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14 aprile 2021

Mediorientale

La newsletter sul Medio Oriente a cura di Francesca Gnetti

Il mese sacro Tra il 12 e il 13 aprile è cominciato il Ramadan, il mese sacro per i musulmani di tutto il mondo. La ricorrenza, considerata uno dei cinque pilastri dell’islam, si celebra in modo diverso a seconda delle culture e delle tradizioni, ma ci sono alcune costanti. I fedeli devono digiunare e astenersi dal bere durante il giorno, mentre dopo il tramonto possono bere e mangiare. Inoltre devono rinunciare al sesso, al fumo e ad altre attività che possono disturbare gli esercizi spirituali e la preghiera, e dovrebbero fare beneficienza. La colazione, chiamata suhur, si consuma nella notte, prima della preghiera dell’alba e deve bastare fino all’iftar, la rottura del digiuno all’orario della preghiera del tramonto.

Ciclo lunare Nella religione islamica il Ramadan è il nono mese del calendario musulmano, quando, secondo la tradizione, il libro sacro del Corano fu rivelato al profeta Maometto. Dato che segue il ciclo lunare, ogni anno la data d’inizio si sposta di undici giorni indietro rispetto all’anno precedente e al calendario solare gregoriano. Secondo il calendario lunare, più breve di quello solare, ogni nuovo mese comincia quando si scorge il primo spicchio di luna.

Tra approfondimenti e curiosità:

  • Un’infografica di Al Jazeera sugli orari di digiuno in tutto il mondo.
  • Il quotidiano panarabo Al Quds al Arabi dedica un approfondimento al “secondo Ramadan in epoca di pandemia”, con foto e articoli. In particolare si sofferma sulla crisi economica in molti paesi arabi e sull’aumento dell’islamofobia in vari stati occidentali. “In Siria un cestino per la festa corrisponde a un mese di stipendio statale e testimonia le difficoltà delle zone controllate dal regime”.
  • Un video di The National su “tutto quello che c’è da sapere” sul Ramadan, spiegato da un gruppo di esperti. E una fotogallery sui preparativi. Il quotidiano emiratino ha una sezione dedicata al mese sacro.
  • Asharq al Awsat si preoccupa dell’ombra della pandemia sulle celebrazioni nelle zone più colpite dal covid-19.
  • Gulf News suggerisce trenta soap opera, melodrammi e programmi di cucina da guardare in questo periodo.
  • Una vignetta di Amjad Rasmi su Arab News.
  • Bbc Good Food, il marchio della Bbc dedicato al cibo, propone le ricette da preparare durante il mese sacro.
  • Su Al Araby al Jadid dati, foto e un video della sveglia tradizionale per la colazione durante il Ramadan.

Attualità

Le rovine della città scoperta vicino Luxor, il 10 aprile 2021 (Mahmoud Khaled, Getty Images)

Archeologia Il famoso egittologo Zahi Hawass ha annunciato l’8 aprile la scoperta di una “città d’oro perduta” vicino Luxor, nel sud dell’Egitto. Risalente a tremila anni fa, la città, nota come Aten, sarebbe la più antica mai scoperta nel paese e il più importante ritrovamento dalla tomba di Tutankhamon nel 1922. Sarebbe legata al regno di Amenhotep III, uno dei più potenti faraoni d’Egitto, durato dal 1391 al 1353 aC. Gli scavi, cominciati a settembre del 2020, hanno portato alla luce reperti come ceramiche, gioielli, mattoni, mura e forni, che “ci danno un raro assaggio della vita degli antichi egizi” all’apice dell’impero, ha detto alla Bbc Betsy Bryan, docente di egittologia alla Johns Hopkins university di Baltimora, negli Stati Uniti.

Iran-Israele L’11 aprile Ali Akbar Salehi, capo dell’Organizzazione iraniana dell’energia atomica, ha affermato che l’incidente avvenuto in mattinata all’impianto elettrico della centrale nucleare di Natanz è la conseguenza di un “attacco terroristico”. Secondo alcuni mezzi d’informazione israeliani, si è trattato di un’azione di sabotaggio informatico compiuta da Israele. Il ministero degli esteri iraniano ha promesso “vendetta”.

