l'accordo sulla rete telefonica definisce uno schema ancora più raffinato.
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(Foto LaPresse)
Due anni fa la Cassa Depositi e Prestiti ha speso 800 milioni - non suoi, ma dei risparmiatori che affidano i loro pochi soldi alle Poste - per comprare azioni Tim e far vincere l'assemblea al fondo americano Elliott contro i francesi di Vivendi. Il valore di quell'investimento oggi è dimezzato, ma niente paura, alla Cdp i soldi non finiscono mai grazie alla generosa remunerazione del conto di Tesoreria da 150 miliardi garantita dal governo. Di fatto fu il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan (governi Renzi e Gentiloni) a voler dotare Cdp del tesoretto necessario ad ampliare il suo interventismo nel rantolante capitalismo italiano e a rinnovare i fasti dell'Iri.

L'amministratore delegato della Cdp, Fabrizio Palermo, seguendo l'ultima moda della politica italiana, dichiara il contrario di quello che fa: "Questa non è la vecchia Iri. Questa non è la nuova via italiana al capitalismo misto, pubblico e privato. Questo è il capitalismo paziente che investe lì dove ci sono i fattori per lo sviluppo".
"Bene, oggi il fattore decisivo per lo sviluppo è la connettività: il nostro compito è esserci". Queste affermazioni sono tutte false. Per esempio lo stato "c'è" sulla connettività da novant'anni. Ma basta analizzarne una per capire che lo statalismo - in sé utile se pensato bene - stavolta ci sta portando sulla brutta china del potere esercitato in funzione del potere.

È molto più "misto" il capitalismo paziente che ha in mente Palermo di quello dell'Iri. L'Iri controllava le aziende al cento per cento. Erano capitali dei contribuenti investiti per raggiungere obiettivi fuori della portata e degli interessi delle imprese private. Le Fs le ha nazionalizzate Giolitti, non fu certo un esproprio. La siderurgia Iri produceva il miglior acciaio d'Europa e, a spese del contribuente, lo vendeva sottocosto all'industria nazionale per farla decollare. I telefoni furono nazionalizzati negli anni Trenta perché i privati non potevano o non volevano investire nell'infrastruttura di telecomunicazioni. L'Iri ha investito sulla rete telefonica per sessant'anni facendone, grazie alle salate bollette pagate dagli italiani, una delle migliori al mondo. Poi arrivarono i privati che hanno fatto a gara a chi spolpava meglio Telecom Italia. Vent'anni dopo abbiamo la peggiore rete d'Europa.

Era l'Iri il vero capitalismo paziente, ammesso che la curiosa locuzione abbia un senso. Il modello di Palermo rispolvera in realtà l'idea disastrosa - anni Ottanta - delle joint venture pubblico-privato. Il capolavoro fu Enimont, la fusione tra Montedison e chimica Eni, diventata puntualmente la star dell'inchiesta Mani Pulite. Non è un pregiudizio ma un fatto: il capitalismo misto pubblico-privato consiste in una magia, lo stato ci mette i soldi e i privati che se li prendono. Un giudizio destinato a ribaltarsi quando Palermo spiegherà i vantaggi per l'economia nazionale di aver comprato con denaro pubblico il 18 per cento di Bonifiche Ferraresi, il 25 per cento della Kedrion del capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci o il 23 per cento della società inglese Rocco Forte Hotels.

Con lo strombazzato accordo di luglio sulle autostrade si è fissato un ulteriore modello dello statalismo in cui il banco perde sempre: Cdp caccerà "a pedate" i Benetton da Autostrade per l'Italia comprandosi la società al prezzo indicato dai Benetton.
Mentre l'accordo agostano sulla rete telefonica si definisce uno schema ancora più raffinato: siccome lo stato i soldi in Tim (e in Open Fiber) li ha già messi e li ha già persi, adesso, in nome del neo-statalismo si pretende che Tim (che è privata) resti proprietaria della rete telefonica ma che sia il governo, attraverso Cdp, a comandare. Naturalmente non accadrà mai.
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