15 febbraio 2021

Frontiere

La newsletter sulle migrazioni di Annalisa Camilli

Il modello colombiano dell'immigrazione Quando si parla di politiche migratorie efficaci spesso si pensa al Canada, per i suoi programmi di sponsorship che permettono ai richiedenti asilo e ai migranti di arrivare legalmente nel paese, se qualcuno fa loro da garante. Ma anche la Colombia negli ultimi anni ha dato prova di lungimiranza, sperimentando politiche innovative per affrontare l'arrivo di milioni di profughi venezuelani a partire dal 2014. In passato per esempio Bogotá aveva dato la possibilità di estendere la validità dei documenti scaduti ai venezuelani che si erano rifugiati nel paese.

L'8 febbraio il presidente colombiano Iván Duque ha annunciato che sarà concessa una protezione temporanea per 1,7 milioni di venezuelani residenti in Venezuela. L'alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati Filippo Grandi ha definito la decisione "storica". Attualmente vivono in Colombia quasi due milioni di rifugiati venezuelani, la metà dei quali senza documenti. In base alla nuova misura, coloro che sono entrati in Colombia senza permesso prima del 31 gennaio hanno diritto a regolarizzare la loro posizione. Chi ha già il permesso di soggiorno non lo dovrà rinnovare per dieci anni. 

Il Venezuela è in una crisi economica e politica dal 2014, che ha provocato il razionamento del cibo, continui black out elettrici, la scarsità dei medicinali e della benzina. Così dal 2014 circa 5,4 milioni di persone hanno lasciato il paese, provocando una delle più grandi crisi umanitarie del mondo. Circa un terzo dei rifugiati venezuelani sono stati accolti dalla vicina Colombia, un paese di 50 milioni di persone, molti dei quali in passato a causa della guerra si erano rifugiati in Venezuela. Dovremmo ricordarci questi numeri, la prossima volta che in Europa qualcuno grida all'invasione per qualche migliaia di profughi. 

Ultime notizie

Oulx, al confine tra Italia e Francia, il 10 febbraio 2021. (Diana Bagnoli, Getty Images).

La situazione sulla rotta alpina è di nuovo critica Lo denuncia Medici per i diritti umani (Medu) secondo cui già lo scorso novembre c'era stato un aumento dei passaggi irregolari lungo la cosiddetta rotta alpina che collega l'Italia alla Francia. Si stima che tra settembre e dicembre del 2020 a Oulx siano transitate oltre 4.700 persone, nella maggior parte dei casi provenienti dall’Afghanistan (44 per cento), dall’Iran (23 per cento), dall’Algeria (8 per cento). Sono persone arrivate in Italia attraverso la rotta dei Balcani. La neve e le temperature sotto lo zero rendono ulteriormente pericoloso l’attraversamento della montagna. Inoltre la militarizzazione della frontiera francese e i continui respingimenti costringono i migranti a spingersi in sentieri ancora più pericolosi. "Nonostante la gravità della situazione, esasperata dalla mancanza di una risposta sanitaria adeguata, dall’affollamento dei luoghi d’accoglienza informali, dalle temperature rigide, non è ancora stata approntata una risposta adeguata dalle istituzioni dei due versanti delle Alpi", denuncia Medu. 

Naufragio di San Valentino nel Mediterraneo centrale Sono 22 i migranti dispersi tra l'Italia e la Tunisia dopo che l'imbarcazione con la quale stavano tentando di raggiungere le coste italiane è naufragata: un uomo è morto e il suo corpo è stato recuperato dalla marina tunisina. Il 12 febbraio la nave umanitaria Open Arms ha soccorso un'imbarcazione di legno, 33 miglia a sud di Lampedusa, con a bordo 40 persone, tra loro un bimbo di tre mesi, Moez, assieme alla mamma Rafel e ad altri tre minori non accompagnati. Il 13 febbraio c'è stato un secondo salvataggio in cui sono state soccorse 106 persone. La nave approderà a Porto Empedocle, in Sicilia.

