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Ciao, questa è Starcrash, la newsletter del Circolo Gagarin dove scienza e fantascienza si scontrano. Leggi gli episodi precedenti

Vaccini, Probabilità e Bias cognitivi

L’11 e il 15 marzo diversi paesi europei hanno sospeso in misura precauzionale il vaccino di AstraZeneca per condurre verifiche approfondite riguardo ad alcuni casi di trombosi segnalati in persone vaccinate. Dopo il comunicato dell’EMA (European Medicines Agency – l’Agenza Europea per i Medicinali) del 18 marzo che ha confermato la sicurezza del vaccino (qui per informazioni più dettagliate), la somministrazione è ripresa a partire da venerdì 19.

In questi giorni sono uscite decine di articoli sull’argomento: questo editoriale non vuole essere l’ennesimo che si va ad aggiungere al marasma dei pro e dei contro, al contrario vogliamo offrire una riflessione sulla questione da un’altra prospettiva.

Chiariamo subito un punto: nonostante non vi sia alcun dato che confermi una maggior pericolosità del vaccino AstraZeneca (soprattutto rispetto agli altri usati fino ad ora, come quelli di  Pfizer-BioNTech e di Moderna), è assolutamente doveroso approfondire l’eventuale associazione tra il rischio di trombosi e vaccini (ci sono diverse ipotesi prese in considerazione dai ricercatori). Tuttavia, ogni giorno di fermo aumenta il numero di decessi per Covid-19, perciò la decisione di sospendere le vaccinazioni è stata sicuramente azzardata.

Tuttavia, l’aspetto su cui vogliamo porre l’accento è un altro, a noi molto caro e ribadito più volte: la necessità di farsi carico di una corretta divulgazione della scienza. La gran parte dei giornali generalisti pecca nella comunicazione dei dati scientifici. I giornali riportano titoloni allarmanti, che creano panico nei lettori, e articoli in cui relazioni solo probabili vengono presentate come certe e definitive. Nel momento in cui si legge che “una persona è morta dopo aver ricevuto il vaccino AstraZeneca” si crea nella mente una stretta connessione tra il vaccino, come causa, e la morte, come effetto. In questa circostanza avere paura non è irrazionale: è umano.

Infatti, la nostra mente è “programmata” evolutivamente per trovare connessioni di causa ed effetto nel mondo che ci circonda, mettendo in relazione eventi che accadono secondo una data sequenza temporale. I nostri antenati, per sopravvivere nelle foreste e nelle savane africane, hanno dovuto sviluppare meccanismi di elaborazione delle informazioni e di risposta rapida in condizioni di incertezza, che per il loro valore adattativo sono stati selezionati nel corso dell’evoluzione. David Kahneman (psicologo cognitivo, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2002 ed esperto di teoria delle decisioni) afferma che la nostra mente è fortemente indotta a trovare spiegazioni causali, anche quando non sono corrette. Questa inclinazione naturale ci porta spesso a commettere errori sistematici di giudizio, i cosiddetti bias cognitivi.

Per quanto detto, i titoli allarmistici non possono che alimentare la tendenza della nostra mente ad individuare connessioni causali anche dove non ci sono. Infatti, la mente umana opera bene con le situazioni certe (l’evento A causa l’evento B), mentre si muove male con la probabilità e il caso (come le possibili reazioni avverse ai vaccini). Le persone faticano a stimare una corretta probabilità degli eventi e si fanno influenzare da molti fattori che, spesso, non sono importanti.

Nel caso del vaccino di AstraZeneca, anche se vi fosse un nesso causale tra vaccino e trombosi, la probabilità di sviluppare un evento tromboembolico è piccolissima. In ambito medico si fa riferimento ad una definizione frequentista di probabilità: cioè la probabilità di un evento è stimata attraverso il rapporto tra casi favorevoli (ad esempio i casi di trombosi) e casi totali (il totale dei vaccinati). Nelle passate settimane sono stati segnalati circa 30 eventi tromboembolici in UE e circa 45 in UK su quasi 20 milioni di vaccinati, in linea con quello che ci si aspetta sulla base della letteratura medica. A questi si aggiungono pochi casi di due rare sindromi: 18 casi di Trombosi del seno venoso cerebrale (Cerebral Venous Sinus Thrombosis, CVST) e 7 di Coagulazione intravascolare disseminata (Disseminated Intravascular Coagulation, DIC), con in totale 9 decessi. Sulla base di questi dati la probabilità di incorrere in una CVST è pari circa allo 0,00009%, mentre quella di incorrere in una DIC è circa dello 0,000035%.

Presentati in questo modo i numeri sembrano ridicoli, eppure dopo aver letto che alcune persone sono morte per trombosi è difficile non farsi influenzare. Infatti entrano in gioco due meccanismi cognitivi collegati a risposte istintive ed emotivamente salienti: il primo è il framing effect, cioè il fatto che modi diversi di presentare le informazioni elicitano risposte differenti, in questo caso porre l’attenzione sui 18 casi di trombosi e non sulla probabilità minima che accadano produce due differenti valutazioni del rischio. Il secondo meccanismo è la tendenza a sovrastimare i rischi associati a eventi (in questo caso il vaccino) che sono fuori dal nostro controllo e di cui conosciamo poco o nulla.

