Quanto abbiamo bisogno di sentire?
In questo momento in cui non ci si vede ancora in presenza, almeno ci si sente, la voce riprende spazio e centralità. Sui mezzi di comunicazione e nei rapporti tra persone.
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Durante un nostro incontro, ci siamo trovate a riflettere su quelle volte in cui ci diciamo di essere stati buoni ascoltatori, di aver capito al volo e magari aver brillantemente suggerito chiavi di lettura o addirittura soluzioni. E, contemporaneamente, di quanto, involontariamente e in buona fede, spesso questo manifesti cecità più che interesse, concentrazione su noi stessi più che su chi abbiamo davanti. Benedetta ne parla in un suo post.
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Se sentire è un'atto naturale, ascoltare non è affatto facile e scontato. Prevede una decisione, ci pensi? Decido di ascoltare, di prestare attenzione, di concentrarmi su quello che mi dici.
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Gli stessi termini che usiamo per parlarne - prestare, dare, offrire ascolto o attenzione - parlano di una relazione, di almeno due persone, di un porgersi accoglienti, di un donare sé per l'altro.
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E, mentre ti ascolto, riconosco la tua verità, accolgo quel che mi dici come incontrovertibile. E, di conseguenza, riconosco te.
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Questo, almeno quando si tratta di ascolto profondo e rispettoso. Quando, per esempio, ascoltiamo senza restare intrappolati nell’atto di giudicare.
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Al contrario, può essere un vero pasticcio.
Quando in un gruppo o una collettività - di individui o istituzionale - tutti parlano e pochi ascoltano. O quando si ascolta al solo scopo di rispondere.
Nella frenesia del quotidiano, fa spesso da padrone l'ascolto distratto: siamo fisicamente presenti, ma la nostra mente dà la priorità ad altro rispetto a ciò che l’interlocutore ci sta comunicando.
Il sottotesto è sempre che non consideriamo importante quello che l'altra persona ci sta dicendo. E in un certo qual modo, questo disinteresse può riflettersi sulla persona in sé e sulla relazione tra noi.
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Oppure possiamo ascoltare allo scopo di capire.
Ascoltare per capire significa aiutare l’altr* a esprimersi, manifestandogli vicinanza. E facendo, se serve, le domande che possono incoraggiarl* a chiarire il suo pensiero, a noi e anche a sé stess*. Lo racconta un articolo di Annamaria Testa, che puoi leggere qui.
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Siamo sempre troppo qualcosa. Tutte le nostre energie vengono consumate nell'essere quel che non siamo. Non ci sono ricette e non ci sono modi buoni per tutti, abbiamo il diritto di cercare il nostro modo, le nostre risorse, tornare a sentirci bene per come siamo.
Dall'ascolto, che offriamo a noi stess* o che qualcun* ci offre - può nascere anche il primo passo per capire meglio cosa vorremmo essere e come arrivare sempre più vicino ad essere questa persona.
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È quello che succede, ad esempio, in un percorso di coaching, come ci spiega Benedetta, nel corso del quale veniamo ascoltati in modo profondo e attento da un* professionista che - per passione, sincero interesse e maestria - sa fare tabula rasa delle sue convinzioni pregresse, sa guardarci con occhi da bambino e da esploratore, consapevole di non sapere nulla, di non poter conoscere nulla se non quanto offerto dalla persona che ha davanti.
A volte parlare con chi non ci conosce è più facile, perché saremo ascoltati senza pregiudizi, non ci saranno binari da seguire né da violare generando biasimo.
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E per questo, il coaching e quindi il group coaching, non possono che esser costruiti e portati avanti in modo sartoriale. Dall'ascolto profondo della persona, infatti, nasce la possibilità di individuare strumenti e percorsi adatti alla specifica situazione.
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Ascolto, dialogo, filosofia praticata. Come in un'esperienza che ci è tornata subito in mente quando abbiamo scelto di parlare di questi argomenti in questo momento presente (quale argomento migliore?)
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La prima edizione di "Filosofare è partecipare", il primo incontro del progetto: era il 2010 e il titolo era “Arte di ascoltare e mondo possibili” preso in prestito dall’omonimo libro di Marianella Sclavi, con le sue “sette regole dell'arte di ascoltare”. L'intento del progetto era coinvolgere la nostra comunità di territorio nella riflessione e scoperta di sè e del contesto, come occasione di resistenza del pensiero all'individualismo, da parte di chi crede possibile un modo diverso di costruire esperienze e relazioni tra individui che vivono la comunità.
(C'eri? Qui Myriam lo racconta per bene).
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L’ascolto aperto e generativo è un aspetto fondamentale del dialogo autentico - e quindi della filosofia messa in pratica, come piace a noi.
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In essi l’esercizio non è mai affermare le proprie tesi e farle prevalere come nei dibattiti televisivi, non è neanche puntare a trovare delle risposte. E' ascoltare con mente, cuore e volontà aperta e 'farsi portare' dal dialogo stesso nell'esplorazione di pensieri e territori nuovi o guardati con occhi nuovi.
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Quanto bisogno c'é, allora, di ascoltare?
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Al prossimo mese e, se hai bisogno, siamo qui.
Spazi dell’anima
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Chi siamo
Spazi dell'anima è l'ambiente di Bottega Filosofica dedicato alle persone. Un luogo di 'resistenza del pensiero' per chi desidera prendersi cura di sé e di migliorarsi, per rendere migliore il Mondo.
È un laboratorio filosofico-sistemico di sviluppo personale e innovazione sociale: utilizziamo i metodi e gli strumenti della filosofia e del pensiero sistemico per aiutare le persone a scoprire e mettere in luce la propria essenza e apprendere e coltivare stili di vita più felici.
Crediamo che ognun* di noi abbia dentro di sé le risorse per affrontare anche le sfide più grandi. Per questo ci piace accompagnarl* mentre sviluppa la sua antifragilità, con il coaching individuale o con uno dei percorsi di gruppo di Blossom Academy.
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