Egitto Ahmed Bassam Zaki, ex studente delle scuole più prestigiose del Cairo e rampollo di un’influente famiglia, l’11 aprile è stato condannato a otto anni di carcere per molestie sessuali nei confronti di tre minorenni e per possesso di droga. A dicembre era già stato condannato a tre anni per aver molestato sessualmente due donne. Il caso, scoppiato lo scorso luglio, aveva portato alla ribalta il problema delle violenze sessuali e scatenato una campagna #MeToo in Egitto.

Israele In una lettera, il 9 aprile Israele ha fatto sapere che non collaborerà con la Corte penale internazionale (Cpi) nell’indagine su possibili crimini di guerra commessi nei territori occupati. Per Israele la Cpi, che il 3 marzo ha annunciato l’apertura dell’inchiesta che coinvolge Israele e i gruppi armati palestinesi, sta “agendo senza autorità”.

Palestina Il 7 aprile il segretario di stato statunitense Antony Blinken ha annunciato la ripresa degli aiuti ai palestinesi, nonostante l’opposizione d’Israele. Sono previsti 235 milioni di dollari di finanziamenti all’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi. Di questi, 75 saranno stanziati per lo sviluppo economico della Cisgiordania e della Striscia di Gaza e dieci per il processo di pace.

Cinema Il film The Present della regista e attivista britannica palestinese Farah Nabulsi il 10 aprile ha vinto il premio Bafta (British academy film awards, l’equivalente britannico degli Oscar) come miglior cortometraggio. Come segnalato nella scorsa newsletter, il film, ambientato nella Cisgiordania occupata, si può vedere su Netflix.

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Cultura

L’arte della sopravvivenza in Egitto
Si è chiusa l’8 aprile Roznama 8, un’esposizione delle opere di giovani artisti egiziani che si è svolta al Cairo a partire dall’11 marzo. Tra le 34 opere in mostra, scelte tra circa cinquecento proposte di artisti egiziani sotto i 35 anni, c’erano foto, disegni, ceramiche, sculture, installazioni e lavori multimediali. Una selezione si può vedere sulla pagina Instagram di Medrar, uno spazio culturale della capitale egiziana, luogo d’incontro, sperimentazione e dialogo, che incoraggia i giovani a “rompere le tradizionali barriere” artistiche a accademiche.

In una recensione sulla mostra, che è anche una riflessione sul senso dell’arte nei contesti difficili, pubblicata sul sito egiziano Mada Masr con il titolo “Art at the end of the world” (arte alla fine del mondo), il ricercatore e scrittore indipendente Ismail Fayed nota che la maggior parte delle opere “mostrava un’ansia generale sul mondo”. Il riferimento è alla pandemia, tema al centro di alcuni lavori, e “al grande elefante nella stanza”: il contesto politico “estremamente oppressivo in cui tutti questi artisti si sono trovati a lavorare e che è il rumore di fondo assente/presente in tutto quello che vediamo e facciamo in Egitto oggi”. Nella conclusione Fayed si chiede quali saranno le conseguenze sulla scena artistica egiziana di “un’atmosfera di censura e persecuzione senza precedenti”.

Diritti

Rifugiati siriani a Svendborg, in Danimarca, nel dicembre 2015 (Moises Saman, Magnum/Contrasto)

Rifugiati siriani in pericolo
Alcune organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno espresso preoccupazione per la decisione della Danimarca di rimpatriare 94 rifugiati siriani a Damasco, considerato “un luogo non più pericoloso”. A marzo Copenaghen ha tolto il permesso di soggiorno a 94 siriani rifugiati nel paese, facendo della Danimarca il primo paese in Europa a prevedere il trasferimento dei profughi. In un’intervista al settimanale indipendente siriano Enab Baladi, Radwan Bartawi, uno dei siriani colpiti dal provvedimento, racconta: “È come se fossimo in carcere: non abbiamo più passaporto né residenza e non abbiamo il diritto di viaggiare fuori dal paese”. Dato che Damasco e Copenaghen non collaborano sui rimpatri forzati, per ora è probabile che i siriani non saranno deportati, ma resteranno nei centri di espulsione.

