22 gennaio 2021

Sudamericana

La newsletter sull’America Latina a cura di Camilla Desideri

Guatemala, 17 gennaio 2021. La carovana di migranti è respinta dall’esercito guatemalteco a Vado Hondo. (Luis Echeverria, Reuters/Contrasto)

La prima carovana del 2021 A novembre, dopo il passaggio di due uragani sull’America Centrale nel giro di poche settimane, molte persone avevano detto che l’unica soluzione sarebbe stata quella di emigrare. All’abbandono da parte dello stato, alla violenza delle bande criminali e alla povertà ora si aggiungevano anche la pandemia e la distruzione provocata dalla natura. Il 15 gennaio in migliaia sono partiti da San Pedro Sula, in Honduras, e sulla strada hanno raggiunto altri migranti che si erano organizzati precedentemente. In totale circa novemila persone in fuga dalla povertà hanno provato a entrare in Guatemala. L’obiettivo era passare attraverso il Messico e raggiungere gli Stati Uniti, nella speranza che il nuovo presidente democratico Joe Biden regolarizzi la situazione di milioni di stranieri che vivono negli Stati Uniti.

Respinti con la forza A Vado Hondo, nel dipartimento di Chiquimula, migliaia di soldati e poliziotti hanno respinto i migranti con manganelli e gas lacrimogeni. Secondo quanto dichiarato dall’Istituto guatemalteco di migrazione, quasi mille persone sono state rimpatriate in Honduras, tra queste 163 bambini, perché non avevano rispettato i protocolli sanitari in vigore a causa della pandemia e non si erano sottoposte al tampone per il covid-19. Intervistato da Bbc mundo, il direttore della procura per i diritti umani del Guatemala, Jordán Rodas, ha condannato l’operato delle forze dell’ordine, definendolo “ingiustificabile”. “Sarebbe auspicale che l’esercito usasse la stessa forza mostrata contro gli honduregni per combattere la criminalità organizzata in Guatemala”, ha detto.

Una testimonianza Ho chiesto ad Alberto Pradilla, giornalista di Animal Político e autore del libro Caravana (Debate 2019), se con Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti cambierà la politica migratoria del presidente messicano Andrés Manuel López Obrador (centrosinistra), che finora aveva sempre agito di concerto con Donald Trump inasprendo i controlli alla frontiera meridionale del Messico. “Credo che López Obrador continuerà a puntare sulla militarizzazione dei confini, sull’arresto dei migranti e sul loro rimpatrio nei paesi di provenienza, almeno all’inizio”, mi ha detto. I primi provvedimenti sull’immigrazione adottati da Joe Biden, come la decisione di sospendere la costruzione del muro tra Stati Uniti e Messico, sono però incoraggianti. “Alla luce di questo, López Obrador potrebbe approfittare della situazione per affermare che i tempi sono cambiati e modificare la sua strategia riguardo ai migranti. Di certo punterà sulla promozione di programmi di sviluppo nei paesi centroamericani”, ha aggiunto Pradilla.

In breve

Colombia Era il 1998 quando Gonzalo Cardona Molina contò per la prima volta quanti loros orejiamarillos, pappagalli guancegialle, c’erano a Roncesvalles, nel dipartimento di Tolima, nell’ovest del paese. Erano solo ottanta. Da allora Cardona si dedicò a proteggere questa specie di uccelli coordinando il lavoro della riserva ProAves loros andinos. A dicembre del 2020 i pappagalli erano 2.895. L’8 gennaio l’attivista per l’ambiente è stato ucciso mentre tornava a casa dopo un giorno di riposo. Il presidente colombiano Iván Duque non ha fatto dichiarazioni sull’omicidio.

Ecuador Il 7 febbraio il paese andino voterà per eleggere il successore del presidente Lenín Moreno. Sono elezioni importanti per il futuro politico dell’Ecuador, colpito dalla pandemia e dalla crisi economica. Districarsi nel panorama elettorale non è facile: i candidati alla presidenza sono sedici. Per aiutare i cittadini a conoscerli e a informarsi il sito Gk ha raccolto qui i loro profili e programmi, e ha creato una sezione dedicata alle elezioni. Tra i candidati con più probabilità di andare al secondo turno, che si terrà l’11 aprile, ci sono il conservatore Guillermo Lasso e Andrés Arauz, sostenuto dall’ex presidente di sinistra Rafael Correa.

Venezuela Il 10 gennaio l’ong per i diritti umani Provea ha accusato la polizia di aver ucciso almeno 23 persone in un’operazione nel quartiere La Vega, alla periferia ovest della capitale Caracas. Il raid è stato condotto dalle Forze d’azione speciali (Faes), un gruppo creato dal presidente Nicolás Maduro nel 2016 e spesso accusato di compiere esecuzioni extragiudiziali e altre violazioni dei diritti umani. Secondo l’ultimo rapporto dell’Observatorio venezolano de violencia, nel 2020 a causa della violenza sono morte 11.891 persone.

