La prigione di Via Tasso a Roma era tristemente conosciuta. Era uno dei luoghi più temuti della città tanto che i romani nemmeno ne pronunciavano il nome. “Là, a San Giovanni”, si diceva.
Era in mano alle SS della Gestapo e nessun fascista in divisa vi era mai entrato.
L’edificio era stato affittato dal proprietario (il principe Ruspoli) all’ambasciata tedesca e in quel periodo gestita dal tenente colonnello Herbert Kappler, il capo delle SS di tutto il Lazio.
Le celle dei detenuti erano sistemate nelle camere degli appartamentini che si affacciavano a 2 a 2 sui vari pianerottoli e davano tutte su di un grande ingresso centrale. Ogni alloggio comprendeva 1 camera più grande, nella quale erano rinchiusi fino a 12 o 14 prigionieri, 2 più piccole, una cucina e un sgabuzzino cieco (largo 1,30 metri), che fungeva da tetra cella di isolamento.
Per impedire che qualsiasi forma di messaggio potesse uscire dal carcere, le finestre erano state murate e la luce del giorno non filtrava.
In una di quelle celle venne torturato Renzo Giorgini. Ovviamente di quei 9 giorni a via Tasso non si hanno testimonianze se non quella del “Medico di via Tasso”, un farmacista che venne preso dai tedeschi e obbligato a medicare i carcerati. Egli racconta di aver incontrato, fra gli altri, anche Renzo reso cieco dalle torture.