Copy

Servizi segreti, lunga vita agli uomini di Conte

Un mossa sotterranea del premier ha rischiato di far scivolare il governo sulle nomine dei vertici dei servizi segreti. Alla fine ha vinto Conte, che ha incassato la riconferma dei vertici degli 007
Giovanni Tizian
3 settembre 2020
  • Il governo ottiene la fiducia sul decreto emergenza, al cui interno c’è la norma, contestata da parte dei 5 Stelle, che proroga le nomine dei vertici dei servizi di sicurezza.
     
  • Alla fine, quindi, la maggioranza si ricompatta. E il premier Conte raggiunge il suo obiettivo: il rinnovo dei suoi uomini ai servizi.
     
  • Beneficiano della norma Gennaro Vecchione, capo del Dis, e soprattutto Mario Parente, numero uno dell’Aisi, che aveva esaurito i 4 anni previsti dalla legge ed è indagato in Sicilia. 
Condividi Condividi
Tweet Tweet
Spargi la voce Spargi la voce
Il generale dei Carabinieri, Mario Parente (foto LaPresse)

Per il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, poteva rivelarsi fatale il pasticcio sulla proroga dei vertici dei servizi segreti. Una norma inserita nel calderone del decreto emergenza, come fosse un mille proroghe qualunque.  Ma il voto di fiducia imposto per approvare il decreto emergenza alla fine ha salvato il governo. Decreto approvato con 276 voti favorevoli, 194 contrari, un astenuto. Da sottolineare però l'assenza di 28 deputati Cinque stelle. Tra questi non c'era, tuttavia, Federica Dieni, la promotrice dell'emendamento della discordia che ha provato a bloccare la forzatura di Conte sui servizi segreti, facendo traballare per qualche ora il governo. Anche i ribelli 5 Stelle inizialmente contrari, quindi, hanno dovuto digerire la modifica- inserita nel decreto che prolunga lo stato di  emergenza fino al 15 ottobre- della legge del 2007 sugli apparati di sicurezza che permetterà il rinnovo per quattro anni dei vertici di Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza), Aise  (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna): rispettivamente Gennaro Vecchione, Gianni Caravelli, Mario Parente. Chi ne beneficerebbe da subito sono Vecchione e Parente. La nuova norma in realtà premia soprattutto Parente, che ha esaurito a capo dell’Aisi i suoi 4 anni, due più due, limite massimo previsto dalla legge del 2007.

Palazzo Chigi fornisce un’interpretazione alternativa: la nuova norma, sostengono nel governo, si limiterebbe a prevedere più rinnovi consecutivi ma comunque senza superare il tetto di due rinnovi per 8 anni complessivi. Cambia la forma nel presentarla, ma la sostanza resta immutata. Del resto è nota l’attenzione di Conte sugli 007, tanto che fin dal primo governo con la Lega ha mantenuto le deleghe sugli apparati di sicurezza per sé. 

Secondo palazzo Chigi l’innesto dell’articolo sui servizi segreti nel decreto emergenza si era reso necessario per garantire continuità al vertice negli apparati di sicurezza in una fase storica critica per il Paese, reso fragile dalla pandemia e perciò esposto a tensioni che potrebbero sfociare in proteste  e violenze. Mantenere i vertici degli 007 senza stravolgimenti di sorta garantirebbe, nella versione di Palazzo Chigi, maggiore sicurezza.

Parallelamente alla narrazione ufficiale, ne scorre una ufficiosa. E racconta di un rapporto d’intesa tra il premier e Gennaro Vecchione, il generale di Corpo d’armata della guardia di finanza, nominato al Dis- l’ufficio che coordina l’attività dei servizi segreti- nel 2018, durante il primo governo Conte.

Vecchione è uomo di fiducia del presidente del consiglio, che lo ha voluto fortemente a capo del Dis. Insieme hanno affrontato le scorie del russiagate americano: finiti nel mirino del Copasir, il comitato di controllo parlamentare sull’attività dei servizi segreti, che ha contestato ai due la gestione dei rapporti con il ministro della Giustizia William Barr. L’uomo che insieme al procuratore John Durham stava indagando sull’ipotesi che Donald Trump, accusato di essere stato aiutato dai russi nella campagna elettorale del 2016, sia al contrario vittima di un complotto ai suoi danni. Il presidente del Consiglio e Vecchione, davanti al Copasir, hanno negato con forza che la nostra intelligence abbia girato a Barr informazioni sensibili sul presunto complotto.