Cuba L’11 gennaio il segretario di stato statunitense Mike Pompeo ha reso pubblica la decisione d’inserire nuovamente Cuba nella lista dei paesi che sostengono il terrorismo, da cui era stata tolta nel 2015 per volere dell’ex presidente statunitense Barack Obama. Per giustificare la decisione, una delle ultime come segretario di stato, Pompeo ha parlato dell’alleanza dell’isola con il Venezuela di Nicolás Maduro e del sostegno offerto ai guerriglieri colombiani dell’Esercito di liberazione nazionale. Molti cubani sperano che il nuovo presidente democratico Joe Biden metta da parte la politica aggressiva di Donald Trump nei confronti dell’Avana.

Uruguay A dicembre, davanti all’aumento di contagi di covid-19, il governo di Montevideo aveva stabilito che solo i cittadini uruguaiani in possesso di un biglietto comprato prima del 16 dicembre potevano entrare nel paese. Con un decreto approvato l’11 gennaio, il presidente Luis Lacalle Pou ha autorizzato a entrare in Uruguay anche gli stranieri residenti nel paese, i trasportatori internazionali di beni alimentari, materiale sanitario e corrispondenza, diplomatici accreditati e brasiliani che vivono nelle città di confine. 

Diritti umani Il 13 gennaio l’ong Human rights watch (Hrw) ha pubblicato il rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Per quanto riguarda l’America Latina i problemi più gravi sono la corruzione, l’uso della forza da parte della polizia, la violenza contro le donne, i popoli nativi e altre minoranze, e gli attacchi alla stampa. Secondo José Miguel Vivanco, direttore per le Americhe di Hrw, “i governi autoritari a Cuba, in Venezuela e in Nicaragua si sono rafforzati e le restrizioni imposte dalla pandemia hanno fatto aumentare gli abusi della polizia”. 

Brasile La situazione sanitaria a Manaus, capitale dello stato brasiliano di Amazonas, è fuori controllo. A causa dell’impennata di contagi di covid-19, negli ospedali manca l’ossigeno, necessario a curare i pazienti con difficoltà polmonari. “Ogni abitante della città si è trasformato in un volontario”, scrive in un reportage la Folha de S.Paulo. Intanto il 17 gennaio a São Paulo un’infermiera di 54 anni è stata la prima brasiliana a vaccinarsi.

El Salvador A dicembre il presidente del Salvador Nayib Bukele aveva definito “una farsa” gli accordi di pace tra il governo e i guerriglieri del Frente Farabundo Martí de liberación nacional (Fmln, sinistra) che il 16 gennaio 1992 misero fine a dodici anni di guerra civile nel paese centroamericano. “Le migliaia di messaggi e storie personali che da gennaio hanno inondato i social network con l’hashtag #ProhibidoOlvidarSV (vietato dimenticare) sono una dimostrazione chiara che né il dolore né la memoria possono essere cancellati per decreto”, scrive El Faro in un editoriale.

Città

Il palazzo presidenziale della Moneda a Santiago del Cile, il 25 ottobre 2020. (Claudio Reyes, Afp)

In Cile il processo che dovrebbe portare alla stesura di una nuova costituzione, la prima della sua storia scritta in democrazia, è cominciato e sta prendendo forma. L’11 gennaio il presidente cileno Sebastián Piñera ha annunciato che la sede dove si riuniranno le 155 persone che il prossimo 11 aprile saranno elette per riscrivere la costituzione attualmente in vigore (e che risale alla dittatura di Augusto Pinochet) sarà Palacio Pereira, a Santiago del Cile. L’edificio, progettato alla fine dell’ottocento dall’architetto francese Lucien Henault, rimase a lungo in stato di abbandono. Poi, nel 2011, lo stato cileno decise di comprarlo dichiarandolo monumento storico nazionale. Dalla metà di aprile i locali del palazzo saranno riorganizzati per dare avvio ai lavori della costituente, che si terranno anche nel palazzo presidenziale. Ho chiesto a Patricio Fernández, giornalista e scrittore candidato all’assemblea con la lista indipendente e progressista El nuevo trato, che atmosfera si respira a Santiago in queste settimane e quali sono le aspettative per il futuro. “I candidati sono circa duemila, anche tra l’estrema destra, un fattore sicuramente preoccupante. Ma ci sono tanti elementi positivi”, mi ha detto al telefono. “Prima di tutto c’è un segnale di rinnovamento, con liste e candidati indipendenti presentati dagli stessi partiti. È evidente che la contrapposizione Pinochet/Allende, dittatura/transizione, che aveva contraddistinto la politica cilena dalla fine del regime militare a oggi, è stata superata. I vecchi politici non sono scomparsi del tutto, ma la loro presenza si è ridimensionata. Un’altra novità importante è il ruolo delle donne e i temi che presenteranno nella costituente, per non parlare della partecipazione dei popoli nativi. L’atmosfera per ora è tranquilla anche se sarà un anno denso di appuntamenti importanti per il futuro del Cile: la costituente, le elezioni presidenziali e molte elezioni territoriali”.