Biden vuole reinsediare 125mila rifugiati all'anno Il 4 febbraio il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha emesso un ordine esecutivo per rilanciare il programma di reinsediamento legale dei rifugiati negli Stati Uniti, con l’obiettivo di portare il numero dei reinsediamenti a 125mila entro il 2022, rispetto ai 15mila approvati nel 2020 dall’ex presidente Donald Trump. Si tratta di un incremento del 700 per cento dei reinsediamenti che nel 2020, anche a causa dell'epidemia di coronavirus, nel paese sono stati solo mille. 

Poliziotti accusati di aver ucciso dei migranti in Messico Dodici poliziotti sono stati arrestati con l’accusa di aver ucciso 19 persone, tra cui migranti guatemaltechi e almeno un trafficante, i cui corpi erano stati ritrovati senza vita all'interno di un'auto incendiata, vicino alla frontiera con gli Stati Uniti lo scorso gennaio. Solo quattro dei diciannove corpi sono stati identificati, tra cui quello di un trafficante. 

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Proteste in un centro di accoglienza a Cipro Nel campo di Pournara a Cipro i migranti hanno protestato per il sovraffollamento della struttura e per le restrizioni introdotte a causa della pandemia: a causa dell'emergenza sanitaria solo venti persone al giorno possono uscire dal campo. I richiedenti asilo accusano le autorità di fare favoritismi e di non concedere il permesso di uscita seguendo un preciso ordine di priorità. Secondo le organizzazioni umanitarie, la situazione è insostenibile nel campo soprattutto per il sovraffollamento in un regime che è di fatto divenuto detentivo.

In Italia il Tar conferma il diritto degli avvocati di entrare in un centro di espulsione (Cpr) Il tribunale amministrativo regionale (Tar) della Sardegna ha dato ragione all'Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che accusava la prefettura di Nuoro di aver negato l’accesso agli avvocati dell'Asgi nel Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Macomer. Il Tar ha stabilito che le visite dell’Asgi rientrino nell’ambito delle attività previste per l’assistenza legale e giudiziaria delle persone rinchiuse nei centri di espulsione. 

L'inferno dei lavoratori stranieri a Dubai Gli Emirati Arabi Uniti sono il paese del Golfo che ha lavorato più di tutti per essere considerato alla pari con l'occidente, ma questo mito si alimenta di una finzione che non tiene conto della condizione dei lavoratori immigrati nel paese. Secondo Nicholas Cooper, autore dell’articolo accademico “City of gold, city of slaves. Slavery and indentured servitude in Dubai” (Città d’oro, città degli schiavi. Schiavitù e servitù a Dubai), la maggior parte degli stranieri nel paese è impiegata nell'edilizia in condizioni di semischiavitù. 

Letture

Marie Darrieussecq, Il mare sottosopra, (Einaudi 2021). In crociera natalizia nel Mediterraneo Rose, psicologa partita da Parigi, incontra Younès, un giovane nigerino salvato dal naufragio insieme ad altri migranti tra la Libia e l’Italia. Quando il ragazzo le chiede di poter fare una chiamata, Rose gli regala il cellulare del figlio. Quando Younès mesi dopo arriva a Calais sa di poter contare su Rose.

Iain Chambers, Mediterraneo blues, (Tamu 2021). Attraverso un viaggio musicale Iain Chambers ci suggerisce di rendere plurali gli sguardi e i linguaggi sulla geografia, la storia, la cultura, la politica, l’economia ricordandoci che lo spazio è una produzione sociale, storica e culturale cioè, come diceva Gramsci, una configurazione politica.

Tre domande sulla crisi in Etiopia

Nel campo profughi di Mai Aini, in Etiopia, il 30 gennaio 2021. (Eduardo Soteras, Afp)

 

Dallo scorso novembre è in corso un conflitto nel nord dell’Etiopia, nella regione del Tigrai dopo che il governo ha inviato l'esercito per sedare una rivolta. La guerra ha avuto delle conseguenze umanitarie disastrose: decine di migliaia le vittime (ma è un bilancio non definitivo, perché ancora impossibile da verificare), più di 2,3 milioni le persone che hanno bisogno di assistenza, oltre 1,3 milioni gli sfollati interni, 60mila profughi che si sono rifugiati nel vicino Sudan. La crisi potrebbe avere ripercussioni in tutto il corno d'Africa e alimentare nuovi movimenti migratori.