In una nota l’ong Euro-Mediterranean human rights monitor definisce la decisione della Danimarca “pericolosa, inumana e illegale” e ricorda che in tutta la Siria sono ancora in corso crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il regime di Bashar al Assad, nota l’ong, “priva illegalmente decine di migliaia di civili della loro libertà, mentre altre migliaia subiscono torture, violenze sessuali o muoiono in carcere”.

Persone

Maha al Mutairi
“Sono nata femmina, mi avete imprigionato come femmina e morirò femmina”, dice Maha al Mutairi in un video pubblicato a giugno sui social network. Al Mutairi, una donna transgender di 39 anni, ha pubblicato il video prima di entrare in un commissariato di polizia, in Kuwait. Sapeva che era solo questione di tempo e l’avrebbero arrestata di nuovo per “imitazione di un altro genere”. Era già stata rinchiusa in un carcere maschile, dov’era stata stuprata e aveva subìto torture fisiche e psicologiche.

Il suo video è stato visto più di un milione di volte solo su Twitter. È rimasta in commissariato per tre giorni e dopo essere uscita, grazie anche a una campagna internazionale per la sua liberazione, Al Mutairi è diventata simbolo della battaglia contro le leggi transfobiche in vigore in Kuwait.

L’articolo 198 del codice penale, approvato nel 2007, vieta di “imitare l’aspetto del sesso opposto”. Ma la sua vaghezza lascia alla polizia la possibilità di decidere quando è commesso un crimine e molti ufficiali “spesso abusano del loro potere”, denuncia in un’intervista a Open democracy l’avvocata Shaikha Salmeen, che rappresenta Al Mutairi e altre donne transgender del paese. La pena da scontare per chi è ritenuto colpevole del reato è un anno di carcere e una multa di più di tremila dollari. Per Human rights watch si tratta di una “legge discriminatoria” che favorisce torture e abusi sessuali ai danni delle donne transgender.

Secondo Salmeen ci sono 25 donne trans nelle carceri del Kuwait. Commentando il successo del video di Al Mutairi, Salmeen appare fiduciosa: “Sono piccoli passi, ma arriveremo all’obiettivo. Le persone transgender saranno trattate come esseri umani. Spero di arrivare a vivere quel momento”.

Consigli

Da vedere Una puntata del programma di Al Jazeera In the field intitolata Iraq’s Joker racconta la storia di Mustafa Makki Kareem, conosciuto come Joker, alla guida di un gruppo di manifestanti che rischiano tutto per realizzare un cambiamento profondo e sistematico dell’Iraq.

Da leggere In una settimana in cui si parla molto di Iran si può recuperare un lungo articolo uscito lo scorso maggio sul New Yorker: The twilight of the Iranian revolution, di Dexter Filkins. Un contributo per capire l’ascesa al potere dell’ayatollah Khamenei, il funzionamento del regime e le sue debolezze.

Questa settimana su Internazionale

Sul sito Zuhair al Jezairy denuncia l’ombra dell’Iran nel dialogo per il ritiro delle forze statunitensi dall’Iraq. Catherine Cornet analizza con ironia la grande parata organizzata al Cairo. Per Pierre Haski tra le crisi internazionali che mettono alla prova Joe Biden c’è anche il conflitto tra Iran e Israele.

Sul settimanale Un editoriale di El País sul ritorno al dialogo con l’Iran. Un pezzo di Haaretz sulle sfide e le debolezze della monarchia giordana. Un portfolio di Abbas Bahrami sul contrabbando tra il Kurdistan iraniano e l’Iraq.

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Il festival di Internazionale torna il 17 e 18 aprile con quattro dibattiti in streaming. Qui il programma completo.

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