Un giornale

Nexos è un mensile messicano di cultura, politica, società ed economia fondato nel 1978 dallo storico Enrique Florescano. Dal 2009 la rivista è diretta dallo scrittore e giornalista Héctor Aguilar Camín. Il numero di gennaio è dedicato al ruolo dell’esercito nel paese. Dopo la guerra al narcotraffico cominciata durante il governo di Felipe Calderón e continuata dalle amministrazioni successive, ci si aspettava che il primo leader di centrosinistra, Andrés Manuel López Obrador, impostasse la sua politica di sicurezza in modo diverso. È successo il contrario: oggi il ruolo dell’esercito si è esteso e i militari sono al comando di settori in passato affidati ad altre istituzioni: non solo controllano le strade, ma costruiscono ospedali, pattugliano i porti e sono incaricati della distribuzione di medicinali. Dopo aver passato dieci anni a denunciare la militarizzazione della sicurezza pubblica, López Obrador è diventato il presidente che più di ogni altro ha dato potere alle forze dell’ordine togliendolo allo stato. Sette autori provano a capire e analizzare cosa c’è dietro alla relazione tra il governo messicano e l’esercito.

Da leggere

  • Donne dagli occhi grandi (pubblicato in Italia da Giunti) è un libro di racconti che la scrittrice e giornalista messicana Ángeles Mastretta ha scritto negli anni novanta e che ho riscoperto grazie a un’amica. Mentre assisteva la figlia malata in ospedale, Mastretta le raccontava le storie delle varie donne della sua famiglia, ; che avevano attraversato momenti di crisi ma poi, a un certo punto, avevano preso in mano il loro destino. Storie brevi e dense, ironiche e commoventi, piccoli affreschi umani perfettamente costruiti.
 
  • Selezionati da una giuria di giornaliste e giornalisti tra più di mille lavori pubblicati tra il 1 aprile 2019 e il 30 giugno 2020, questi sono i dodici finalisti dell’ottava edizione del premio attribuito dalla Fundación Gabo, creata nel 1995 dal premio Nobel per letteratura Gabriel García Márquez. Le categorie sono testo, immagine, copertura e innovazione. Il vincitore nella categoria testo, annunciato il 21 gennaio durante una cerimonia che si è svolta online, è il reportage Venezuela, o paraíso dos contrabandistas, un lungo lavoro di InfoAmazonia sull’attività mineraria illegale in Amazzonia e sulle sue reti clandestine in Brasile, Guyana e Colombia.
 
  • Carlos Saúl Menem ha governato l’Argentina per dieci anni, dal 1989 al 1999. Oggi quasi nessuno parla più di lui, perché è un uomo che ha superato i novant’anni ed è fuori dai giochi dalla politica. Eppure, scrive il giornalista Martín Caparrós in quest’articolo pubblicato sul suo sito Cháchara, Menem è stato il presidente più influente dal ritorno alla democrazia: “Nessun altro leader ha cambiato così tanto l’Argentina, nessuno l’ha distrutta in modo così consapevole”. Una sorta di necrologio anticipato e soprattutto una lettura utile a capire da dove nascono tanti problemi attuali del paese sudamericano.

Da ascoltare

  • Può il samba sfuggire dai mille luoghi comuni che lo circondano, come carnevale, allegria, folclore? Se a dargli forma è la voce di Zé Renato – uno dei più sottili, ispirati e profondi interpreti brasiliani – il samba si mostra nella sua essenza di poesia. Anche perché il cantante ha scelto, per il suo disco O amor é un segredo, di interpretare alcuni dei samba meno noti di Paulinho da Viola, veterano sambista di Rio ancora in attività. Il timbro trasparente e denso di Zé Renato riporta in vita perle come Sofrer, Lua, Só o tempo, Foi demais per farci scoprire che il samba non è solo cronaca sardonica, ma delicatezza e sfumature, insomma il racconto di un Brasile più segreto. È il consiglio di Alberto Riva, giornalista e scrittore esperto di Brasile.

Da vedere

  • The art of political murder, su Hbo, ricostruisce la storia del vescovo e attivista per i diritti umani Juan Gerardi, ucciso in Guatemala nel 1998 pochi giorni dopo la pubblicazione di un rapporto sostenuto dalla Chiesa cattolica, che accusava l’esercito di essere responsabile dell’uccisione di centinaia di migliaia di persone durante la guerra civile terminata due anni prima. Il documentario si basa sull’omonimo libro (Grove Press 2008) di Francisco Goldman, che in quest’intervista alla scrittrice statunitense Idra Novey racconta la sua inchiesta giornalistica, l’impunità che è seguita all’omicidio di Gerardi e come la sua uccisione fu anche un tentativo di mettere alla prova la pace appena raggiunta nel paese.

Questa settimana su Internazionale

Sul sit0

  • Le sfide del prossimo presidente statunitense Joe Biden in America Latina secondo l’Economist.
  • Un video analizza i risultati della liberalizzazione della coltivazione, produzione e vendita di cannabis in Uruguay. È il sesto episodio di Stato alterato, una serie del giornale brasiliano Folha de S.Paulo sugli effetti delle politiche sulle droghe del mondo.

Sul settimanale
  • Un reportage del País racconta la repressione della carovana di migranti in Guatemala.
  • Un editoriale del Espectador denuncia la violenza contro gli attivisti per l’ambiente in Colombia

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