Facendo un confronto con un’attività molto comune come guidare l’automobile, emerge in modo netto la differenza. In questo caso la probabilità di fare un incidente grave o addirittura mortale è drasticamente più alta di quella di incorrere in una CVST in seguito al vaccino, eppure sono pochi a pensarci. I meccanismi mentali che intervengono sono diversi, tra questi i più importanti sono l’illusione di controllo, cioè la tendenza a ritenere di poter esercitare una qualche forma controllo su eventi che sono invece casuali, e la tendenza degli individui a manifestare una fiducia eccessiva nelle proprie abilità, detta overconfidence.

Per concludere non possiamo che avanzare una raccomandazione: prima di farsi prendere dall’ansia e dalla paura per i casi allarmanti presentati dai giornali bisognerebbe valutare se i dati sono presentati in forma corretta e completa, ma, soprattutto, bisognerebbe evitare di lasciarsi andare a reazioni istintive e prendersi il tempo per stimare il rischio reale degli eventi.


Vulcanismo extraterrestre

Sin dalle prime missioni spaziali lunari si è riscontrata la presenza di rocce vulcaniche e di strutture coniche del tutto simili ai vulcani terrestri. 

Tendenzialmente si può dire che, in modo specifico per la Terra, un vulcano attivo significa che il pianeta “sta bene”, innanzitutto perché non si sta raffreddando; i vulcani sono  infatti i regolatori di vita nel pianeta su cui sorgono: hanno un effetto sul clima, rendono fertile il terreno e ovviamente uccidono, ma non è colpa loro. L’eruzione di un vulcano, sulla Terra, è allo stesso tempo affascinante e terribile: ma come può apparire tale evento in un contesto extraterrestre?

Foto vincitrice del premio Travel Photographer of the Year 2017 di National Geographic, scattata dal fotografo messicano Sergio Tapiro.

Venere, definito come gemello della Terra per le  sue dimensioni e la sua massa, presenta un’attività vulcanica abbastanza elevata. Basti pensare che si contano poco meno di quaranta vulcani attivi ancora oggi e circa 500 inattivi, numeri interessanti per un pianeta considerato spento fino a pochi anni fa;  mentre sulla superficie terrestre il 91% dei vulcani è sottomarino, e per quanto riguarda quelli su terre emerse ne sono attivi 1500. I vulcani venerei non si presentano con la classica struttura a vulcano che conosciamo, ma sembrano piuttosto delle specie di corone, “ciambelle” o più precisamente caldere, del tutto simile a quelle delle isole Hawaii che, alimentate dal vulcano Kilauea (autore di una longeva eruzione iniziata nel 1983 e finita nel 2018), sono il corrispettivo dei punti caldi dal quale fuoriesce, o meglio fuoriusciva, il magma che ha dato vita alle strutture terrestri. Che scenario ci aspettiamo durante un’eruzione su Venere? La NASA ci aiuta e negli anni ha pubblicato alcune ricostruzioni di un evento vulcanico che ricorda alla lontana il drammatico paesaggio di Mustafar, pianeta che compare nel terzo film della seconda trilogia di Star Wars.

Per quanto riguarda Marte, invece, si osserva una schiera di vulcani a scudo (per intenderci, visti di profilo assomigliano ad un scudo: sono generati da colate laviche fluide e sono i più grandi e possenti presenti sulla Terra), in mezzo ai quali  spicca il Monte Olimpo, il rilievo più elevato del sistema solare con un diametro di 610 km (simile alla estensione dell’intera Francia) e di 25 km di altezza rispetto al rilievo topografico. L’attività vulcanica su Marte è pressoché cessata milioni di anni fa. La missione Viking del 1976-1979 ha permesso di studiare i resti delle attività di questi vulcani: oggi sappiamo che sul pianeta rosso vi era un’elevata presenza di eruzioni vulcaniche fangose. Lo si è capito dalla presenza di lunghi canali naturali, dove l’acqua che filtrava all’interno della crosta fuoriusciva poi sotto forma di un fango composto da materiale piroclastico e acqua (sono presenti molte tracce lasciate dall’acqua sul terreno marziano, sia di acqua liquida che di ghiacciai: da questo prospetto del Monte Olimpo si vedono chiaramente i segni lasciati da ghiaccio e acqua). Questo prodotto vulcanico è presente anche sul nostro pianeta, ed è chiamato lahar (“lava” in lingua giavanese): sono devastanti fiumi di fango che possono viaggiare anche a 80 km/h (dipende dalla viscosità del liquido) e raggiungono temperature superiori a 70°C. Tuttavia, per quanto mi riguarda rimangono molto più affascinanti le esplosioni di lava.

