Ciao, sono Valerio Bassan e questa è Ellissi, una newsletter che ogni venerdì ti aiuta a capire come si evolve l'intersezione tra media, giornalismo, modelli di business e strategia digitale.
Nell'ultima puntata avevo parlato di bias lacrimogeni. Qui trovi tutto l'archivio; questo invece è il link giusto per iscriverti.
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Issue 31 ○ 4 dicembre 2020
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"Ormai i siti sono tutti uguali".
Hai sentito anche tu girare questo ritornello, <<Il tuo nome>>, tra chi si occupa di contenuti sul web?
Come ogni tanto capita con le frasi fatte anche questa ha un fondo di verità.
Pensa agli ecommerce, ai blog o ai siti-vetrina delle aziende, che spesso hanno design e strutture molto simili tra loro.
Per non parlare dei social network: da poco anche LinkedIn e Twitter si sono aggiunte alla lista delle piattaforme che propongono una propria versione-fotocopia delle Stories.
Qualcuno già grida alla morte dell'innovazione e della creatività.
In realtà, è la semplice conseguenza di una globalizzazione estetica che permea tanti ambiti diversi - la moda, il marketing, l'arredamento - e che internet ha contribuito a diffondere anche digitalmente, in un proliferare di siti Squarespace, filtri Instagram, font Google, e foto Unsplash.
I giornali sul web non fanno eccezione. La transizione al digitale ha portato a un generale appiattimento, sia a livello di design che a livello di funzionalità.
Negli ultimi tempi, però, ho notato diversi trend interessanti nel design dei quotidiani online.
A volte si tratta di casi semi-isolati, altre volte di fenomeni consolidati; ho cercato di metterli tutti in fila qui sotto, anche solo per trarne un po' di ispirazione.
Dai, cominciamo.
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1. L'homepage come feed
Esiste oggi un design più familiare di un feed social — con la sua struttura verticale, il suo eterno scrollare, i suoi box di foto e testo?
Anche nel giornalismo c'è chi sta provando a ricreare quell'esperienza. Parlo di Axios, il sito lanciato nel 2017 da Jim VandeHei, Mike Allen e Roy Schwartz (tutti ex di Politico) con l'obiettivo di informarci “smarter, faster”.
Sia in versione desktop che mobile, Axios propone all'utente un lungo feed di notizie: alcune sono social card che “bastano a se stesse” - ovvero, tutte le informazioni sono contenute al loro interno - altre rimandano ad articoli di approfondimento.
Così facendo, Axios offre all'utente due esperienze di lettura: una più basata sullo skimming, per chi ha poco tempo, e una più in profondità, per chi vuole saperne di più.
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2. L'homepage come newsletter
Tanto valore in poco spazio. È quello che ha in mente Quartz, che dopo diverse iterazioni di scarso successo ha deciso di puntare su quello che sa fare meglio: le newsletter.
E così ha messo al centro della propria homepage il Daily Brief, la sua popolarissima email mattutina che riepiloga i fatti di attualità della tecnologia, della politica e del business.
Si comincia con un semplice “Good morning. Here's what you need to know” e si prosegue con i classici cinque-sei blocchetti di testo che condensano gli eventi più importanti della giornata con un tono umano e di facile lettura.
A seguire c'è una selezione degli articoli più importanti pubblicati sul sito, e in chiusura una gif animata che strizza l'occhio ai lettori.
Stiamo provando qualcosa di concettualmente simile anche nell'homepage di 24+, la sezione premium del Sole 24 Ore, con “Oggi in poche parole”: una presentazione schematica delle notizie fondamentali per capire la giornata in evoluzione, e che contiene quasi esclusivamente link ad articoli gratuiti.
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3. L'homepage come chat
Su Ellissi parlo spesso del cambio di paradigma che sta avvenendo a livello economico nei media.
Stiamo passando da un business dell'attenzione - che mira a monetizzare impression e tempo speso sulle pagine di un sito - a un business della relazione, in cui le metriche che definiscono il successo si basano sulla qualità del rapporto che siamo in grado di stabilire con i lettori.
È un cambiamento sistemico che sta avvenendo a tutti i livelli, e il design non fa eccezione.
Su tutti, trovo molto bello l'esempio di una piccola realtà argentina, quella di Red/Acción.