Mari Carmen Viñoles, capo dell'unità di emergenza di Medici senza frontiere (Msf), racconta la situazione sul campo. 

Qual è la situazione umanitaria nel Tigrai?
Ci sono migliaia di sfollati interni che stanno vivendo in edifici abbandonati nel nordovest e dell'ovest della regione, vicino alle città di Shire, Dansha e Humera. Nel sud e nell'est della regione – ad Adigrat, Axum o Adua – gli sfollati si sono rifugiati a casa di parenti e amici, in alcune case vivono anche venti persone. Molti si stanno spostando dalla città alla campagna.

Nella maggior parte delle località non c'è energia elettrica, acqua corrente e le linee telefoniche sono interrotte, anche se nelle città più grandi come Mekelle, Shire e Adigrat l'elettricità e le telecomunicazioni sono state ripristinate. La maggior parte della popolazione del Tigrai non ha accesso a cibo, acqua e cure mediche.
Le organizzazioni umanitarie come Msf, ma anche le Nazioni Unite, non riescono ad avere accesso a molte aree della regione che è molto popolosa. In Sudan si sono rifugiati almeno 60mila etiopi e l'improvviso afflusso di rifugiati ha messo a dura prova le infrastrutture e i servizi sanitari del paese vicino.  

L'Onu ha denunciato la scomparsa di ventimila rifugiati eritrei nel Tigrai? Vi risulta?
Medici senza frontiere non è riuscita a entrare nei campi profughi nella regione, ha provato a raggiungere i campi di Hitsats e Shimelba senza riuscirci nelle scorse settimane. Siamo estremamente preoccupati per la sorte di migliaia di profughi eritrei che vivono in questi campi.

Qual è la situazione sanitaria? 
Ovunque le nostre équipe siano arrivate hanno trovato ospedali e presidi sanitari in pessime condizioni, con poco personale medico, alcuni centri erano vuoti o chiusi. I medicinali erano stati rubati. Per esempio quando siamo arrivati ​​a fine dicembre ad Adigrat, una grande città nella parte orientale della regione, la maggior parte del personale sanitario se n'era andata, non c'erano medicinali, cibo e acqua. Alcuni pazienti che erano stati ricoverati con lesioni in seguito ai combattimenti erano malnutriti.

Quando alcuni giorni dopo, siamo entrati ad Adua e ad Axum, due città a ovest di Adigrat, nel Tigrai centrale, abbiamo riscontrato una situazione simile: niente elettricità e niente acqua. Tutte le medicine erano state rubate dall'ospedale di Adua. Ad Axum l'ospedale universitario da duecento posti letto non era stato danneggiato dai combattimenti, ma funzionava solo al 30 per cento della sua capacità. Abbiamo trasportato cibo, medicine e bombole di ossigeno in questi ospedali e abbiamo cominciato a dare supporto ai reparti medici di base come le sale operatorie, la maternità e i pronto soccorso. Al di là degli ospedali, oltre l'80 per cento dei centri sanitari che abbiamo visitato tra Mekele e Axum non era funzionante.

Nelle ultime settimane le nostre équipe mediche mobili hanno iniziato a visitare aree al di fuori delle città. Inoltre le équipe di Msf hanno fornito assistenza sanitaria a migliaia di sfollati e supportato strutture sanitarie al confine della regione dell'Amhara e stanno rispondendo alle esigenze dei rifugiati etiopi oltre il confine in Sudan. Quando il sistema sanitario è in crisi, si bloccano anche una serie di servizi come le vaccinazioni, i programmi di sostegno alla nutrizione. Non ci sono state vaccinazioni per tre mesi, quindi temiamo l'insorgere di nuove epidemie.

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