17 gennaio 2021

Americana

La newsletter sugli Stati Uniti a cura di Alessio Marchionna

Nel nome di dio Un modo per raccontare la storia degli Stati Uniti è osservare come il paese sceglie i suoi nemici e affronta le minacce alla sua sicurezza. Ci si accorge che in tanti casi sono state minimizzate o ignorate minacce reali e sono stati combattuti i nemici sbagliati. La lista è lunga: parte dal periodo dopo la guerra civile, quando fu tollerata la violenza del Ku klux klan, passa per i campi dove furono internati i giapponesi americani durante la seconda guerra mondiale, per la caccia ai comunisti e per la repressione del movimento dei diritti civili negli anni cinquanta e sessanta, fino ad  arrivare ai giorni nostri. Dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti hanno lanciato un’offensiva globale contro il fondamentalismo islamico, scatenando due guerre e cercando di sigillare le loro frontiere, e nel frattempo hanno ignorato i pericoli interni rappresentati dall’estrema destra e dal fondamentalismo religioso cristiano. Questa minaccia è cresciuta senza incontrare ostacoli sotto l’amministrazione di Barack Obama, che per molti cristiani bianchi era un musulmano o direttamente l’anticristo; e, quando Trump è arrivato al potere, è stata addirittura sostenuta dal governo. Un paese dove tante persone pensano di essere dei soldati che combattono una guerra santa per l’anima della nazione non può non precipitare verso la violenza.

Negli ultimi giorni sono usciti molti articoli che descrivono le sfumature religiose dell’attacco al congresso del 6 gennaio 2021. Il Washington Post ha scritto che nella folla c’erano cristiani evangelici che declamavano versetti della Bibbia. Il New York Times ha raccontato che il 6 gennaio alcuni miliziani dei Proud boys, un gruppo di estrema destra, si sono inginocchiati per pregare prima di mettersi in marcia verso il congresso, chiedendo la protezione di dio per quello che stavano per fare. C’erano cartelli con la scritta “Jesus 2020” e “Armor of god”, l’armatura di dio. Tutti questi riferimenti fanno capire fino a che punto l’estremismo politico si è saldato con quello religioso. 

Come molti politici repubblicani, anche alcuni leader della chiesa evangelica che hanno sempre sostenuto Trump – convinti che potesse rendere illegale l’aborto e proteggere il loro diritto ad armarsi – hanno preso le distanze dall’insurrezione. Ma forse è troppo tardi per tornare indietro. “La bugia sulle frodi elettorali alle elezioni di novembre ha fatto molta presa sui settori cristiani più conservatori”, spiega il New York Times, “dove le convinzioni sulla fine imminente del mondo e sull’arrivo del giudizio universale si sono fuse con le teorie complottiste di QAnon, secondo cui il paese è guidato da burocrati corrotti e pedofili”. Queste persone hanno ormai legato la loro fede al destino di Trump, e sono convinti che il presidente uscente sia l’ultimo baluardo per evitare l’estinzione della cristianità negli Stati Uniti.

Soldati della guardia nazionale nel palazzo del congresso, il 13 gennaio (Kent Nishimura, Los Angeles Times via Getty Images).

Sotto assedio Il 13 gennaio il congresso degli Stati Uniti sembrava il palazzo governativo di una città sotto assedio. Per la prima volta da quando l’esercito confederato minacciò di entrare a Washington nel 1864, durante la guerra civile, i soldati hanno bivaccato nell’edificio. Lo stesso giorno la camera dei rappresentanti ha aperto la procedura di impeachment contro Trump per aver “istigato all’insurrezione”. Non era mai successo che così tanti deputati (dieci) votassero per mettere in stato d’accusa un presidente del loro partito. Allo stesso tempo, 197 repubblicani hanno votato contro la messa in stato d’accusa. Alcuni lo hanno fatto perché sono ancora sinceramente convinti che il presidente abbia ragione e perché hanno deciso di continuare a combattere il nemico sbagliato. Matt Gaetz, deputato della Florida, ha detto in aula: “Negli Stati Uniti la sinistra causa molta più violenza politica della destra”.

Ma la maggior parte dei 197 era terrorizzata da quello che potrebbe succedere se dovessero mettersi contro il presidente. Jason Crow, deputato democratico del Colorado, ha riferito alla stampa alcune sue conversazioni con i colleghi repubblicani. “La maggior parte di loro è paralizzata dalla paura. Alcuni sono scoppiati a piangere, dicendo che temono di essere uccisi se dovessero schierarsi contro Trump”. Il giornalista Tim Alberta ha scritto che nell’ultima settimana molti deputati repubblicani hanno ricevuto minacce di morte. In fin dei conti gli eversori hanno avuto successo, perché ora tengono in ostaggio il Partito repubblicano. Quando l’impeachment arriverà al senato (quasi sicuramente dopo che Trump avrà già lasciato la Casa Bianca) i repubblicani si troveranno in una situazione ancora più delicata: avranno tutto l’interesse a condannare Trump, anche per impedirgli di candidarsi di nuovo in futuro, ma potrebbero ritrovarsi contro una parte importante della loro base elettorale.

Muro di carta Trump non ha commentato la procedura d’impeachment, e ha trascorso gli ultimi giorni della sua presidenza nello stesso modo in cui, quasi cinque anni fa, aveva cominciato la sua carriera politica: parlando del muro al confine con il Messico. Il 12 gennaio il presidente uscente è andato ad Alamo, in Texas, e ha detto di aver mantenuto la promessa fatta in campagna elettorale. In realtà la sua amministrazione si è limitata a sostituire circa 700 chilometri di barriera già esistente. Ma ha trasformato il sistema che regola l’immigrazione in un altro modo. “Trump ha costruito un muro fatto di carta”, ha scritto il Washington Post. “Sotto il suo mandato sono stati emanati più 450 decreti e direttive, la maggior parte dei quali passati inosservati, che hanno dimezzato l’immigrazione legale negli Stati Uniti”. Questi provvedimenti non potranno essere cancellati facilmente dall’amministrazione Biden, e produrranno effetti per decenni.