Non solo perché è uno dei pochissimi casi di testata indirizzata a un pubblico under 30 che punti sulla reader revenue (invece che semplicemente “abbonarti”, puoi diventare “corresponsabile” della sua missione editoriale), ma anche perché sta sperimentando modelli interessanti di on-site engagement.
Sull'homepage di Red/Acción l'utente è accolto da una sorta di chat curata da uno degli editor della testata.
Ogni messaggio della chat affronta un tema diverso, e può assumere diverse forme: elenco puntato, articolo breve, video, podcast, quiz interattivo, gallery di immagini.
Altra chicca: l'homepage viene aggiornata solo due volte al giorno, alle 7 e alle 17.
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4. La dossierizzazione dell'informazione
C'erano una volta le care vecchie categorie: esteri, sport, costume. E ci sono ancora, certo, ma sono sempre meno utilizzate.
Oggi, soprattutto in concomitanza di grandi eventi, la pacchettizzazione dei contenuti tende a viaggiare all'interno di silos tematici molto più stretti: tanti piccoli dossier dedicati ad argomenti specifici che cambiano e si evolvono regolarmente.
Se hai sfogliato i siti del New York Times o del Washington Post durante l'emergenza covid o nei giorni caldi delle ultime elezioni americane, lo avrai notato: queste sezioni sono come dei micrositi, con una propria struttura, gerarchia e testata di navigazione.
Al loro interno, questi dossier - che internamente il Times definisce news event - contengono tutti i contenuti sul tema: liveblog con gli aggiornamenti flash, mappe, grafici, articoli di lungo respiro, video, e via dicendo.
Sono homepage tematiche a tutti gli effetti, fatte per offrirti all the news that's fit to publish riguardo a uno specifico tema.
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5. Proprio come in un magazine
Oggi tante testate cercano di offrire ai lettori un'esperienza di lettura sempre più elegante, minimale, e pulita. È un trend che, non mi stancherò mai di ripeterlo, fa solo bene al giornalismo.
Lo vediamo succedere su Repubblica, El País o Le Monde, mai così ricchi di contenuti longform creati per una fruizione immersiva.
L'esempio migliore di questo ultimo anno, a mio parere, è però quello del The Atlantic — che ha da poco lanciato un ambizioso progetto di redesign con l'obiettivo di ricreare la piacevolezza dell'esperienza di fruizione del magazine anche sulle sue pagine web.
Titoli a tutta larghezza, pochi colori ma scelti bene, una tipografia sempre più leggibile e riconoscibile, meno icone, meno fronzoli, tinte piatte. Più mentalità da design editoriale, ma in digitale.
Qui c'è tutta la storia raccontata da chi l'ha progettata, per palati fini.
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Queste sono solo alcune delle tendenze che ho notato in questi ultimi mesi, ma chissà quante altre cose mi sono perso.
Se hai meraviglie da segnalarmi, clicca sul tasto “rispondi” a questa newsletter: sono tutt'occhi.
Ti saluto con due piccoli consigli, da tenere a mente quando lavori a un redesign.
Primo. Sperimentare è bello, ma la ripetitività non è necessariamente un male: una gerarchia visuale familiare riduce lo sforzo cognitivo richiesto agli utenti che, di conseguenza, sono più portati ad agire.
Secondo. Riproporre l'idea vincente di un competitor non significa automaticamente ripercorrerne i successi. Ogni scelta dev'essere funzionale ai comportamenti dei tuoi utenti e ai loro bisogni.
Nel 2001 l'ex direttore dell'Economist Bill Emmott, in occasione del redesign del settimanale, disse una cosa molto giusta: “Good design, like good writing, should blend into the background; it should be the servant of editors and readers alike, not their master.”
Alla prossima Ellissi
Valerio
PS. Nelle ultime settimane il sito dove raccolgo l'archivio di questa newsletter, ellissi.email, è stato offline — questo perché ho lavorato a un redesign! Sarà online tra qualche giorno e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensi. A venerdì prossimo, allora. Stammi bene.
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◾️ Il prossimo 10 dicembre parlerò di relazioni e abbonamenti nei media digitali. Lo farò online durante questo evento, organizzato dagli amici di Piano. Registrarsi è gratuito.
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