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Perché è così difficile

Cambiare

La capacità di cambiare - che si tratti di obiettivi personali, di aspirazioni professionali o trasformazioni a livello di sistema – resta spesso fuori dalla nostra portata.

E questo è vero – con buona pace di una certa cultura che ci ripete, senza sconti, che se una certa cosa non ci accade, vuol dire che “non la desideriamo abbastanza” - anche in presenza del più grande desiderio e della più elevata motivazione.
In azienda questo diventa ancora più pesante giacché la famosa “resistenza al cambiamento” è universalmente considerata come mancanza di volontà di cambiare, con grande frustrazione sia per le persone, che si sentono sempre in errore, che per l’organizzazione che, evidentemente, non riesce ad essere efficace e convincente.
Sarebbe più utile, forse, cambiare approccio e renderci conto che per il genere umano esiste una ‘innata’ avversione al cambiamento, e che la resistenza non è solo per una opposizione ad esso né per semplice inerzia.
Quello che accade in realtà è che molte persone, anche se hanno una sincera intenzione di cambiare, stanno inconsapevolmente combattendo una battaglia interiore tra un’energia ‘produttiva’ indirizzata al cambiamento e un'energia nascosta, quella di un impegno nascosto concorrente (hidden competing commitment).
Ne risulta un equilibrio dinamico che blocca lo sforzo in ciò che sembra una resistenza, ma che è in realtà una sorta di 'immunita' al cambiamento.

È questo che ci mostra la trentennale attività di ricerca di Robert Kegan e Lisa Lahey, docenti della Harvard Graduate School of Education, che li ha portati a proporre una strada del tutto nuova per sostenere le persone nella realizzazione del proprio desiderio o rispondere al loro bisogno di cambiare. Una strada concreta ed efficace da percorrere, invece di continuare insistentemente a chiedere alle persone di fare quello che, semplicemente, non ‘sono in grado’ di fare e non sono state preparate a fare.
Il problema, quindi, è l'incapacità di colmare il gap tra quello che sinceramente, e spesso anche appassionatamente, vogliamo e quello che siamo effettivamente capaci di fare. Imparare come superare questa distanza è un apprendimento cruciale per gli umani del XXI secolo.
Scrivono Kegan e Lahey che “possiamo imparare e riflettere quanto vogliamo, ma i cambiamenti che speriamo di fare – e quelli di cui abbiamo necessità – non accadranno a seguito di tutto questo imparare e riflettere se manterremo intatti i nostri modi di pensare (mindset) attuali”.
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Guardare attraverso le lenti dell'innovazione, il modello di Rowan Gibson

Chi sono gli innovatori? Quali sono le caratteristiche che consentono loro di proporre soluzioni di cambiamento in grado di fare la differenza?

Secondo Rowan Gibson, uno dei più importanti leader nella business innovation internazionale, tutte le innovazioni introdotte nel corso della storia, a prescindere dall’epoca e dal contesto di riferimento, mostrano uno o più di questi 4 aspetti fondamentali:

  • sfidare una convenzione
  • cavalcare una tendenza nascente
  • sfruttare una nuova competenza o usare risorse esistenti in maniera nuova
  • rispondere a un bisogno fino a quel momento non ancora soddisfatto.

Secondo la teoria di Gibson, è come se l’innovatore fosse dotato di 4 lenti, ognuna delle quali gli consente una delle 4 azioni. Nel modello, ogni lente è associata a un colore: giallo, verde, blu e rosso. Sul blog di SIAacademy, trovi una descrizione più approfondita del processo, a questo link.

Usare gli strumenti più adatti

Il B Canvas Business Model è un modello di progettazione che risponde meglio dei tradizionali canvas alle esigenze di chi vuole creare un'impresa che abbia anche un impatto positivo sul contesto in cui è inserito. Parte dallo scopo dell'impresa, prende in considerazione gli impatti e valuta la catena di valore. L'ha progettato la BCorp 3VECTORES. Qui il link che lo racconta e qui il canvas da scaricare.
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Filosofia applicata al business, dal 2012.

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