Il nostro satellite naturale ha cessato di “vulcanizzare” cento milioni di anni fa, in modo graduale, e gli ultimi testimoni delle eruzioni lunari sono stati i dinosauri, che con il loro gigantesco naso all’insù vedevano macchie rosse dove noi le vediamo nere. Sul mantello lunare sono presenti delle macchie irregolari, che ci indicano i punti in cui il magma si concentrava e dava vita a piccole eruzioni che produssero queste singolari formazioni esogeologiche. Quelle della Luna sono state prevalentemente  attività vulcaniche esplosive.  

Arriviamo ad una delle lune più interessanti di Giove, Io: si tratta di un satellite poco più grande della Luna, il più interno dei 4 galileiani di Giove. I vulcani scoperti sulla sua superficie grazie alle fotografie delle sonde Pioneer 10 e 11, Voyager 1 e 2, Galileo, New Horizon, e Juno (in orbita intorno a Giove dal 4 luglio 2016) hanno permesso di ampliare la nostra conoscenza di Io e in generale del sistema gioviano. Oltre ad  avere ottenuto una mappatura completa dei vulcani attivi, siamo riusciti a distinguere quattro strutture geologiche presenti: tholi, paterae, flussi di lava e centri eruttivi . I primi sono rilievi di forma conica: uno dei più rilevanti ha un diametro di 200 km. I secondi sono assimilabili alle caldere incontrate in precedenza su Venere, ovvero depressioni riempite di lava: ne sono  stati contati ben 144. I flussi di lava sono certamente i più spettacolari, veri e propri fiumi di lava che percorrono la superficie del satellite. Infine, i centri eruttivi sono generati da fratture della crosta e, tanto perché non bastava, i materiali espulsi s’innalzano fino a 300 km di altezza per poi formare scenografiche chiazze di colori diversi. Se esiste l’inferno sappiamo dove trovarlo. 

È peculiare capire come si formano queste attività infernali. Concorrono molteplici fattori: iniziamo dicendo che la posizione di Io non è tra le migliori, visto che da un lato c’è Giove la cui fortissima attrazione rende l’orbita delle sue lune perfettamente circolare e  dall’altro lato ci sono le altre due lune più esterne, Europa e Ganimede, che a loro volta attirano Io verso di loro per mantenere l’eccentricità. Aggiungiamo a questo la periodica sovrapposizione orbitale, ovvero il fatto che nel tempo in cui Ganimede compie una rotazione intorno a Giove Europa ne compie 2 e Io ne compie 4. Questo comporta che periodicamente i satelliti si incontrano, e quindi Io, vaso di coccio tra vasi di ferro, è sottoposto a forze di marea importanti che ne comprimono e deformano senza sosta la litosfera. Non è finita qui: tutto ciò genera un’enorme quantità di calore e un vero e proprio mare di lava sotto il mantello che, toccando i 1200 gradi nei punti di maggiore stress, crea l’attività vulcanica.  

Visto con gli occhi della sonda Juno, Io sembra una piccola sfera cosparsa di macchie rosse, dove ogni macchia luminosa segnala il calore emesso da un’attività vulcanica. Giorno e notte su Io sono  quindi scanditi da un infernale susseguirsi di eruzioni.

Insomma, attenti a dove atterrate.

Le segnalazioni della settimana

1 – Il Monte Etna non si ferma, è il più alto vulcano attivo dell’Europa continentale, ha una storia eruttiva molto lunga che va avanti da oltre mezzo milione di anni fino a ieri, ma solo negli ultimi centomila anni ha assunto la forma conica che lo caratterizza.

2 – L'intelligenza artificiale sta già cambiando le nostre vite e le cambierà sempre di più: se in meglio o in peggio dipenderà da come i differenti algoritmi verranno progettati e con quali dati verranno addestrati. Anche apparentemente innocui modelli statistici del linguaggio, usati ad esempio nei motori di ricerca, nascondono spinose questioni etiche, sociale e ambientali come ci spiega questo articolo.

3 – Per chi è convinto come noi che la fantascienza sia un potente strumento per ripensare l'esistente e immaginare un futuro diverso, consigliamo caldamente la lettura di questa interessante intervista.

4 – Un complotto non è solo un intrigo dannoso ad enti o persone, e non nasce di punto in bianco. Questo articolo, tratto dalla newsletter "Complotti" la quale vi invitiamo a seguire (ci si iscrive qui), ci descrive il complesso contesto emerso durante la pandemia.

5 – Daniel and Jorge Explain the Universe il podcast dell'autore dei celebri PhD comics include una rubrica dedicata alla fantascienza. Nell'ultima puntata Daniel intervista Lindsay Ellis (youtuber, ma forse l’avete vista in questo meme) per discutere della verosimiglianza (linguistica, sociologica e soprattutto fisica) del suo primo romanzo. Le altre puntate del podcast sono dedicate a vari argomenti della fisica teorica e sperimentale, spesso particellare, per esempio chi volesse scoprire qualcosa di piú sui neutrini potrebbe ascoltare la puntata dedicata a DUNE.


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Redazione: Guglielmo Albanese, Emanuele J. Fontana, Simone Grillo, Andrea Lazzaro, Marco Lazzati, Maya Sebastiani. 
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