Mario Parente, invece, ha sponsor più trasversali. Il generale dei carabinieri, 62 anni, è arrivato all’Aisi come vice direttore nel 2015, in pieno governo Renzi e con Marco Minniti ministro dell’Interno con delega ai servizi. Parente è un nome che piace a destra come al centro e a sinistra. Al vertice con Renzi, rimasto con Gentiloni, Conte gli ha dato fiducia per altri due anni e addirittura, grazie alla norma inserita nel decreto emergenza, resterà ancora. Parente, insomma, accontenta tutti a tutti i livelli: partiti e istituzioni, fino al grado più alto della gerarchia.
Nel frattempo, però, Parente deve fare i conti con una grana giudiziaria esplosa in Sicilia. Precisamente nel processo ad Antonello Montante, l’ex presidente di Confidustria Sicilia, che aveva, secondo il giudice che lo ha condannato, «occupato, mediante corruzione sistematica e raffinate operazioni di dossieraggio, molte istituzioni regionali e nazionali».
Nella sentenza su Montante troviamo proprio Parente: interrogato dal giudice su alcune fughe di notizie e un presunto tentativo di preservare un colonnello dei servizi vicinissimo a Montante dall’inchiesta giudiziaria, avrebbe mentito ai giudici. Mente sapendo di mentire, ha scritto il giudice che ha condannato Montante: per preservare «un patto scellerato, al quale potrebbe aver aderito, lo si afferma con grande desolazione, anche l’attuale direttore Mario Parente». Con queste motivazioni il giudice ha sono stati trasmessi gli atti alla procura di Caltanissetta, che ha così indagato il capo dell’Aisi, che ora Conte vuole riconfermare nel nome del Covid.
 
Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Così Conte trasforma i generali
in soldatini


Scontro tra Conte e un pezzo del Movimento 5 stelle sulla riforma dei servizi segreti. Dietro le polemiche parlamentari, i rischi di trasformare i capi dei servizi in vassalli del potere politico


Emiliano Fittipaldi
Vicedirettore di Domani
 



Il putiferio innescato dalla decisione di Giuseppe Conte di mettere la fiducia sulla modifica della legge sui servizi segreti evidenzia, certamente, una tensione crescente tra Palazzo Chigi e un pezzo del Movimento 5 stelle.

Ma i fuochi d’artificio a Montecitorio nascondono la vera posta in gioco della partita. Ossia alcuni effetti nefasti della riforma dei nostri apparati di sicurezza, che rischiano a breve di perdere autonomia e indipendenza diventando del tutto subalterni alla politica.

Conte ha infatti inserito nel decreto legge sull’emergenza Covid una revisione della legge 124 del 2007, che regola tempi e modi delle nomine dei vertici dei nostri 007. A differenza di quanto contestato dalle opposizioni, il governo non ha aumentato la durata del mandato. I direttori delle due agenzie di intelligence (Aisi e Aise) e del Dipartimento delle informazioni della sicurezza potranno ottenere un primo incarico della durata massima di quattro anni, rinnovabile al massimo per altri quattro. Esattamente come prevede la vecchia norma.

Il premier, che ha conservato la delega sui servizi segreti, vuole invece modificare il modus operandi con cui, a partire dal secondo mandato, il governo conferma o meno gli incarichi: venisse approvato, il decreto introdurrà la possibilità che l’esecutivo utilizzi non uno, ma più provvedimenti di rinnovo.

La questione sembra secondaria, ma la novità è rilevante: teoricamente i direttori che gestiscono la nostra sicurezza nazionale potrebbero infatti essere confermati attraverso mini-rinnovi di pochi mesi mesi. Trasformandosi da generali a quattro stelle con ampia libertà di manovra in semplici attendenti perennemente sulla graticola. Soldatini costretti ad ubbidire all’autorità politica che ne decide il destino.

È un fatto che la nuova normativa sia stata costruita ad hoc per “salvare” la poltrona di Mario Parente, numero uno dell’Aisi prorogato già due volte tra il 2016 e il 2018 ma beneficiario, lo scorso giugno, di un terzo differimento “tecnico” con lo strumento, insolito, di un Dpcm. Il pastrocchio giuridico fu bocciato dalla Corte dei Conti, decisione che ha costretto a fine luglio Conte e i suoi tecnici a proporre (con il consenso del Quirinale) la modifica della vecchia legge-quadro.

Ora, non sappiamo se oltre a Parente il premier intenda proteggere anche Gennaro Vecchione, il capo del Dis suo fedelissimo in scadenza a fine anno. Né se davvero l’avvocato punti a far pesare alla fine della legislatura - come ipotizza qualche osservatore - il suo accresciuto potere di nomina.

Il blitz resta comunque inaccettabile sia nel metodo (infilare una norma così delicata in un decreto anti-Covid è, per usare un eufemismo, operazione bizantina e poco trasparente) sia nel merito. Perché se nell’immediato la nuova regola renderà la presa della presidente del Consiglio sulle tre agenzie ancora più forte, nel medio-lungo periodo il pericolo è sistemico. I capi dei servizi segreti potrebbero avere la tentazione di servire, più che lo Stato, chi ne decide la carriera. Mentre vincolare i dirigenti dell’Aisi, dell’Aise e del Dis alla fedeltà potrebbe condizionare il buon funzionamento delle agenzie di sicurezza nazionale. Macchine complesse che dovrebbero essere guidate non da uomini ubbidienti, ma da civil servant attrezzati di competenza ed esperienza.

Abbonati per un anno con un'offerta speciale
Condividi Condividi
Tweet Tweet
Spargi la voce Spargi la voce
© 2020 Stefano Feltri - Domani




Non vuoi più ricevere questi messaggi?
Puoi aggiornare le tue preferenze o annullare l'iscrizione.