Washington, 1865

Il giuramento di Abraham Lincoln, il 4 marzo 1865 (Alexander Gardner, Bettmann/Getty Images).

Il 20 gennaio 2021 Joe Biden giurerà a Washington come presidente degli Stati Uniti. Sarà una cerimonia molto particolare, per via delle restrizioni dovute alla pandemia e per i timori di nuove violenze (saranno dispiegati 20mila soldati della guardia nazionale). Alcuni hanno fatto un confronto con quella del 4 marzo 1865, quando Abraham Lincoln giurò per il suo secondo mandato. Il congresso aveva da poco approvato il 13esimo emendamento, che aboliva la schiavitù; la guerra civile tra nord e sud stava per finire ma la tensione nel paese era altissima. Jill Lepore racconta così l’evento nel suo bellissimo libro Queste verità:

A Washington quell’inverno piovve per settimane, mentre il vento spazzava la città, sradicando gli alberi, come se il clima stesse portando l’atrocità della guerra nella capitale. Il mattino dell’insediamento di Lincoln, il 4 marzo, la folla arrivò armata di ombrelli, baionette puntate contro il cielo. Le persone si accalcarono in un pantano di pozzanghere e fango. Calò la nebbia, che coprì tutta la città. Ma, non appena Lincoln si alzò per parlare, il cielo si schiarì e il sole spuntò dalle nubi. Con il passo pesante della sua goffa andatura, Lincoln salì sul palco davanti alla facciata orientale del Campidoglio. Alexander Gardner lo colse in una fotografia di magnifica acutezza. Lincoln non indossa il cappello. Tiene in mano un fascio di fogli e guarda in basso. Parlò, ma brevemente. Lo schiavismo era stato “la causa della guerra”, e tuttavia “speriamo con ardore, preghiamo con fervore, che il grande flagello della guerra possa finire in fretta”: una preghiera per i vivi e per i morti. John Wilkes Booth, ventisei anni, osservava dal balcone del Campidoglio. “Che ottima occasione ho avuto per uccidere il presidente, se solo avessi voluto, il giorno dell’insediamento!”, avrebbe detto in seguito.

Poco più di un mese dopo Booth, un simpatizzante sudista, uccise Lincoln sparandogli alla testa.

In breve

  • In molte capitali statali le autorità stanno rafforzando la sicurezza intorno ai palazzi governativi, dopo che l’Fbi ha avvertito di possibili attacchi dell’estrema destra nei prossimi giorni.
  • In settimana sono state eseguite le sentenze di condanna a morte contro Lisa Montgomery e Dustin Higgs. Tredici detenuti sono stati uccisi da luglio del 2020, quando l’amministrazione Trump ha deciso di riprendere le esecuzioni per i reati federali, che erano ferme da 17 anni.
  • Joe Biden ha presentato un piano da 1.900 miliardi di dollari per affrontare la crisi sanitaria ed economica. La proposta prevede pagamenti diretti di 1.400 dollari a tutti gli americani, 400 miliardi per le piccole imprese, 20 miliardi per il piano vaccinale, l’estensione dei sussidi di disoccupazione e del blocco degli sfratti e l’aumento a 15 dollari all’ora del salario minimo federale. Per far passare il piano al congresso avrà bisogno del sostegno di una parte del Partito repubblicano.
  • Intanto sono quasi 400mila i morti per covid-19 negli Stati Uniti.

Consigli

Da vedere Come la folla ha circondato e picchiato un poliziotto davanti al congresso: una video inchiesta del New York Times. Su Amazon Prime Video è uscito Quella notte a Miami…, il racconto immaginario di un fatto successo realmente: il 25 febbraio del 1964, dopo aver vinto il titolo di campione del mondo dei pesi massimi, Muhammad Ali si incontrò in una stanza d’albergo con Malcolm X, il giocatore di football Jim Brown e il cantante Sam Cooke.
Da leggere “Tra gli eversori”: l’assalto al congresso raccontato dal New Yorker.
Dieci discorsi d’insediamento dei presidenti che hanno fatto la storia.
Da ascoltare Gli Stati Uniti e la pena di morte: perché fu introdotta e perché esiste ancora oggi. Un podcast del Guardian.

Su Internazionale questa settimana

Sul settimanale Nell’articolo di copertina lo storico Timothy Snyder sostiene che l’assalto al congresso ha creato un precedente che alla lunga rischia di far scivolare gli Stati Uniti verso il fascismo. Il Washington Post parla del rischio di violenze da parte dell’estrema destra il 20 gennaio, quando Joe Biden giurerà come presidente. In These Times scrive che per evitare l’avvento di un nuovo Trump la sinistra deve proporre politiche coraggiose. Rebecca Solnit mette a confronto due eventi traumatici: le violenze del 6 gennaio 2021 e gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001. Una recensione del nuovo romanzo di Susan Choi, uscito per Sur.

Sul sito Ida Dominijanni su cosa dobbiamo imparare dall’assalto al congresso. Pierre Haski su William Burns, scelto da Biden come direttore della Cia. L’Atlantic sulla decisione delle aziende tecnologiche di espellere Donald Trump dalle loro piattaforme. James Fallows su come gli Stati Uniti possono superare questa crisi.

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