Gennaio, fermi o in movimento

Un primo mese denso, pare anche a te?
Quante aspettative, anche involontariamente.

Come ci sentiamo?

Bella domanda. Sebbene l'anno appena concluso ci abbia ben allenato alla coesistenza di sentimenti opposti - sul genere "amo stare a casa ma mi manca così tanto uscire" - forse resta una certa quota di confusione, in ognuno di noi. Potremmo non sentirci autorizzati a essere tristi - mentre in fondo non ci è andata così male rispetto a tanti altri -, a non essere proattivi e propositivi ora che persino nelle zone rosse non tutto è totalmente fermo. E quindi, come dovremmo sentirci?

La notizia è che abbiamo il diritto di essere così come siamo, di sentirci proprio come ci sentiamo.

Di aver fatto piani elaborati, o semplici, o di non averne fatti affatto. Di avere voglia e energia per fare mille cose quest'anno o di non averne per nulla. Di desiderare di cominciare subito o di fermarci.

Di sentirci pien* di speranza o di tristezza, gioia o malinconia. Di avere la sensazione che ci sia stato portato via qualcosa, che ci manchi qualcosa, di non essere nel posto che vorremmo, di non essere chi vorremmo.

L'approccio del 'è ora di mettere da parte la [inserisci emozione]' non ci ha mai convinto, come sai. Al contrario, ognuna delle nostre sensazioni ha diritto di esistenza dentro di noi, negarle non ha alcun senso né risultato se non allontanarci da chi siamo autenticamente, come ci raccontava una volta Benedetta. E quindi di complicarci la vita. 

Perché pesa così tanto?

Anche perché il modello 'culturale' diffuso ci vorrebbe sempre pronti a reagire, quasi una molla che scatta. Come racconta un interessante articolo su Psycology Today, l'orientamento globale di fronte alla difficoltà è 'fare qualcosa', sul  momento e senza porsi la questione degli effetti che avrà o rischia di avere a lungo termine.

Sempre nello stesso articolo, l'autrice sottolinea come questo approccio alla performance im-mediata sia legato al cervello rettile e alle emozioni che gli permettono di prendere importanti decisioni per la sopravvivenza, tra cui paura, ansia, rabbia. Sentimenti "che sono stati comprensibilmente sotto tensione tutto l'anno passato [...] e che non ci aiutano, però, quando è il momento di pensare in modo profondo e prendere decisioni a lungo termine". Al contrario di una certa percezione, quindi, ciò di cui stiamo parlando è tutt'altro che procrastinazione, pigrizia o indecisione. Se sentiamo il bisogno di darci del tempo, probabilmente è il caso di farlo.

Vale per tutti

E in tutti i campi. Ci siamo ritrovate in questo genere di osservazioni mentre ci chiedevamo cosa quest'anno avrebbe potuto essere diverso rispetto ai percorsi esistenti finora. Se fossero emersi bisogni nuovi, se fossimo cambiat* come persone. E poi abbiamo capito e deciso che il punto, per noi, era non focalizzarci sul cosa ma sul come impegnarci: il nostro obiettivo sarà sempre più accompagnare le persone che lavoreranno con noi mentre sviluppano la loro antifragilità, mentre scoprono o evolvono le loro capacità, mentre affrontano quel che emerge.

Accompagnare

Questo è il motivo per cui amiamo il coaching e lo *facciamo* con il cuore: è molto più di consigli e frasi motivazionali, è empowerment delle persone, è relazione, è un approccio maieutico socratico, che abbandona la sola logica degli obiettivi e delle performance per favorire la crescita della persona. Un processo in cui ogni piccolo passo va a comporre un quadro complessivo, che permette di trovare la 'propria' soluzione a quello specifico problema e svilupparsi - evolvere - come persona, nel complesso. (Puoi leggere di più qui)

Così, non offriamo ricette, ci adoperiamo invece per fare emergere soluzioni che siano sostenibili per ognun* che vi ricorra. Non è come partecipare a una gara, è capire come posso - con le mie risorse - essere più efficace in maniera autentica.